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Autore: lilac_    01/04/2020    2 recensioni
Dal testo: "Chissà perché la domenica c'è sempre il sole. Sono abbastanza sicura che i climatologi di tutta Italia dissentirebbero, ma io proprio non riesco a ricordarmi una domenica in cui abbia piovuto. Stamattina mi ha svegliata una strana sensazione di nostalgia. Ho un'immagine fissa nella mente, di me sulle spalle di papà, in piazza Duomo, a sentire il gallo cantare."
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chissà perché la domenica c'è sempre il sole.
Sono abbastanza sicura che i climatologi di tutta Italia dissentirebbero, ma io proprio non riesco a ricordarmi una domenica in cui abbia piovuto.

Stamattina mi ha svegliata una strana sensazione di nostalgia. Ho un'immagine fissa nella mente, di me sulle spalle di papà, in piazza Duomo, a sentire il gallo cantare. Non avrò avuto più di sei o sette anni, ai tempi domenica mattina ancora non significava scout.

Mi ricordo che non mi piaceva dormire troppo, al contrario degli altri giorni in cui per farmi alzare dal letto dovevano tirarmi dai piedi, perché della domenica mattina non volevo sprecare nemmeno un istante.

Papà scendeva in pasticceria a prendere i cornetti, e facevamo colazione tutti insieme guardando i cartoni, imposti grazie al monopolio totale che esercitavo sui mezzi audiovisivi.

Prepararsi per uscire per me significava pescare a caso dall'armadio un pantalone e una maglietta, e già ai tempi mi lamentavo di Sofia che impiegava un'eternità a vestirsi e lavarsi e sistemarsi, non riuscendo a spiegarmi perché mai la gente dovesse sottoporsi a questo supplizio.
Io non guardavo come si conciavano gli altri e pensavo che gli altri non guardassero me, e credevo che così sarebbe stato per sempre.

A volte papà ci portava in giro per i paesini dove sono tuttora sparsi i nostri parenti, e incontravamo gli zii al bar della sua infanzia, e lui si fermava a parlare delle cose più noiose per quelle che sembravano delle ore, mentre io me ne stavo con Sofia a curiosare, sognare i gusti dei gelati, eleggere i pasticcini più belli e godere dell'odore del pane appena sfornato.

A volte invece andavamo in centro, al Duomo, a sentire il gallo cantare. La piazza era sempre piena di gente, tutti con il naso all'insù ad ammirare un gallo meccanico con la voce un po' rauca, che allo scoccare del mezzogiorno puntualmente gracchiava in maniera stonata. Ci provavano a spiegarmi quale fosse il significato di ogni singolo meccanismo, e ne rimanevo sempre affascinata, ma non sono mai riuscita a impararlo.

A quel punto iniziava a brontolarmi lo stomaco, e allora si tornava a casa. La mamma ci apriva la porta inondandoci con il profumo della pasta al forno, e noi la ringraziavamo porgendole un vassoietto di pasticcini niente caffè niente ricotta. A volte prendevamo i cannoli, e Sofia li odiava, e papà diceva "ma sono al cioccolato", ma Sofia li odiava lo stesso e nessuno se ne ricordava.

Non mi ricordo cosa facessimo dopo il pranzo. Per me la domenica della mia infanzia è un istante eterno, immobile, che inizia alle otto con il tepore del sole appena sorto e finisce con il tg delle quattordici.

Ho realizzato che non vivrò mai più una di quelle domeniche, e mi rimprovero di non averne goduto al massimo, fin quando potevo.

Ma avevo sei anni, e pensavo che la vita sarebbe stata quella per sempre. Ero fermamente convinta che per crescere ci sarebbe voluto un sacco di tempo, e che in ogni caso sarei rimasta sempre la stessa, e che gli altri sarebbero rimasti sempre gli stessi.

Invece ho cambiato colore preferito, ho cambiato compagni, ho preso coscienza del mio aspetto, ho preso scelte, me ne sono pentita e poi le ho rivalutate, ho capito che non ero così importante come pensavo di essere, ma poi mi sono riscoperta indispensabile a me stessa. è vero che non avrò più una di quelle domeniche, e la nostalgia rimane.

Però posso sempre riviverle attraverso il ricordo del cielo azzurro così limpido, e il calore del sole sulla pelle.
 




  
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