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Autore: cavaz4800    30/03/2020    0 recensioni
Storia introspettiva, alle volte non ci si accetta e non si trova il coraggio di andare avanti.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                     NAKED

Come ci teneva lei stessa a ricordarselo, non era bella.

Se ne stava lì, in piedi nuda davanti allo specchio; vedeva la sua immagine riflessa, perfettamente uguale a lei e il suo sguardo perforava il suo fisico e il suo aspetto definendolo… si definiva brutta. Guardarsi allo specchio così, nuda com’era venuta al mondo, è la cosa più difficile che abbia dovuto affrontare, perché ammirare il suo riflesso significava affrontare se stessa e affrontare tutto ciò che la gente vedeva di lei ogni giorno.

Comincia così l’autocritica, o forse meglio definirla autodistruzione. Parte dai suoi capelli; biondi, lunghi, lisci, perfettamente sporchi conciati in un patetico cipollino. Ciuffi corti spiccavano dalla sua fronte appoggiandosi delicatamente sul suo viso, toccando la pelle pallida e grassa. Le guance, il naso, la fronte e il mento erano costellati da punti neri e brufoli ma per sua incredibile fortuna non si trattava di acne. I suoi occhi, marroni e altamente banali, erano appesantiti dalle borse violacee e scure che scavano gli occhi, impicciolendoli ancora di più. Le occhiaie risaltavano sul volto chiaro, mentre il naso a patata era pieno di impurità e faceva d’appoggio agli occhiali. Non ci vedeva neanche bene. Le labbra, non troppo carnose, solitamente avevano un colore pallido, come la sua carnagione, il tutto accompagnato dal doppio mento.

Prosegue con il resto del corpo; collo basso e grasso, spalle larghe e braccia mollicce piene di peletti chiari che sua mamma incitava a non radersi, poiché dopo sarebbero ricresciuti scuri. Le mani erano piccole e le dita corte, senza unghie, apparendo come dei mini salsicciotti. Portava qualche braccialetto, regalati da parenti e amiche che custodiva gelosamente come dei veri e propri tesori. La pancia, enorme e piena, rappresenta la quantità di cibo che mangia e la sua pigrizia nel non voler praticare sport. Non era tanto golosa, ma quando mangiava si sentiva bene. Era come se il cibo dovesse riempire un vuoto dentro, come se dovesse colmare una mancanza che in tutti quegli anni della sua adolescenza non era riuscita a saziare.

Alla fine mangia per non sentirsi sola e vuota.
Poi ci sono le gambe, la parte che odia più di tutte. Le ricordavano quanto fosse bassa, con le sue cosce enormi e con i polpacci altrettanto grossi. Era depilata, anche perché in estate è brutto farsi vedere con i peli. A lei non importava più di tanto, non sarà di certo la depilazione a renderla bella. Odiava per questo l’estate; non poteva coprire la maggior parte delle sue imperfezioni. Continuava a guardarsi, facendo su e giù per tutto il suo basso e grosso corpo. Si odiava. Non si accettava, nessuno le ha insegnato a farlo.

Vorrebbe poter essere speranzosa, ma non ci riesce. Aveva poche amiche, nemmeno un amico maschio, e nonostante la sua famiglia le voleva bene, lei si vergognava anche con loro. Perfino da sua madre si vergognava a farsi vedere nuda, in quelle condizioni, e non capisce perché solamente il cibo possa provare a riempire il vuoto che sente dentro. Vuole piangere, ma ha sempre cacciato indietro le lacrime non volendo risultare vulnerabile o debole. Doveva essere forte ma il fatto di non è bella le impediva anche questo. Come fanno le sue amiche ad accettarla in quel modo? Come fanno i suoi genitori ad amarla, ad essere addirittura fieri di lei?

Ultimamente non è più lei. Ha perso ogni fiducia e speranza in se stessa, ha capito che è troppo brutta per permettersi anche l’amore. Vuole piangere ma non ha il coraggio di farlo. Vuole scappare, ma dove potrebbe andare? Non trova una ragione per poter andare via, non ci prova nemmeno. Ed è proprio questa la sua sconfitta più grande: ha perso la forza di provare. Ha rinunciato, si è arresa a quel terribile destino che non può cambiare, non si trova in una fiaba e nessuna fata turchina si sarebbe presentata nel suo giardino in piena notta. Nessuno poteva aiutarla, nemmeno se stessa.
C’è questo ragazzo, però, a cui lei non riesce a non pensare, e vorrebbe amarlo e sentirsi a sua volta amata. È questo che cerca di rimpiazzare con il cibo. Ma niente può riempire il vuoto. Forse nemmeno questo ragazzo, che a parer di sua mamma, è troppo bello per potersi fidanzare con lei. E ha ragione. Non vuole smontare sua figlia, ma bisogna anche essere realisti e sua figlia non è stato in grado di farlo. E allora cosa fa? Si veste, non vuole più guardarsi, non ha più la forza per poter sostenere il proprio sguardo. Chiede aiuto a sé stessa, ma non è in grado fornirne alcuno.

Si sposta in camera sua, lontano da ogni specchio e meccanicamente si veste. Una maglietta a maniche corte – ma non troppo – e un paio di pantaloncini che arrivano al ginocchio. Si toglie le infradito e si sdraia sul letto, fa troppo caldo ma non ha né un ventilatore né un condizionatore e si deve accontentare. Una lacrima si fa strada sulla guancia bollente, ma non importa. Non tenta di fermarla, la lascia andare e spera che tutta questa malinconia, questo odio che prova verso di lei sparisca.

Vuole essere libera di amare ed essere amata, ma sa dentro di lei che non tutti sono così fortunati da incontrare l’amore. E nonostante sia questo il suo più grande sogno, dovrà imparare a trovare la felicità da sola, consapevole che quel vuoto non potrà mai essere colmato. Nulla riempie il vuoto.
   
 
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