Videogiochi > Zelda
Segui la storia  |       
Autore: Afaneia    11/03/2020    1 recensioni
A battaglia finita, Link cavalca per tre giorni portando tra le braccia una Zelda spossata ed esausta, semisvenuta.
Dopo la sua prima fuga a Daccapo, Link ha finalmente sconfitto la Calamità Ganon che si annidava nelle profondità del Castello e riportato la pace su Hyrule. La principessa è salva, ma ora che non ci sarebbe più nulla a legarlo al suo passato di cento anni addietro ed egli sarebbe finalmente libero di scegliere da solo la strada da percorrere e di porre risposta a quelle domande che era stato finora costretto a posticipare, Link si rende conto che le cose non sono così semplici.
È una fortuna che si ricordi di avere un amico al Villaggio degli Zora.
[Fanfiction basata sulla trama di Breath of the Wild, sequel di Daccapo ma leggibile anche in modo indipendente.]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Link, Princess Zelda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di fughe e di ritrovato coraggio'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo III – Cicatrici.


Mi sono fatto randagio per poter sfiorare tutto ciò che era, ho bruciato di tenerezza per tutto ciò che non sa dove scaldarsi, ed ho appassionatamente amato tutto ciò che è vagabondo.


André Gide, I nutrimenti terrestri.



La casa di Finterra è tutta pervasa di un profumo che Link non riesce subito a identificare.

È vuota. Non si aspettava diversamente. Non ha mai pensato di trovare qui Zelda – Link è venuto qui solo per cercare le sue tracce nei luoghi dov'è passata, per riposare un istante gli occhi nel silenzio di questa casa che di pace non gliene ha data mai, perché era lui a non sapere dove cercarla; ma ora che lo sa, la casa gli pare d'improvviso più estranea eppure più accogliente, come la casa di un altro. Solo le sue armi appese alle pareti parlano di lui; tutto il resto gli appare bello e pulito, ma anonimo e distante come se non gli fosse mai appartenuto.

Il letto è rifatto con una cura che non è certo la sua. Zelda deve averlo riordinato prima di partire, Link riesce quasi a intravedere il percorso delle sue mani che lisciano le lenzuola odorose di bucato e di fresco.

Non è da lì che proviene il profumo che ha sentito entrando, ma socchiudendo gli occhi Link riesce quasi a vedere la principessa che dorme in questo letto e la grande massa dorata come grano dei suoi capelli sul cuscino. È contento che questa casa abbia potuto darle un po' di serenità, per qualche giorno; ma a differenza sua, Zelda non si è nascosta. Per qualche giorno soltanto, Zelda ha concesso a se stessa il privilegio di una vita normale, esattamente come ha fatto lui a Daccapo, ormai una vita fa; ma non si è illusa mai che quella vita fosse la sua. Finterra esiste soltanto per questa gente semplice e accogliente per la quale entrambi hanno sacrificato la loro vita, cento anni della loro vita, e questa casa non è altro che un piccolo angolo perfetto e irreale di una quiete che loro non hanno avuto e non potranno avere mai, e che proprio per questo è tanto più dolce. Zelda ha concesso a se stessa di assaporare quel mondo, per qualche giorno solamente, e ha visto che cosa ha difeso e che cosa si è negata per sempre, con la tenerezza di una madre che osserva l'inconsapevole serenità dei soli figli che avrà mai, e che sia contenta d'essersi sacrificata per loro senza che essi sappiano che è stata lei.

Ma quella vita, che pure le piacerebbe, non le appartiene, e il destino che Zelda si è scelta è troppo distante da Finterra perché ella potesse permettersi di rimanervi più a lungo: è il destino che suo padre e sua madre e le sue antenate hanno scelto per lei, ma che a sua volta lei ha accettato e ha deciso di adempiere nell'unico modo che le appartiene: quel potere sacro e violento che s'è destato in lei e poi subito assopito non ha più ragion d'essere. Zelda è vicina alla divinità, ma non è nata per essere una sacerdotessa: Zelda è una studiosa e una maga, è una scienziata, e sarà in grado di ricostruire Hyrule servendosi di nient'altro che delle sue mani e del suo ingegno, del suo sacrificio totalizzante, abnegante: ed è per questo che Link sa esattamente dove andare a cercarla.

