Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: NanaK    01/04/2020    0 recensioni
Non c'era nulla di molto valoroso in lei, ma la storia non viene sempre raccontata dagli eroi.
Genere: Avventura, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo primo
 
But there's a scream inside that we all try to hide
We hold on so tight, we cannot deny
Eats us alive, oh it eats us alive
 
 
Sembrava di respirare lava bollente.
L’aria bruciava in gola, mentre l’inferno era disceso in Terra. Di nuovo.
Si stava ripetendo, tutto stava ricominciando da capo ed era questa l’unica frase che si ripeteva continuamente nella testa. Pensava di essere pronta, più pronta di altri.
Pensava di poter gestire meglio quella situazione, avendola già sperimentata.
La verità è che non ci si può abituare all’ultimo sguardo di panico disperato dei tuoi compagni prima che scompaiano giù per la gola di un mostro. I giganti non mangiavano per fame, anzi aveva l’impressione che si divertissero. Era crudele e la faceva incazzare tremendamente, ma non era riuscita a salvare nessuno. Sapeva di non essere abbastanza brava, non aveva le capacità di Mikasa, né l’intuizione di Sasha o la folle determinazione di Eren. Men che meno l’intelligenza di Armin.
Era stupita di essere ancora viva.
In quel momento scorse proprio Armin con Mikasa tra le braccia schiantarsi su un tetto ed un grosso peso le si tolse dal petto.
«Ragazzi! Grazie a Dio siete vivi». Tallulah si precipitò da loro e posò una mano sulla spalla dell’amico.
«È bello vederti» le disse con gli occhi lucidi. «M-ma Eren è.. e tutta la mia squadra...». Non ci fu bisogno che finisse la frase e Tallulah si portò una mano alla bocca, sentendo una morsa al cuore. Si voltò istantaneamente verso Mikasa, ma trasalì nel guardarle gli occhi, totalmente vuoti. Si piantò le unghie nei palmi per evitare di piangere, sapeva che non ne avevano il tempo.
Un istante dopo Connie li raggiunse.
«Tutto bene qui?
«Sì! Dobbiamo subito sgombrare!»
«Merda, ce ne sono due da 15 metri».
L’attenzione di tutti fu catturata dai due titani uno di fronte all’altro.
L’urlo di quello più imponente fece tremare l’aria, ma non era rivolto a loro. I tre ragazzi assistettero sbigottiti a quella scena mai vista prima: un gigante che combatteva un altro della sua stessa specie fino a dargli il colpo di grazia. Tallulah sperò che si uccidessero a vicenda; se non fosse stato per Connie che insisteva nel levare le tende, gli altri tre sarebbero probabilmente rimasti ad osservare, ipnotizzati.
Fu proprio in quel momento che si resero conto di un problema ben più grave: Mikasa aveva esaurito il gas.
«E adesso come facciamo senza di lei?!»
«C’è da chiedere?». Armin si chinò immediatamente e cominciò a sostituire le bombole «Nelle mie ce n’è ancora un pochino».
Tallulah scattò in avanti con orrore e bloccò il suo braccio «Non se ne parla. Non possiamo lasciarti qui»
«Non abbiamo altra scelta!»
«Non esiste, Armin!» rispose con forza. Perderlo non era assolutamente un’opzione. «Abbiamo bisogno di te. Trova un modo per tirarci fuori da questa merda. Tutti insieme».
Lo fissò negli occhi e mollò la presa.
«Non c’è tempo per pensare, diamine».
Connie si intromise e cominciò a trascinare il biondino dietro di sé. Mikasa e Tallulah si scambiarono uno sguardo prima di seguirli: sapevano che sarebbe stato difficile uscirne vivi, ma valeva la pena combattere per tutti loro.
«Un momento! Ascoltate! Ho un’idea da proporvi».
 
