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Autore: Son of Jericho    30/03/2020    3 recensioni
Ogni scrittore ha i suoi tormenti, che sia il più famoso del mondo o l'ultimo della fila. Le crisi e la paura di fallire sono uguali per tutti, non fanno eccezione.
E quando ci si ritrova a terra, l'importante è farsi le domande giuste, e capire su cosa puntare per tornare in alto.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paura delle parole / Redraft

 

- Lo sai cos’è che distingue uno scrittore da un grande scrittore? –

 

Fin da ragazzino, la sua mente aveva sempre viaggiato più velocemente di quella dei suoi coetanei. E, gli piaceva pensare, anche di quelli più grandi di lui.
Sentiva gli ingranaggi girare a un ritmo elevato, frenetico, forsennato, tanto che a volte lui stesso faceva fatica a tenerli sotto controllo.
Ragionava, si scervellava più degli altri, spesso anche troppo. Scavava a fondo, cercava soluzioni dove magari non ce n’erano, o dove addirittura non c’erano neanche problemi. Ma ne andava fiero, quello nessuno gliel’avrebbe mai tolto.

L’immaginazione era la sua camera, i sogni i suoi amici. Il mondo di fantasia e quello reale erano due strade parallele. William le percorreva entrambe, ma sempre con un occhio attento, affinché non finissero mai per incrociarsi.

Una sola cosa riusciva a mettere d’accordo tutto e tutti. Lui, chi gli stava intorno e chi gli stava alla larga, chi lo conosceva e chi non lo voleva nemmeno conoscere.

Una cosa che era convinto di saper fare piuttosto bene.

 

- Lo sai cos’è che distingue uno scrittore da un grande scrittore? –

Ecco una domanda che uno non si aspetterebbe di prima mattina. William rimase spiazzato, imbambolato per un istante troppo lungo, a fissare l’espressione enigmatica dell’uomo dall’altra parte della scrivania.

Odiava quell’espressione, ogni volta come la prima. Non riusciva mai a decifrarla, a infrangerla o ad aggirarla. Se la ritrovava davanti, ed era finita. Inutile cercare di oltrepassarla. Era come voler vedere oltre un muro di vetro opaco.

In quel momento, poteva osservare soltanto Mr. Delta che accavallava le gambe e si accendeva un sigaro, sghignazzando come se lo avesse appena messo nel sacco.

Onestamente, William non riusciva mai a capire un accidente di quell’uomo. Se intendesse una cosa o un’altra, se stesse scherzando o meno, se lo stesse prendendo in giro o se credesse davvero in lui. Un dannato teatrino in cui lui si ritrovava a fare da attore improvvisato, senza sapere come prendere le battute di quello che gli stava di fronte.

William aprì la bocca per parlare, eppure l’unica cosa che ne uscì, almeno la prima volta, fu un timido sospiro.

Che diavolo doveva significare? O meglio, che tipo di risposta si stava aspettando Mr. Delta da lui?

- Devo… devo prenderlo come un complimento? – riuscì infine a dire.

- Rispondi. – lo incitò Delta, traendo una breve boccata di fumo e rivolgendogli una chiara occhiata di sfida.

William si accorse di aver, involontariamente, contratto i muscoli della fronte, mentre una minuscola goccia di sudore si formava vicino alla tempia. Che fosse per la tensione o per il nervosismo che intimava Delta, difficile dirlo.

Poi, un ricordo gli passò per la mente. Aveva detto una cosa del genere a una ragazza, diversi anni prima. Un ricordo tanto bello quanto doloroso.

- Lo scrittore è capace di far volare il lettore con la fantasia, di trascinarlo tra le righe. Lo fa entrare nella sua storia, lo fa sentire parte di essa. Gli fa provare le emozioni di tutti i personaggi, e gli fa scegliere per chi fare il tifo. Alla fine, indipendentemente da ciò che c’è scritto, è chi legge che si immagina la storia. –

Lo aveva fatto sentire strano, quella mattina, tornare a varcare la soglia della casa editrice. Teso sì, impaurito magari anche, ma di sicuro era carico di adrenalina fin nelle vene.
Erano passati quasi due anni dal suo ultimo lavoro pubblicato, sembrava un’eternità. Nel frattempo, il suo bagaglio di idee, aspettative e sogni era andato perso e ritrovato tante, troppe volte.
Aveva una voglia matta di tornare in pista.
E adesso era di nuovo lì, per sentirsi riferire, dal direttore in persona, che il responso sul suo nuovo progetto era…

 

