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Autore: Sky_7    24/03/2020    0 recensioni
Perché qualcuno sceglierebbe mai di essere il cattivo di una storia? Da che esiste la divisione tra bene e male, nessuno si è mai definito cattivo, esistono solo due schieramenti dovuti a due opinioni contrastanti. è sufficiente questo a definire chi è il cattivo e chi il buono? E chi lo decide? Perché, da che mondo è mondo, sono i vincitori a scrivere la storia, che siano buoni o cattivi.
Se non fosse mai stato capitan Hook il cattivo? Se fosse solo stato una vittima delle circostanze, reso folle dai pensieri che non gli fanno trascorrere notti serene, dalla ricerca di quella vendetta contro un demone immortale che gli ha portato via non solo la mano destra ma anche la vita.
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Una storia in cui le cose sono andate diversamente rispetto a come le conosciamo.
Una storia che racconta il passato, presente e futuro del capitano James Hook, con tutti i retroscena e elementi inediti che racconteranno la sua storia e aspirano a dare un lieto fine a questo personaggio che nella sua lunga, lunghissima vita ha conosciuto solo dolore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Wendy Darling
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

Perché qualcuno sceglierebbe mai di essere il cattivo di una storia? Da che esiste la divisione tra bene e male, nessuno si è mai definito cattivo, esistono solo due schieramenti dovuti a due opinioni contrastanti. è sufficiente questo a definire chi è il cattivo e chi il buono? E chi lo decide? Perché, da che mondo è mondo, sono i vincitori a scrivere la storia, che siano buoni o cattivi.  
Se non fosse mai stato capitan Hook il cattivo? Se fosse solo stato una vittima delle circostanze, reso folle dai pensieri che non gli fanno trascorrere notti serene, dalla ricerca di quella vendetta contro un demone immortale che gli ha portato via non solo la mano destra ma anche la vita. Perché è questo che si considera Hook, un morto che cammina.
L’amore dà, l’amore toglie e a James era stato tolto tanto, troppo. E adesso era stanco. Perché continuare a lottare se quello che ne riceveva in cambio non era che un pugno di niente. Anzi, neppure quello, un pugno in pieno stomaco, di quelli che tolgono il respiro. Ma in quel momento a togliergli il respiro erano litri e litri d’acqua che premevano sui suoi polmoni brucianti per lo sforzo di non cedere, di non farvi entrare più acqua salata di quella che già non avrebbe dovuto essere lì. Ne aveva viste di tempeste nella sua vita, era stata una tempesta a farlo entrare a far parte della ciurma di Barbanera. Lo ricordava bene quel giorno, forse era una delle poche cose che ricordava della sua vita passata perché, quando i giorni diventano tutti uguali, ci si aggrappa con le unghie e con i denti a tutto ciò che ti convince ad andare avanti, nel caso del capitano Hook la rabbia, il desiderio di vendetta e il ricordo del suo passato, di ciò che sarebbe potuto diventare e che gli è stato strappato via.
Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovato a fare la vita per mare, non James M. Turner, il ragazzo che amava la sua vita ad Eton, la poesia, la musica e la letteratura. Tutto sparito in una nube di fumo quando era stato portato via con la forza da tutto ciò che amava e portato in un mondo sconosciuto, un’isola nei cieli in cui il tempo scorreva in modo diverso, in cui un giorno lì sarebbe stato tre o più nel mondo reale.
Non capiva James, non capiva perché qualcuno potesse desiderare di non crescere mai, del resto da dove veniva lui l’opinione dei bambini non contava nulla. Né i bambini in sé, a dirla tutta, a meno che non si pensava di rapirli e venderli come schiavi che poi sarebbero stati imbarcati per le Americhe. Almeno per quanto riguarda questo punto di vista, James era stato fortunato. Aveva vissuto una vita mediocre, forse troppo semplice per lui, ma era servita a creare in lui delle idee ben chiare su ciò che voleva: andare a Eton e poi al college, diventare qualcuno che potesse cambiare il mondo. Più avanti si imbatterà nelle parole riportate da un pirata ben più grande di lui che diceva “coloro che vogliono cambiare il mondo si trovano prima o poi a fare i conti con un unico grande ostacolo: il resto del mondo”. Quanta verità in parole forse pronunciate nei deliri dell’alcool.