Rischiare la vita.
Unirsi al corpo di ricerca comportava questo.
Tallulah amava la vita ed il vuoto della morte la spaventava più di qualsiasi altra cosa. Eppure, l’aver sperimentato la perdita di ciò che più amava le aveva stretto il cuore in una morsa: rischiare ogni giorno la sua vita era l’unica cosa che le alleggeriva l’animo. Combattere affinché altri non sentissero ciò che lei aveva provato e tentare di pagare il suo debito. Gli altri avevano pensieri simili?
Il sudore le imperlava la fronte corrugata mentre ascoltava la proposta del suo amico: si trattava di mettere in gioco tutto basandosi sulla teoria di un singolo. Rischioso, ma se quel singolo era Armin non aveva dubbi. Si lanciò in avanti subito dopo Mikasa, mirando ad un titano dal volto bitorzoluto che camminava con un sorriso inquietante in volto. Schivò con un salto l’enorme mano che si avvicinava pericolosamente e tornando giù conficcò la sua lama sul dorso della stessa. Era lento. Aggiustò il dispositivo e cambiò direzione, spostandosi alle spalle della creatura. Era totalmente concentrata sul punto in cui avrebbe dato il colpo di grazia e fu per questo che non vide che era stata adocchiata da qualcun altro alle sue spalle. Venne tirata bruscamente all’indietro e gridò di sorpresa. Il cuore le batteva a mille per l’adrenalina. La bestia la sollevò all’altezza del suo viso tramite uno dei suoi cavi uncinati e per la prima volta nella sua vita si trovò faccia a faccia con la sua fine. Il panico cominciò ad offuscarle i pensieri, nonostante lo stesse combattendo con tutte le sue forze. Glielo avevano ripetuto fino alla nausea che si doveva mantenere la lucidità a tutti i costi, fino all’ultimo, perché nel momento in cui la mente cede sei già morto.
Fa’ qualcosa. Muoviti.
Alzati.
Le costò moltissima fatica alzare il braccio che impugnava la lama in acciaio senza mettersi a urlare davanti quella bocca spalancata. Stava per tagliare quel cavo, anche se avrebbe significato danneggiare l’attrezzatura, quando un pugno esterno fracassò il cranio di quel gigante. Poté sentire il crack della mascella e riuscì finalmente a recidere il cavo giusto un istante prima di essere trascinata nella precipitosa caduta di quell’enorme corpo. Cadde malamente su delle tegole rosse e tossì tra la polvere, cercando di riprendere quanto più fiato possibile; poi sollevò lo sguardo e comprese. Il titano anomalo le aveva salvato la vita e sorrise, sussurrando un aveva ragione.
Il piano di Armin stava davvero funzionando.
«Stai bene?». Mikasa scese in picchiata e le diede una mano per aiutarla a rialzarsi.
«Sono finita» rispose, sollevando il suo dispositivo rovinato.
«Hai fatto quello che dovevi per non morire»
«Non riuscirò arrivare al Quartier generale in questo stato. Andate avanti, troverò un modo».
Mikasa non arretrò di un passo «Tutti insieme. Lo hai detto tu».
Tallulah la fissò negli occhi e non trovò traccia di ripensamenti, solo vuoto.
«Se ne usciremo vive ricordami di offrirti da bere».
 