Passa accanto al tavolo prima di uscire, e d'un tratto il profumo si fa più forte e penetrante, improvvisamente più acuto e dolce che mai. Adagiate su uno spesso panno di cotone grezzo, forse per isolarle dal legno, stanno essiccando ampie corone di fiori azzurri intrecciati. Sono principesse serene.

Prima di lasciare la casa, Link ne solleva una e l'accosta al cuore, e la porta via con sé.


C'è un unico percorso sicuro per raggiungere il Castello senza venir individuati dai Guardiani. Con la sua consueta accortezza, Zelda l'ha fatta segnalare nel modo più chiaro e inequivocabile possibile, disegnando nella piana un tortuoso sentiero di cartelli e segnali di pericolo e di cordoni, di modo che chiunque voglia recarsi ad aiutarla, e a costruire con lei la nuova Hyrule, possa farlo. Al di là di questo percorso sicuro, gli ultimi guardiani corrotti rimasti imperversano ancora, solitari e disperati, quale ultima vera effigie dell'antico dominio di Ganon sulla terra. Link aveva sperato fino all'ultimo che i guardiani sarebbero tornati al loro antico proposito, una volta esauritosi su di loro il mefitico influsso della Calamità; ma a quanto pare, non più guidati da nessuno, anch'essi hanno finito per impazzire, e ora continuano ad aggirarsi follemente per la piana, cercando ovunque nemici senza scopo. Anche loro saranno qualche cosa da risolvere nei prossimi mesi; ma per fortuna non costituiscono un pericolo immediato, al momento. La gente di Hyrule potrà non essere particolarmente coraggiosa, certo, ma quantomeno è estremamente resistente, e ha imparato ben presto a convivere con mostri e guardiani a pochi passi da loro.

Il Castello non è già più quel rudere solenne ma inquietante, maestoso e terrificante che Link ricorda dal suo scontro. Non si tratta solo della foschia purpurea. Un rudere lo è ancora, certo, ma è evidente che non lo rimarrà ancora per molto: a quanto pare sono stati in molti ad accogliere l'appello della rediviva principessa, e ora un gran numero di operai e di maestranze di tutte le razze, dai Goron alle Gerudo, sono accorsi a ricostruire il palazzo e il regno. Tutto il palazzo è un cantiere d'ogni popolo e di ogni attività, che freme di vita e di lavoro incessante. Non c'è più spazio per i mostri, ormai, e in mezzo a questo brulichio ininterrotto di attività e d'entusiasmo, a questa folla vociante che lo attornia e lo circonda e lo soffoca, Link si sente sperduto e insignificante e inutile, come un veterano di una guerra conclusa da secoli. Ci vorrà del tempo per abituarsi a vivere in un mondo che non ha più bisogno di un eroe per salvarsi.

A presiedere questi lavori dev'esserci per forza un esperto, e a giudicare dall'incolmabile mancanza che ha notato nella fauna umana di Finterra, Link sa benissimo anche di chi si tratta. A quanto pare Zelda ha deciso di ascoltare il suo consiglio. Percorrendo a ritroso il tortuoso tragitto di questi operai che si affannano e si scambiano attorno a lui, Link risale lentamente alla sorgente di ogni movimento, perché dev'essere lì, egli ne è certo, che troverà chi sta cercando.

E in effetti, a discutere con Cercida davanti a un colossale progetto su carta della facciata del castello, Link trova ben presto Cerada impegnato a coordinare i lavori di ristrutturazione.

È l'inizio di una nuova epoca, questo, un'epoca della quale egli non sarà mai parte del tutto come del resto non lo è stato mai di questa, ed egli la percepisce con distinta precisione quando per la prima volta avvicina il nuovo Architetto Reale.

«Niente più succursale di Akkala, eh?»

