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Autore: fantaysytrash    31/03/2020    1 recensioni
[Steve/Bucky | Multigenre | Song-fic | Raccolta | Missing Moments | What If…? | Multisetting]
Una raccolta di song-fic riguardanti i momenti più importanti della vita di Steve e Bucky, tutti ispirati a diverse canzoni di Taylor Swift.
#1 – Light Pink Sky: “Il cielo rosa pallido del tramonto sancì quell’affermazione che suonava pericolosamente come una promessa.”
#2 – Rosy Cheeks: “Le guance rosee di Bucky si mossero per accomodare un sorriso radiante.”
#3 – Green Light: “Nemmeno il verde acceso dei suoi dipinti donava abbastanza luce a una vita senza Bucky.”
#4 – Ocean Blue Eyes: “Potevano anche aver potenziato i suoi muscoli e le sue prestazioni, ma aveva gli stessi occhi azzurri di sempre.”
#5 – Crimson Red Pain(t): “Il dolore era ancora presente, pulsante e infuocato, che gli bruciava nel petto con un’intensità che non aveva mai provato prima.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rating: Giallo

Genere: Angst/Introspettivo/Malinconico

Contesto: Captain America: The First Avenger

Canzoni: Back to December / Last Kiss / Sad, Beautiful, Tragic

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

TAKE ME HOME

#5 – CRIMSON RED PAIN(T)

 

I think about summer, all the beautiful times /

I watched you laughing from the passenger side /

Realized I’d loved you in the fall

 

Steve non sapeva con esattezza quanto fosse rimasto seduto in quel bar bombardato, tentando un’ubriacatura che a quel punto aveva capito non sarebbe mai arrivata, prima che Peggy lo raggiunse.

Le sue risposte a monosillabi non parevano dissuaderla dal suo tentativo di sollevargli il morale, e Steve avrebbe quasi voluto ridere. Come si può consolare qualcuno dopo che ha perso l’amore della sua vita?

Non che Peggy sapesse, ovviamente. Gli Howling Commandos l’avevano intuito praticamente subito, ma era inevitabile quando uno si fionda al capezzale di quello che dovrebbe essere il suo migliore amico dopo aver assaltato una base nemica unicamente per lui.

Steve aveva fatto del suo meglio per non essere toppo ovvio nelle sue smancerie, ma l’agente Carter non era certo l’ultima arrivata e, a quanto ne sapeva, poteva benissimo aver compreso la vera natura dei suoi sentimenti.

A Steve non importava; ormai non si curava più di nulla. Aveva un’unica missione, e poi… be’, non sarebbe tornato a Brooklyn senza Bucky, questo era certo.

Non aveva osato rivelare i suoi piani a nessuno, certo che non avrebbero compreso il suo bisogno viscerale di semplicemente smettere di esistere.

In fondo, cos’era rimasto a casa per lui? Tutte le persone che aveva amato – ovvero Bucky e sua madre – erano morte, e chiunque altro lo avesse accolto si sarebbe basato esclusivamente sul suo nuovo aspetto fisico. La situazione che sarebbe potuta crearsi avrebbe fatto divertire il biondo, se solo avesse avuto qualcuno con cui condividerla.

No, Steve sapeva cosa doveva fare: la cosa giusta. Principalmente per il mondo, ma anche per se stesso. Gli altri avrebbero capito, lo avrebbero compianto insieme per poi passare oltre, proseguendo con le proprie vite.

Non era certo il futuro che aveva previsto ma, dopotutto, sarebbe già dovuto essere morto da anni, a causa delle infinite malattie che aveva contratto nel corso della sua misera esistenza. Andava bene così.

Quella nuova certezza, quel pianificare nascosto circa le sue azioni successive gli diede una risolutezza che non credeva di possedere, spingendolo di nuovo nel presente, dove Peggy stava ancora parlando.

“Deve aver pensato che ne valessi la pena,” finì dopo qualche istante. Steve si rese conto di aver ascoltando solo poche parole del suo discorso, ma di una cosa era sicuro.

Niente di quello che era successo ne era valsa la pena.

Io non ne valgo la pena, pensò tra sé mentre si alzò e lasciò il bar senza una meta precisa.

 

Never thought we’d have a last kiss /

Never imagined we’d end like this /

Your name forever the name on my lips

 

Steve era oltremodo infastidito dal fatto di non riuscire a ricordare esattamente quand’era stata l’ultima volta in cui aveva baciato Bucky.

Sapeva, nella sua parte più razionale, che non importava realmente. L’unica cosa vera, tangibile, innegabile era che non ci sarebbero stati baci successivi. Mai più. Ma quella nozione non faceva altro che fargli venire una gran voglia di piangere, e non voleva rischiare di svegliare gli altri.