Qualche ora dopo erano effettivamente ancora vive: erano riusciti ad arrivare al quartier generale e a rifornirsi di gas. Vedere Jean, Sasha, Marco e gli altri vivi alleggerì un poco il peso di chi avevano perso. Le grida di giubilo echeggiarono nei sotterranei e fu con un sospiro di sollievo che Tallulah schizzò fuori e inspirò l’aria a pieni polmoni: aveva temuto di non uscire più da quelle mura polverose e buie. Adocchiò il suo amico su un tetto vicino e corse da lui, abbracciandolo da dietro.
«Sei meraviglioso, ci hai sal-».
Dovette interrompersi davanti alla macabra scena che loro malgrado i suoi amici stavano guardando. Il gigante anomalo giaceva immobile alla mercé dei suoi simili, intenti a nutrirsi di lui.
«Da quando si mangiano tra di loro?».
Sui volti di tutti era riflesso lo stesso stupore inorridito.
Nessuno avrebbe mai immaginato che dopo qualche minuto Eren sarebbe emerso dal corpo tumefatto di quel titano.
Non Mikasa, la quale non riusciva a staccarsi da lui e piangeva di un pianto straziante. Aveva creduto di aver perso una parte di sé.
Di certo non Armin, che lo aveva visto morire con i suoi occhi e adesso stringeva quella mano che credeva fosse stata staccata dal suo corpo.
Men che meno Jean, il quale si guardava attorno rendendosi conto che tutta la battaglia devastante era stata opera di quel ragazzino troppo testardo.
Tallulah non osò avvicinarsi a quella scena troppo intima, ma nemmeno riusciva ad allontanarsene. Si accorse di star piangendo solo quando realizzò che era stato Eren a salvarle la vita.
 
«Con tutto il rispetto Capitano Woermann, signore, comprendo l’ordine al segreto per evitare il panico generale, ma non ho intenzione di evacuare l’area».
Fissò decisa il volto contratto del Capitano: Eren era ancora incosciente e giaceva tra le braccia di Armin qualche metro più in là. Li separavano decine di soldati che probabilmente stavano preparando tutti i cannoni disponibili nel distretto per puntarli su di lui. Percepiva una tensione che non vi era mai stata e pensandoci su poteva essere capita; non avevano mai sospettato che il nemico potesse essere uno di loro. Ma a Tallulah in quel momento non importava nulla del perché, del come Eren potesse essersi trasformato in gigante. L’unica verità che contava era che non era un pericolo per loro. Aveva abbattuto moltissimi giganti e salvato molte vite. La sua.
«Non osare contestare il mio ordine cadetto. Andatevene immediatamente o morirete con loro» alzò la voce l’uomo ed indicò il punto in cui Mikasa era in piedi davanti ai suoi amici.
«Capitano, deve scusare l’insolenza di Lee, signore, è ancora sconvolta >.
Jean fece un passo avanti proprio nel momento in cui Tallulah mosse i piedi verso Eren. Si sarebbe messa a correre e avrebbe affiancato i suoi amici.
Si trattava di seguire ciò che riteneva giusto.
Peccato che Jean riuscì ad afferrarle la giacca e riportarla indietro.
«Ci ritiriamo signore!».
«NO! Cazzo, Jean! Lasciami!».
Si divincolò con forza e gli sarebbe sfuggita, se solo non si fosse messo in mezzo Reiner.
«Abbiamo perso abbastanza compagni oggi» esclamò quest’ultimo con voce grave.
«Eren è innocente!» esclamò rivolgendosi al Capitano in un ultimo tentativo, prima che Reiner se la caricasse in spalla; incurante degli insulti che gli venivano lanciati, egli tenne la presa ben salda fino a che non furono abbastanza lontani.
Tallulah era fuori di sé: si sentiva umiliata e impotente.
«Chi vi ha chiesto di farlo?! Ho il diritto di scegliere da che parte stare!».
Jean la guardava scuro in volto «Odio i cretini che fanno di tutto per farsi ammazzare»
Stava per replicare con veemenza, ma le parole di Reiner la ferirono di più.
«Semplicemente non saresti stata di nessun aiuto lì. Eren è in ottime mani».
Era ciò che in tutti quegli anni aveva sempre pensato: lei che differenza poteva fare?
La differenza è nel cuore.
Quel pensiero risuonò nella sua mente con la voce di chi lo aveva pronunciato. Stava quasi per dimenticare.
Soffocò la rabbia frustrante che le scorreva nelle vene e tentò di calmarsi.
«Nessuno ha chiesto la tua analisi della situazione, Reiner. Per quanto vi spacciate come tali non siete degli eroi. Solo dei vigliacchi».
Scacciò malamente la mano di Jean che ancora la teneva e si appoggiò ad un muro, rinchiudendosi in un muto silenzio. Intorno, tutti tentavano di affrontare le conseguenze di quell’attacco e di dominare la paura.
 
