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Autore: Teo5Astor    11/03/2020    17 recensioni
Nessuno poteva immaginare che una vecchia lampada apparentemente senza valore avrebbe potuto cambiare il destino di così di tante persone, perché nessuno sapeva che conteneva sette sfere magiche in grado di evocare un Genio-Drago capace di realizzare qualunque desiderio, a patto che non fossero più di tre.
Non lo immaginava Aladdin Goku, un giovane ladro dal cuore d’oro, e nemmeno la principessa Chichi, la futura regina del regno di Agraba che sognava il vero amore e rifiutava qualsiasi matrimonio politico nonostante le pressioni del padre, il sultano.
Non potevano immaginarlo nemmeno un’ancella, un principe e una principessa venuti da lontano e una tigre molto speciale.
Non lo immaginava neppure il Genio in persona che il destino potesse cambiare anche per un essere immutabile come lui.
Lo immaginava solo il malvagio Gran Visir di quel regno, perché aveva in mente un perfido piano da tanto tempo e aspettava solo l’occasione giusta per concretizzarlo. E, allo stesso modo, lo sperava anche il suo astuto pappagallo, che aveva un sogno segreto nel cuore.
Rielaborazione a tema Dragon Ball di Aladdin.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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1 – Prologo: Il destino in una lampada
 
 
«Nelle notti d’orienteee! Tra le spezie e i bazaaarrr!»
Un uomo alto e muscoloso, vestito solo di un paio di pantaloni di lino chiari, cantava allegramente a squarciagola mentre stringeva tra le mani il timone dell’elegante imbarcazione a vela che stava guidando tra le acque cristalline del Golfo Persico. Scuoteva il capo lasciando ondeggiare i suoi folti e lunghi capelli neri e ancheggiava in modo teatrale seguendo il ritmo della canzone che stava intonando.
Era felice quel giorno, illuminato da un sole cocente e accarezzato dalla brezza marina. Erano sette anni in realtà che era felice ogni giorno, solo che ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Per uno come lui, del resto, sette anni non erano nulla se rapportati ai secoli di vita che si era lasciato alle spalle.
Quanti anni aveva quest’uomo? È una domanda a cui nessuno era in grado di dare risposta, perché non la sapeva nemmeno lui. Era passato così tanto tempo da quando aveva visto il mondo per la prima volta che i suoi ricordi si erano ormai affievoliti al punto tale da sparire dalla sua memoria. Anche perché non erano ricordi degni di nota, in realtà. Se pensava al suo passato, quell’uomo non poteva fare a meno di sentire un senso di vuoto nel petto e vedere davanti a sé un buio così intenso che sembrava l’avesse inglobato al suo interno. Ricordava poi la sensazione opprimente di sentirsi in trappola, chiuso in gabbia. In una prigione minuscola. Gli mancava l’aria solo a ripensarci, e sentiva stringere più forte ai suoi polsi quei due grossi e pesanti bracciali dorati che erano sempre stati il simbolo della sua condanna. Quei bracciali che non indossava più ormai da sette anni, da quando aveva assaporato per la prima volta il dolce sapore della libertà. Era infatti felice ogni giorno da sette anni proprio perché erano sette anni che era libero.
Ma non era questo l’unico motivo a farlo sentire così, perché, oltre a quello della libertà, negli ultimi sette anni aveva scoperto anche un altro sapore, ancora più dolce e intenso. Un sapore che aveva dato un senso compiuto alla sua libertà.
