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Autore: MoeniaDea    06/04/2020    2 recensioni
[seguito dei primi tre monologhi di Medusa pubblicati nel mio profilo e su "Mitologia Greca"]
dopo aver sentito le tre Meduse accusarla e deriderla, Atena decide di salire sul palco e narrare la sua versione dei fatti, cercando di spiegare il gioco dietro a quello che sembra uno delle tante storie d'eroi nella mitologia classica.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Atena, Medusa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le Tre Meduse'
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Ai lati del palcoscenico sono disposte due file di colonne di ordine ionico. Appesi tra di esse vi sono drappi azzurro ghiaccio, su cui sono tessute delle civette. Atena è seduta al centro della scena, con l’elmo in testa, la lancia in una mano e l’egida nell’altra, che guarda davanti a sé, e si sentono alternarsi le voci delle tre Meduse suicide. Poi tutto tace, Atena si alza. Al centro della scena, la raggiungono tre ancelle, che ricevono le varie parti del suo armamento. Tolto l’elmo, porta i capelli, legati in una treccia, sulla spalla destra, e rimane con addosso solo il peplo bianco. Poi spezza il silenzio con la sua voce divina e glaciale.
 
Le avete sentite?
La prima arriva, racconta la sua storia, e dichiara di odiarmi. La seconda mi ringrazia e chiede febbricitante la morte. La terza usa la sua metamorfosi per sé e il suo godimento, ringraziandomi in modo così sfacciato. Che idiote!
Credo sia giunta l’ora di dire la mia. Mi rifiuto di venir derisa in eterno da quella donna. Stasera, di fronte a voi, mia giuria, mi difenderò e vi spiegherò il perché del mio gesto.
 
Voi sapete che Medusa si nascose in un mio tempio con Poseidone per amoreggiare. Di certo non mi sarei infuriata per così poco, non avrei osato mai andare contro il dio del mare. Ma quando lui la violò lì, sulle pietre della mia dimora terrena, la furia mi pervase. Non era rivolta a Medusa. Lei era innocente. Poseidone era ed è il solo colpevole!
Come tutti gli dei dotati di un pene, crede che l’unione dei due fattori, divinità e virilità – chiamiamola così – gli dia il permesso di soddisfare i propri desideri carnali quando e dove gli pare. Spinti da un cieco bisogno egoistico, vanno all’eterna caccia di vergini per il loro puro putrido piacere. Le ingannano con la scusa dell’amore, si trasformano se necessario, ma vogliono una sola cosa: godere!
Non chiedetemi di sgridarli. La prima cosa che direbbero è “Sei vergine, tu cosa ne sai?”. Io cosa ne so?!
Ho visto con i miei occhi una giovane ragazza, bellissima, vedere le proprie grazie distrutte dietro alla furia animale di un porco schifoso, che la tratteneva a forza pur di possederla, e quando ebbe finito, se ne andò dal tempio lasciandola piangere sul freddo pavimento marmoreo. Era coperta solo dagli stracci delle sue vesti, il sangue che copriva le cosce, e la vergogna le divorava il cuore. E mi chiedono cosa ne so?!
 
Solo un’idea mi sembrò giusto: mutarla. Ma non era una punizione la mia, ma un tentativo di proteggerla.
La metamorfosi le impedì la gravidanza, almeno quella umana. La salvai da quella vergogna che inevitabilmente si sarebbe versata su di lei, perché nessuno avrebbe creduto che quella donna portava nel grembo il figlio di Poseidone, e la lingua umana sa più ferire che curare. Ora lei poteva proteggersi dagli uomini, quel suo sguardo che aveva ammaliato fino ad allora ora era un’arma.
Mutai i suoi capelli, oltre che il suo sguardo. Sapete perché i serpenti? Sono uno dei miei simboli.
Quando i primi umani mi adorarono, milletrecento anni prima della nascita di quel profeta e distruttore di culti, mi associarono a una dea cretese, e da lì per i micenei e poi i greci il serpente era uno dei miei animali.
Quello su Medusa è quindi il mio marchio, il segno della mia protezione.
Ma lei si è ribellata alla storia, ha cercato di fuggire alle parole già scritte, dimenticandosi che viviamo in un ciclo, quando la storia finisce, subito ricomincia e non c’è modo di fuggire ad essa se non eliminando uno degli elementi decisivi.
In questo momento, mentre le pagine della nostra storia scorrono, lei sta correndo verso il tempio dalla sua dimora, lasciando i suoi vecchi genitori e le sue sorelle. La vedo che attraversa l’Agorà verso l’acropoli, verso il mio tempio, e vedo Poseidone mutarsi nel giovane di improbabile bellezza che ha ammaliato Medusa.
Ma forse, stasera romperemo il ciclo.
 
