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Autore: Ily Briarroot    24/03/2020    3 recensioni
Storia scritta per il contest "Tutti pazzi per i musical! II edizione" indetto da Mari Lace sul forum di EFP
«Io ti conosco, Sherry. Non mi avresti mai raggiunto solo per tendermi una trappola. C'è qualcos'altro che ti ha spinta qui da me».
Il criminale non allenta la stretta neanche per un istante; il suo corpo può sfiorare il tuo e puoi sentire l'odore acre dell'Organizzazione, il tuo campanello d'allarme.
Sgrani gli occhi e percepisci il tessuto di pelle del guanto sotto il mento, mentre ti costringe a sollevare lo sguardo verso la sua espressione soddisfatta. Tremi e il cuore batte più forte, ne senti le palpitazioni all'altezza dello stomaco.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il punto di non ritorno



[You have come here
In pursuit of your deepest urge]
The Phantom of the Opera


Il cielo grigio sembrava coinvolgere e assorbire la città intera; un colore innaturale, simbolo di un presagio non indifferente.
I corvi planavano leggeri sui tetti di Beika, quasi come a pregustare il momento decisivo di quella lotta che durava da due anni.


«Ormai c'è solo lui, non possiamo sbagliare» dichiarò Shuichi Akai, la cui voce risoluta e distinta echeggiò nel corridoio, «lo cerchiamo inutilmente da mesi. Come puoi essere così sicuro che uscirà allo scoperto?».
«Da circa dieci giorni ha lasciato appositamente qualche indizio per far capire ad Haibara di essere sulle sue tracce. Non ci vorrà molto».

Sul volto di Shinichi apparve un sorriso determinato e pieno di sé, una diretta conseguenza del suo essere così incredibilmente convinto delle sue idee; Shiho era appoggiata con le spalle allo stipite della porta che divideva il salone dal sotterraneo e non poteva vederlo, ma lo immaginò comunque mentre ascoltava con il cuore in gola ogni parola - ogni respiro - di quella conversazione riservata.

«Da solo non potrà fare molto. Ammesso che sia davvero rimasto l'unico» rispose Akai, mostrando la sua perplessità. Si fidava di Kudo, ma sapeva anche quanto fosse pericoloso l'uomo al quale stavano dando la caccia da quasi un mese. Avevano ben chiaro che l'unico obiettivo, l'unica spinta che faceva muovere quest'ultimo costantemente intorno alla zona di Beika senza allontanarsi mai era la scienziata alla quale non aveva mai smesso di dare la caccia.

«Sì, ne sono convinto» affermò il giovane detective, spezzando un flusso di pensiero profondo e importante, «Gin è con le spalle al muro. Basterà solo-»
«-usare un'esca».

Il silenzio che piombò immediatamente nell'intero laboratorio significava che entrambi erano giunti alla stessa conclusione, due menti geniali sulla medesima linea d'onda; Shiho poteva quasi percepire la tensione trattenuta del dottor Agasa, in piedi in un angolo con una tazza fumante in mano. Si giocava il tutto e per tutto, impossibile non rischiare. Impossibile non esserne coinvolti.

Fu quello il momento in cui la ragazza decise di farlo, di muovere quel passo verso di loro e di comunicare la sua intenzione. Non si trattava di una richiesta, né di un favore.

«Lo farò io».

I tre presenti s'immobilizzarono, il respiro mozzato nei polmoni a causa della tensione. Soltanto Shinichi osò proferire parola, sotto il volto pallido del dottor Agasa.

«Non se ne parla, ti ucciderà!».
«Sono l'unica a poterlo fare e tu lo sai».
«Non dire idiozie».

Il detective la guardò negli occhi e, per la prima volta, vi lesse un sentimento strano.
Un qualcosa che non aveva mai visto in lei e che non era soltanto paura.

Vendetta
Redenzione
Protezione

Non servì che Shiho glielo dicesse, perché intuì che il terrore che lei aveva sempre provato in Loro presenza si era trasformato o aveva semplicemente fatto spazio a un misto di emozioni particolari che non riusciva a decifrare; lo vedeva dallo strano brillio che si era acceso nei suoi occhi verde mare.

