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Autore: imunfjxable    07/04/2020    2 recensioni
C'era sempre un sacco di rumore a Rue Danton.
Piccolo scorcio in una strada parigina durante la Belle Epoque, vista dagli occhi del vagabondo Emile, che si immerge nei ruomori della città, perchè ha paura del silenzio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Rue Danton: il rumore del silenzio
 

 
Tel le vieux vagabond, piétinant dans la boue,
Rêve, le nez en l’air, de brillants paradis.


Così il vecchio barbone, se la melma calpesta,
sogna, col naso all’aria, paradisiaci cieli.
-Charles Baudelaire


 
La città era piena di rumore. Lo era da sempre, ed Émile non se la ricordava nemmeno più l’ultima volta che aveva ascoltato il silenzio nella città. Ma d’altronde le città che stanno zitte non respirano, sono città morte. Ed Émile ne ha abbastanza dei morti.  Ne aveva visti tanti lui, quando era ancora al suo paese. Era dovuto scappare via, perché il silenzio non lo sopportava più, perché forse era proprio il silenzio la cosa più rumorosa che avesse mai sentito, e così appena aveva avuto l’età giusta (secondo lui) era andato via.

Viveva per strada ormai da tanto tempo Émile, perché per strada c’è sempre rumore. Non smetteva mai. Ci sono le chiacchiere delle signore che passeggiano per Rue Danton, che ondeggiano con le loro lunghe gonne che sfiorano i marciapiedi sui quali si proietta l’ombra dei loro cappellini- inutile riparo contro il brillante sole parigino. Assieme a loro camminano gli uomini, tutti ben vestiti che avanzano a passo sicuro, che si passano le mani tra i loro baffi curati e che si aggiustano i cilindri in tinta con i loro completi. Osservano le rare macchine che passano, e ogni volta che una sfreccia per via Danton tutti si girano ad ammirarla, come se il prodigio della tecnologia si manifestasse ora e mai più, anche se tutti sanno che tra qualche ora ci sarà un’altra macchina a passare tra loro, a suonare il clacson (e tutti la ammireranno ugualmente).  Ci sono le urla dei bambini che corrono, che lanciano i sassi a qualche cagna stanca che cerca l’ombra sotto qualche palazzo. Non li aveva mai visti Émile i palazzi prima di arrivare in città. Si vergognò di non essere mai riuscito nemmeno a concepire cose di una bellezza simile, di case alte che tendono al cielo come se fossero alberi dalle tinte pastello, o come per esempio la porta della metropolitana davanti alla quale passava spesso, a porte Dauphine, percorsa da nervature e nodosità che ricordavano ad Émile i crisantemi, e se solo chiudeva gli occhi riusciva quasi a percepirne l’odore. Erano da sempre stati i suoi fiori preferiti i crisantemi, come se si trattasse di qualche strano scherzo di Dio, perché poi Émile scoprì che i crisantemi sono i fiori dei morti, e dei morti Émile ne aveva abbastanza. Era scappato per quello, per lasciarsi alle spalle quei mazzi di fiori lilla, per pensare ad altro. Ma per fortuna a via Danton c’erano un sacco di cose alle quali pensare.
Passeggiava sempre per via Danton, perché alla fine ai senzatetto è l’unica cosa che è concesso fare per cercare di mescolarsi alla folla, anche se le occhiate stizzite delle signorine, accompagnate a quelle altezzose dei signorotti, non mancano mai. Ma si impara a farci l’abitudine, così come al marciapiede duro al tatto, freddo e scomodo che bisogna farsi andare bene come letto, come il cibo- che si litiga con i cani o con gli altri barboni- e  come tante altre cose che nel paese non pesavano, ma che si facevano in silenzio. E il silenzio è per i morti.
 