Ora, vorrei parlare di Perseo. Lui, l’eroe, il divino figlio di Zeus. Chiunque ha scritto di lui ha sempre aggiunto che fui io a donargli lo scudo.
Sì, lo feci. Gli diedi la soluzione per uccidere Medusa. Non potevo di certo impedire a uno dei figli di Zeus di compiere il suo destino di eroe. Rifiutarmi equivaleva a una punizione. Con riluttanza, dettaglio sempre nascosto, diedi a Perseo, un ragazzino di primo pelo tutto eccitato che si pavoneggiava da uomo, lo scudo bronzeo.
Lo vidi saltellare dall’emozione, ad alta voce dichiarava tutti i colpi che avrebbe inferto a Medusa. Io lo fermai col mio solo sguardo. “Un colpo netto, al collo” gli dissi. Volevo che quella povera donna soffrisse il meno possibile, perché se non potevo evitarle il destino, potevo almeno alleggerire la pena.
Perseo fece della sua testa un trofeo, deturpando la memoria di una donna per il suo ego da eroe novello, uno dei tanti, desideroso solo di una moglie e di un regno, ed un bardo che narrasse le sue gesta ai banchetti. Puro egocentrismo, questo sono gli eroi!
Per fortuna, riuscii a ottenere la testa di Medusa, e la posi sulla mia egida. Sarebbe stata colei che mi avrebbe difeso in battaglia.
 
Sullo sfondo ora appaiono proiettate le ombre delle statue di tre eroi: Giasone col vello d’oro, Bellerofonte al cavallo di Pegaso, Perseo con la testa di Medusa.
 
Perché esistono gli eroi?
I mortali li usano come antenati mitici, per darsi un tono, un valore, sentirsi importanti nella loro materiale vita. Gioiscono a porre nei loro nomi epiteti, nel decorare le loro ville con mosaici e quadri delle gesta mitiche narrate dagli antichi, circondarsi di statue antiche.
Sono forse esempi di virtù? Le loro storie sono un insieme di stragi, di omicidi di mostri, d’inganni, di finto eroismo alla ricerca della scalata sociale.
Chi sono gli eroi?
Gli eroi sono Giasone, che promise a Medea l’amore dopo che ella lo aiutò col vello d’oro e andò via dalla Colchide per lui. Ma poi mollò la donna perché si era innamorato di Glauce. La morte della nuova sposa e dei figli era la punizione che si meritava, e giustamente morì solo e infelice.
Gli eroi sono Bellerofonte, che mise le briglie a Pegaso, figlio di Medusa, per uccidere Chimera. Dopo aver avuto in sposa la figlia di Preto, Filinoe, ed essere divenuto erede al trono di Tirinto, cercò col cavallo alato di giungere l’Olimpo, ma noi glielo impedimmo e passò il resto della sua vita infermo.
Gli eroi sono Perseo, che sposò Andromeda, ma durante il banchetto commise una strage contro l’altro pretendente, Agenore o Fineo che preferiate, e i suoi sostenitori, usando la testa di Medusa. Poi volò da Polidette per vendicarsi, ed infine fondò Micene. Ma non è per la morte della Gorgone che lo resi costellazione.
Gli eroi sono coloro che si credono nel giusto, pensano di poter uccidere chiunque vada contro di loro e le entità sovrannaturali, qualunque esse siano. Per gli uomini, incarnano quegli ideali da perseguire: la difesa della patria, la lotta alle mostruosità, la ragione che prevarica sugli istinti, l’ordine sotto al buon governo di saggi re.
Sbagliato!
Gli eroi sono burattini nelle mani dei cantastorie e dei poeti, usati per rappresentare le virtù che la popolazione dovrebbe seguire. I veri uomini dietro alle storie, la loro ispirazione, non hanno niente di “eroico”.
 