Quella giornata sembrava non finire mai.
In poco tempo stavano succedendo tantissime cose e non tutti riuscivano ad avere il quadro completo: le notizie scivolavano di bocca in bocca, sussurrate, a volte vere, a volte distorte.
Eren Yaeger è morto.
Dicono che vogliono usarci come esche.
Un cadetto ha mangiato il Comandante!
A quanto pare avevano per il momento rinunciato ad uccidere Eren dato che il Comandante Pixis aveva dato il via ad una missione per chiudere la breccia, utilizzando proprio lui come ancora di salvezza. Se fosse riuscito a sollevare il masso enorme posizionato vicino alle mura e ad usarlo come tappo la missione sarebbe stata un successo.
Il primo successo dell’umanità.
E Tallulah, come tutti coloro che erano sulle mura a fare da esca per i giganti, guardavano l’orizzonte con il fiato sospeso.
«Armin»
Non era quantificabile il sollievo d’averlo visto riunirsi al loro gruppo sano e salvo e da quel momento non gli si era più allontanata. Era troppo legata a lui, più di chiunque altro lì.  
«Mi dispiace di avervi abbandonato» mormorò senza avere il coraggio di spostare gli occhi su di lui. Armin la guardò con aria di rimprovero
«Non dire queste sciocchezze».
Non ebbe il tempo di rispondere perché risuonò in lontananza uno sparo e il fumogeno rosso tanto temuto divise il cielo.
Tante voci mormorate cominciarono ad alzarsi dalla folla radunata.
«Non ce l’hanno fatta...»
«La missione è fallita!»
«Tutti i nostri compagni morti inutilmente?!».
Sentì il sussurro dell’amico ma come mai? e, abbassando lo sguardo, vide i suoi pugni stringersi.
«Ci deve essere qualche intoppo, avranno – Ehi, dove vai?!».
Armin si voltò e corse verso il gas senza finire di ascoltarla.
Vuole raggiungerli.
Senza bisogno di capire altro, Tallulah lo seguì di corsa, borbottando qualche bestemmia e tentando di scansare gli altri soldati.
No, quella giornata sembrava non finire mai.
 