Quando Cerada alza seccamente gli occhi dal progetto e si volta verso il suo scocciatore, con quella strana e ambigua esuberanza che a Link è sempre piaciuta, il suo sconcerto dura giusto il tempo necessario a realizzare chi lui sia e che diamine ci fa lì.

«Oh, caro! Sei sempre una visione ispiratrice» è tutto il suo commento. «Se sei venuto per un'altra casa, ho paura che dovrai aspettare un po'. Oppure sei venuto a unirti ai lavori? Cercida, lo sai che è lui che ha parlato di noi alla principessa Zelda? L'avresti detto mai che era un eroe, di'?»

Travolto da questo torrente d'informazioni, Link trova appena la forza d'insinuarvisi per dire la sua. «Veramente cercavo solo la principessa Zelda.»

Cerada schiocca appena la lingua in un vago segnale di delusione e di risentimento assieme. «Ah beh, un po' d'aiuto ci avrebbe fatto comodo, sai?»

Link aggrotta la fronte per un attimo. «Ma il mio nome non finisce mica in da

«Ah, se è per quello» borbotta Cercida scrollando il capo, e Cerada ritiene opportuno intervenire per specificare: «Abbiamo dovuto fare un'eccezione, per quello. La questione del castello è troppo impegnativa e urgente, e la principessa ci ha chiesto di soprassedere come favore personale. E poi è tutto lavoro volontario» ci tiene a puntualizzare con aria di grande importanza. «Perciò, se tu dovessi aver voglia di darti da fare, sai dove trovarci. Tornando a noi, comunque... la principessa non è qui.»

Il cuore di Link, per un momento, ha un sobbalzo che pare volerlo risprofondare in cento anni di oscurità. «E dov'è?»

«Sulla collina» risponde Cerada con tutta la naturalezza di una risposta abitudinaria, indicando un punto da qualche parte alle sue spalle. «Ci va a cavallo tutte le mattine, non so per quale motivo. Suppongo che cerchi di avvistare qualcosa... comunque puoi aspettarla qui fino a stasera. Ah beh, fai un po' come vuoi» conclude con voce piena di scetticismo, non appena Link risale a cavallo senza neppure finire di ascoltarlo. «Ma perché fare tanta strada quando puoi aspettare che torni?»

«Non sono fatto per le attese» risponde Link sorridendo. «E poi non sono neppure certo di poter aspettare fino a stasera. Può darsi che abbia bisogno di ripartire.»

«Bah! Non ho mai visto qualcuno così ansioso di comprare una casa per poi non abitarci affatto» lo rimprovera Cerada, tanto distrattamente che Link quasi non capisce se si stia rivolgendo a lui oppure a Cercida; e il suo commento lo farebbe sorridere, se solo la parola casa non gli facesse tornare in mente un'altra cosa importante che era venuto a dire e della quale per poco non si era dimenticato.

«Spero che possiate assentarvi dal lavoro almeno per qualche giorno» aggiunge perciò a mo' di commiato. «Miceda si sposa, perciò credo che gli farebbe piacere vedervi alle sue nozze. Ci vediamo a Daccapo, va bene?» Dopodiché, ridendo sotto i loro sguardi stupefatti, sprona Draphen e si allontana verso la collina.


Il crinale sinuoso della collina è spazzato dal vento, e l'erba freme e scricchiola sotto i suoi stivali che la solcano piano, quasi senza suono. Ha lasciato il cavallo a pascolare poco più in basso, vicino a quello della principessa, e ha risalito a piedi, da solo, gli ultimi metri che lo separavano da lei.

