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Autore: Darlene_    09/03/2020    0 recensioni
Ancora inconsapevoli di avere un destino comune, Josh e Chris sono due adolescenti qualunque, uniti non solo dal rapporto fraterno, ma anche dalla malattia del maggiore.
Una raccolta di storie che ci permette di dare uno sguardo alla vita degli Atwood prima che varchino la soglia di Greenhills.
La storia è un prequel di: "Viaggio a Greenhills" leggibile senza aver letto la long (che non è stata abbandonata, è ancora in corso!)
Forte presenza di hurt/comfort
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei fratelli Atwood'
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Storia scritta per
l’Advent Calendar
 
Prompt 70:
stimolatore cardiaco
 

Genere: originale
 
 



Heartbreak




 
 
La faccia bruciava dove il ramo spoglio di un albero lo aveva graffiato, poteva sentire il sapore del sangue, caldo e viscoso che gli scivolava tra le labbra. Lontano, un lupo cominciò ad ululare. Sapeva che avrebbe dovuto scappare, ma sentiva le gambe pesanti e aveva solo voglia di riposare. I richiami dei cani selvatici diventavano sempre più vicini fino a che, aprendo gli occhi, si rese conto di essere stato accerchiato. Il capobranco, il più grande e maestoso esemplare che lui avesse mai visto, spiccò un balzo, ghermendolo alla spalla con i suoi artigli affilati, strappandogli la maglietta. I suoi occhi erano feroci, gialli come la luce della luna piena che splendeva in cielo. Osservandoli meglio sembravano non avere pupille, ma solo enormi iridi. Preso dal panico cominciò ad urlare, scalciando: non sarebbe diventato la preda di quel mostro senza prima combattere.
 