Aveva scoperto l’amore quell’uomo, infatti, e sapeva benissimo che non avrebbe mai più saputo farne a meno. L’amore di una donna, il calore di una famiglia… tutte cose inconcepibili per un essere come quello che era sempre stato lui. Cose impossibili, desideri irrealizzabili e che andavano addirittura contro l’ordine naturale delle cose. Quell’uomo, infatti, non aveva sempre avuto quell’aspetto, così come il mondo che ora guardava mentre sorrideva era cambiato tanto intorno a lui nel corso della sua lunghissima esistenza. Lui era un essere destinato all’eternità e incapace di amare. Nato per servire un padrone, pronto ad esaudire qualunque desiderio facesse parte del suo bagaglio di conoscenze. Era sempre stato un essere invidiato e bramato da tutti, ma che portava dentro di sé una terribile condanna abbinata a un lancinante senso di vuoto. Aveva sempre avuto un cuore, non solo dei poteri sovrannaturali e un aspetto che suscitava timore in chiunque, solo che nessuno si era mai preso la briga di guardarlo abbastanza a lungo per scorgerlo, quel cuore.
Nessuno fino a sette anni prima, quando tutto era cambiato.
«Mammaaa! Il papà ha ricominciato a fare lo stupido!» piagnucolò all’improvviso una bambina di cinque anni vestita di un leggero vestitino azzurro. Si era piazzata a braccia conserte davanti all’uomo, lo guardava male.
Lui, suo padre, le sorrise dolcemente, perdendo i suoi occhi neri in quelli di ghiaccio della bambina. Gli stessi occhi di sua madre. Gli stessi capelli biondi e lisci che le cadevano sulle spalle. La stessa pelle nivea e delicata.
«Rad, ci stai dando fastidio» sibilò una ragazza vestita di un pareo blu velato e un reggiseno dello stesso colore adornato di pietre dorate. Aveva trent’anni, e la bambina, sua figlia, era praticamente la sua versione in miniatura, sia fisicamente che nei modi di fare.
«Non è verooo! Io voglio cantare col papà!» urlò a squarciagola un bambino che attraversò di corsa il ponte della barca e saltò in braccio all’uomo al timone, che lo prese al volo e se lo posizionò sulle spalle.
«Eccolo qui il mio campione! Sei l’unico che capisce le qualità del meraviglioso papà Radish!» rise l’uomo, mentre il bambino, la cui somiglianza col padre era marcata tanto quanto quella della bambina verso la madre, si divertiva a fare la linguaccia a sua sorella gemella.
«Mamma, mi prendono in giro!» si lamentò la bambina, correndo da sua madre e abbracciandola.
La donna si alzò e la prese per mano, sorridendole dolcemente. Le passò una mano tra i capelli e poi guardò suo marito e suo figlio sospirando.
«Tesoro, non ti prendono in giro, stanno solo facendo gli stupidi» le spiegò, prima di prenderla in braccio e avanzare verso il timone.
«E perché fanno gli stupidi? Loro fanno sempre gli stupidi…».
«Perché sono dei maschi e a loro piace fare gli stupidi quando sono felici. E poi, diciamocelo, sono davvero stupidi. Non sono come noi, sicuramente» rispose, incenerendo con lo sguardo l’uomo che amava ormai da sette anni. Anche la vita di quella donna era cambiata tanto da allora, da quando aveva deciso di chiudere per sempre col passato e di dare finalmente una possibilità al suo futuro. Era una principessa senza corona, una ragazza che aveva lasciato il suo regno perché non aveva mai avuto un luogo dove potersi sentire “a casa”. Ma fu il destino a volere che lei trovasse quello che nemmeno stava cercando proprio dall’altra parte del mondo, al termine di un lungo viaggio che non poteva avere ritorno.
«Dai Là, non fare così! Noi siamo dei geni!» rise l’uomo, Radish, sorridendo a sua moglie e facendo ridere il bambino che teneva sempre sulle spalle.
«Sì! Io sono un genio come il mio papà!» esultò il piccolo dai lunghi capelli neri, sollevando i pugni verso il cielo terso.
«Papà non è un genio!» intervenne spocchiosa la bambina, fissando con superiorità il fratello.
«Sì che lo è! E mi ha detto che è anche un drago!» rispose a gran voce il bambino, cominciando uno dei loro soliti bisticci.
«Diciamo che ero un drago, mentre sono ancora un genio!» precisò Radish, avvicinandosi alle due donne più importanti della sua vita senza smettere di sorridere.