- Stronzate. – sibilò Delta, ruotando la poltrona in direzione della vetrata, fino a dare quasi del tutto le spalle a William. Si lisciò i baffi color cenere, mentre lo sguardo si lanciava all’esterno. Dal quinto piano, effettivamente l’ufficio godeva di una vista mozzafiato. – Se fosse come dici, potresti essere il più bravo di tutti. Ma sono i soldi che fanno girare il mondo, ragazzo. Il grande scrittore è quello che mi convince a buttare soldi per comprare qualcosa scritto da lui. –

William non poté far altro che inarcare un sopracciglio e mormorare scettico: – Ok… -

- Hai visto certi titoli che sono stati pubblicati di recente? – continuò l’editore, con espressione disgustata. – Mi viene l’orticaria, se penso che quella gente è davvero convinta di potersi definire “scrittori”. Ma lì ha venduto il nome. Sono “vip”. Un libretto delle istruzioni sarebbe stato più interessante, eppure hanno avuto incassi record. –

Sembrava il classico discorso da pezzo grosso, altezzoso, con la boria di chi può sedere sulla poltrona in pelle dirigenziale e arredare il proprio ufficio con tutte le piante del che desidera. Ma nonostante ciò, Delta aveva lo sguardo di uno che ce l’aveva fatta, e che da qualche parte, forse aveva ancora dei principi.

- I primi due romanzi non mi pare siano andati così male. – replicò il ragazzo, sfregandosi i palmi delle mani sui jeans. Non si sentiva affatto inferiore ai soggetti a cui si stava riferendo l’editore. Lui veniva dal nulla ed era cresciuto nel nulla, ed era orgoglioso di ciò che sapeva fare.

Delta si voltò nuovamente verso di lui, con un movimento fulmineo. Adagiò il sigaro nel posacenere, sbuffando una nuvoletta di fumo dalla bocca. Afferrò un foglio, che William riconobbe appartenere al suo ultimo lavoro.

- E’ proprio questo il punto. – commentò stizzito, agitando la pagina per poi lasciarla cadere distrattamente in cima alla pila delle precedenti, che giacevano disordinate sulla scrivania. – Un paio di sere fa ero a letto, prima di dormire, e stavo leggendo il tuo racconto. Sai che cosa mi ha detto mia moglie? –

- Spengi la luce e vieni qui? – William pensò che fosse un buon momento per lasciarsi andare a dell’ironia.

Si sbagliava. Delta non stava ridendo.

- “Perché hai saltato così tante pagine?”, ecco cosa mi ha chiesto. Io le ho risposto sinceramente, e lo stesso farò con te. Era come se le avessi già lette. Scritte benissimo, per l’amor del cielo, ma sapevano tutte di già letto. Non ci ho visto niente di nuovo, di speciale, di affascinante. Insomma, niente che non ci fosse già nei primi due. –

Gli occhi di William seguivano quelli di Delta come ipnotizzati. Adesso lo fissava più serio, le iridi accese. – Lo posso risistemare. –

- Non è questione di risistemare, di cambiare qualche parola o capitoli interi. Hai presente il tuo piatto preferito? Ecco, la prima volta che lo assaggi è la cosa migliore del mondo, la seconda è delizioso, la terza è ancora buonissimo. Ma dopo che te l’hanno proposto cento volte di seguito, ha ancora lo stesso sapore? Ne dubito. E qui non siamo al ristorante, non imponiamo alla gente cosa mangiare o quanto pagare. Scelgono loro se farti, anzi, farci guadagnare oppure no. –

William assottigliò le palpebre e serrò le labbra. – Dove vuole arrivare? –
Domanda stupida. Aveva capito benissimo dove stava andando a parare.

Delta scosse il capo, riprendendo il sigaro per fare un altro tiro. – Me li vedo già i commenti, tu no? Su Facebook, Twitter, Tic Tac o come diavolo si chiama quello nuovo. Quei leoni da tastiera che non vedono l’ora di lanciarsi in insulti e frasi dalla grammatica nauseante. Siamo in un periodo di crisi, ragazzo, e non posso permettermi certi rischi. –

Il petto iniziò a rimbombare come un tamburo. - Non lo pubblicherà, vero? – deglutì a fatica.

- No, non posso pubblicarlo. Ma non credere di essere un fallito, ragazzo. Hai un potenziale enorme, sono solo convinto che questo non sia tu. Torna a casa e rimettiti a scrivere. Appena avrai un nuovo soggetto da mostrarmi, telefona alla mia segretaria. – il lieve cenno di assenso avrebbe dovuto, probabilmente, infondergli fiducia. - Sai dove trovarmi. -

 

Il silenzio della metropoli alimentava mille pensieri. Le strade deserte e l’immobilità dei negozi inasprivano la malinconia. Ogni tanto una macchina gli passava accanto, veloce, quasi volesse scappare da lui.
Un forte vento s’infrangeva sulle facciate dei palazzi, e lo schiaffeggiava in viso.
La città fantasma rendeva tutto ancora più triste.