Era stato arruolato come mozzo per colpo di fortuna su una nave mercantile, il loro mozzo era morto di cancrena per l'amputazione su una gamba e il vecchio che gli era rimasto a bordo, un tale che chiamavano Spugna, non ce la faceva da solo a star dietro alla necessità della nave. James faceva al caso loro: era giovane e in forze, sembrava sveglio e sicuramente non aveva abbastanza esperienza per mare per sapere se lo stessero fregando. Di per sé la vita a bordo non era molto pesante seppure faticosa, la parte peggiore erano però le angherie dei soldati inglesi che erano stati stanziati sulla nave per proteggerla da eventuali assalti da parte di pirati. Individui inutili più che altro il cui maggior passatempo era fare i dispetti a chiunque si trovasse a tiro. Inutile dire che James,un tipo tutt’altro che mansueto, era la loro vittima preferita e in un solo mese di traversata erano state già due le sere che si era ritrovato ad andare a letto senza cena come punizione per aver provocato una rissa. In quelle occasioni era Spugna che provava a calmare l’animo tormentato di quel ragazzo con gli occhi color nontiscordardime, spesso anche portandogli di nascosto un pezzo di pane o di formaggio. James, però, non aveva mai accettato quel cibo, lui rispettava il valore che si dava alle regole perché se esistevano c’era una ragione. Sapeva che le volte in cui andava a letto senza cena era perché si era meritato quella punizione e gli andava bene. Si faceva bastare la consapevolezza di aver fatto più male a loro di quanto ne avessero fatto a lui, i crampi allo stomaco erano solo un fastidioso effetto collaterale che non sarebbe bastato a fargli piegare la testa.
Come detto, James rispettava il valore delle regole e delle punizioni ma non quando queste ultime erano immotivate. Quello fu l'ultimo sgarro che i soldati ebbero verso James, lo accusarono di aver rubato nelle cucine e fu condannato a venti frustate. Le contò tutte ma mai diede la soddisfazione di urlare dal dolore e, per un attimo, Spugna fu certo di aver visto un bagliore cremisi negli occhi del ragazzo. Quel giorno stesso furono abbordati da quella che i marinai terrorizzati chiamarono Queen Anne’s Revenge. Non ci fu molto da fare, alla sola vista della bandiera nera tutto andò come i pirati avevano previsto: il panico si dilagò a macchia d’olio e i pirati presero il controllo della nave senza neppure sparare un solo colpo di avvertimento.
Inginocchiato sul ponte di quella nave insieme ai suoi compagni, con i pirati che li esaminavano uno per uno, quasi gli veniva da ridere. Avrebbe volentieri riso davanti a quegli uomini fatti e finiti che piangevano come donnicciole, spaventati anche solo per sollevare lo sguardo. James invece guardava davanti a sé, studiando con la coda dell'occhio la figura di quello che doveva essere il capitano Teach, Barbanera. Fu sempre con la coda dell’occhio che, notando una tempesta in avvicinamento, credette di vedere la morte in faccia.
Pochi minuti e fu il delirio. L'acqua di mare che attraversava la stoffa della camicia e delle bende bruciava sulle ferite aperte che gli attraversavano la schiena e dopo quante volte vi aveva sbattuto su stupiva di come riuscisse ancora a reggersi in piedi.  
In quel delirio, senza neppure sapere come, si trovò appeso alla rete di corsa, spezzata, che prima portava dal ponte alla cima dell’albero maestro. Poco distante da lui, un uomo totalmente vestito di nero, grande e grosso sicuramente il doppio di James che mai era stato un tipo massiccio. Si fece forza con le braccia fino a issarsi sul ponte inclinato di quella che doveva essere la nave mercantile e afferrata al volo una fune ne lanciò un capo all’uomo che urlava ordini come un ossesso.
