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Autore: mattmary15    18/03/2020    1 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Prologo

 

La voce calma e gentile lo salutò.

“Benvenuto, professore.”

Charles sollevò il bicchiere pieno di liquido dorato e simulò un brindisi prima di avvicinarlo alle labbra e svuotarlo.

Se ne stava seduto sul pavimento con le spalle poggiate al muro. Aveva già scolato mezza bottiglia.

Avvicinò di nuovo il viso all’occhio di Cerebro e la voce lo raggiunse di nuovo.

“Benvenuto, professore.”

La stessa inflessione, la stessa dolcezza.

Una menzogna.

La dolcezza c’era stata, un tempo. Ora non più. Si riempì un altro bicchiere e tirò un ginocchio al petto.

Un tempo, sì un tempo, c’erano state molte cose. Dolcezza, amicizia, coraggio, amore.

Il tempo però se le era portate via tutte. O forse no. Non era stata colpa del tempo e Charles lo sapeva. Avrebbe potuto dirlo a voce alta in qualsiasi momento. Invece bevve l’ennesimo bicchiere e provocò di nuovo Cerebro.

“Benvenuto, professore.” 

Rise mentre le lacrime gli riempivano gli occhi. Non era stata colpa del tempo. Il tempo aveva solo sostituito la dolcezza con una profonda amarezza che gli si era depositata in fondo agli occhi blu. Aveva allentato i legami e mutato il coraggio in paura. Aveva cancellato ogni forma di amore dalla sua vita. Tutto questo, tuttavia, non era colpa del tempo. Il tempo gli aveva solo dato corpo, consapevolezza. 

Si sollevò in ginocchio e bevve un altro bicchiere di wisky.

“Benvenuto, professore.”

Di nuovo la sua voce. Charles versò un altro bicchiere e fece una cosa stupida. Più stupida che stare seduto davanti a quella pesante porta di metallo solo per sentire quella frase.

Più stupida che ubriacarsi ogni sera per stordirsi.

Più stupida che farlo notte dopo notte al punto da esserne diventato dipendente.

Più stupida che aver acconsentito all’idea di Hank di dare una voce a Cerebro.

Più stupida che fermare la sua vita a quel giorno dopo.

Più stupida che costringere il tempo a ripiegarsi su se stesso mentre fuori dalla sua testa, dalla sua casa, imperava trasformando ogni cosa.

Decise di ridare un volto a quella voce.

Bevve e poggiò il bicchiere sul pavimento. Chiuse gli occhi e poi li riaprì mentre con due dita toccava la sua tempia sinistra.

E lei riapparve. Non solo il  suo viso.

Se ne stava in piedi in un paio di scarpe da ginnastica blu.

I suoi jeans erano chiari e sdruciti. 

La t-shirt infilata nei jeans era bianca con una scritta nera come il giubbino di pelle che di solito indossava. Non ce l’aveva però.

I suoi capelli biondi ricadevano a ciocche sulle spalle.

Teneva le mani in tasca e gli occhi azzurri puntati su di lui. 

Era bellissima e Charles pianse.

“Benvenuto, professore.” 

E Charles rise.

“Ciao, Lena.” Sussurrò. Non era felicità quella che provava vedendola lì. Sembrava solo ubriachezza. Probabilmente per questo non si stupì di quello che accadde.

La ragazza di fronte a lui, sfilò una mano dalla tasca dei jeans e la tese verso di lui. Charles credette che volesse che lui la prendesse e allungò la sua rimettendosi in piedi. Lei invece si girò, lentamente, indicando un punto nel buio del corridoio. Charles non vide niente all’inizio. Si passò il dorso di una mano sugli occhi e, nel buio, vide qualcosa di chiaro. 

Inizialmente non riuscì a mettere a fuoco i contorni delle cose poi, però, distinse bene il letto e il tavolo. Tutto era di plastica bianca. 

Charles guardò la ragazza sempre immobile ad indicare quel punto e in quel punto vide lui.

Era in piedi, anche lui vestito di bianco. Sembrava fatto di luce. Solo i suoi occhi erano grigi. Il solito metallo fuso che brillava.

Era un’allucinazione. Doveva essere un’allucinazione. Doveva essere l’allucinazione dell’alcol.

E invece parlò.

“Charles.”

Si lasciò scivolare contro il muro con le mani nei capelli.

La ragazza con le scarpe da tennis blu scomparve e con lei, lui.

La sua voce però non sparì. Rimase nella sua testa.

“Charles.”

“Non più, Erik.”



NdA
Rieccomi.
Come state? Periodo di quarantena e l'unico conforto è il tempo per riprendere in mano vecchi amori.
Charles ed Erik lo sono di certo. Spero che li accompagnerete anche in questa loro nuova avventura.
Alla prossima.

  
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