Zelda non indossa più l'abito sacerdotale che Link le ha visto addosso quando l'ha salvata, ma morbidi abiti azzurri simili a quelli che indossava nei suoi ricordi, quando non pregava. È un altro lato di Zelda, questo, quello della studiosa che cerca di supplire con l'impegno e la determinazione e il continuo sacrificio di se stessa là dove non arrivavano i suoi poteri e la sua fede. Link non può ancora dire di conoscere appieno l'antica Zelda, perché i ricordi che ha strappato con fatica dalle nebbie del secolo sono ancora troppo frammentari e incompleti, ed egli non è neppure certo che ce ne saranno ancora; tutto ciò che ricorda è che un tempo anche in Zelda questi aspetti erano conflittuali e contraddittori, e che come lui anche la principessa non riusciva a trovare pace. Ma con maggior precisione rispetto alla sfilacciata trama dei suoi ricordi, Link è consapevole che la principessa che ora si staglia davanti a lui sulla collina, coi lunghi capelli scompigliati dal vento, ha trovato una nuova pace che a lui sfuggirà per sempre. Non la invidia. Prova per lei una grande dolcezza, ora che finalmente l'unica sorella concessa alla sua carne, gemella al suo destino, ha trovato la quiete che meritava.

Per non saper bene come iniziare, Link si schiarisce la voce e dice: «Ho trovato i tuoi fiori sul tavolo, a Finterra. Erano molto belli.»

Zelda si volta bruscamente in un vorticare di lunghi capelli biondi al suono della sua voce, e i suoi occhi si colmano e si trasfigurano di gioia per un momento. Ma già un attimo dopo, quando sembra in procinto di corrergli incontro, qualche cosa di oscuro dentro di lei pare trattenerla là dove si trova.

«Link» mormora a mezza voce. È veramente felice di vederlo, Link questo lo sa, lo sente; ma neppure lei si aspettava di vederlo qui così come lui non s'aspettava di tornare; e forse non sa cosa pensarne. «Sei tornato.»

La sua reazione è tanto impacciata e imbarazzata che Link si ferma sull'erba a pochi metri da lei, indeciso se proseguire, e risponde: «Avresti preferito che non lo facessi?»

«No, Link, io... è solo che non era questo che volevo per te. Non era per questo che ti ho sciolto dal tuo giuramento, e tu lo sapevi, questo. Volevo che tu fossi finalmente libero di scegliere.»

«Ma è stata una mia scelta, Zelda» ribadisce gentilmente Link. «È proprio qui che volevo essere.»

Gli occhi di Zelda, luminosi e semitrasparenti come ghiaccio nell'aria limpida che precede il tramonto, hanno una sfumatura dolce e melanconica al tempo. C'è tutta una parte di lei, molto più forte di quella che è felice di riaverlo con sé, che pare sul punto di piangere e che forse vorrebbe urlargli di andarsene e lasciarla: ed è proprio a quella parte di lei ch'egli vuole parlare. Ma tutto ciò che Zelda esprime dell'universo di emozioni che la dilaniano è: «Avrei preferito che andassi là dove ho sentito il tuo cuore quando io ero nel castello.»

«Nel cuore delle terre selvagge?»

Zelda annuisce appena. «Sì»

«Ci sono stato... per qualche giorno.»

Zelda lo ascolta parlare senza distogliere gli occhi da lui, segue ogni suo movimento come a voler leggere ogni parola direttamente dalle sue labbra. «Allora perché sei tornato?»

Perché, se c'è qualcosa che ha imparato dalle leggende che gli ha narrato Impa, questa è che l'eroe e la principessa saranno legati per sempre, nell'infinita serie di vite che li attendono; perché Zelda, che è approdata al presente dopo anni di assenza, è oggi sola al mondo esattamente come lo era lui il giorno del suo risveglio; e infine perché, per quanto entrambi sappiano che il Link di cento anni addietro è morto nella battaglia alla Muraglia di Finterra, egli sente egualmente che il giuramento che l'eroe le ha prestato quel giorno nel Padiglione coinvolge lui direttamente. L'eroe puro e privo di dubbi che brandiva la Spada che esorcizza il male è morto; ma Link, che malgrado le sue paure ha scoperto d'esser in grado di impugnarla a sua volta e dunque degno quanto lui, almeno questo glielo deve: restare accanto alla principessa che si era scelto, fino alla fine.

