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Autore: _Atlas_    22/03/2020    2 recensioni
Morgan chiuse il libro con fare stizzito e incrociò le braccia sul petto. Tony ebbe una fugace visione di Pepper di qualche anno prima, che fu ancora più realistica quando sua figlia aprì bocca.
«Tu sei Iron Man, o Sherlock Holmes?»
«Posso essere entrambi, se ne ho voglia» ribatté prontamente.

[Post Avengers:Engame / What If?]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tutta colpa di Newton
 
 
 


 
La tisana allo zenzero traballò vivacemente nella tazza non appena Tony si lasciò sprofondare sul divano. Pepper, scampando per miracolo a un’ustione di terzo grado, contò ottocentosessantasette pecore prima di prendere respiro e allontanare dalla mente l’idea di rovesciargliela addosso, quella tazza di tè.
«Tutto bene?» gli chiese invece.
«Mmnff» rispose Tony, un’espressione che nella lingua neo-latina con variante Stark in genere significava: no, ma tu non puoi farci niente. Oppure, a seconda dei casi: sì, e tu devi risolvere la cosa. Di solito Pepper sapeva distinguere le due situazioni in base alla durata dello sbuffo sull’ultima lettera, ma questa volta c’era stato un sibilo quasi impercettibile – tuttavia ben presente – tra una consonante e l’altra, che la indirizzò verso una terza direzione.
«C’è silenzio» si intromise Tony  tra le sue considerazioni e Pepper non ebbe il tempo di replicare, che lui continuò.
«C’è troppo silenzio. Niente piedi striscianti per casa, niente musica oscena, niente rispostacce, niente espressioni agghiaccianti su attori di dubbio gusto…» elencò agitando una mano in aria. Poi riprese a parlare e guardò la donna con sguardo drammatico : «Tesoro, è da novantasei ore e mezza che non sentiamo parlare dello stuntman di Bob Dylan, ti rendi conto?»
«Lei sa che è così che chiami Finn Wolfhard?»
«È più importante che sappia chi è Bob Dylan» mise in chiaro Tony.
«Ma lo sa già!»
«Per forza, l’ho istruita io! Con Peter mi è andata male, ma con lei…» borbottò scuotendo la testa, «Comunque, non è questo il punto;» riprese poi, «il punto è che non esce da quella camera da quasi cinque giorni, e questo è…sbagliato. Indiscutibilmente e categoricamente sbagliato» concluse stizzito.
Pepper continuò a sorseggiare la sua tisana, nascondendo il sorriso dietro la tazza e aspettando la seconda – e sperava ultima – parte di quel monologo.
«È colpa di quel Green, giusto? Quello col nome da fricchettone, il secchione della Seconda C. Ho ragione? Lo so che ho ragione, mi è bastato vederlo con addosso una maglietta dei Beatles. Chi è che ascolta i Beatles all’alba del 2037? E poi lo sanno tutti che sono meglio i Rolling Stones.»
«Tony…»
«Poteva prepararsi con me per quel compito di fisica, l’avrebbe passato sicuramente. E invece…» un pensiero agghiacciante, orrendo, apocalittico lo fece prima ammutolire e poi respirare affannosamente. «Non è che invece di studiare fisica…»
«Tony…»
«…quel farabutto le ha dato lezioni di anatomia?»
«Tony! Smettila, per l’amor del cielo!» esclamò a quel punto Pepper, per nulla contenta della piega che stava prendendo quella discussione.
«Che c’è? Sto solo facendo delle ipotesi!»
«Ha quindici anni, è ancora presto per anatomia!»
«Cosa?!» disse con un tono di voce che virò sullo stridulo, «Questo lo pensi tu, alla sua età io ero una macchina del ses…»
«Non voglio saperlo! Tony, ti prego, cerca di ragionare.»
Prima che la tazza cadesse definitivamente dalle sue mani, Pepper la mise da parte per attuare un confronto faccia a faccia con l’uomo che conosceva ormai da trentasei anni e con cui era sposata da sedici.
«Tesoro, per prima cosa: calmati. Timothy è un ragazzo strambo, lo riconosco, e sicuramente si è rivelato…»
«Uno stronzo? Oh, sì, hai perfettamente ragione.»
«Vuoi ascoltarmi?!» lo richiamò la donna «A Morgan piaceva ed era il suo primo ragazzo, è normale che adesso voglia stare da sola, non credi?»
«Novantasei ore, Peps! Mi sembra un tempo di disperazione eccessivo da dedicare a un idiota che suona l’ukulele.»
Pepper portò gli occhi al soffitto, rinunciando a farlo ragionare.
«Basta, vado a parlarle» esordì quindi Tony, facendo per alzarsi dal divano.
«Stai scherzando, spero!» lo bloccò immediatamente la donna.
«Uh..no? Andiamo, le porto un ghiacciolo al limone e le faccio qualche imitazione del mio vecchio, lei le adora» disse in preda all’entusiasmo.
«Tony, ha quindici anni, non è più una bambina!» lo stroncò lei, colpendolo in quello che ormai da un paio d’anni era diventato il suo punto più debole.
Tony incassò la sconfitta e sprofondò di nuovo sul divano, rivolgendole un’occhiataccia gelida.
«Questa è in assoluto la cosa più crudele che tu mi abbia mai detto in trentasei anni di convivenza. Non so se ti perdonerò mai.»
«Per favore, abbiamo sempre un bambino di riserva in casa, tu dovresti conoscerlo bene» ribatté la donna, proclamando per lei un due a zero e palla al centro. D’altra parte, Tony alzò talmente in alto le sopracciglia che temette gli potessero cadere da un momento all’altro.
Fu sul punto di replicare, ma un improvviso e familiare strascichio di ciabatte fece a entrambi trattenere il respiro.
«Lo so che state parlando di me, non c’è bisogno di fingere indifferenza» borbottò la voce spenta e un po’ scontrosa di Morgan proveniente dalla cucina, prima di sparire di nuovo al piano di sopra. Il rumore di una porta sbattuta liberò un sospiro pesante dalle bocche dei due genitori.
«Le imitazioni di tuo padre la faranno stare meglio, dicevi?» disse la donna canzonando il marito.
«Dio…» sospirò Tony, affondando la testa tra i cuscini del divano «…mi viene da vomitare.»
Pepper sorrise dolcemente e gli lasciò una carezza tra i capelli.
«Questo non è niente. Vedrai quando arriveranno i sedici anni…»
Tony la fulminò con lo sguardo e sentì le pareti del suo cuore spaccarsi a metà.
 