“AFFERRA LA FUNE!” la sua voce riuscì a superare il fragore della tempesta il minimo necessario per essere udita dall’uomo che non ci rifletté prima si fare quanto detto. James aveva legato la sua cima all’albero ma non per questo l’aveva lasciata lì, bensì continuava a fare forza sulle braccia per tirare su il malcapitato. Ci fu un attimo di silenzio, un attimo dopo il giovane comprese che fosse dovuto alle acque dell’oceano che si ritiravano per dare vita a una nuova e gigantesca onda. In quel momento di silenzio James riconobbe il suono di una pistola a cui viene tolta la sicura, accanto a lui uno dei soldati della marina inglese puntava la sua arma sull’uomo che stava faticosamente arrampicandosi sul fianco della nave. James agì d’istinto tirando una spallata al soldato che gli fece perdere l’equilibrio e cadere la pistola dalle mani.
“TURNER! TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO! HAI LA MINIMA IDEA DI CHI SIA QUELLO CHE STAI AIUTANDO? QUESTO È TRADIMENTO”
“CHIUNQUE SIA NESSUNO MERITA DI MORIRE COSÌ. DAMMI UNA MANO PIUTTOSTO” James non sapeva cosa avrebbe fatto il soldato e non lo seppe mai, perché, pronunciate quelle parole, l’onda arrivò con tutta la sua forza distruttiva. Il ragazzo, che aveva ben pensato di avvolgersi la fune intorno al polso per avere più presa, sentì un dolore lancinante all’arto destro, ma era rimasto con i piedi per terra, il soldato non fu così fortunato, infatti fu sbalzato in avanti e sarebbe finito in mare se non fosse stato per l’intervento del mozzo. Quel soldato, Lion probabilmente, era alto e massiccio e James lo reggeva faticosamente con la sola mano sinistra stretta sul colletto della giacca dell’uniforme, l’altra mano era ancora stretta intorno alla fune a cui era aggrappato Barbanera. D allora non rivide più Lion, l’onda successiva se lo portò via lasciandogli in mano solo la sua giacca rossa. Ma non c’era tempo per piangere la caduta di un deficiente. Tenendo la stoffa tra i denti, James sciolse il nodo che avvolgeva il polso destro per poi avvolgerlo nella giacca e afferrare di nuovo la fune, tirò e continuò a tirare finché il capitano pirata non fu con i piedi sul ponte traballante della nave mercantile che, rotta in più punti, stava velocemente cedendo alla furia dell’oceano.
“Ben fatto ragazzo, ora corri e vedi di metterti in salvo” non un grazie di qualsiasi genere, ma in punto di morte nessuno bada a queste cose. Teach corse verso il lato opposto per saltare sulla sua nave e James era sul punto di seguirlo a ruota, ma si bloccò alla vista di un berretto rosso non molto distante da lì. Incastrato tra una scialuppa e l’albero caduto, non era difficile intuire che Spugna sarebbe presto annegato se non fosse intervenuto il moro che una volta liberato lo trascinò quasi di peso nella direzione presa da Teach. I pirati stavano per sganciarsi dal reietto che li appesantiva e questo significava una cosa ben chiara a entrambi: se non si fossero sbrigati nulla di quello che avevano fatto finora sarebbe servito, sarebbero morti lì e di una morte atroce. No, James non sarebbe morto così, aveva troppo da fare prima. attese un’onda che, fortunatamente, era abbastanza vicina e che li sollevò. Approfittando dello slancio i due saltarono cadendo rovinosamente sul ponte di prua della nave pirata, poi gli arrivò alle orecchie la voce profonda di Teach che ordinava al suo nostromo di portarli il più lontano possibile dalla tempesta.
“Capitano! Abbiamo dei clandestini a bordo” Barbanera ghignò alla frase del suo sottoposto, ma  si portò con tutta la sua mole davanti ai due.
“Vedo che alla fine sei riuscito a saltare, ti credevo morto prima. come ti chiami ragazzo?”
