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Autore: finnicksahero    31/03/2020    0 recensioni
I colori non possono esistere, non più almeno ma se qualcuno li riportasse alla luce?
Dal testo:
'Feci per aprire bocca ma il mio maglione parlò per me, i loro occhi vacui si impigliarono come ami nei miei, non seppi più cosa fare, ero in una gabbia che diventava minuto per minuto sempre più grigia e vuota.'
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno.
 
Il giorno arrivò lentamente quella mattina, il sole sembrava non volersi alzare, era pigro come molte persone di questa città. Mi affacciai alla finestra afflosciandomi sul davanzale, con altezzosità guardai il panorama, quella distesa di tetti grigi ai timidi raggi del sole coperti da nuvole come a volerlo proteggere da quella giornata. Faceva freddo nonostante fosse giugno, quindi, dopo essermi lavata indossati un maglioncino color fiore di pesco. Adoravo quella tonalità di rosa, mi faceva sentire cullata e coccolata come una bimba in fasce. 

Scesi in cucina dalla mia famiglia. Le loro facce grigie rappresentavano l’umore generale della nostra città. Riuscivo a percepire la tristezza, inondava la stanza come un velo da sposa, comprendo i loro veri volti e i loro cuori capaci di provare una felicità pura pari solo a quella di un bambino che sente per la prima volta la brezza del mare sulla propria pelle. 

Feci per aprire bocca ma il mio maglione parlò per me, i loro occhi vacui si impigliarono come ami nei miei, non seppi più cosa fare, ero in una gabbia che diventava minuto per minuto sempre più grigia e vuota. Non volevo sentirmi così. Io ero il colore in mezzo a questa nube senza anima che era la mia città. 

Odiavo sentirmi osservata e soprattutto giudicata. La mia famiglia composta da due sorelle e una madre sembrò animarsi alla vista di quel colore proibito, erano pronte a denunciarmi  alle autorità. 

-No vi prego- mormorai quando  vidi mia madre prendere il telefono e cominciare a comporre il numero della polizia. Tutto tacque si sentiva solo il telefono squillare. Piansi silenziosamente. Sapevo a cosa andavo incontro lo vedevo di continuo. Giovani come me che venivano denunciate e portate via per essere forgiate ed omologate al resto della città. 

Mia madre non parlò nemmeno, loro sapevano già cosa fare. 

Vennero a prendermi e mi trascinarono via di forza mentre con indifferenza i miei vicini mi guardavano dalle loro case. Sembrava che il sole si beffasse di quella scena perché un raggio mi illuminò e il rosa che indossavo risplendeva in quel grigiore. 

Sapevo di aver sbagliato ad indossare quel maglione colorato.

Le regole erano chiare a China Town. 
  
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