«Sono così stanco di sentirmi diviso in due, Zelda». Link non riesce a dirlo senza sorridere, e Zelda appare confusa e inquieta per via del suo sorriso. «Quando abbiamo parlato nella casa di Impa, la notte prima che io me ne andassi, avevi ragione su tutto. Negavo solo perché non volevo ammettere che era così: che la mia volontà era con te, ma che il mio cuore era altrove, era a Daccapo, era nel respiro delle terre selvagge... e per quanto ci sia e ci sarà sempre una parte di me che vorrebbe solo scappare e nascondermi, a Daccapo o sull'Altopiano delle Origini, nessuna parte di me ha mai voluto abbandonarti. È soltanto che questa contraddizione mi è sembrata insanabile...»

Link ha lottato contro questa verità per quasi tutta la sua vita senziente, sfiancandovisi contro come contro un ostacolo inamovibile, che gli bloccava il cammino senza ch'egli riuscisse a comprenderne la natura, e s'è sforzato d'ignorarla come se fingere che non esistesse potesse permettergli di vincere. Non era vero. Dopo Ganon, dopo Sidon, in un momento non precisato di questo suo viaggio, d'improvviso Link ha smesso di combattere e si è arreso a quest'evidenza come un animale che si sottomette mostrando il ventre, e inaspettatamente ha scoperto che smettere di lottare era riposante e confortante, e che quella verità da cui fuggiva non era lì per fargli del male. Non era un ostacolo: era un piccolo oggetto duro da tenere in mano come una pietra o una freccia, e senz'altro significato che quello di doverne tener conto.

Link ha cercato per mesi una soluzione ostinandosi a rifiutare la semplice verità che di soluzioni non ce n'erano perché quello contro cui combatteva non era un problema – era una tragedia. Arrendersi a questa scoperta è stato un sollievo improvviso e insperato, come riemergere finalmente dopo minuti di apnea e sentire il petto gonfiarsi d'aria: alle tragedie non esistono risposte né vie di fuga, e non esiste alcuna alternativa che convivervi. C'è una strana melanconica dolcezza nell'accettare tutto ciò.

«Ci sono stati giorni in cui non avrei mai voluto tornare» ammette semplicemente. Confessarsi così, ad alta voce, è quasi voluttuoso.

«In cui avresti preferito restare a Daccapo?»

«Sì... ma non solamente. Non è stata sempre Daccapo.»

«E che cosa è stato, gli altri giorni?» Nella voce di Zelda echeggia appena lo spettro tremulo di una risata, i suoi occhi hanno un velo leggero di lacrime.

Link si stringe appena nelle spalle perché a questa domanda non esiste modo di rispondere. Si domanda se Zelda sapesse, cento anni fa, e magari se si ricordi tuttora che cosa voglia dire Hyrule – Hebra che non trova fine nella vastità del cielo notturno né nella solitudine delle montagne silenti, sconfinate, deserte fin dove il suo occhio può spaziare, e più ancora; il respiro ritmico, segreto, delle foreste che pulsano all'unisono con lui, con la luce che penetra attraverso le fronte e s'indora nel sottobosco come fosse fatta di polvere... Ma qualcosa gli dice di no. Zelda non ha mai provato la sua libertà e la sua solitudine, la consapevolezza dei suoi doveri l'ha accompagnata sempre, dolorosamente, tanto da non lasciarla libera mai, non è stata mai libera e selvatica come lo è lui; e Hyrule allora era diversa, più civile e popolata, e né Zelda né suo padre devono averla vista come l'ha conosciuta lui. Neppure Revali, pensa fugacemente per un istante; eppure Revali, quando si sono incontrati per un attimo lassù, su Medoh, pareva saper bene quanto selvatico e indomabile egli fosse, e quanto il suo cuore fosse errabondo e incostante. Revali ha conosciuto il Link del passato, ma quando si sono incontrati, quel giorno, è stato l'unico dei Campioni che ha parlato davvero con lui, col Link del presente, e gli ha dato l'unico dono che il suo cuore bramasse...

«È stato l'Altopiano, qualche volta» risponde un po' a malincuore, perché per quanti sforzi faccia non c'è modo di esprimere a parole tutto ciò che prova. «Ma non solamente. Ci sono stati giorni in cui è stata Finterra, notti in cui è stata Hebra, albe in cui è stato il deserto; e a volte – non so se potrai capire, ma a volte non ho alcun desiderio di un posto specifico. Ho solo paura che Hyrule finisca per me all'orizzonte, mentre io desidero che prosegua ancora e ancora, fino all'infinito; e oggi, invece...»