“James Turner, capitano”
“Mastro Hands, trovate un paio di letti per James Turner e il suo amico. Benvenuti sulla Queen Anne’s Revenge” detto ciò fece per allontanarsi ma si fermò girandosi a tre quarti un ultima volta “Bella giacca”
La giaccia. James abbassò lo sguardo provando la sua mano destra avvolta nella stoffa rossa. Era la giacca della marina inglese, ma poteva dirlo solo perché l’aveva vista da integra. La furia della tempesta l’aveva resa irriconoscibili: dei gradi non c’era più traccia, era strappata in più punti e mancavano alcuni bottoni; ma da allora quella fu la sua giacca. L’aveva scelta perché era rossa e nel linguaggio dei pirati il rosso voleva dire un ordine in grado di far accapponare la pelle: niente prigionieri.
Questa come quella dei suo ricordo era una tempesta con gli attributi, la differenza era che questa volta non c’era una nave a cui aggrapparsi, a dire il vero non c’era neanche una scialuppa. C’era acqua, solo acqua. E mentre le onde rendevano sempre più difficile salire in superficie, altre parole del capitano Flinth gli tornarono in mente:
Non c’è alcun retaggio in questa vita, c’è solo acqua. Prima ci sfama, poi ci reclama. Ci toglie ogni cosa, come se non fossimo mai esistiti.
 
 
Emily aveva preso una sana abitudine in quei giorni, da quando era finita su quell’isola deserta, ogni mattina, appena sveglia, camminava in riva al mare, a godersi i primi raggi del sole camminando a piedi nudi sulla sabbia umida, respirando il profumo dell’aria salmastra. Amava da sempre il mare, adorava sentirne la brezza sulla pelle e a muoverle i lunghi capelli neri, nella disgrazia del suo matrimonio l’unica cosa bella era stato il viaggio dall’Inghilterra a New Providence e la prospettiva di un futuro su una di quelle incantevoli isole, circondata dall’oceano. Ma a Nassau, la sua meta, non c’era mai arrivata, non in modo ufficiale per lo meno. Lo fecero passare per un assalto da parte dei pirati ma altro non era che un’imboscata tesa dagli uomini della marina britannica al solo scopo di liberare il governatore Woodes Rogers dal peso di una moglie che aveva sposato solo per la dote e il prestigio.
Scosse il capo, la donna. Il suo amore per il mare era direttamente proporzionato all’odio per il suo passato, per ciò che aveva vissuto.
Non aveva idea di come fosse arrivata laggiù, i suoi ricordi erano molto confusi.
Camminava con lo sguardo perso davanti a sé, senza però vedere nulla realmente, finché non si imbatté in quello che sembrava un mucchio d’alghe ricce, di quelle che si trovano in profondità e scure a causa della poca luce che le raggiunge. Man mano che si avvicinava però, il mucchio cambiava forma, o meglio si delineavano i dettagli:  una giacca rossa, simile alle uniformi dei soldati inglesi; non rami o tronchi marci per l’acqua, bensì stivali neri; quella che sembrava una mezzaluna di metallo, lucente a causa dei raggi che la illuminarono, poco distante da quello che, ora, riconobbe essere un volto umano incorniciato di capelli ricci e scuri. No, senza dubbio non era un mucchio d’alghe portato a riva.
Lo raggiunse quasi di corsa, a quel punto, fino a inginocchiarsi accanto. Respirava, anche se impercettibilmente respirava ancora. Si alzò e percorse la strada fino a lì correndo
“CHARLES! CORRETE PRESTO!” 
 
Fu il dolore a svegliarlo, un dolore indistinto e acuto che lo avvolgeva per interno. Essenzialmente non c’era un solo punto del suo corpo che non dolesse, bruciasse o che, semplicemente, riuscisse a muovere senza che arrivasse al cervello l’impulso di stare fermo.
