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Autore: fantaysytrash    12/03/2020    3 recensioni
[Steve!Centric | Steve/Bucky + accenni Steve/Peggy | Introspettivo | Song-fic | What If…? | Avengers: Endgame] [Questa storia si è classificata seconda al contest “Attraverso lo specchio” indetto da AleDic sul forum di EFP]
Quando Steve torna nel passato per rimettere a posto le pietre si ritrova davanti a se stesso, non ancora precipitato nell’Artico, che sta per rinunciare a qualcosa di cui non conosce il reale valore; decide quindi di aiutarlo… aiutarsi?
Dal testo:
“Ripensò poi a tutte le persone che lo avevano aiutato nel corso degli anni, a quelle che aveva perso troppo presto, a quelle che sarebbero rimaste ancora per lungo tempo. A quella che non se n’era mai andata, non veramente.”
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autrice 

Credo che questa sia la storia di cui sono più orgogliosa tra tutte quelle scritte e pubblicate finora. Era partita con una premessa per poi trasformarsi lentamente in qualcosa di alquanto diverso, e il risultato finale è particolarmente di mio gradimento.

La canzone presa in considerazione è “Wondering” di Olivia Rodrigo e Julia Lester che vi consiglio di ascoltare – prima, durante o dopo aver letto la fic – non solo perché è bellissima, ma soprattutto perché è veramente intessuta nella trama della storia. Non ho inserito i versi all’interno del testo poiché mi sembrava stonasse, interrompendo quella che è a tutti gli effetti una oneshot continua.

È presente inoltre un piccolissimo riferimento alla canzone “Beautiful People” di Ed Sheeran e Khalid, da cui è tratto anche il titolo.

Inoltre, verso la fine noterete che ho omesso di descrivere un evento abbastanza fondamentale; questa scelta è stata dettata dal fatto che lo scopo e il tema del contest fosse il confronto tra due versioni di un personaggio e, non essendo molto ferrata in descrizioni di azione, ho preferito sorvolare su quel particolare non strettamente pertinente ai fini della trama.

Infine, sebbene il contesto sia quello di Avengers: Endgame, ho pubblicato la storia nella sezione di Captain America dato che ci si concentra quasi esclusivamente sul rapporto tra Steve e il suo passato – principalmente mostrato in Captain America: The First Avenger.

Spero davvero possa piacere,

Federica ♛

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

(WE ARE NOT) BEAUTIFUL PEOPLE

 

Qualcosa era andato storto. Steve se ne rese conto non appena aprì gli occhi e si ritrovò in una piccola stanza buia, schiacciato contro il muro più vicino, le sue gambe intrappolate in qualcosa che non riusciva a vedere.

Prese un respiro profondo e tentò di muoversi a tastoni verso l’uscita. Non fu particolarmente difficile; lo stanzino in cui era finito era a malapena largo abbastanza per contenere la sua massa imponente, figuriamoci per nascondere trappole segrete.

C’era qualcosa di famigliare in quel lungo corridoio, nelle tende color cenere alle finestre, nel lieve odore che aleggiava nell’aria.

Prima che raggiungesse la porta, udì delle voci sommesse che, sebbene fossero passati decenni, non ebbe alcuna esitazione a collocare nella sua memoria. Howard e Peggy; li avrebbe riconosciuti ovunque.

Avrebbe dovuto andarsene, riporre la pietra e sgattaiolare via in silenzio senza essere notato. Non sapeva con esattezza i pericoli e le conseguenze di interagire con altre persone – forse Bruce gliele aveva anche spiegate, ma non aveva prestato abbastanza attenzione – ma era piuttosto sicuro che fosse tra le prime cose da non fare assolutamente.

Eppure sarebbe stato così facile, oltrepassare la soglia, fingere di essere sopravvissuto alla caduta nell’Artico e ricominciare come se niente fosse.

Non era forse quello che aveva sempre sognato? Riprendere in mano la sua vita, nel posto in cui era destinato a essere fin dal principio?

Quel pensiero lo sorprese. Non era mai stato una persona egoista, ma credeva di meritarsi una seconda possibilità, un’occasione per rimettere le cose al posto giusto.

Ripensò a Peggy – alla vera Peggy, quella che aveva conosciuto decenni prima –, alla loro brevissima storia d’amore e quanto lo aveva ferito sapere di non poter passare una vita con lei. Il mio unico rimpianto è che tu non abbia potuto vivere la tua vita. E ora avrebbe potuto farlo. Rimettere le cose al loro posto originario, ricominciare da capo.

Il futuro gli aveva riservato dolore e sofferenza, anche quando si celava dietro buone intenzioni. Ne erano una prova tutte le persone che aveva conosciuto.