«Cosa stai facendo?!» le gridò Armin, senza smettere di correre.
«Non starò di nuovo con le mani in mano!».
Armin poteva dire di conoscere ormai abbastanza bene l’amica: per quanto lo spronasse a non buttarsi giù e a riconoscere il suo valore, sapeva che lei sentiva dentro le sue stesse insicurezze. Alla fine, benché tentasse di nasconderlo, aveva un enorme bisogno di provare a sé stessa che poteva essere d’aiuto.
Non le rispose e tornò a concentrarsi sulla situazione attuale.
Eren, Mikasa... Ma cosa è successo?
Di tetto in tetto riuscirono a raggiungere il punto dove erano gli altri abbastanza in fretta, evitando facilmente i pochissimi giganti che avvistarono. In ogni caso non venivano nemmeno presi in considerazione, si dirigevano tutti verso gli agglomerati di umani sulle mura. Tallulah lo vide per prima: accasciato su sé stesso e con gravi ferite aperte, il gigante di Eren sembrava totalmente privo di vita.
«Ma cosa stai facendo, Eren?» riuscì a gridare Armin con il fiato corto.
«Forse non ha ancora il controllo di sé in questa forma» disse Tallula asciugandosi con una manica il sudore dalla fronte. Mentre il biondo si adoperò per raggiungere il corpo del gigante, sentì i rumori di una battaglia e studiò la situazione intorno. Un secondo dopo Mikasa entrò nel suo raggio visivo mentre atterrava un classe 15 metri.
«Allontanatevi da lì! Quel gigante non risponde più ad Eren. Ho provato a parlargli, ma mi ha attaccata, non c’è stato verso»
«Che ne è stato della missione?»
«È fallita, ma non possiamo abbandonarlo qui. Per questo stiamo continuando a combattere»
Armin si voltò verso l’amico senza vita con i denti stretti e lo sguardo furioso. Tallulah lo vide e comprese che non si sarebbe arreso e volò da lui.
«Armin, qualunque cosa tu stia pensando, ti coprirò le spalle»
«Te ne sarei grato. Lo tirerò fuori da qui, l’altra volta era emerso dal punto vitale dei giganti. Basterà evitare di colpire il centro ed Eren non morirà»
«Armin!». Mikasa fece per raggiungerli, ma era troppo tardi perché lui aveva già infilzato la sua lama in quella pelle dura ed il successivo grido bestiale di Eren fece tremare la terra. Tallulah sarebbe caduta se Armin non l’avesse tenuta per una mano, reggendosi con tutte le sue forze alla lama rimasta arpionata al corpo.
«Spostatevi da lì!» gridò Mikasa. Tallulah mimò un grazie con le labbra all’amico che la guardava con una determinazione nuova. Con il nuovo dispositivo tridimensionale recuperato prima, riuscì a salire sul muro più vicino.
«Mikasa, devi andare ad aiutare le squadre rimaste! Non possono rinunciare a te. Io mi assicurerò che nessun gigante si avvicini a loro. Ti prego, fidati di me».
La bruna la guardò tremendamente in conflitto, ma sapeva quale fosse la cosa giusta. Si voltò e corse via.
«Eren, mi senti ora? Cerca di scuoterti! Se non esci da qui, moriremo tutti!».
Tallulah restò ad ascoltare le urla di Armin e i tonfi dei suoi pugni che cercavano di risvegliare l’amico e le vennero i brividi. Non aveva idea che la madre di Eren fosse stata mangiata dai giganti. Non riuscì a sentire il resto perché proprio uno di loro si stava dirigendo nel punto in cui erano e strinse le dita sull’elsa. Sentiva sulla pelle un’adrenalina che non aveva mai avuto e allo stesso tempo una profonda angoscia. Doveva difendere due vite molto importanti per lei e con le sue sole forze. Il solo pensiero di poter perdere Armin la faceva impazzire.
Alzati.
Si fiondò verso quel faccione orripilante per attirarlo verso di sé. Doveva essere precisa stavolta, non commettere nemmeno un errore e rimanere profondamente concentrata. Il più veloce possibile planò verso il basso e con forza tagliò i tendini delle caviglie. Fu con enorme soddisfazione con lo vide cedere e aggrapparsi con una mano su una vecchia casa. Senza aspettare si arpionò poi alla sua schiena per raggiungere la nuca e ruotando su sé stessa riuscì a fendere la pelle in profondità. Poté vedere la luce abbandonare quegli occhi enormi e rimase a guardarlo cadere in mezzo alle macerie.
«SI’!» esultò, stupendo persino sé stessa: ne ho ucciso uno.
Un altro urlo devastante la fece sobbalzare e si voltò velocemente verso Eren. Non sapeva esattamente cosa fosse successo, ma corse verso di loro e saltò in alto; allungò un braccio verso Armin, che le prese prontamente la mano, e con grande sforzo riuscirono entrambi ad arrivare sul tetto più vicino.
«Ci sei riuscito?» chiese lei respirando a fatica a causa di tutto il fumo nell’aria. Armin non rispose e rimasero ad osservare con rinnovata speranza la scena di fronte a loro.
«Ce l’ha fatta! Lo ha sollevato!» Tallulah sorrise, esultando.
«Dobbiamo riunirci alle altre unità. Ora nessuno deve bloccargli la strada»
 