“La ferita deve essere chiusa”
Quale ferita? Ne aveva tante. Forse si riferiva morso al polpaccio, il suo sangue, come il migliore degli afrodisiaci, aveva attirato il coccodrillo che aveva affondato le zanne nella sua gamba, perforando lo spesso cuoio dello stivale, e da lì lo aveva trascinato verso il fondale. Giusto, il sangue... Quello era fuoriuscito dalla ferita al fianco, in cui Pan aveva affondato la lama colpendolo alle spalle, come il più vile dei codardi. Mistero come avesse potuto dimenticare quella ferita. Se era fortunato, la lama non aveva preso organi troppo importanti ma dal dolore lancinante avrebbe giurato che avesse strisciato sull’osso del bacino.
“Non ho niente con cui cucirla... Perché sanguina così tanto!”
“Continua a premere qui” NO! Non premere. Fa fottutamente male!
Seguì un suono metallico, il suono di una lava non troppo lunga ma ben affilata sguainata dal suo fodero, un suono agghiacciante che conosceva bene. Poi odore di fuoco, quel caldo odore che, come per il freddo, non possiede una vera essenza ma è qualcosa che si riconosce e basta. Voleva dire una sola cosa
“No. Non posso”
“Devi” e quello sì che fu doloroso. Una mano tremante poggiò la lama incandescente sulla ferita aperta e mentre il nauseabondo odore di carne bruciata si diffuse nell’aria, il capitano si tirò ad occhi spalancati urlando dal dolore. Cosa vide, poi, non seppe dirlo con certezza, non vi badò più di tanto. Era in una stanza interamente in legno; il braccio che lo teneva steso non era stato abbastanza forte da resistere a quel riflesso o forse lo aveva solo colto di sorpresa. Due occhi azzurri come il cielo d’estate ma imperscrutabili gli si pararono davanti
“Scusa capitano” e prima che potesse realmente capire cosa stesse succedendo, perse i sensi a causa del dolore e del pugno in faccia ricevuto.
 
 
 
“Perché devi rovinare tutto? Io ti ho insegnato a combattere e a volare, cosa si può voler di più?!”
“Tantissimo altro Peter” ad ogni parola del ragazzo, Wendy sentiva il cuore incrinarsi dal dolore
“Cos’altro si può essere di più?”
“Io non lo so... Penso lo si capisco quando si diventa adulti-”
“IO NON VOGLIO DIVENTARE ADULTO” la ragazza sussultò a quelle parole urlate con odio, ma Peter sembrò non farci caso oppure, al contrario, lo notò eccome e cavalcando quell’onda di paura le si avvicinò con un salto fermandosi a mezz’aria a pochi centimetri dal suo viso
“Ti bandirò come ho fatto con Trilli”
“IO NON MI FARÒ BANDIRE”
“Allora vattene! Va a casa e portati via i tuoi sentimenti” e volò via chiudendo il discorso
“PETER! PETER TORNA QUI! PETEEEER!” la sua voce si perse nel silenzio innaturale dell’isola, inudita o ignorata da tutti meno che dal capitano pirata che, poco distante aveva assistito alla lite. Poi corse via, Wendy, con le lacrime agli occhi e nelle orecchie ancora rimbombanti le parole che Pan aveva pronunciato con tanto odio.
Era il momento propizio che il capitano stava aspettando. Durante la note fece trasportare la casetta in cui Wendy dormiva a bordo della Jolly Roger.
Appena sveglia Wendy si guardò attorno confusa, ma non un’ombra di paura attraversò i suoi occhi chiari, arrossati dalle lacrime. Camminò a bordo con curiosità osservando ciò che aveva intorno e seguendo quella che sembrava la voce di un uomo che cantava. Sulla porta di quella che doveva essere la cabina del capitano, trovò Spugna che vi guardava all’interno e, dopo che le ebbe fatto spazio, lo affiancò. Hook stava seduto sullo sgabello del clavicembalo cantando una canzone che aveva davvero del raccapricciante, eppure Wendy non vi fece caso, piuttosto pensò che se non avesse perso la mano probabilmente sarebbe potuto inventare un compositore.
“Wendy Darling” il tono mellifluo di chi un attore sul palcoscenico, iniziava la recita.