Pensò a Natasha, a come fosse stata l’unica ad avvicinarsi a lui e cercare di conoscerlo veramente quando per il resto del mondo era solamente un’icona, un idolo senza reali emozioni. Morta.

Pensò a Sam, a come avesse capito fin dal principio di quanto aiuto psicologico avesse davvero bisogno dopo tutto quello che era successo. Sarebbe stato un Capitano degno del suo nome.

Pensò a Tony con cui, sebbene la loro conoscenza fosse iniziata col piede sbagliato, aveva costruito un’amicizia sincera, basata sulla fiducia reciproca. L’unico vero salvatore dell’universo, sacrificatosi per il bene di tutti.

L’uomo che voleva quelle cose è morto tra i ghiacci; qualcun altro ne è uscito.

Erano state le sue stesse parole – tra le ultime di quelle che si erano scambiati civilmente – quando ancora stava cercando Bucky dopo che era ricomparso nella sua vita.

Bucky.

Se avesse guardato oltre la soglia, il suo più caro amico sarebbe di sicuro mancato da quel bel quadretto, ma poteva ancora essere salvato, un prigioniero di guerra di qualche settimana invece che settant’anni. Sarebbe potuto tornare a casa, considerato e trattato come l’eroe di guerra che era e non come un criminale di cui avere paura.

Sarebbero potuti essere tutti felici, Steve e Peggy e Bucky e Howard e gli Howling Commandos. Insieme. Al sicuro.

Steve fece un passo avanti. E si bloccò.

Perché per quanto fosse si fosse aspettato di imbattersi in Peggy e Howard – sebbene si rese conto improvvisamente di non avere un discorso preparato –, non era assolutamente pronto a ritrovarsi quasi faccia a faccia con se stesso.

Fortunatamente i tre erano chini su un tavolo, probabilmente con qualche mappa o piano d’azione da analizzare, e non si accorsero del piccolo movimento alle loro spalle.

Evidentemente Steve era arrivato prima di quanto avesse pensato; era ancora vivo in quest’universo, ancora occupato a dare la caccia a Schimdt.

Quando avvertì uno strascichio di piedi, azzardò un’occhiata furtiva alla stanza, notando come solamente il suo sosia fosse rimasto, seduto su una vecchia sedia di legno, lo sguardo perso nel vuoto, le sue difese abbassate ora che non doveva mantenere le apparenze per altri.

Avrebbe ancora potuto seguire il suo piano originario, lasciare che quell’altra versione proseguisse il suo percorso, aspettare che precipitasse verso il suo destino per poi prendere il suo posto. Ma ne sarebbe davvero stato in grado?

Steve sapeva cosa stesse passando per la sua testa in quel momento, conosceva alla perfezione tutti i suoi dubbi e le sue insicurezze, il senso di colpa che lo stava trascinando in una lunga spirale verso le profondità più recondite del suo animo.

Avrebbe davvero potuto lasciarlo così, debole e senza aiuto proprio nel momento in cui ne necessitava di più?

Steve aveva sempre aiutato chiunque ne avesse bisogno, anche quando non rientrava nei suoi migliori interessi; forse era arrivato il momento di aiutare se stesso.

 

Appena rivelò la sua presenza dopo essersi assicurato che gli altri due avessero effettivamente lasciato la stanza, l’altro Steve – avrebbe dovuto riferirsi a lui in qualche modo particolare? – si alzò di scatto, la fronte aggrottata e un’espressione confusa dipinta sul volto, prima di afferrare velocemente la pistola abbandonata sul tavolo.

Steve alzò le mani in segno di resa; l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un’altra lotta, men che meno con qualcuno contro cui non poteva vincere.

“Non voglio farti del male,” esordì, cercando di mostrarsi il meno aggressivo possibile.

“Chi sei?”

“Potrebbe volerci un po’ di tempo per spiegarlo.”

La pistola non accennava a essere riposta.

“Ti chiedo solo qualche minuto, è importante che tu sappia.”

“Che sappia cosa?”

“Quello a cui stai rinunciando.”

Il sosia lo guardò con aria scettica. “Di cosa stai parlando? Chi sei e perché indossi il mio volto?”

Steve sospirò. Non aveva tempo per le spiegazioni troppo lunghe, aveva un lavoro da svolgere. L’intero universo dipendeva su di lui, ma era vitale che portasse a termine anche quella faccenda. “Io sono te e, prima che tu ti metta a sparare, posso dimostrarlo. So quello che vuoi fare perché l’ho già fatto. So che non hai alcuna intenzione di tornare vivo dalla missione contro Schmidt.”

Quello fu abbastanza per farlo vacillare ed esitare ulteriormente.

“E lo capisco, sul serio,” continuò spedito. “Probabilmente lo capisco più di quanto mi faccia piacere, ma sono qui per dirti che non servirà a niente. Non fermerai l’HYDRA, non proteggerai il mondo e, soprattutto, non morirai. Ti risveglierai settant’anni nel futuro, insicuro e disperato come ora, ma solo.”