Mentre passeggiava sul marciapiede, con le mani in tasca, la mente riprese a vagare libera. L’attenzione andava a posarsi sui dettagli più disparati, spesso inutili. E ripensò alle ultime parole di Delta.

Cosa avrebbe ispirato questo romanzo?” gli aveva chiesto l’editore, quando ormai William si era già alzato ed era quasi arrivato alla porta.

Non gli aveva risposto. Non si era nemmeno voltato.

La verità era che non c’era stata ispirazione. Nessuna idea trascinante, nessun viaggio della fantasia, nessun sogno rivelatore. Nulla.

Era stato fregato dalla frenetica voglia di tornare, di rientrare in quel mondo in cui il suo nome veniva stampato sulle copertine, e la gente gli faceva tanti complimenti. Aveva fatto affidamento su sé stesso, sulle sue capacità, convinto che, alla fine, ciò che ne sarebbe uscito avrebbe convinto chiunque.

Facile pensare di essere il migliore, di non commettere mai errori, di essere sempre nel giusto. Più difficile era accettare la caduta.

 

Non era il successo che inseguiva, non all’inizio perlomeno. Quando aveva cominciato, scriveva per sé stesso, per sentirsi meglio, per dare vita a quei volti e a quelle voci che affollavano la sua immaginazione. Voleva lasciare un messaggio. Voleva lasciare qualcosa a questo schifo di mondo.

Poi erano arrivate le luci della ribalta, improvvise e accecanti, che lo avevano portato a credere di essere la persona più felice del mondo, perché aveva unito ciò che amava fare con il denaro.

Ma arrivato a un certo punto, qualcosa si era rotto. Le voci sempre più ingarbugliate, le idee sempre più frastagliate, lo scritto sempre più inconcludente. La passione si era trasformata in quotidianità, l’estro in un impegno schedulato. Il piacere di dipingere frasi sembrava essersi dissolto.

E l’acqua dalla sorgente non usciva più come prima. C’era stato un periodo oscuro, dopo la pubblicazione del secondo romanzo, che gli aveva fatto perdere completamente il contatto con la realtà. Anzi, con le realtà. Quella della sua testa, e quella della vita di tutti i giorni.

Nessuna ispirazione, nemmeno quando aveva deciso di scrivere un nuovo racconto e ripresentarsi in prima linea. Aveva creduto di poterlo fare, senza dover rendere di conto a nessuno, senza regole. Sbagliato, di nuovo.

 

Il rientro a casa non fu una parata di trionfo. Sentiva, addosso, lo sguardo curioso dei vicini impiccioni affacciati alle loro finestre. Un corvo gli volò sopra la testa. William avrebbe voluto allargare le braccia e urlare al cielo con tutto il fiato che aveva.

Si fermò giusto in tempo.

Con l’espressione spenta, ringraziò di non avere nessuno a cui dover dare delle spiegazioni. Una birra dal frigo, nonostante l’ora, e andò a chiudersi nel suo studio.

Da cosa nasce una buona storia? Da una buona idea, dalla voglia di scriverla, dalla capacità di dipingerla e di farla sentire agli altri come propria.

William ne avrebbe avute tante, di cose da raccontare. Le avrebbe messe su carta una dopo l’altra, tutte scrivendo con il cuore. Con il sangue, se necessario. Ne bastava una, una soltanto, efficace abbastanza da dare ragione all’onesta spietatezza di Mr. Delta.

Ma arrivato a quel punto, la vera domanda era: esisteva?

Si rialzò brutalmente dalla sedia, facendola traballare. Appoggiò la fronte stanca al vetro, abbassando le palpebre.

E fu in quell’istante, che comprese finalmente le parole dell’editore. Capì cosa e perché non aveva funzionato.

Non era una macchina, non elaborava a comando. Lui per primo non aveva creduto a ciò che aveva scritto. Dalla penna, dalla tastiera, non erano uscite le sue emozioni, ma solo parole vuote. Magari giuste, belle, perfette. Ma vuote.

Di cosa scrivere allora?

Aveva bisogno di qualcosa che sentisse suo, solo suo.

Il viale del passato e dei ricordi era una strada lunga, dissestata, piena di curve. Che lui, come ognuno di noi, per una ragione o per un’altra, avrebbe voluto dimenticare. Perlopiù c’erano lacrime, rimpianti, rimorsi.

Eppure, era proprio lì che avrebbe ritrovato se stesso.