«Sì, è un genio!» gridò il bambino.
«Ma non sa esaudire i desideri!» ribatté la sorella. «Vero mamma?!»
La donna fissò per un lungo istante gli occhi neri come la notte del marito e scosse leggermente la testa, accennando un sorriso.
«Oh, ma io esaudisco sempre i desideri della mamma, vero principessa Lazuli?!» alluse ammiccante Radish, sollevando delicatamente tra indice e pollice il volto della moglie e perdendosi in quegli occhi di ghiaccio che non si sarebbe mai stancato di contemplare.
«S-sei un cretino…» rispose lei con un filo di voce, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo dal suo, senza che i bambini ci avessero in realtà capito molto.
«E che desideri sai esaudire?!» chiese sospettosa la bambina, guardando con aria indagatrice il padre.
«Faccio innamorare di me ogni giorno la donna più bella del mondo, ad esempio» rispose con spontaneità, sollevando ritmicamente le sopracciglia e lasciando la bambina a bocca aperta.
«Wow! È la mamma la più bella del mondo?!» domandò la piccola.
«Ovvio! È più bella anche delle stelle che guidano ogni notte il nostro cammino» ribatté, dando poi un bacio a fior di labbra a Lazuli e facendola arrossire ancora di più.
«S-smettila…» disse con un filo di voce. Si imbarazzava sempre per queste cose. Aveva un carattere duro solo in apparenza, perché in realtà, quando e con chi voleva, sapeva dimostrare una dolcezza straordinaria. «Però, ecco… grazie…».
«Bleah! L’hai baciata sulla bocca, papà!» intervenne il piccolo di casa, schifato.
«Vedrai che un giorno non dirai più così quando ti troverai davanti una bella ragazza!» rispose Radish ridendo, senza riuscire del tutto a convincere suo figlio.
«Non troverà mai nessuna ragazza quello lì» disse la bambina, guardando male suo fratello. «Il papà invece è così romanticooo!» aggiunse in un lungo sospiro, sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia e facendo sorridere Lazuli, che osservava la scena divertita.
«Bah…» bofonchiò suo fratello, distogliendo lo sguardo da lei con aria di superiorità.
«Papi, io sono bella come la mamma?!» chiese con aria sognante la bambina, ormai rapita da Radish. Succedeva sempre così: provava a darsi un tono per imitare sua madre e comportarsi come lei, ma poi non vedeva l’ora di gettarsi tra le braccia del papà.
«Non lo sei! La mamma è più bella!» intervenne il bambino, giusto per fare un dispetto alla sorella.
«E tu sembri una scimmia!» ribatté lei, offesa.
«Allora stai dicendo che anche il papà è uno scimmione, visto che siamo uguali!»
«No, lui è bello!» gli fece la linguaccia lei, facendo ridere anche Radish.
«Basta così, tutti e due!» li sgridò Lazuli per mettere fine a quel bisticcio e riportare l’ordine. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, venendo subito imitata da sua figlia. «E tu non ridere quando li rimprovero, Rad!»
«Ok, ok… la mamma ha ragione, dovete fare i bravi!» disse Radish, che proprio non era capace di fare il duro coi suoi bambini. Fece scendere dalle sue spalle il figlio e lo posizionò accanto a sua sorella. Li guardò e sorrise, prima di accarezzare la testa a entrambi. Quando osservava suo figlio non poteva fare a meno di pensare che lui sarebbe stato esattamente così, se mai avesse avuto un’infanzia in passato. E quando guardava sua figlia c’era poco da fare: si scioglieva, proprio come quando si perdeva negli occhi di ghiaccio di sua moglie. Amava Lazuli e i suoi figli più di sé stesso. Era libero, aveva una famiglia, si sentiva amato. Aveva degli amici e un mondo immenso da scoprire. Aveva il corpo di un trentenne al cui interno convivevano lo spirito del bambino che non aveva mai potuto essere e un’anima millenaria. Un’anima non umana, ma che ormai lo era diventata da sette anni. Da quando tutto era cambiato. Per lui, per Lazuli e per molte altre persone.