«E oggi?» lo incalza Zelda quando la sua bocca non trova più parole da pronunciare; ma la risposta a questa domanda è così ovvia che la sua voce si colma di stupore quando parla.

«Oggi sei tu» risponde allargando le braccia: gli pare evidente, poiché sono l'uno di fronte all'altra, stagliati sulla collina che guarda il Castello. «Sono venuto qui per te.»

«È questo che hai deciso?» domanda finalmente; ma per quanto ella si sforzi di mascherare di naturalezza il tremito confuso della sua voce, Link sa che la verità è che è questo che Zelda spera. Che lo ha allontanato da sé, quella notte al villaggio Calbarico, per nient'altro che un oscuro senso di dovere nei suoi confronti, per la gratitudine che gli porta per aver accettato di salvarla senza neppure ricordarsi di lei – ma la verità,Link lo sa, è che Zelda vorrebbe ricostruire Hyrule al suo fianco, o meglio vorrebbe che fosse lui a volerlo. Link non sa se la decisione che ha preso possa farla felice, ma alternative non ce ne sono. Afferrare questa consapevolezza è stato talmente doloroso che non può più permettersi di metterla da parte e rischiare che gli sfugga ancora.

«Ci saranno giorni in cui sarà questa» assente con semplicità sotto il suo sguardo. Lo sguardo di Zelda che non si distoglie un istante da lui, s'è fatto acuto, attento, e parlare sotto la pressione dei suoi occhi è quasi doloroso. «Ci saranno giorni in cui vorrò veramente ricostruire Hyrule con te, Zelda... ma non tutti quanti. Finalmente ho capito che quella contraddizione mi sembrava tanto insanabile perché lo era. Spero che potrai accettare che in me convivranno sempre il Link del passato e il Link delle terre selvagge, e che per quanto possa apparirti strano, o ipocrita, o assurdo... quelli saranno giorni in cui vorrò davvero stare con te, e non ci saranno altri luoghi in cui preferirò stare che al tuo fianco. Lo capisci?»

Le contraddizioni non si possono sanare, quel Link misterioso e alieno che abita dentro di lui è solo uno dei tanti che si contendono e si alternano , si scambiano l'uno con l'altro per trovare pace. Anche quella parte di lui, esattamente come tutte le altre, ha diritto a esistere.

Appare un lampo di comprensione negli occhi di Zelda. «E cosa farai quando non sarai con me?»

Ma lei stessa, accorgendosi della sciocchezza della propria domanda, ride con gli occhi che brillano di lacrime, e Link non può fare altro che allargare la braccia e ridere a sua volta. Nessuno lo sa, perché Daccapo ancora deve finire d'esser costruita, perché troppa gente ancora ha troppo bisogno del suo aiuto, e perché Hyrule, per fortuna, è ancora vasta e sconosciuta a sufficienza per la sua avidità; e dopo, chissà.

È calata su di loro una strana melanconica pace, ora. È un'altra pace da quella che riscalda Hyrule al di sotto di loro: là fin dove si estende l'orizzonte, tutto attorno a loro, Hyrule sta palpitando e rinascendo. È un unico grande organismo che cresce, come un seme che lavora meticolosamente sotto la terra per venire alla luce: Link, che è parte di Hyrule alla stessa stregua di un cerbiatto o di un albero, percepisce il ritmo di quella crescita come il pulsare del sangue nei suoi polsi. Molto presto, sotto la guida di Zelda, rinascerà quella civiltà fiorente e prospera ch'egli intravvede appena ai margini dei suoi ricordi, riprenderanno gli scambi commerciali, Hyrule sarà un po' meno selvaggia di come lui l'ha conosciuta; a volte si domanda se ci sarà ancora posto per lui, quel giorno. Ma la risposta, che in fondo alla sua coscienza egli conosce già, è che se vi sarà una nuova Hyrule, allora ci sarà anche una nuova avventura.