Un brivido andò a dargli una scossa in pieno petto. Gli si stringeva il cuore, ripensando a quello che aveva vissuto, ai sentimenti che lui aveva provato per qualcuno, ai sentimenti che altri potevano aver provato per lui.

Avrebbe potuto scrivere di una delle persone che ammirava di più, suo nonno, che aveva lottato finché ne aveva avuta la forza. Saggio e dalla mente geniale, non si era arreso di fronte a niente. Se n’era andato col sorriso.
In eredità gli aveva lasciato un aneddoto sulla guerra contro i fascisti. Una giornata di sole tra fumo e proiettili, alla quale era sopravvissuto con astuzia e un pizzico di fortuna.
Per William, nascondeva l’ennesimo consiglio e l’ennesima lezione di vita. Chissà che non potesse essere di aiuto anche per altri.

Avrebbe potuto scrivere dello scandalo che lo aveva investito a ridosso della maturità. Un peccato di gioventù, quando ancora si sentiva intoccabile e privo di molta della consapevolezza che aveva ora. Un segreto troppo complesso da mantenere, nel labirinto di banchi e corridoi di scuola. Quando seguire il piacere e l’istinto aveva messo a repentaglio non solo se stesso, il diploma e il suo futuro, ma anche la reputazione di un’insegnante e di un intero istituto. Le voci correvano, evidentemente passavano attraverso i muri della privata intimità. I fatti erano stati messi a tacere da chi ne aveva potere, per il bene di tutti.
Ancora oggi se ne parlava.

Avrebbe potuto scrivere della ragazza che aveva perduto. Aveva speso notti a fantasticare sul loro rapporto, a immaginare di potersi ritagliare un eden con lei. Ma col tempo, si erano ritrovati in discussioni forse più grandi di loro, con sensazioni forse troppo strane da poter essere tenute sotto controllo. Una bolla immaginaria di dolore, offese e tradimenti, mancato perdono.
Aveva passato settimane intere a incolpare gli altri, per poi arrivare tardi, troppo tardi, ad ammettere che, se l’aveva persa, era soltanto colpa sua. C’erano dei giorni in cui sentiva ancora, forte, la sua mancanza.
Sarebbe uscita una bella storia.

Avrebbe potuto scrivere di tante altre cose, scelte sbagliate, occasioni mancate, sliding doors come nel film.

Un sorriso malinconico gli piegò le labbra. Ecco l’idea giusta.

Tornò al computer, un’improvvisa scarica di adrenalina, e aprì una cartella. Non ci rientrava da un secolo.

Beautiful Disaster”

Lì si trovava quella che lui riteneva la sua creatura migliore. Una creatura, però, che non aveva mai visto la luce e a cui non era mai stata data l’occasione di crescere ed evolversi. Centinaia di righe, appunti, bozze, identikit di personaggi principali e secondari, dubbi e soluzioni. Una trama avvincente, appassionante, in cui si abbracciavano generi e anni di esperimenti. Una sottile linea tra finzione e realtà, tra verità e bugia. Una storia così coinvolgente che avrebbe dovuto portare il lettore, a un certo punto, a dover scegliere se amare William per averla scritta, o odiarlo per lo stesso motivo.

Il perché William non se la fosse sentita di sviluppare quel progetto e metterlo in giro, non fu mai rivelato.

 

Stavolta avrebbe funzionato.

Con la voglia di spaccare il mondo, afferrò il calendario da tavolo che teneva vicino alla lampada. Scorse diverse pagine, prima di marcare una data con una croce rossa.

Si prese sei mesi. Sei mesi da oggi, e il nuovo romanzo sarebbe stato pronto.

 

** (Più di) 6 mesi dopo **

- Agenzia DF Editore buongiorno, come posso esserle utile? –

- Estelle! Buongiorno, sono William. –

- Willy, che piacere risentirti. Scommettiamo che indovino il motivo della chiamata? –

- Ok... –

- Vorresti che ti fissassi un nuovo appuntamento con il signor Delta, non è vero? –

- Gli ho inviato il file una settimana fa… e, ecco... se non è troppo impegnato… -

- Domani pomeriggio. Mi aveva fatto lasciare uno slot libero. E… William, posso darti un consiglio? –

- Certo. – quasi non sentiva più la sua stessa voce, tanto era eccitato.

- Questa volta, indossa una cravatta. -




 


N.d.A.
A voi la parola, cari lettori, e soprattutto ben ritrovati.
A voi decidere dove si interrompe la linea tra verità e finzione, tra autobiografia e romanzo, tra ricordi e fantasia.
Spero sinceramente che questo "viaggio" vi sia piaciuto e, perché no, magari dato qualche spunto.
Grazie del vostro tempo, un saluto e alla prossima!

S.o.J.

 
   
 
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