Fu una missione che costò un altissimo numero di soldati.
Una missione piena di imprevisti, disperazione, sacrificio, ma anche determinazione e speranza.
Alla fine, avevano vinto.
Gli attimi che susseguirono il momento in cui Eren aveva chiuso la breccia era stati quasi sospesi ed eterni.
Accanto a lei una donna piangeva «Compagni. La vostra morte è stata preziosa».
Chiuse gli occhi per un momento ricordando i volti di chi aveva perso.
Questa vittoria è per voi.
«Dobbiamo tirar fuori Eren! Scotta e sembra essersi fuso con il corpo del gigante».
Tallulah si riscosse e corse verso Armin e Mikasa, nonostante volesse solo crollare a terra e dormire per 48 ore. Guardò con disgusto i rossastri nervi scoperti che avvolgevano gli arti di Eren.
«Tagliamo questa roba» rifletté Tallulah e senza aspettare le proteste di Mikasa, recise quello strato di nervi con una delle poche lame che le erano rimaste.
Non aveva previsto però quelle ombre enormi che improvvisamente avevano oscurato il sole. Non era ancora finita.
Oppure, per loro sarebbe finita in quel momento, mangiati dai due giganti che si erano appena palesati. Il suo sguardo scattò in basso e si rese conto di essere anche a corto di lame.
Non può finire..!
Improvvisamente si materializzò nel cielo sopra di loro una figura: i suoi movimenti erano talmente veloci da sembrare invisibili. Non riuscì nemmeno a capire quale dei due giganti era stato abbattuto per primo. Scese con Mikasa per affiancare Armin ed Eren e non poté che guardare in alto, come tutti.
Le ali della libertà erano scosse dal vento, ma colui che le indossava era saldo sui suoi piedi come un tronco che si erge dal terreno. Tallulah si portò involontariamente una mano sul petto, come per calmare il battito del suo cuore, improvvisamente veloce.
«Ehi, mocciosi, si può sapere che state aspettando?».
Con quella voce non ebbe più dubbi sull’identità dell’uomo.
Era Levi.
Stralci di una notte confusa le tornarono alla mente. Un anno fa quella notte era stata così surreale da farle pensare che l’avesse sognata. Tuttavia, la mattina dopo, i grossi lividi sparsi sul suo corpo l’avevano contradetta.
Era accaduto davvero, ma la sua memoria aveva delle falle.
C’erano solo ricordi offuscati di mani ruvide su di lei, del bruciore della guancia strisciata sul cemento, della nausea martellante. Ma anche di occhi glaciali che la sorreggevano e di una stretta forte e sicura a cui si era abbandonata senza indugio.
«Muovete il culo e tornate alle mura» scese con facilità dal gigante che aveva ucciso e raggiunse il gruppetto sotto di lui.
«Sì, Capitano Levi» la donna dai capelli grigi si alzò di scatto per eseguire gli ordini e andò ad aiutare Armin a sollevare Eren. Stava lentamente riprendendo conoscenza, ma era palese che fosse troppo debole. Tallulah però non distolse l’attenzione dal Capitano e si rese conto troppo tardi che il suo sguardo insistente aveva attratto l’attenzione su di lei; un lampo di sorpresa attraversò gli occhi glaciali di Levi e capì che l’aveva riconosciuta. Ne sarebbe stata lusingata, se solo non si fosse ricordata che nel loro unico incontro gli aveva praticamente vomitato a fianco.
Fu per questo che arrossì e voltò velocemente la testa.
Neanche un istante dopo lui era volato via, per sopprimere i giganti rimasti.
 
Yes, there's a scream inside that we all try to hide
We hold on so tight, but I don't wanna die, no
I don't wanna die, I don't wanna die
 
 
 
 

 
   
 
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