Poi gli venne in mente l’informazione con cui probabilmente avrebbe dovuto iniziare l’intero discorso.

“Bucky è vivo,” ripeté dunque per la seconda volta nel corso del suo viaggio. Apparentemente era l’unica cosa capace di fermare le tendenze impulsive e scapestrate di… be’, di se stesso.

L’espressione che gli attraversò il volto era un misto di incredulità e timorosa speranza. Non poteva rischiare di credere alle sue parole, ma allo stesso tempo non c’era nient’altro che avrebbe desiderato di più.

“Cosa…”

Ma Steve lo interruppe nuovamente. “Non so con esattezza che giorno sia, ma è stato trovato dall’HYDRA quando è caduto dal treno, e ora sta per essere torturato e trasformato in un’arma letale. Soffrirà e farà soffrire decine di altre persone, per cui smettila di piangerti addosso a va’ ad aiutarlo!”

Non sapeva con esattezza quando la sua preoccupazione si fosse trasformata in rabbia, ma sapeva – nonostante tutto, nonostante le loro differenze – che in qualunque mondo si trovasse le loro priorità non erano distinte.

Lo sguardo perso e ferito dell’altro lo fece desistere momentaneamente. “Ti prego,” sussurrò. “La tua vita è perfetta. Puoi avere tutto quello che hai sempre sognato. Salva Bucky, vinci la guerra, sposa Peggy e torna a Brooklyn. Gli Howlies si meriterebbero una vacanza. Non dovresti più pensare a nulla.”

Il suo alter ebbe il coraggio di scoppiare in una fragorosa risata.

Ma fai sul serio? Pensi davvero che potrebbe funzionare?” La sua espressione pareva davvero una delle più perplesse. “Pensi davvero che Peggy accetterebbe una vita sedentaria dedicata a fare la moglie e la madre? Pensi che dopo tutti gli orrori che abbiamo visto in guerra potremmo tornare a sorridere apertamente e riprendere la vita che avevamo prima? Pensi che io – che tu – possa condurre un’esistenza serena senza qualcuno da salvare? La mia vita non è perfetta, non lo è mai stata. Da che dimensione provieni, esattamente, per essere così in negazione della realtà dei fatti? O forse sei soltanto una nuova trovata dell’HYDRA per distrarmi dal mio destino.”

“Tu e Bucky…”

“Io e Bucky non torneremo mai quello che eravamo un tempo. Io e Bucky non potremo mai vivere come vorremmo veramente. Io e Bucky in questo mondo non esistiamo insieme.”

Steve non riusciva a capire. Era quello che voleva, quello che aveva sognato per così tanto tempo, persino prima di risvegliarsi nel nuovo secolo.

Essere al sicuro, avere una famiglia, trascorrere le giornate con i suoi amici erano le cose che voleva di più al mondo, ne era assolutamente certo. Per molto tempo era stata l’unica cosa di cui fosse certo. E ora questa sottospecie di imitazione aveva l’audacia di dirgli che non fosse così?

Perché esitava? Perché non si precipitava in quel mondo tanto invitante che gli stava offrendo su un piatto d’argento?

“Senti, il futuro avrà anche cose positive, ma non ti riserverà solo gioie. Hai la possibilità di far funzionare le cose ora, insieme alle persone che ami. Stai forse dicendo che vuoi portare avanti la tua missione suicida?” sbottò infine. “Perché se è così, ti dico che prenderei io il posto vuoto che lascerai.”

“E scappare dalle tue responsabilità? Suona come qualcosa che il vero me non farebbe mai. Cos’è successo nel tuo mondo da terrorizzarti tanto?”

Steve inspirò profondamente. Cos’era successo? Letteralmente tutto, forse di più.

“Howard dice che un giorno avremo cure abbastanza sofisticate da poter guarire malattie che ora sono mortali,” riprese l’altro imperterrito.

Steve aggrottò la fronte. “Be’, sì, ma…”

“E macchine volanti.”

“Quelle ancora non le abbiamo.”

“E due persone dello stesso sesso potranno stare insieme senza venire rinchiuse.”

Steve esitò. Quello era vero, ma… “Non è di me che stiamo parlando!”

La sua immagine riflessa sollevò una sopracciglia.

“Okay, okay. Diamine, è come avere a che fare con… oh. Be’, suppongo abbia senso.”

“Se hai finito con i tuoi monologhi, io ho una missione da portare a termine.”

Anche il vero Steve ne aveva una.

“Non hai sentito ciò che ho detto? In questo momento Bucky sta venendo torturato! Lasceresti davvero che soffra in questo modo solo per poter tenergli la mano in un momento futuro? Questo è qualcosa che io non farei mai.”