Shinichi comprese in quel momento che non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea.
Quando si voltò verso Akai, notò che non era l'unico a essersi rassegnato.
Nonostante il cuore in gola e il terrore di perderla.

«Stai attenta».



Gin è davanti a te, adesso.
Il viso scavato rende la sua espressione ancora più brutale, il pallore del volto causato dalla latitanza lo invecchia, affibbiandogli forse cinque o sei anni di più rispetto a quelli che possiede.
Non avresti mai creduto, soltanto fino a poco tempo fa, di poterti riavvicinare a lui così facilmente.

Hai risposto a quella richiesta celata con il cuore in gola, raggiungendolo nonostante l'inquietudine e la terribile certezza di cosa avresti trovato, respirando a pieni polmoni mentre camminavi con la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima.
E invece – prendendoti totalmente alla sprovvista – ti ha risparmiata.

Ora, in quell'edificio fatiscente e angusto ai confini di Beika, puoi ancora osservare la sua figura – quella che tanto ti aveva terrorizzata – avvolta nel lungo cappotto nero a un metro da te.

Non che tu lo voglia davvero.

Vorresti solo scappare, ora che sei lì con lui. Non riesci quasi a reggere il suo sguardo, non vuoi rivedere la te stessa di appena tre anni fa in quegli occhi vitrei.
Hai paura, ma riesci a celarla. Le vostre anime diventano nuovamente simili quando pensi al desiderio di vendetta difficile da gestire.

Un desiderio che è riuscito a portarti lì, placando temporaneamente il dolore che comporta anche soltanto immaginare la sua espressione, lo stesso che ha riempito molte notti durante la tua fuga.


«Una volta che ti dirà dove recarti dovrai farmelo sapere immediatamente, intesi?».
«
Ho capito, Kudo. Non sono una bambina».
«Prendi questa microspia, ti rintracceremo attraverso gli occhiali di localizzazione».
«
Vuoi dire che usi ancora quegli occhiali nonostante sia tu che io abbiamo di nuovo il nostro vero aspetto?».
«Certo, ti devo ricordare da quante situazioni ci hanno tirato fuori?».


È bastato rimanere da sola qualche minuto dopo per convincerti a togliere quella microspia dalla tasca. Shinichi se ne sarebbe accorto, ma inizialmente non ti è importato.
L'ultima idea che hai in testa è quella di mettere in pericolo lui, il dottor Agasa e gli altri; vuoi affrontare Gin da sola, a costo di rischiare la vita, e non riesci a comprenderne ancora totalmente il motivo.
Ma non scapperai,
non stavolta.


«Sei qui, Sherry».
Sei seduta sul divano di una stanza sporca e abbandonata, persa in pensieri che equivalgono a coltellate al cuore.
La sua voce ti fa rabbrividire, il magone sale dal petto e si blocca in gola l'istante successivo.
Non gli rispondi per stare al suo gioco; lui non ti guarda e sei libera di lasciare andare un po' di quel sentimento che ti esplode nel petto.

«È facile capirne il motivo» continua Gin, lo sguardo serio rivolto verso il vetro della finestra, «io e te siamo uguali. Sapevo che prima o poi saresti tornata al mio fianco».
«È per questo motivo che non mi hai dato il colpo di grazia all'hotel Haido?» gli chiedi quasi istintivamente, stringendo le palpebre.

Dopo tutto il lavoro su te stessa, dopo tutta la fatica per realizzare di non essere come lui perché qualcuno, un angelo arrivato miracolosamente nella tua vita, era riuscito a fartelo capire, adesso sta tornando tutto alla ribalta con la forza di un tornado.
Gin ruota la schiena e, per la prima volta in quella giornata lunga e struggente, i vostri sguardi s'incrociano.

Fai fatica perché non ricordi esattamente chi fosse Sherry.
Non vuoi ricordarlo.
E adesso è un colpo al cuore il costringerti a vestire di nuovo quei panni.

«Sapevo che mi saresti stata utile, prima o poi» ti risponde, ispirando a pieni polmoni il fumo della sigaretta consumata, «ti aspettavo».
«Come puoi esserne certo?» mormori seria, seguendolo con lo sguardo mentre si avvicina. «Potrei voltarti le spalle come ho già fatto, perché non mi uccidi e basta?».