Le ombre spariscono.
 
Storia dopo storia, le personalità di divinità, eroi ed eroine, mostri e creature, si sono cristallizzate in fiumi d’inchiostro. Quello che era il nostro Io è stato sommerso e soffocato dal desiderio degli uomini di usarci come bambola per raccontare le loro storie e le loro cosmologie. Avete visto la vera Medusa su questo palco, e ora siete, di sicuro, stupiti dalla mia versione dei fatti: non ho mutato lei per vendetta ma per proteggerla.
Voi, mia giuria, dovete superare ogni storia esistente e arrivare alla verità, ormai sepolta sotto ai secoli.
Chi sta scrivendo queste mie parole sta cercando di urlare un pensiero, ma allo stesso tempo cerca di capirmi per farmi parlare davvero, senza che io sia l’ennesima maschera di una tragedia o di una commedia.
 
Stasera, in questo teatro, chiedo di venir giudicata innocente, nonostante abbia causato la metamorfosi, perché non è giusto che io sia punita per i crimini di un altro dio.
L’iconografia, immortalata e perduta da Fidia, mi vede altera e pronta a giudicare, Vittoria nella mia mano, e dall’alto della mia divinità emanare sentenze e accogliere preghiere. Stasera, però, sono io a dover assistere impotente al giudizio che segnerà il mio destino.
 
Ma cosa sono gli dei?
Noi, mia giuria, siamo voi. Siamo i vostri vizi, le vostre idee, i vostri sogni e i vostri ideali. Voi cercavate un ordine nel vostro sapere di questo mondo, e ci avete creato. Siete stati voi a scegliere il destino di Medusa, mutandola per salvarla, e siete sempre stati voi a decidere le sue sorti.
Voi siete eroine e dee, eroi e dei. Siete protagonisti delle stesse storie che vi raccontate intorno a una tavola condivisa, in un libro o in un canto. Voi siete noi.
Quando sentenzierete la mia innocenza o colpevolezza, starete sentenziando voi stessi, le vostre scelte, il vostro modo di essere.
Ora vi lascio, perché la giuria deve consultarsi. Ma, se verrò giudicata colpevole, la mia morte sarà la vostra. E se verrò giudicata innocente, il perenne ciclo della storia ci riporterà a questo tribunale.
Addio.
 
Le ancelle si avvicinano per ridare ad Atena le parti della sua armatura, ma lei le rifiuta. Si allontana dietro la scena. Tutte si ritirano. Si sente poi il rumore di una sedia che cade e delle urla. Una luce illumina sullo sfondo e appare proiettata l’ombra di Atena impiccata. Si avvicina la figura di Medusa, che si china e si mette a piangere, urlando e battendosi il petto. Le luci si spengono.

nota dell'autor aggiunta dopo perché sono scem*: allora. ciao. sto cercando di spolverare i miei ricordi sull'HTML per scrivere ciò. volevo dire cosa c'era dietro questo monologo: un post di Tumblr. yeah, that's it. due mie amiche mi hanno invitato questo post dove si teorizzava che Atena aveva agito così per proteggere Medusa e mi son dett* "why not"?. beh, grazie a chiunque per aver letto, spero di vedervi in futuro per altre mie storie. grazie a Giorgia e Martina per il supporto enorme, e a Frizzina perché mi fa notare gli errori. ordunque vado. adieu - MoeniaDea
   
 
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