Non c’era che dire, James Hook sapeva usare le parole e soprattutto sapeva adattarsi al suo interlocutore, facendo scomparire la facciata del pirata brutale e crudele, lasciando il posto a un uomo accondiscendente che sa esattamente cosa dire per convincere qualcuno. Wendy non avrebbe potuto rendersene conto.
“Crescere è una faccenda oltremodo barbara, non credi? Piena di inconvenienti e di brufoli... E poi cominciano i guai, arrivano i sentimenti. Peter Pan è molto fortunato a non esserne afflitto”
Era tutto calcolato, non un dettaglio era stato lasciato al caso eppure, quando vide gli occhi della bambina traboccanti di lacrime, Hook sentì come una morsa stringergli il cuore. Perché? E fu istintivo, una volta mandato via Spugna, avvicinarsi e asciugare quelle lacrime.
“Su su, non deve essere così per forza. Non hai mai desiderato essere un pirata?” finalmente Wendy si lasciò andare a un sorriso, seppur contornato dai residui di lacrime
“Beh una volta ho anche pensato di chiamarmi... Jackie mano rossa... Quando... Quando mia madre aveva ancora il tempo di giocare con me, quando John era ancora piccolo” lo sguardo della bambina si incupì, generando un moto di curiosità nel capitano “Dopo la nascita di Michael non ebbe più tempo per giocare con me e raccontarmi le storie dei pirati, credo sia stato allora che ho iniziato a raccontare io le storie di Peter Pan”
“Tua madre ti raccontava storie sui pirati? E che cosa ti diceva?” non riuscì, o forse neppure volle provarci, a mascherare la curiosità. Non si perse neppure un istante del cambiamento nello sguardo di Wendy.
“Mi raccontava di Barbanera, il terrore dei mari e di come assaltava le navi con i micce accese tra i capelli, infilate sotto il cappello. Del Jolie Rouge la bandiera pirata rossa che significa niente prigionieri. Di James Turner e Charles Vane, gli eredi di Teach destinati a scrivere la storia della pirateria” si interruppe abbassando lo sguardo “non ho mai saputo come andò a finire la loro storia” Hook sorrise, questa volta per davvero
“Posso raccontartela io” Wendy lo guardò negli occhi, come per accertarsi che dicesse il vero e non lesse menzogna in quegli occhi chiari “E, se ti unirai alla mia ciurma, ti chiameremo come hai scelto, Jackie mano rossa”
Jackie mano rossa... Wendy una piratessa? Chissà come l’avrebbe presa sua madre. Poi il suo sorriso si spense di nuovo
“Cosa c’è?” e di nuovo James Hook di accovacciò accanto a lei
“Mia madre... Non capisco, io non mi ricordo di lei. Ricordo le sue storie, i suoi racconti della buonanotte ma non ricordo com’è lei” sul finire della frase le parole vennero coperte dai singhiozzi e questa volta fu lo sguardo di Hook ad incupirsi.
“È questo che succede quando passi troppo tempo sull’isola: ti dimentichi della tua famiglia, dei tuoi amici. E poi anche loro si dimenticheranno di te e quando tornerai, se mai tornerai, sarà tutto diverso perché il mondo sarà andato avanti senza di te... Poi non resta che attaccarsi con le unghie e con i denti ai ricordi, tutto ciò che resta di un passato glorioso” parole senza un timbro vero e proprio, pronunciate mentre il capitano si dirigeva nuovamente verso il clavicembalo, dove si accomodò a suonare un brano di musica barocca di un qualche compositore di cui ormai aveva dimenticato il nome.
“È quello che è successo a voi, capitano?” annuì amaramente Hook, e senza spostare lo guardo dai tasti d’avorio indicò alla ragazzina di accomodarsi accanto a lui.
“Ero poco più grande di te quando giunsi qui la prima volta, con me c’erano altri due ragazzini più o meno della mia età. Ora non ci sono più” spostò l’uncino dalla tastiera per scarabocchiare quattro lettere sul legno del clavicembalo, per quanto era affilato non aveva bisogno di poggiare con forza la punta. Wendy osservò le lettere che una dopo l’altra venivano disegnate: P, J, O e M. le furono familiari.