Tuttavia, mentre si preparava per l’ennesima missione – l’ultima, gli ricordò la sua stessa mente – non poteva fare a meno di riflettere su tutti i momenti trascorsi insieme.

Il dolore era ancora presente, pulsante e infuocato, che gli bruciava nel petto con un’intensità che non aveva mai provato prima. Eppure non riusciva a pensare a nient’altro; ogni decisione che prendeva, ogni movimento che faceva, ogni ordine che impartiva, nella sua mente, erano tutti rivolti a Bucky. Si chiedeva cosa avrebbe pensato della situazione, cosa avrebbe proposto lui, come avrebbe cercato in tutti i modi di distrarlo con metodi poco ortodossi.

Steve si incolpava per non essere riuscito a salvare quello che prima di tutto era il suo più caro amico, e quindi lasciava che tutti i suoi pensieri più bui avessero piedi libero nella sua mente, convinto che fosse la sua più che meritata punizione.

Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva gli ultimi momenti sul treno, prima che Bucky perdesse la presa e precipitasse verso le montagne innevate delle Alpi.

Steve si sarebbe dovuto buttare con lui, afferrarlo a mezz’aria e dirigersi con lui verso l’ignoto. Occasionalmente, i suoi songi erano tanto gentili da permettergli di visualizzare quel finale alternativo, ma crudeli abbastanza da fargli sapere che non avrebbe mai raggiunto il capolinea insieme al suo amore.

Il Capitano – perché se non c’era Bucky, lui sicuramente non poteva essere Steve – si guardò intorno per l’ultima volta, raccolse il necessario per l’operazione e lasciò i suoi alloggi, dirigendosi a passo deciso verso l’uscita.

Si toccò sovrappensiero la bocca, immaginandola a contatto con un paio di labbra carnose che riuscivano sempre a estorcergli gemiti a tradimento.

Ma poi scosse violentemente il capo, abbandonando certe fantasticherie e concentrandosi sulle sue prossime azioni; in un modo o nell’altro, sarebbe finito tutto molto presto.

 

Distance, timing, breakdown, fighting /

Silence, the train runs off its tracks /

Hang up, give up /

For the life of us we can’t get back

 

Mentre tentava di dirottare l’aereo che puntava New York come un missile, Steve cercò di imprimere nella memoria i particolari più tipici di Bucky.

Il modo in cui camminava, le braccia che ciondolavano sempre avanti e indietro; i gesti che utilizzava quando parlava; il luccichio nei suoi occhi quando raccontava qualcosa che lo entusiasmava.

Pensare ai momenti felici trascorsi insieme alleviò la paura che Steve stava iniziando a sentire. Non si stava pentendo della propria scelta, né aveva dubbi sull’esito della sua impresa: nemmeno un super-guerriero sarebbe sopravvissuto a un salto da un’altezza simile.

L’istinto di sopravvivenza, tuttavia, era difficile da scacciare, e il respiro di Steve si fece affannoso, mentre il battito del cuore aumentava di secondo in secondo.

Inspirò profondamente l’aria impura dell’aereo, tenendo lo sguardo sul monitor per accettarsi che stesse seguendo la pista stabilita.

Disse addio a Peggy e a Howard, li rassicurò su un futuro che non poteva nemmeno cominciare a immaginare cosa potesse portare. Ma doveva a entrambi cercare di essere deciso, un vero eroe che si sacrifica per il bene comune.

Una domanda gli sorse spontanea: se Bucky fosse stato vivo, avrebbe dirottato l’aereo? Se avesse avuto la certezza di poter tornare a Brooklyn con lui, avrebbe salvato persone innocenti con tanta leggerezza, senza indugi né remore, solamente perché era la cosa giusta da fare?

Steve si lasciò andare in una risata isterica. Almeno il resto del mondo non avrebbe mai saputo che codardo narcisista fosse in realtà; sarebbe morto nel modo in cui tutti l’avevano spinto a comportarsi, come un superuomo dal cuore d’oro. Senza sapere che quel cuore appartenesse a un’unica persona.

Quando il bestione di ferro colpì la superficie dell’Artico, Steve non sentì alcun dolore; tutto si fece confuso e distante, e la sua vista si offuscò mentre l’acqua si affrettava a inghiottirlo nelle sue profondità.

Portare a termine la sua missione si rivelò più semplice di quello che aveva temuto. Sperò solo che Peggy riuscisse a perdonarlo, perché lui sicuramente non era in grado di perdonare se stesso.

   
 
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