“Christopher?”
La voce pareva lontanissima, eppure aveva l’impressione che qualcuno fosse vicino a lui.
“Christopher, mi senti?”
L’ululato era ancora udibile, ma non sembrava più quello dei lupi, bensì di una sirena.
“Christopher!”
Il ragazzo spalancò gli occhi, trovandosi di fronte un uomo; la sua mano guantata era posata sulla spalla del giovane, mentre con la destra impugnava una piccola torcia.
“Mi chiamo Robert e sono qui per aiutarti.” Continuò a parlare in modo pacato, con tono rassicurante, ma di tutto quel discorso il giovane comprese solo che c’era stato un incidente e che presto qualcuno li avrebbe liberati da quella prigione di lamiera. Li avrebbe liberati. Lui e chi? Fu solo a quel punto che la mente ricominciò a lavorare, connettendo tutti gli eventi che lo avevano portato alla festa di Suzie (senza che lui ne avesse davvero voglia) fino al momento in cui suo fratello lo aveva caricato in macchina, non del tutto sobrio, per riportarlo a casa. Suo fratello. Josh era lì con lui. Voltò la testa di scatto e provò un momentaneo mancamento, ma non era nulla in confronto a ciò che vide: il corpo del maggiore era abbandonato contro il sedile dell’auto, gli occhi chiusi e il petto che si alzava appena ad ogni irregolare respiro; i suoi vestiti erano imbrattati di sangue e Chris capì improvvisamente la provenienza di quell’odore ferroso nell’abitacolo. Restò per qualche secondo immobile, pietrificato, quindi cominciò ad urlare il nome di Josh, sempre più forte fino a che la sua voce non si trasformò in un grido disperato, ma non ottenne risposta.
I soccorsi lo estrassero a forza dall’auto, mentre lui ancora scalciava per raggiungere il corpo del fratello.
“Calmati, adesso sistemeremo tutto.”
Chris si accorse a mala pena della donna che si era avvicinata a lui con una tazza fumante in mano. Gli mise con dolcezza una coperta sulle spalle e lo condusse poco lontano. Avrebbe voluto portarlo in ospedale, ma il giovane si era rifiutato categoricamente, troppo spaventato per lasciare solo Josh.
“Posso chiamare qualcuno?” Domandò ancora quella che doveva essere un paramedico. Lui scosse la testa; per un istante pensò di telefonare al padre anche se sapeva che non lo avrebbe fatto: era troppo scosso per affrontare una discussione con John. In effetti, l’unico con cui avrebbe voluto confidarsi per scacciare la tensione era proprio suo fratello, l’unico su cui aveva sempre potuto fare affidamento nei casi di crisi.
Un botto ridestò la sua attenzione: i vigili del fuoco avevano divelto la portiera della vecchia Camaro e i paramedici si apprestavano ad estrarre con cautela Josh. Chris non riuscì a trattenersi e corse loro incontro, nella speranza di ricevere una parola, uno sguardo, qualcosa che gli permettesse di capire quali erano le condizioni del maggiore.
Prima ancora di riuscire a raggiungerlo Josh era stato sistemato su una barella rigida, attorniato da uomini in divisa che cercavano di stabilire le sue condizioni di salute.
“Pressione in calo… Battito debole…” Chris riuscì a cogliere solo alcuni stralci di informazioni, ma il tono di voce: preoccupato e serio, lo mise in allarme.
“Josh? Josh mi senti?” Gli sussurrò quando fu abbastanza vicino. “Josh, sono io, ti prego apri gli occhi!”
Le voci intorno a lui scomparvero, erano solo lui e suo fratello come sempre era stato negli ultimi sedici anni. Gli toccò un braccio, macchiandosi le dita di sangue, quindi percorse con i polpastrelli il viso, confortato dal tepore della sua pelle. Una lacrima gli scese sul viso, mentre il senso di colpa cominciava ad opprimerlo.
“Mi dispiace, Josh, non volevo… Ti prego, perdonami!” Qualcuno provò ad allontanarlo, invano.
Il maggiore aprì gli occhi per un istante, il tempo necessario per guardare l’altro e sussurrargli: “Non sei stato tu…” Le parole morirono in gola, le corde vocali troppo stanche per vibrare ancora.
Chris scosse energicamente la testa e rispose: “Se solo non fossi andato a quella festa…”
Non finì mai la frase perché Josh allungò le dita verso di lui, afferrandogli la mano. Non disse nulla, ma quella stretta bastò per sistemare tutto, perché un gesto, per loro, valeva più di mille parole.
Tutto sembrava essersi risolto per il meglio, ma proprio in quel momento accadde qualcosa: Josh chiuse gli occhi e la mano abbandonò la presa, cadendo nel vuoto.
Qualcuno urlò: “Ho perso il battito, stimolatore cardiaco!” Un altro disse: “Portate via il ragazzo!” Per Chris tutto diventò confuso: sentì delle mani possenti che gli afferravano le spalle e lo spostavano, vide un medico praticare un massaggio cardiaco e scuotere la testa, e poi la maglia di Josh fu strappata e sul torace pallido, illuminato dalla luce prodotta dai generatori, comparvero delle piastre. Il ragazzo riuscì a liberarsi dalla morsa di quelle braccia possenti che lo trattenevano; i medici continuavano a far ripartire il cuore di suo fratello.
“Riproviamo!”
“Libero!”
Le parole si sommavano le une sulle altre perdendo ogni senso logico.
“Josh? Joshua!” Chris era di nuovo accanto a lui, attendo a non intralciare le manovre dei soccorritori. Gli prese il volto tra le mani, gli occhi colmi di disperazione. “Svegliati, idiota!” Le lacrime gli rigavano il viso. Ripensò a quella volta in cui gli aveva insegnato da andare in bicicletta, alle storie che gli raccontava da bambino, agli scherzi giocosi, al suo sorriso. Come sarebbe sopravvissuto senza di lui?
E quando ormai sembrava non esserci più nulla da fare, l’ultima scarica di energia percorse il corpo del ferito, riportandolo alla vita.
“Va tutto bene.” Sussurrò al fratello.
Chris annuì. “Sì, va tutto bene.” Rispose tra le lacrime. “Ora che sei di nuovo qui andrà tutto bene.”








Qui siamo parecchi anni dopo la precedente storia, poco prima della scoperta del nuovo mondo. Presto arriveranno nuovi capitoli :)

 
 
 
 
  
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