“Queste lettere... In questo stesso ordine sono incise dietro il trono di Peter. Perché? A chi appartengono quelle iniziali?” Hook sorrise amaramente al ricordo
“Peter Pan trovava divertente che i primi abitanti dell’isola lasciassero un loro segno... Ma è una storia molto lunga e per raccontarla ci vuole tempo. Potrò raccontartela in futuro se dovessi scegliere di entrare nella mia ciurma”
“Ma... Cosa potrò fare? Non volete che mi dia saccheggio?”
“Mh vediamo un po’” esordì il capitano portandosi l’uncino alle labbra con fare pensieroso “Hai detto che racconti le favole, giusto?”
Chiese del tempo per pensarci, tempo che le fu concesso e in quel tempo pensò molto. Cosa ne avrebbe pensato la mamma se fosse diventata un pirata? Ma più Wendy pensava a sua madre meno riusciva a ricordarla. Perché? E pure ricordava ancora tutte le sue storie sui pirati e i giochi che inventava solo per lei. Il filo dei suoi pensieri si spezzò con l’arrivo di Peter nel covo in cui lei e i bimbi sperduti stavano cenando.
“C’è una nuova pirata a bordo della Jolly Roger. Le sirene dicono che si chiama Jackie mano rossa” esclamò con enfasi sguainando due spade, una per mano. Wendy non riuscì a nascondere un sorriso soddisfatto, forse non era una cattiva idea
“Jackie mano rossa? Sembra un tipo spaventevole”
Spaventevole?” questa volta il tono di Peter era di scherno, ma i bambini sembravano non farci caso, troppo impegnati a prendere le proprie armi “È solo una racconta favole” il suo tono questa volta era derisorio e fece scomparire il sorriso dalle labbra di Wendy. Solo una racconta favole? Era lo stesso ruolo che, essenzialmente, aveva accanto a Peter eppure per il folletto, per chissà quale ragione, sembrava non essere così.
“Jackie mano rossa sa essere un impavido spadaccino” lo sdegno per come era stata etichettata batté la voglia di mantenere un profilo basso, e la ragazza si trovò quasi a urlare quelle parole sbattendo le mani sulla tavola.
“Che sia impavida o no, dovrà assaggiare la mia lama” urla di giubilo si alzarono dai bambini che ancora circondavano Pan, andando a fomentare la rabbia di Wendy. Nessuno fece caso a lei quando sguainò a sua volta una spada, ma rimasero di sasso nell’udire le sue parole successive
“E allora mettiti in guardia, Peter Pan, perché sono io Jackie mano rossa” qualunque cosa Peter vide negli occhi di Wendy non gli piacque per niente e questa volta fu lui a perdere il sorriso.
“Ma mamma... Capitan Hook è un demonio, un libertino” Wendy non fece caso a chi avesse parlato, non voleva interrompere il contatto visivo con Peter. Era con lui che stava avendo la vera conversazione
“Al contrario, io trovo James Hook un tipo pieno di sentimenti” colpo basso per il folletto che la attaccò senza preavviso, disarmandola e puntandole la lama della spada alla gola.
“Signore, lei è poco galante e manchevole”
“In cosa sono manchevole?” non era più un gioco, non per Wendy i cui occhi si riempirono di delusione. Chissà perché, poi, aveva sperato in una diversa reazione di Pan
“Sei solo un bambino”
“Davvero vuoi diventare una pirata, mamma?” Michael sussurrò quelle parole quasi con timore che la furia dei genitori potesse ritorcersi contro di lui. Ma la rabbia di Wendy era già scomparsa, sostituita da un opprimente senso di tristezza
“No” una sillaba che riaccese il sorriso di Peter ma che lo fece nuovamente scomparire con la frase successiva “ma ovunque è meglio di qui” non aggiunse altro, era stanca anche solo di continuare a parlare. Non prese niente con sé, nulla di ciò che era in quella stanza poteva servirle dove stava andando e, conscia del carattere troppo orgoglioso di Peter, lasciò il covo indisturbata, ignorando le urla dei suoi fratelli che provarono a seguirla.
