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Autore: Inikos DS    22/03/2020    5 recensioni
Dal testo:
"Eppure mentre tutto perisce, rimpiango molti momenti che avrei potuto vivere diversamente. Attimi intensi sprecati, occasioni buttate via, affetti non espressi. Ed ora che la clessidra sta per terminare la sua sabbia so che non ci sarà più nessun altro giro per me. E' stato deciso che non lo merito."
Terza classificata al contest originale "Voglia di tè" creato da Inchiostro_nel_Sangue & elli2998.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella cesta è rimasto un solo limone, giallo e profumato. Nel buio della cucina è l'unica fonte di luce e calore. Neanche la fiamma del fornello ormai illumina, né la mia anima.

Mi decido a tagliarlo, lo faccio delicatamente lasciando le scorze da una parte. Prendo poi lo zenzero nel tiretto di legno. Quando l'acqua bolle rovescio una manciata di foglie di tè e annego tutto il resto: è pronto.

Salgo a fatica le scale e torno in camera da letto. Seduto in silenzio bevo, alternando colpi di tosse a sorsi. Un colpo di tosse ed un sorso. Quel sapore riporta alla mente così tanto...

Tutto è accaduto così in fretta, troppo in fretta. Come può un uomo portarsi avanti giorno dopo giorno se è già sconfitto nell'anima? La tazza è bollente, pura porcellana bianca mi cade dalle mani e si frantuma al suolo.


 

Le luci mi accecano mentre la folla si muove a ritmo di musica, mi allontano per respirare un po' d'aria e mi avvicino al tavolo del rinfresco. C'è un ultimo bicchiere di vodka lemon; sì, ne ho già bevuti quattro, ma non posso lasciarlo lì tutto solo. Faccio per prenderlo ma un ragazzo mi precede.

<< Ehi. >> riesco solo a dire, perché quando si volta verso di me sorridente le parole mi restano incastrate in gola da quanto è bello.


 

Il suo sorriso ora è dolore. Ripensarci mi uccide in modo più atroce di questo male che infesta il mio corpo. Quando ci si ammala non resta più nulla, non si può fare più nulla, tutto svanisce via, perde colore. Il futuro diviene pura utopia. Cerco di raccogliere i cocci ma il dolore al petto è lancinante, mi fa barcollare e crollo al suolo. Sento di essermi tagliato il braccio con i cocci della tazza.


 

<< Ciao, io sono Fer e tu? >> chiede dandomi la mano.

<< Nico. >> rispondo guardando il drink che tiene in mano, nella speranza di non arrossire.

Lui però sembra accorgersene,

<< Lo lascio a te? >>

<< No. Anzi si, visto che stavo per prenderlo io. Ma... no che dico, scusa. >> borbotto come un perfetto idiota, allucinato dagli effetti dell'alcool.

<< Sai a casa mia ho uno splendido albero di limoni, magari una volta te lo preparo io un cocktail... >> e mentre dice così gli vomito addosso.

Ora mi ucciderà, penso mentre precipito verso il basso, ma sento le sue braccia afferrarmi e la sua voce divertita dire:

<< Forse sarà meglio farti un tè... >>


 

Ed è così che ci siamo conosciuti, è così che ci siamo innamorati ed è così che siamo andati a vivere insieme. Ciò che ho sempre desiderato si è avverato per un po'. Svolgevo un lavoro abbastanza soddisfacente, avevo accanto l'uomo dei miei sogni ed entrambi conducevamo una vita niente male.

Quando il virus è arrivato eravamo tutti troppo impegnati a vivere. Mentre evolveva noi eravamo troppo impegnati a lavorare; a sostenere i ritmi della società.

Quando ci ha colpiti siamo corsi in ospedale, ma ormai era troppo tardi.

 

<< Abbiamo bisogno del vaccino. >>

<< Avete moglie o figli? >>

<< No signorina, lui è mio marito. >>
La ragazza aveva abbassato gli occhi,

<< Mi dispiace allora, abbiamo degli ordini precisi, prima i bambini, poi le donne e gli uomini fertili. Intenzionati a procreare. >> aveva specificato.

 

Quelle parole non le ho dimenticate e non le dimenticherò mai. Ma in fondo ho sempre saputo che le cose stanno così per quelli come noi. Fin dall'asilo c'era qualcosa che non andava nel rapporto con gli altri. A scuola le prese in giro, le minacce, gli spintoni. Sul lavoro i commenti dietro le spalle. Uno stigma eterno. Spesso mi ripeto che va bene così. Che infondo posso vivere anche come un cittadino di serie b. Che coloro che mi amano non si fermano a questo. Ma ho sempre mentito e continuo a mentire a me stesso anche adesso, mentre il sangue cola sul pavimento. Mentre vengo lasciato a morire perché gay.

Una perversione, un capriccio, una malattia, un qualcosa di maligno e contro natura. Ecco cosa sono i miei sentimenti d'amore.

Un essere dedito al piacere sessuale e al peccato, uno schifoso parassita, una femminuccia, un uomo a metà, un debole finocchio. Ecco chi sono ai loro occhi.

