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Autore: ShanaStoryteller    16/03/2020    1 recensioni
Una raccolta di storie brevi che dipingono una nuova versione dei miti antichi.
O:
Quello che accadde a Icaro dopo la sua caduta, come Ermes e Estia si immischiarono e salvarono l’umanità e di come Ade voleva solo schiacciare un pisolino.
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Afrodite/Venere, Ares/Marte, Era/Giunone, Poseidone/Nettuno
Note: Lime, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note dell’autrice: Ho postato queste storie anche sul mio Tumblr, ma le carico anche qui per questioni di ordine.
Note traduttrice: "Spero che queste storie vi facciano compagnia in queste giornate di quarantena e che vi strappino un sorriso e vi emozionino tanto quanto hanno fatto con noi. Ringrazio la mia super Beta CrispyGarden (https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=134203) per la voglia che ha di leggere tutto quello che traduco a macchinetta e Nereisi per avermi ispirata a lanciarmi in quest'ennesima avventura linguistica ❤ Buona lettura!" - DanceLikeAnHippogriff 
Avete letto bene! Come anticipato su tumblr, questa serie verrà tradotta dalla mia beta. Speriamo vi piaccia! - Nereisi

Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr !




 
Icaro



Suo padre gliel’aveva detto: “Non volare troppo in alto perché il sole scioglierà le tue ali e tu cadrai. Non volare troppo basso perché l’acqua del mare ammorbidirà la cera e tu cadrai.”

Non gli aveva dato ascolto, perché non lo faceva mai. Non ascoltava.

Se l’avesse fatto- lo avrebbe capito. Ma non importava, cadde.

Cadde.

 
~

Apollo era molto bello. Aveva baciato la pelle di Icaro e l’aveva chiamato un caro ragazzo e ben presto, ogni qualvolta la luce del sole gli sfiorava la pelle, iniziò ad associare quel tocco a quello di un amante. Gli aveva detto di andare da lui, di andare da lui, che lo avrebbe venerato, che i suoi giorni erano pieni e impegnati e che non avrebbe avuto molto tempo per lui – ma che le notti sarebbe stato suo.

Chi poteva rifiutare un dio? A chi era mai stato detto da un dio che l’avrebbe venerato quando non era niente più di un figlio di un inventore caduto in rovina, e aveva rifiutato?

Se avesse ascoltato suo padre, l’avrebbe saputo – che il sole non tramonta mai per davvero, che non esisteva la notte, ma solo luoghi dove il sole era assente.

Forse se avesse ascoltato suo padre sarebbe riuscito a rifiutare Apollo, avrebbe potuto dire al dio dorato della luce del giorno che era felice così com’era.

(Non era vero, ma se Apollo gli aveva mentito gli sembrava giusto che anche lui potesse farlo.)

Ma non ascoltava mai.

 
~


Dunque, Icaro volò troppo in alto, lasciandosi suo padre alle spalle. Pensava che se fosse riuscito a volare abbastanza in alto, a volare veloce abbastanza, Apollo sarebbe riuscito a prenderlo, strappandolo dalle fatiche di quel mondo mortale.

Ma Apollo non venne per lui, e le sue ali si sciolsero. Si sfracellò nel mare e non ebbe nemmeno il tempo di dire a suo padre che gli dispiaceva.

Avrebbe voluto dire a suo padre che gli dispiaceva.

~

Non morì.

Poseidone era potente e curioso e pensò che Icaro fosse una cosa bella e curiosa.

Icaro non sapeva di essere bello. Poseidone gli passò le potenti mani sui fianchi e Icaro pensò che Poseidone e Apollo non avevano la stessa concezione di bello che aveva lui.

Quando pensava alla bellezza gli venivano in mente le macchine di suo padre, i muri di pietra levigati così alla perfezione da brillare come argento, di ombre che danzavano eleganti sfuggendo alla stretta del fuoco.

Non pensava di essere nessuna di quelle cose. Non sapeva che cosa intendevano quando lo chiamavano bello, ma pensò che non gli piaceva.

 
~

Era stanco. Poseidone era molto esigente e ogni volta che il dio si infilava nel suo letto gli sembrava di morire. Sarebbe stato più facile se Poseidone fosse stato un uomo orribile, ma era gentile e Icaro veniva sempre soddisfatto, anche se non lo era mai davvero.

Pensava che la moglie di Poseidone si sarebbe arrabbiata con lui, che l’avrebbe odiato. Una volta si scontrò con Anfitrite nei corridoi. Si inchinò subito fino all’altezza della vita: “Sono profondamente dispiaciuto, mia signora.” Si domandò se l’avrebbe ucciso. Si domandò se gliene sarebbe poi importato.

Lei rise, e il suono era quello di calme onde che lambiscono la costa. Gli premette due dita sotto il mento, costringendolo ad alzarsi, e gli inclinò dolcemente la testa di lato per osservare la linea di segni lasciati dai morsi di suo marito lungo il collo del ragazzo. “Meglio a te che a me, mio caro.” Gli diede due buffetti sulla guancia e se ne andò.

Che cosa significava?

 
~

Non sapeva da quanto tempo si trovasse in quel luogo. Non più di un decennio, pensò, anche se non era cresciuto.