 
*
Si fermò davanti alla porta, con la mano a mezz’aria.
Era la cosa giusta da fare? Probabilmente no. Morgan come l’avrebbe presa? Difficile a dirsi. E Pepper? Male. Malissimo. Lo avrebbe ucciso. Valeva la pena rischiare? Assolutamente sì.
Al primo toc-toc non rispose nessuno, e neanche al secondo e al terzo. Al quarto Tony aprì la porta e venne accolto da un tanfo nel quale riuscì a distinguere odore di tacos, cioccolata, burro di noccioline e chissà quale altre schifezze adolescenziali che comunque gradiva anche per conto proprio.
Arricciò il naso in una smorfia e si arrischiò ad entrare col massimo della nonchalance di cui era capace. Ovvero, molto poca.
Morgan era seduta sul letto, ginocchia al petto, libro tra le mani e cuffie alle orecchie. Tony si sedette al suo fianco senza dire una parola e per un po’ rimasero entrambi in silenzio, la prima apparentemente insofferente alla situazione, l’altro sull’orlo di un attacco d’ansia.
Fu Morgan a rompere la tensione, passandosi le cuffie sul collo e guardandolo con un sopracciglio alzato. Ora che la guardava meglio, Tony si accorse che aveva gli occhi gonfi e un po’ arrossati e all’improvviso fu assalito da un sentimento d’odio che non aveva mai provato verso nessuno e che in quel momento era unicamente associato a un nome: Timothy Green.
«Ti manda mamma?» chiese la giovane, assottigliando lo sguardo.
Tony sgranò gli occhi e la guardò storto: « Scherzi? Questo è esattamente ciò che mi ha pregato di non fare.»
Morgan accentuò appena la ruga sulla fronte e tornò a posare lo sguardo sul libro.
«Guida Galattica Per Autostoppisti» disse Tony leggendo il titolo del mattone che aveva tra le mani «Però, mica male. Immagino tu sappia già la risposta alla “domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto”» le disse con un sorriso.
La ragazza puntò i suoi occhi nocciola su di lui e per un istante il suo sguardo duro vacillò. «È ovvio» disse, anche se non troppo convinta.
«Già, è ovvio. Peccato che il tuo segnalibro sia fermo alle prime pagine» la stuzzicò Tony.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire, signorina, che fingere di leggere e spararti in cuffia musica deprimente non è affatto salutare» le disse con un cipiglio soddisfatto.
«Ma io sto leggendo» replicò lei, spegnendo di nascosto il suo vecchio iPod.
«Sei al punto in cui i Vogon hanno invaso la Terra, cioè al punto dov’eri la settimana scorsa e cioè all’inizio. La risposta alla domanda che ti ho fatto è a pagina 130. Ergo, non stai leggendo.»
Morgan chiuse il libro con fare stizzito e incrociò le braccia sul petto. Tony ebbe una fugace visione di Pepper di qualche anno prima, che fu ancora più realistica quando sua figlia aprì bocca.
«Tu sei Iron Man, o Sherlock Holmes?»
«Posso essere entrambi, se ne ho voglia» ribatté prontamente.
Vide Morgan gonfiare le guance e liberarle in uno sbuffo, così si affrettò a portare la conversazione su altri lidi, prima di mandare tutto in fumo.
«Ehi, va bene, la smetto. È che...non pensi di dover uscire dalla tana, a un certo punto?»
«Non ne ho voglia» brontolò lei, sdraiandosi sul letto e voltandogli le spalle. Solo in quel momento si accorse che indossava la sua vecchia maglietta dei Deep Purple e un moto di orgoglio gli invase il petto.
«Ti stai perdendo un sacco di cose là fuori, per esempio la nuova esilarante stagione di Good Omens. È la dodicesima e a quanto pare l’ultima, è un peccato non guardarla.»
«Mmm...»
Tony sentì la disperazione pungergli lo stomaco.
«Senti, non sono bravo in queste cose, anzi, sono negato. Voglio solo che tu sappia che stare male per un fricchettone che ascolta i Beatles è solo una perdita di tempo. Tu meriti di più! Ti meriti una replica del concerto dei Nirvana su Mtv o la raccolta degli album di Bowie…o un autografo di Keith Richards all’alba dei suoi novantaquattro anni, non i Beatles!» disse l’uomo con molta più enfasi di quel che aveva previsto. Il silenzio della sua interlocutrice lo rattristò un po’, ma di certo non immaginava di aver frainteso tutto.