 
Émile qualche tempo fa aveva fatto amicizia con un artista di strada, Philippe. Le sue giornate prima, almeno, le riempiva guardandolo. Philippe era un ballerino e si fermava sempre all’incrocio di via Danton a danzare, nella speranza che qualcuno gli concedesse più che un paio di spicci, un po’ di attenzione, perché Philippe viveva della sua arte, e questo gli bastava. Si muoveva aggraziato e longilineo, con il suo portamento elegante e quasi aristocratico. Aveva i capelli sempre scompigliati, biondi, e gli occhi azzurri come il cielo, luminosi e cordiali, come il suo sorriso, che non svaniva mai. Portava proprio il buonumore Philippe, e camminare con lui per via Danton era decisamente più piacevole che farlo da soli. Però un giorno i due non si erano più incontrati all’incrocio come facevano sempre: Émile era andato lì e lo aveva aspettato dalla mattina alla sera, ma di Philippe nessuna traccia. Così fino ad ora. Erano passati due mesi ormai, ed Émile persa ogni speranza, lasciava un crisantemo che rubava al cimitero e lo poggiava a terra, domandandosi perché fosse andato via, senza nemmeno dirgli addio. Con lui non si percepiva quella strana inadeguatezza del non far parte della città, perché anche se era scappato, il paese se lo trascinava dietro passo dopo passo, per tutta la lunghezza di via Danton. L’aveva raccontato solo a Philippe perché era scappato, quando si erano ritrovati a parlare una sera seduti sul marciapiede in un piccolo vicolo, poco prima di via Danton.
L’angosciante ed inspiegabile rimorso di essere sopravvissuto è stato quello che ha fatto scappare Émile dal paese. Era successo tanto tempo fa, quando Émile aveva quasi nove anni. Era l’alba e mentre camminava per andare al lavoro, alla miniera, vide un cagnolino. Lo seguì a lungo con lo sguardo, vedendo quella piccola macchia bianca scomparire tra gli alberi. Piuttosto che proseguire lungo la via che conduceva alla miniera, Émile aveva girato a sinistra, seguendolo tra la fitta boscaglia lì vicino. Era rimasto a giocare con lui tutto il giorno, fin quando, al tramonto, non era tornato a casa, ripercorrendo la sua solita strada, e aveva trovato il silenzio.

“Perché tu non sei lì giù?”

Queste parole risuonarono nel silenzio del paese. Gli spiegarono che il soffitto della miniera era crollato, e che tutti i bambini nel paese erano morti, perché erano lì. Tutti i suoi amici, tutti i suoi compagni, erano sotto terra, sotto di lui, che al posto di essere giù con loro era sopra, vivo.
Da quando i bambini non c’erano più, c’è sempre stato il silenzio al paese. Ed Émile il silenzio non lo sopportava più, per questo era scappato, era andato in città, alla ricerca del rumore. E l’aveva trovato a via Danton, che ora era casa sua.
Èmile anche oggi percorre via Danton, ma questa volta, arrivato all’incrocio e posato il crisantemo lilla a terra, continua a camminare e si dirige verso Champ de Mars. Cammina piano, stretto nella sua giacca malandata e sudicia, mentre si tocca il viso scavato e stanco. Guarda l’unica macchina che continua a passare per la città e che crea sgomento tra i parigini ben vestiti. Sposta la testa e continua ad osservare i suoi amati e bellissimi palazzi, così perfetti nei loro innumerevoli dettagli, e dietro ai quali sbuca la torre.
Slanciata ed essenziale, si erge su tutto il paesaggio. Austera e bellissima, la si vede da ogni direzione. Ogni cosa costringe a volgere lo sguardo a lei, che domina in silenzio i parigini, che la cercano sempre con gli occhi. Ben piantata sulle sue gambe arcuate, sfida apertamente il cielo, noncurante di ciò che si agita ai suoi piedi. Ogni volta che Émile le passa sotto abbassa il capo, quasi come segno di rispetto, perché un clochard come lui non è degno di alzare lo vista sino alla sua punta, ma poi il desiderio di scoprire inesplorati orizzonti si fa più forte in lui, e allora osa, intrepido, e spinge gli occhi marroni e stanchi al cielo blu e sorride. Infondo è il cielo ad essere la sua vera casa, ad essere il tetto di tutti quelli come lui. Émile si guarda intorno e decide che magari, come ha fatto Philippe, è arrivata ora di lasciare via Danton, e di trasferirsi qui, magari più vicini alla torre Eiffel e più vicini al cielo. Anche qui la città è piena di rumore. 




AYEEE.
Se stai leggendo questo significa che hai letto tutto il racconto, quindi: grazie!
Anche questo è stato scritto per la rivista letteraria Fiat Lux, spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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