È solo questione di tempo, lo sai. Ti ha cercata preda della sua maniacale volontà di guardarti negli occhi mentre stai morendo, parlandoti, osservandoti di nuovo. Speri che Shinichi capisca dove sei, stavolta – anche se ti senti egoista a pensarlo - perché ogni secondo trascorso in compagnia di quegli occhi, di quell'odore, ti crea un malessere difficile da controllare. Solo in questo momento ti accorgi di quanto fosse un'idea assurda cercare vendetta. Tu, così miseramente inerme di fronte a uno spietato assassino. Ti basta guardarlo perché ceda ogni sorta di forza alla quale ti eri aggrappata.

Gin si ferma, studiando la tua espressione. Getta sul pavimento appiccicoso ciò che rimane della sigaretta con un movimento brusco, il viso rilassato di chi ha la mente persa in chissà quali pensieri.
Dopodiché, quando annulla definitivamente la distanza fra voi, combatti contro il forte istinto di raggomitolarti, di difenderti da quello sguardo che cerca di cogliere ogni tuo minimo cedimento.

Non puoi, non devi mostrarglielo.

Respiri profondamente e cerchi di distogliere il pensiero dalla sua figura così vicina, da quei capelli lunghi che ti sfiorano la spalla.
«Perché sapevo che non ti saresti lasciata sfuggire l'occasione di un faccia a faccia con me» dichiara, il tono autoritario che non ammette repliche. Ti afferra l'avambraccio costringendoti ad alzarti in piedi e non riesci più a fuggire dal suo sguardo.

«Cosa vuoi dire?».

Percepisci il corpo tremare impercettibilmente, la paura trasformarsi in un peso che si blocca all'altezza dei polmoni. Vorresti scappare, ma sai che non puoi mandare tutto all'aria.
«Credi che io sia sciocco? Che non sappia ciò che stai architettando con il tuo amichetto detective?».

Bastano queste poche parole a mozzarti del tutto l'ossigeno nel sangue, a farti perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Non riesci a fingere l'indifferenza che ti sei imposta dall'inizio, non ora che sai di aver messo tutti in pericolo.
Avresti dovuto saperlo: Gin riesce a prevedere le tue mosse, i tuoi pensieri, come sempre. Non hai segreti per lui, oggi come allora.
Non fai in tempo a realizzarlo, perché la sua voce profonda interrompe nuovamente il flusso delle tue inquietudini.

«Io ti conosco, Sherry. Non mi avresti mai raggiunto solo per tendermi una trappola. C'è qualcos'altro che ti ha spinta qui da me».
Il criminale non allenta la stretta neanche per un istante; il suo corpo può sfiorare il tuo e puoi sentire l'odore acre dell'Organizzazione, il tuo campanello d'allarme.

Sgrani gli occhi e percepisci il tessuto di pelle del guanto sotto il mento, mentre ti costringe a sollevare lo sguardo verso la sua espressione soddisfatta. Tremi e il cuore batte più forte, ne senti le palpitazioni all'altezza dello stomaco.
«
Perché non la fai finita e non mi uccidi?» gli rispondi a tono, mentre il terrore – quello vero – si fa spazio dentro di te ora che hai finalmente compreso il suo obiettivo: non ha mai voluto ucciderti, non così in fretta.

Avrebbe voluto fartela pagare molte volte, infliggendoti una punizione più eloquente delle parole. La tua fuga lo ha portato all'esasperazione di giorni vuoti che lo hanno torturato a causa di un tradimento che non si sarebbe aspettato.
Non di certo per amore, e lo sai. Lui non è mai stato capace di provarne, in fin dei conti. Non quanto la bramosia, l'ossessione. La possessione.

Maledici il momento stesso in cui hai deciso di non far arrivare a Shinichi e Akai l'indirizzo di quell'edificio fatiscente nella periferia più isolata di Beika.
Scruti il volto di Gin mentre ti si avvicina maliziosamente all'orecchio e i suoi capelli ti solleticano la pelle e, di colpo, capisci che l'unica cosa dalla quale vorresti essere salvata è te stessa.