Non cambiava mai niente. I segni dei morsi non svanivano mai del tutto prima che Poseidone ne aggiungesse degli altri.

Una notte, Icaro attese che Poseidone fosse profondamente addormentato di fianco a lui prima di cingersi i fianchi con le lenzuola e andarsene in punta di piedi dalla stanza. Non esitò quando mise piede fuori da palazzo e improvvisamente si ritrovò ad annegare. Si trovava così tanto in profondità che si sarebbe potuto tirare a sorte su cosa avesse causato la sua morte: se la pressione sui suoi teneri organi o la mancanza d’aria nei polmoni.

Non che importasse davvero. Non importava perché Icaro morì.

 
~

Si svegliò. Di nuovo.

“Mia signora.” Salutò, inchinandosi di fronte a una dea dalla pelle color terriccio e dai capelli delle più ricche sfumature di rosso, come di rubino o – “Melograni.”
Terminò lui, e Persefone, regina degli inferi, sorrise.

Disse: “Ti ho tenuto d’occhio.”

Disse: “Anfitrite ha parlato bene di te.”

Disse: “Sono assente per sei mesi l’anno. Mio marito si sente solo.”

Era morto. Non aveva altro posto dove andare.

“Va bene.” Disse.
~

La neve iniziò a sciogliersi. Persefone partì e sembrava che gli inferi fossero in lutto per la sua assenza. La prima notte, rimase in attesa nella sua camera, teso; ma non venne nessuno.

Nemmeno la seconda notte.

Né la terza.

Non riusciva a concepire niente di più spiacevole dell’ira di Persefone, dunque, la quarta notte, si diresse verso la stanza di Ade. Quando il dio gli rispose, Icaro si inchinò profondamente e disse: “Mi manda tua moglie, la dea Persefone.”

Non osò sollevare lo sguardo quando Ade gli rispose: “Mio fratello è alquanto contrariato con me. È venuto per chiederti indietro. Ero disposto a cederti a lui, ma mia moglie ha detto che le saresti stato utile.”

Non poteva tornare da Poseidone. Era un luogo freddo e buio e lo faceva sentire miserabile. Anche se Ade fosse stato un amante brusco, sarebbe stato sempre meglio di suo fratello. “Desidera che le faccia compagnia. Dice che vi sentite solo.”

“Ma davvero?” Disse Ade con fare strascicato, e Icaro rabbrividì. “Ragazzo, guardami quando ti parlo.”

E Icaro lo guardò. Ade non possedeva la bellezza perfetta e simmetrica di Apollo né la forza selvaggia e il potere di Poseidone. Ade aveva la pelle di legno sbiancato e i capelli color petrolio, occhi neri ed espressivi e un naso leggermente troppo importante per il suo viso.

Sembrava una persona vera. Il padre di Icaro avrebbe potuto assomigliare a lui quando era giovane. Icaro avrebbe potuto assomigliare a lui se avesse avuto la possibilità di invecchiare. Era bellissimo.

“Vieni con me,” sospirò, “se mia moglie vuole che tu mi tenga compagnia, allora lo farai.”

~

Seguì Ade ogni giorno. Mentre governava le cerchie degli inferi, le anime perse, quando riceveva gli dei o altri esseri non-morti che avevano fatto degli inferi la loro dimora.

Icaro iniziò ad aiutarlo. Ade era senza la sua regina e quello che avrebbe normalmente fatto con lei ora doveva farlo da solo. Dunque, Icaro controllava il registro dei passeggeri della barca del fiume Stige, si occupava delle lamentele importanti abbastanza da arrivare a palazzo, e quando Ade sembrava particolarmente teso, gli portava dei melograni.

Ma Ade non giacque con lui.

Icaro non capiva se ne era deluso, ma era felice lì.

 
~


“Sai,” disse Ade un giorno mentre controllavano alcune relazioni, “ti chiamano Thanatos.”

Dio della morte. “Perché?” Domandò. Non aveva più paura di Ade. Quando Ade era sconvolto si metteva a urlare e a gridare per poi andare a sedersi nel giardino che Persefone aveva creato per lui. Non scoppiava per poi ferire.

Ade sorrise e non rispose.
~


Icaro arrivò per aiutare Persefone a scendere dalla barca. “Gli sei mancata.” Disse, tendendole il braccio perché vi ci si potesse sostenere.

Lei inarcò un sopracciglio: “Sai, una volta mi chiamavano Kore.” Si alzò sulle punte per baciargli la guancia: “Grazie, Thanatos.”

~


Duecento anni dopo, nel bel mezzo dell’estate, Icaro si fece coraggio e baciò Ade, le mani sporche di inchiostro e l’odore di corpi in putrefazione che appestava i piani più bassi degli inferi per l’ennesima guerra.

Ade ricambiò il bacio.

Due mesi dopo, Persefone lo baciò per la prima volta quando la aiutò a scendere dalla barca. A volte, quando la tensione si faceva sentire o Ade era arrabbiato, Icaro si arrampicava sulle sue cosce e lo baciava lentamente.

Non giacquero mai assieme.

Icaro era felice.



Note dell’autrice:
Spero che vi sia piaciuta!
Sentitevi liberi di seguirmi/tormentarmi su: shanastoryteller.tumblr.com
 
   
 
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