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Autore: Raptor Pardus    10/03/2020    0 recensioni
[Fiabe e favole]
Rivisitazione della fiaba classica di Cappuccetto Rosso.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una bimbetta vagava per il bosco. Saltava di arbusto in arbusto, raccogliendo more e divertendosi a spaventare scoiattoli e lepri.
La via che conduceva dalla sua dimora alla casa di riposo di quella decrepita della sua nonnina era breve, ben soleggiata e tagliava dritta dritta in mezzo a una piccola conca erbosa, ma la bimbetta, fessacchiotta e un po’ punkabbestia, s’era ben guardata dal seguire anche lontanamente le direttive materne.
E così, con solo una mantella bianca e armata d’un cestino ripieno di Moduretic e pane carasau la creatura se n’era andata in mezzo al bosco: una ridente macchia inselvatichita che ogni persona di buon senso evitava accuratamente, dato che non la potavano dai tempi di Marengo.
La scemotta ce ne mise ad accorgersi che, mentre procedeva nel profondo della selva, ogni animale era ben sparito, né badò ai grossi occhi che se la mangiavano da dietro un mastodontico olivo. E il proprietario di quegli occhi ben sperava di non limitarsi a quello.
Con un balzo ed un latrato, Cappuccetto si ritrovò gambe all’aria e culo per terra, senza più fiato nei polmoni.
«Zitta, zitta! Non c’è bisogno di strillare così tanto!» bofonchiò il grosso cagnolone peloso che si ritrovò davanti. «Dove vai tutta sola soletta intorno alla mia tana?»
«Da mia nonna, di llà dal bosco.» rispose quella, senza pensarci che forse era meglio starsi zitta.
«Oh, la vecchia di là dal bosco, la conosco! È una mia vecchia amica! Va’, portale i miei saluti quando la vedi, è di là, sul sentiero a destra.»
Quella sorrise a 32 denti, riacciuffò il cestino, si spolverò la mantella e senza neanche ringraziare si rimise saltellando al passo.
Intorno a sera finalmente giunse alla casa di riposo, dopo due o tre giri a vuoto e dopo essersi sbafata tutto il pane carasau.
La marmocchia mica ragionò che non era più orario di visite, tanto la porta era sfondata. Né si preoccupò che la porta era sfondata. In mezzo alla sala d’ingresso, immersa nel buio più… buio, non c’era anima viva. Al buio, non s’accorse della pozza scivolosa in mezzo al corridoio e così finì gambe all’aria per la seconda volta nella giornata, inzaccherata e viscida dalla testa ai piedi. Non ebbe il tempo di schifarsi che sentì russare, ma d’un pesante che le faceva battere i denti. Quel grollare baritonale veniva dalla camera che se ricordava bene (e non ricordava) era quella di sua nonna.
A passo lento e felpato si fece avanti e sbirciò dalla porta socchiusa. Una massa nera della stazza d’una vacca giaceva a terra e s’alzava e abbassava come una vecchia concertina.
La marmocchia fu scossa da un singulto e incespicò sulla soglia. La porta si staccò dai cardini e s’abbatté al suolo, con un boato da grancassa.
Cappuccetto trattenne il fiato. La massa si mosse e in mezzo al pelo di quello che doveva essere un muso comparvero due occhi porcini. «Oooooh, bambina miaaaaa…» gorgogliò la massa ondeggiando. Gemeva, tra un respiro e un rutto.
«Tu non ssei mia nonna» disse la ragazza, prima di sparire a gran falcate nel corridoio. Si lanciò di pancia sul viscidume e con due vogate volò fino alla porta come un pinguino.
Il mostro ruttando a tutto spiano, si trascinò dietro di lei. Il ventre oscillava e toccava terra.
La bimbetta fu salvata da tale zavorra. Rotolò sul prato curato e riuscì a guadagnare il bosco. Una luce improvvisa la accecò inchiodandola al centro del sentiero. «Sei ttu, Dio?» urlò.
Un fischio affilato le rispose, insieme a un cigolio metallico, e la luce bianca le si piantò davanti. Dietro di essa s’aprì uno sportello, e dall’Alfetta nera scese un vecchio arcigno e baffuto.
«Zio Geppo!» urlò Cappuccetto.
«Giosso!» le urlò il vecchio di rimando. Tirò fuori dall’Alfetta un cannone calibro 12. Cappuccetto si buttò pancia a terra. Il meticcio dietro di lei ringhiò stanco. Il vecchio puntò e fece fuoco, due colpi in rapida sequenza.
A Cappuccetto fischiarono le orecchie, e quando il fischio morì poté sentire gli ultimi guaiti del vecchio lupo. Guardò il vecchio sopra di lei. Quello spezzò la culatta dell’arma e i due bossoli volarono a pochi pollici dalla ragazza.
«Alzati, tua maddre t’aspetta a cassa.» le disse senza degnarsi di guardarla o aiutarla. «Non riuscirai a sedderti, domani. Al teleffono te ne ha dette di tutti i colori.»
«Grazie, zio.»
Non era davvero suo zio, ma tutti al villaggio in riva al mare lo chiamavano così.
«Andiamo, hai bissogno di una doccia, sei tutta ricopperta di sangue.» disse zio Geppo tornando al volante.
E nella notte senza luna la riportò dalla mamma.
   
 
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