«Sei venuta fin qui per seguire il tuo più profondo desiderio» sussurra appena, provocandoti un brivido lungo la schiena, «un desiderio che è rimasto in silenzio da quando te ne sei andata».

La tentazione di voltargli le spalle e scappare è forte poiché all'improvviso, nella tua testa, le carte si rimettono in gioco e la persona che sei diventata da due anni rischia di crollare, di disfarsi, a causa dei forti istinti che solo lui riesce a tirare fuori.
Quella capacità di farti sentire desiderata, intrisa di un sentimento che non è amore, ma che ti appaga.

Devi ricordare chi è, cerchi di tenere a mente l'immagine ferma di quell'assassino che spara ad Akemi senza pietà. Lo strattoni nel tentativo di allontanarlo, ma il tuo gesto è così poco convinto che se ne accorge in un attimo.

«Lasciami».
«Hai abbassato le difese, Sherry» mormora malizioso, stavolta abbastanza vicino da sfiorarti le labbra, «ti sei già arresa a me».

Dopodiché ti bacia, coinvolgendoti di nuovo in quelle sensazioni, quel sapore avido che pensavi di aver lasciato indietro, da qualche parte nella memoria. Lo respingi con più forza – inutilmente – perché lui infila la mano tra i tuoi capelli ramati in un gesto brusco di prepotenza e possessione.

Lotti per alcuni interminabili istanti finché non riesci più a contrastare la foga del suo corpo e del suo temperamento; Sherry sta tornando, la Sherry che si fidava di lui prima di scoprire chi fosse in realtà e ti vergogni di te stessa perché sai che quelle mani sono macchiate di sangue.

«Sei venuta fin qui per me, non accetto ripensamenti».

La sua minaccia appena velata non ti spaventa, così come la possibilità di morire. Hai paura di quelle emozioni riaffiorate in superficie, di quella necessità di avere un suo contatto, di percepire quella pelle contro il corpo.
Nessun ripensamento.

«Non provare a resistermi, ormai sei mia. Questo è il punto di non ritorno».

Una soglia che non avresti mai pensato di varcare ancora. Ti torna in mente nel momento stesso in cui riprende a baciarti bruscamente, facendoti arretrare piano di qualche passo.
Non puoi permetterlo, ma non riesci a opporti. Sherry è lì, dentro di te. Hai cercato di soffocarla per due anni, ma esiste ancora e sta prevalendo in una battaglia impari tra mente e cuore.

Le lacrime iniziano a scivolarti lungo il viso senza rendertene conto, immobilizzata da quel contatto, tra quelle mani che ti sfiorano e ti accarezzano decise.
Chiudi gli occhi e, per un istante, sei ancora in quel piccolo laboratorio. Il camice che hai addosso ti pesa, ma quella vicinanza è l'unica cosa che ti fa stare bene.


No, non è più così.
Non hai bisogno di lui.

E invece sì, altrimenti non l'avresti raggiunto.
È stato lui a tenderti una trappola, non l'hai fatto tu.
Come puoi dopo quello che ha fatto ad Akemi?
Dopo quello che ha fatto a te.


Non fai in tempo e pensarlo, perché realizzi all'improvviso di essere con le spalle contro la parete fredda e sporca. Le sue labbra non ti lasciano scampo, non respiri, ma Gin ha ragione. Tu e lui siete uguali.
No, non è vero.

«Lasciala andare! Subito».
Il suo corpo s'immobilizza all'improvviso e si allontana da te. Apri gli occhi e ti accorgi di essere di nuovo in quel luogo angusto, non vi è più traccia del laboratorio di poco fa.

Sollevi lo sguardo oltre le spalle del biondo e Akai è davanti a voi, armato, il braccio teso verso Gin. Altri quattro uomini sono leggermente più indietro, le pistole rivolte nella stessa direzione, e il sollievo ti fa perdere la sensibilità alle gambe che iniziano a minacciare di cedere.

Vedi il criminale alzare le braccia, l'espressione dura non ha un cenno di debolezza, né di preoccupazione.
Dopodiché, scatta verso di te con il chiaro intento di usarti come ostaggio, ma qualcosa gli impedisce di avvicinarsi ulteriormente e di estrarre la pistola dalla fondina; Shinichi si pone fra voi circondandoti le spalle con le braccia, dopodiché ti trascina via da quella traiettoria.