Quell’affermazione risvegliò entrambi, ma le speculazioni del biondo erano ormai riverse su se stesso per prestare attenzione a ciò che stava dicendo il suo sosia.

Perché non era forse Bucky la ragione per cui aveva deciso di fermarsi più a lungo in quella realtà, nonostante sapesse di non doverlo fare? Non era forse lui la ragione per cui aveva fatto qualsiasi cosa da quando era stato in grado di prendere decisioni?

E Bucky lo stava aspettando nel futuro. Proprio come aveva promesso. Fino alla fine.

Questi non saremmo noi, pensò improvvisamente, guardandosi intorno con fervore. Solo versioni sbiadite e abbellite per recitare una parte. Solo un saremmo-potuti-essere in un’altra versione della realtà.

Non avrebbe salvato il suo Bucky, non avrebbe evitato di far soffrire la sua Peggy, non avrebbe dato un padre migliore al suo Tony.

Questa era la realtà di un altro, di un se stesso passato, di una versione così lontana da ciò che era diventato ora da potersi definire una persona completamente diversa.

E se per lo stesso Steve del passato una realtà tanto pacifica e serena era impensabile, cosa diceva questo della persona che era diventata dopo decenni in un universo completamente diverso?

Dei passi interruppero i suoi pensieri.

“Steve, abbiamo dimenticato…”

La voce di Peggy si interruppe a metà frase quando i suoi occhi si posarono sulle due figure pressoché identiche che discorrevano tranquillamente in salotto.

Steve sospirò rumorosamente; avrebbe dovuto trattenersi più del previsto.

 

Sapeva che si sarebbe beccato una strigliata dagli altri, ma Steve rimase in quel mondo parallelo per diverse settimane – almeno secondo il tempo del posto.

Gli ci vollero due giorni interi solo per spiegare nel dettaglio quello che era successo nel futuro, di come fosse sopravvissuto, di come anche Schmidt e l’HYDRA avessero trovato il modo di corrompere svariate epoche e società a venire.

Aiutò Howard più che poté con le coordinate delle basi nemiche di cui era a conoscenza e con quelle in cui tenevano prigioniero Bucky. All’ultimo, giusto per non correre rischi, gli diede anche quelle in cui sarebbe stato ritrovato lui stesso anni dopo.

Guardando l’altro Steve, tuttavia, non credeva sarebbero tornate utili. Da quando aveva mostrato la situazione, aveva un nuovo luccichio negli occhi e, sebbene non fosse recisamente identificabile, suppose che fosse un segnale positivo.

I due non si erano più rivolti la parola, mentre Howard gli aveva già fatto decide di domande, affascinato – com’era prevedibile – dalla scienza che stava dietro al teletrasporto.

Il gruppo aveva deciso di comune accordo che non si sarebbe manifestato a Bucky, per non confonderlo ulteriormente, ma Steve sapeva che si trovava in buone mani.

Aspettò finché l’amico venne recuperato, azzardando solo una veloce occhiata alle sue condizioni, prima di organizzarsi per l’ennesimo – e sperò l’ultimo – viaggio.

Si stava preparando per tornare al suo presente, sperando che ce ne fosse ancora uno e che non si fosse per sempre perso nei meandri del tempo, quando venne raggiunto da una figura famigliare.

“Senti… mi dispiace per le cose che ho detto. Avevo un unico obiettivo in mente e tu non stavi seguendo il copione che avevo scritto nella mia testa.”

“Abbiamo sbagliato entrambi,” concordò l’altro.

Restarono in silenzio per qualche istante, il leggero vociare degli altri due amici l’unico rumore nella stanza.

“Quindi… ora te ne andrai?”

“Sì, devo tornare nella mia realtà, ho ancora dei conti in sospeso.”

“C’è una versione di Bucky nel mondo da cui provieni tu?” chiese il suo sosia dopo qualche minuto.

“Sì, lui… mi sta aspettando.”

“Va’, allora. Andrà tutto bene,” concluse sicuro.

Steve si girò verso il salotto, dove Howard stava già programmando un nuovo braccio bionico per Bucky e Peggy gli stava intimando di lasciarlo respirare almeno per qualche giorno.

Ripensò poi a tutte le persone che lo avevano aiutato nel corso degli anni, a quelle che aveva perso troppo presto, a quelle che sarebbero rimaste ancora per lungo tempo. A quella che non se n’era mai andata, non veramente.

Steve aveva lottato tutta la vita per difendere l’universo; non l’avrebbe abbandonato ora che era finalmente salvo.

“Sì,” ripeté infine, quasi tra sé e sé, lo sguardo ancora fisso sui suoi vecchi amici. “Andrà tutto bene.”

   
 
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