«Non sto male per Timothy» mormorò infatti Morgan «Non mi meritava, e poi era un idiota.»
«Esatto, lo penso anch’io!» esclamò Tony con vigore, per poi ricomporsi subito dopo «Voglio dire…p-perché stai male, allora? C’è qualcun altro? Dimmi che ascolta musica decente, ti prego.»
«È per il compito di fisica» sussurrò però Morgan, a voce ancora più bassa.
«Per…fisica?» chiese Tony sgomento « È davvero colpa di Newton?»
 Certo, era un problema vero affrontare Isaac, non avrebbe mai potuto utilizzare le particelle Pym per andare a prenderlo a schiaffi e non aveva per niente voglia di dedicarsi ad altri viaggi nel tempo, per giunta fuori programma. Però la fisica era il suo pane quotidiano, poteva dargli il benservito in altre maniere.
«Tesoro, mi spiace che tu abbia dovuto ricevere ripetizioni di fisica da Ringo Starr. Stasera ci chiudiamo in laboratorio e recuperiamo tutto, che ne dici?» le propose con ritrovato buon umore.
Morgan, rannicchiata dall’altra parte del letto, non disse nulla se non un timido “okay”.
«Ehi» la richiamò Tony «sicura che il problema sia questo? Non fraintendermi, Newton è un tipo tosto e un po’ presuntuoso, una vera spina nel fianco. Ma ci sono rompiscatole peggiori in giro, e molti di questi frequentano il tuo stesso liceo. Si tratta di loro?»
«No» ammise Morgan, voltandosi per guardarlo in faccia «Ma prendere una “D” al compito di fisica ed essere la figlia di Tony Stark è il peggiore dei paradossi e a quanto pare è toccato a me.»
A quelle parole, Tony trattenne bruscamente il fiato e la guardò con l’espressione più stralunata di cui fosse capace.
«E con questo?» domandò.
«A me sembra abbastanza grave.»
«Mo’, hai una media brillante in tutte le materie! Se hai preso una “D” è perché il tuo amico fricchettone è un grandissimo stron
«Papà!» lo ammonì lei.
«Okay, okay…ma mi pare evidente che abbia intralciato la tua preparazione al compito in modi che non intendo sapere» disse marcando sulle ultime parole, «ma poco importa, una ripassata veloce e trasformerai quella “D” in una “A”, ci scommetto.»
«E se non ci riesco?»
«Farò licenziare la tua insegnante» sciorinò con noncuranza , ma Morgan sapeva che quella frase nascondeva un concetto di gran lunga più nobile, ovvero: non fa niente, dal fallimento si può sempre imparare qualcosa e ciò fa di esso un enorme successo.
La ragazza quindi sorrise, e fu un sorriso che contagiò anche Tony.
«Allora? Ti ho convinta a uscire da questo covo di germi e odori indecenti?» le chiese divertito.
«Solo se convinci il capo a ordinare al messicano» lo sfidò lei.
«Affare fatto, Maguna» sghignazzò, facendo per uscire dalla stanza. Incrociò alla parete il poster di Finn Walfhard in una locandina datata di Stranger Things e buttò scherzosamente gli occhi al cielo, per poi sorridere di nuovo in direzione di sua figlia.
«Pa’?» lo richiamò lei.
«Mmh?»
«…bella maglietta» disse semplicemente, e malgrado amasse davvero la sua t-shirt dei Black Sabbath, in realtà sapeva che quello era il suo personalissimo modo di dire “grazie”.
Era sua figlia, dopotutto.
 
 
 
NdA
Weeeell,
eccomi qui, ancora. Non avevo in mente di scrivere altro a breve termine, ma questa one-shot è stata un fulmine a ciel sereno e ho approfittato dell’ispirazione miracolosamente dalla mia parte per scriverla il prima possibile :D
Spero di avervi strappato un sorriso, o almeno di avervi distratto un po’ da questi giorni lunghi e strani. Spero inoltre che stiate tutte bene e che non vi stiate annoiando troppo <3
 
Un abbraccio e speriamo a presto,
 
_Atlas_
   
 
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