Radish sollevò lo sguardo verso una vecchia lampada dorata appoggiata in un forziere insieme ad altri oggetti e scosse leggermente la testa. Cercò gli occhi di Lazuli e lei annuì. Si erano capiti senza nemmeno aver avuto bisogno di parlarsi, come succedeva sempre tra loro.
«Vedete, bambini, vostro padre avrà anche i modi di fare di uno scimmione, a volte, ma era davvero un drago, un tempo» disse Lazuli, mentre i figli la guardavano a bocca aperta.
«Sì! Lo sapevo!» esultò il bambino.
«Papi?! Ma è vero?!» domandò allibita la bambina.
«Vedi, piccola, non sempre le cose che vediamo sono quelle che sembrano» rispose lui, andando a raccogliere la lampada che aveva adocchiato. La strofinò fino a che diventò così lucida da potercisi specchiare sopra. Il suo cuore ebbe un sussulto.
Lui e Lazuli si erano detti che prima o poi avrebbero raccontato ai loro figli tutta la verità e, a quanto pare, quel momento era giunto. Finora Radish si era limitato a qualche battuta tra il serio e il faceto sull’essere un genio o sull’essere un drago, ma ora era tutto diverso. Ed era giusto così, i suoi figli erano abbastanza grandi e intelligenti adesso, meritavano di sapere tutto.
«Partendo dal presupposto che sono ancora un genio grazie alla mia intelligenza sopraffina, diciamo che fino a non molto tempo fa io ero ancora di più un genio!» esclamò Radish, sorridendo beffardo verso i suoi due piccoli interlocutori.
«Rad…» sbuffò Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno e sbuffando esasperata.
«E va bene, Là… posso cantare almeno?! Questa è una storia che richiede delle canzoni!»
«Fai quello che vuoi… io non so più cosa fare con te…» sospirò. «Tanto mi fai sempre vergognare».
«E vai!» esultò Radish, dando il cinque a entrambi i suoi figli che saltellavano felici davanti a lui. Ormai pendevano dalle sue labbra. Anche la bambina, a cui non importava più darsi un tono per cercare di imitare sua madre. Lazuli sorrise di cuore nel vedere quella scena. Era felice, lo era davvero.
«Nelle notti d’orienteee, con la luna nel bluuu!» riprese a cantare Radish, con una mano rivolta verso il cielo. «Non farti abbagliar, potresti bruciar di passione anche tuuu!»
I bambini applaudirono, rapiti, e lui mostrò loro la lampada che stringeva tra le mani.
«Non fatevi ingannare dall’aspetto comune: come per tante cose, quello che conta non è quello che si vede, ma quello che c’è dentro» spiegò loro, aprendo il coperchio della lampada e mostrandogli sette piccole sfere arancioni incastonate al suo interno. Erano opache ormai, non riflettevano nemmeno la luce del sole, eppure si intravedevano al loro interno delle minuscole stelle rosse.
«Non è una lampada come le altre» intervenne Lazuli, sedendosi davanti a Radish e invitando i suoi figli a fare altrettanto. Si disposero accanto a lei, uno per lato, mentre aspettavano trepidanti che il loro papà andasse avanti con la storia.
«Già, questa lampada, sette anni fa, cambiò il destino di un giovane» riprese Radish in tono solenne e misterioso. «Cambiò il destino di molte persone, in realtà» aggiunse, guardando Lazuli negl’occhi e sorridendole dolcemente. «Questa lampada, allora, valeva molto di più di quanto apparisse, proprio come il giovane a cui cambiò la vita per primo. Questa lampada era un diamante allo stato grezzo, proprio come il protagonista di questa storia. Volete sentirla? Ne siete sicuri?»
«Sììì!» gridarono in coppia i bambini.
«Bene, questa è la storia di sette sfere, di un drago e di un destino che cambiò improvvisamente in una notte che sembrava essere come tante altre. Questa è la storia di Aladdin Goku».
 
 

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