Approfittando di quella distrazione, Shuichi Akai si avvicina rapidamente al biondo e gli punta la canna della pistola allo stomaco.
«Sarebbe proprio una bella occasione per premere il grilletto» dichiara, fremendo all'idea di farlo davvero. Non può – sa che non può – tuttavia continua a pensarci anche mentre gli altri agenti corrono verso l'uomo, tirando fuori le manette dalla tasca interna della giacca per arrestarlo.

Rimani ad assistere alla scena incapace di muoverti, stretta tra le braccia di Shinichi che non perde un solo istante di quei interminabili secondi, la durezza impressa nelle iridi blu dei suoi occhi.
Tremi, sollevata e spaventata allo stesso tempo da quelle sensazioni assopite e ora tornate alla ribalta con la potenza di un uragano.

Gin si volta un solo istante verso i tuoi occhi, ma non c'è traccia di disprezzo o di vendetta in quello sguardo. Ti fissa e basta mentre viene portato via, un momento smorzato solo dal movimento della sua bocca appena percettibile.

Addio, Sherry.

Ti volti contro il petto di Shinichi e sfoghi silenziosamente tutte le lacrime represse che non riesci a comprendere. Hai già vissuto un momento simile, ma stavolta il ragazzo ha la prontezza di accoglierti in un abbraccio gentile, premuroso, celando la rabbia che trattiene a stento.

Lui e Akai si lanciano una breve occhiata complice prima che quest'ultimo sparisca dietro ai suoi agenti e, con loro, realizzi di guardare per l'ultima volta la figura nera di quell'uomo, lo stesso che ha riempito la tua vita di sofferenza e solitudine, un profilo che non rivedrai più nella tua vita.

Nonostante questo pensiero, non riesci a smettere di tremare e a malapena ti accorgi di premere le dita sulla stoffa bianca della camicia del detective. Percepisci le braccia di quest'ultimo stringersi attorno alle tue spalle, ma la tua mente è da tutt'altra parte. È rimasta impigliata in un tranello del diavolo senza uscita e respiri profondamente nel tentativo di riordinare il caos.
«È finita, lo abbiamo preso» mormora Shinichi, senza perdere un secondo la durezza nel suo sguardo, «stai tranquilla».

Sollevi gli occhi e noti appena il suo viso a causa delle lacrime che ti offuscano la visuale; odi che lui possa vederti in quella situazione di debolezza, ma non te lo fa pesare. Non ti rimprovera per non averlo avvisato, né per aver lasciato a casa quella maledetta cimice come invece ti saresti aspettata.
Per la prima volta, il detective comprende e basta, senza parlare e senza farti pesare nulla.
Annuisci, rimanendo immobile tra le sue braccia.
E va bene così.






Note dell'autrice

Ciao a tutti! Volevo specificare qualche chiarimento in merito a questa fanfic che in realtà pare strana anche a me.
È nata da un sogno in cui mi si è delineata solo l'ultima scena, in realtà. Volevo scriverne qualcosa a riguardo e l'idea mi si è presentata con il contest di Lita_EFP, che ringrazio per l'ispirazione.
Come si dovrebbe intuire, la storia si svolge alla fine di – quasi – tutto, una volta che Shinichi e Shiho hanno riottenuto i loro corpi e la maggior parte dell'Organizzazione è stata sgominata: manca, appunto, proprio Gin.
Non so il motivo, ma ho sempre avuto il sospetto che lui non ucciderebbe davvero Shiho se lei tornasse – per qualunque motivo – sui suoi passi. Vuoi perché è sempre stata troppo importante, vuoi perché lui ha una specie di ossessione mai chiarita; tuttavia, mi ci ha fatto pensare proprio lei durante un episodio in cui spiegava l'alternativa che le avrebbe potuto dare l'Organizzazione di tornare con loro.
Ora che ho scritto un papiro di note, posso lasciarvi. Grazie a tutti coloro che leggeranno e avranno voglia di farmi sapere cosa ne pensano!

Ile




  
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