Non ci sono più lacrime ora negli occhi di Zelda. Il suo volto sembra ora parte di quella pace che avvolge Hyrule, improvvisamente più quieto e calmo ora che ha capito; ma non felice – perché per trovare quella serafica pace e accettare il suo destino, Zelda ha dovuto rinunciare a una parte troppo grande e importante della sua umanità, e ora somiglia un poco più a una dea e un poco meno a una donna , vicina eppure irraggiungibile allo stesso modo di una sua statua.

«Sei cambiato così in fretta, Link.» Link fatica per un istante a distinguere le sue parole dal mormorio del vento. «Ieri soltanto credevi d'esser l'unico al mondo, sperduto solo in mezzo alle terre selvagge; eppure mi pare che tu ora abbia capito qualcosa per cui io ho impiegato più di cento anni...»

«Sono stato aiutato» risponde Link.

Non parlano più, di parlare no, non c'è bisogno tra loro, non ce n'è stato mai. Tutto al di sotto di loro, il costante brulicare di Hyrule che lavora silenziosa come un formicaio nascosto sotto la terra dice già abbastanza per tutti e due, ed entrambi si accontentano di riposare per qualche minuto in quel brulichio e in quella pace. È confortante restare vicini così, senza più bisogno di parlare perché ormai hanno compreso entrambi tutto ciò che l'altro aveva da dire, ad ascoltare il frusciare del vento nel flettersi dell'erba.

Zelda sa chi lo ha aiutato nel suo viaggio, e forse anche per questo non c'è bisogno di parlare – lei sa chi ha incontrato e che cosa li legava, e sa quali di loro hanno parlato al Link guerriero del passato e chi invece, l'unico, ha parlato al cuore che abita nelle terre selvagge. Urbosa gli ha fatto dono della sua furia e Daruk lo ha protetto, e per il grande amore che gli portava Mipha lo ha addirittura salvato, ma Revali, ah! - Revali gli ha insegnato a volare.



Fine.




Eccomi finalmente qua, dopo un tempo abominevolmente lungo. Non ho scuse né giustificazioni per questo ritardo: semplicemente ci ho impiegato il tempo che questa storia ha richiesto nel pastrocchio informe della mia vita e dei miei casini, e se nonostante tutto non l'ho abbandonata è stato perché l'ho amata sempre, con i suoi ostacoli e le sue difficoltà. Questa storia esprimeva qualche cosa che mi premeva molto dire, e se non son riuscita a dirlo nel modo migliore, è stato proprio perché ci tenevo troppo ed era troppo grande per me. Ma confido che si capisca ugualmente qualche cosa di quello che speravo di trasmettere.

Giunta alla fine della mia corsa, non posso che fermarmi un attimo a ringraziare Myriel e An13Uta per le loro recensioni, Vicky96 per aver aggiunto la storia ai preferiti e Destyno e Kyuketsuki per averla aggiunta alle storie seguite. Questi piccoli gesti sono per me incredibilmente significativi e ve ne ringrazio tanto.

Infine, un ringraziamento enorme e doveroso a Fiulopis, beta infaticabile e insostituibile amica, per il suo continuo aiuto alla mia storia e a me come persona.

Questo periodo di riposo forzato mi ha dato ovviamente il tempo per sedermi con calma a ricopiare e sistemare il capitolo, e mi sono sforzata di trovarne i lati positivi. Ma ci tengo tanto a mandare un enorme abbraccio a tutti quanti, in questo momento, sono rinchiusi in casa separati dalle persone care, hanno problemi lavorativi, hanno perduto qualcuno o si trovano in situazione potenzialmente a rischio a causa del covid-19: per quello che valgono le mie parole, non siete soli e vi mando un enorme abbraccio a distanza, ovviamente a norma igienica! Restiamo a casa e speriamo che tutto questo finisca presto.

Nell'attesa di tempi migliori, vi mando mille baci.

A presto, e grazie ancora!


Afaneia

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Zelda / Vai alla pagina dell'autore: Afaneia