Perché i buoni non si sono ribellati a questo sistema? Perché non abbiamo organizzato una rivolta di massa?

Mi rialzo, il sangue si è mischiato al tè versato a terra.

Ormai è troppo tardi.

 

<< Ecco il famoso albero di cui mi parlavi. >> dico affacciandomi sull'enorme balcone.

Fer mi cinge le spalle, << vado a raccogliere un limone e ti preparo il tè, va bene? >>

<< Si, ma solo se aggiungiamo anche lo zenzero. >>

<< Uff, lo zenzero no. >> ribatte indignato, << mi fa pizzicare la gola ed è amaro. >>

<< Amaro? >> dico, voltandomi a guardarlo. << non è assolutamente vero! E poi fa bene a molte cose, non dovresti criticarlo così. >>

<< Ah si? >> mi rimbecca lui sorridendo, << ad esempio? >>

Gli prendo le mani dondolando,

<< Ad esempio rende più dolci i miei baci. >> rispondo poggiando le labbra sulle sue.

 

Mi trascino fino alla finestra e poggio le mani sul davanzale. L'albero di limoni è ancora lì, completamente secco e spoglio. Fa male vederlo così, ma non posso fare a meno di pensare che è giusto che verta in quello stato. Fa parte del ciclo della vita. Non può essere sempre primavera, così come non possono sempre essere perfette le nostre esistenze.

Siamo esseri fragili, ed io in questo momento sono tra i più fragili in assoluto. Crediamo spesso di essere intoccabili, quasi immortali. Quante volte ho sentito di poter raggiungere il cielo, quante volte sono volato così in alto da abbracciare la luce lunare. Eppure, mentre tutto in me perisce, rimpiango molti momenti che avrei potuto vivere diversamente. Attimi intensi sprecati, occasioni buttate via, affetti non espressi. Ed ora che la clessidra sta per terminare la sua sabbia so che non ci sarà più nessun altro giro per me. E' stato deciso che non lo merito.

 

<< Questo era l'ultimo ospedale della regione. >> dice Fer mentre corriamo verso la macchina sotto una pioggia torrenziale.

Lacrime solcano il mio volto, << Bastardi, sono solo dei fottuti bastardi! >> sferro un pugno all'aria.
Fer mi accarezza il viso, << Tranquillo Nico, ce la faremo, ti prometto che ce la faremo insieme. >> E mentre lo dice scoppia a piangere anche lui. E così restiamo mentre attorno a noi infuria la tempesta.

 

Alla fine non ce l'abbiamo fatta, i medicinali comprati non sono serviti a nulla, più del 50% della popolazione sta morendo. Potrei dilaniarmi con tante domande e dubbi. Perché a me? Perché proprio in questo periodo storico in cui sto vivendo? Perché non ho dei super poteri? Perché il mio amore non basta come scudo per proteggere coloro che amo?

Perché?

Gli umani non capiscono, io non capisco e nessuno di noi probabilmente imparerà mai. Eppure infondo ai miei pensieri so che deve andare così, è sempre successo nella storia dell'umanità. Pandemie e morte, calamità e morte, disgrazie e forze maggiori. La verità è che dobbiamo semplicemente imparare ad accettare la morte. E' dalla morte stessa che sgorga la vita, è la morte il tutto infinito, la vita è solo un fugace attimo che ci viene concesso. Un battito d'ali, una carezza, un bacio, nulla di più, nulla di meno. Il destino di tutti noi è la morte e così sarà per sempre fino alla fine dei giorni dell'umanità.

Queste consapevolezze mi aiutano ad andarmene con il cuore più leggero, con una maggiore sicurezza, con una migliore accettazione. E così, mentre l'ultima foglia cade dall'albero di limoni, mi adagio sul letto vicino a Fer.

Il suo corpo è freddo come alabastro, freddo come il mio da quando l'ho visto morire di fronte ai miei occhi.

<< Un ultimo bacio. >> aveva detto, così era spirato nel mio respiro e via con lui, se l'era portato. Alcuni di noi sono come cigni, morto il compagno di vita non riescono ad andare avanti. Oh uomo, che tanto credi di sapere ogni cosa e ogni tutto, non sei nient'altro che un perfetto prodotto di questa società. Con le tue parole puoi ferire, con le tue azioni puoi distruggere, ma nulla potrai mai per cambiare l'amore.

E' come un coro di angeli. Sto delirando.

La realtà ormai non è più qui, la realtà di chiunque, fuori da queste mura ormai non esiste più. La malattia ha portato via con sé ogni cosa. Così come i nostri limoni, che forse un giorno torneranno a dondolarsi brillanti sui rami dell'albero. In una primavera lontana, in una primavera che sa come accogliere la morte. Madre Persefone che conosce la dualità della vita e della morte, che ha imparato ad amare a sue spese.

<< Forse il tè lo preparerà lei per noi, mio caro Fer. >>

E così sarà tenendoti per mano...

  
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