“Chiunque le andrà dietro non si faccia più rivedere qui” Wendy udì nitidamente la voce minacciosa di Peter nonostante fosse ormai fuori dal rifugio e, come volevasi dimostrare, nessuno le corse dietro. Con le lacrime agli occhi, percorse a ritroso la strada verso la spiaggia, conscia che quella che avrebbe vissuto d’ora in avanti non avrebbe avuto nulla a che vedere con a vita che conosceva. Iniziava una nuova era e, seppur con il cuore spezzato, Wendy era pronta a crescere.
James Hook aveva previsto due possibili scenari che avrebbero fatto da seguito al suo colloquio con Wendy Darling. Il primo e più desiderato, che vedeva Pan solo e vulnerabile nel suo rifugio, si era pietosamente arenato, lasciando il posto a un secondo con il medesimo fine ma dall’attuazione più lunga e complessa. La ragazza che giunse sulla spiaggia quella notte non aveva nulla della Wendy caparbia, anche se delusa, che aveva conosciuto Hook aveva conosciuto poco prima. Wendy sembrava l’ombra di sé stessa,
“Va tutto bene, Jackie?” per quanto Hook negli anni a venire proverà a negarlo, non era preparato a quanto lo avrebbe scosso vedere gli occhi azzurri della bambina cerchiati di rosso per le troppe lacrime.
Le si sedette accanto e non c’era compassione nello sguardo che le rivolse. Wendy si strinse maggiormente le ginocchia al petto asciugandosi le guance umide con una manica della camicia da notte non più bianco candido.
“No, ma adesso mi passa” voleva fare la forte, sembrare più adulta di quella che non fosse, ma non riuscì a chiedere al capitano di lasciarla sola, aveva paura di rimanere sola ma, allo stesso tempo, non voleva essere consolata. E Hook non la consolò, capiva il suo stato d’animo ed essere compassionevole non era nella sua natura. L’unica cosa che fece fu metterle qualcosa sulle spalle, era la giacca di un’uniforme inglese del ‘700, chiaramente maschile e decisamente di molte taglie più grande di quelle che Wendy era abituata a portare.
“Ora che sei un pirata avrai bisogno di un nuovo guardaroba, non vorrai rimanere in tenuta da notte per sempre, mi auguro” quella frase, per quanto imperiosa, fece sorridere la ragazzina. Aveva ragione, era un pirata adesso e doveva incominciare a vestirne i panni, tuttavia decise di concedersi quell’ultima notte come Wendy Darling, un’ultima notte da bambina per piangere tutte le sue lacrime e lasciarsi il dolore alle spalle.

 


Dunque, ciurma di EFP, approfitto di questo spazio per presentarmi e darvi qualche punto di partenza di partenza per capire la storia che ho deciso di pubblicare.
Come molti di voi approdati su questo fandom, sono cresciuta guardando Peter Pan e oggi, alla veneranda età di 22 anni, mi trovo dopo aver letto "James Hook - il pirata che navigò in cielo" (se è pubblicità mi scuso) a scrivere questa fanfiction. Mi piace considerare questa storia una sorta di rivalsa per il capitano pirata più conosciuto di tutti i tempi, ma lunghi da me il voler discutere il lavoro di Sir James Matthew Barrie. Semplicemente mi sono trovata a vedere Capitan Uncino sotto un'altra luce, che lo vede non come spietato assassino e antagonista, non solo almeno, ma come un uomo che nella sua vita ha sofferto tanto, troppo, per il capriccio di un ragazzino.
Se vi fa piacere datemi un parere, ma anche ringrazione anche chi di voi leggerà e basta dopo così tanti anni dall'uscita del film (mi stupirebbe anche solo sapere che c'è qualcuno oltre me che nel 2020 si trova a cercare fanfiction su Peter Pan ... Pardon, su Capitan Hook
   
 
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