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Autore: Kim WinterNight    09/04/2020    6 recensioni
[Sequel di "Bloody Wings".]
Rachel lo sentiva, percepiva la sua vicinanza ancor prima che lui la raggiungesse.
E sentiva la tempesta avvicinarsi, quella che albergava dentro di sé anche quando il cielo era terso e le nubi lontane.
Non desiderava davvero uscire con lui, anche se avrebbe accettato.
Quel ragazzo sfrontato si avvicinò e le chiese di uscire, soltanto un anno dopo la morte di Everett.

- QUINTA CLASSIFICATA al contest "This is our place, we make the rules" indetto da mystery_koopa sul forum di EFP.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Bloody Souls'
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§ Twenty Six Rings §

 
 
 
 
 
 
And now the storm is coming, but It's you and me, that's my whole world
[Taylor Swift, Miss Americana & The Heartbreak Prince]
 


 
 
 
 
 
Le dita candide di Rachel scivolarono sul coperchio del piccolo scrigno, avvertendolo liscio e freddo al tatto.
Come sempre, le dava un senso di sicurezza.
Sapeva che quel piccolo cofanetto conteneva la chiave per la sua sopravvivenza: i suoi venticinque anelli.
Il cuore sobbalzò nel suo petto e avvertì la tempesta sferzarla con forza.
Spinse lo scrigno dentro l’armadio, richiuse le ante e uscì dalla sua stanza, pronta ad affrontare una nuova giornata universitaria.
 
 
Rachel lo sentiva, percepiva la sua vicinanza ancor prima che lui la raggiungesse.
E sentiva la tempesta avvicinarsi, quella che albergava dentro di sé anche quando il cielo era terso e le nubi lontane.
Non desiderava davvero uscire con lui, anche se avrebbe accettato.
Quel ragazzo sfrontato si avvicinò e le chiese di uscire, soltanto un anno dopo la morte di Everett.
Rachel infine annuì e si lasciò scappare un sorriso glaciale. «Come ti chiami?»
«Brian, te l’ho detto. Ti va di fare una passeggiata sulla spiaggia? Raggiungiamo il promontorio, guardiamo il tramonto…»
Rachel avrebbe voluto dirgli che quelle erano cose stupide e banali, che lei non era un’umana come tante, ma tacque e accettò senza fare tante storie.
Si diedero appuntamento al chiosco gestito dai genitori di lui per le cinque del pomeriggio, poi Rachel riprese il suo cammino verso l’aula in cui avrebbe seguito l’ennesima lezione universitaria.
 
 
Si guardò allo specchio e non vide riflessa la sua immagine, come sempre da quando non era più un angelo puro; le sue ali erano ormai completamente rosse, quel colore così pericoloso e sbagliato per lei. Ormai non c’era più niente che ricordasse le piume bianche, candide e bellissime che aveva sempre amato.
Quando riusciva a intravedere il suo riflesso in una pozza d’acqua, notava con orrore quelle ali rovinate e deturpate, e questo le ricordava Everett.
Tutto le ricordava Everett, perché lei non c’era più da quando era stata costretta a ucciderlo.
Si ripeteva che l’aveva protetto, che aveva soltanto seguito le regole del suo mondo, ma non riusciva ad accettare quella condanna.
Uccidere per sopravvivere tra gli umani, lo aveva sempre saputo e se l’era sempre sentito dire. Era nata con quella consapevolezza nel DNA.
Sospirò e uscì di casa, raggiungendo il luogo dell’appuntamento con Brian. Lo trovò lì ad aspettarla, era davvero un bel ragazzo: moro, alto, muscoloso. Quello che piaceva a tutte e che non aveva paura di provarci con chiunque.
Patetico era l’unico aggettivo che Rachel sentiva adatto a lui.
Passeggiarono sulla spiaggia, aspettando il tramonto. Lei non dava peso alle loro chiacchiere, alle mani di Brian che si facevano sempre più invadenti sulla sua schiena o a sfiorare casualmente le sue ciocche scure.
Non ci faceva caso perché il suo cuore non batteva come un tempo. Le emozioni erano morte con Everett, l’unica creatura che le avesse trasmesso sensazioni umane nonostante lei fosse un mostro, l’unico ragazzo che le avesse fatto battere il cuore senza dire una parola.
Perché Everett non sapeva parlare, non sapeva comunicare con la voce. Il suo unico errore era stato quello di scoprire la sua vera natura, e Rachel era stata costretta a ucciderlo.
Mostro era l’unico aggettivo che si cuciva addosso da un anno, ormai.
 
 
Raggiunsero il promontorio e lo trovarono deserto e bellissimo, come sempre. Rachel lo sapeva, si sarebbe accorta se ci fosse stato qualcuno, e a quel punto avrebbe trascinato Brian da un’altra parte.
Il cielo si tingeva di colori caldi e sempre più scuri, mentre i raggi bassi del sole si riflettevano sul mare agitato.
Rachel rimase in piedi a osservare il panorama, con il vento tra i ricci corvini e le mani di Brian sui fianchi. Il ragazzo era dietro di lei, sentiva il suo respiro nauseante solleticarle il collo.
Sarebbe dovuta essere con Everett, se solo lui fosse stato ancora vivo.
Se solo lui non avesse scoperto chi era davvero.
Si voltò verso Brian e gli sorrise maliziosa, avanzando lentamente e poggiandogli le mani sul petto. Lui, di riflesso, indietreggiò e tenne gli occhi azzurri fissi in quelli scuri di lei.
«Sei proprio un bel ragazzo…» cantilenò Rachel, continuando a spingerlo senza che lui si rendesse effettivamente conto di ciò che stava succedendo; era completamente ipnotizzato da lei, da quello sguardo ardente e dalla sua voce suadente.
Il tallone destro di Brian raggiunse il bordo del promontorio e lui cercò di mantenere l’equilibrio per non cadere all’indietro. «Che… che fai? C’è troppo freddo per nuotare ora, non pensi?»
Rachel si premette contro di lui e fece per sfiorargli le labbra con le sue, ma poi gli diede una piccola spinta e Brian perse definitivamente il contatto con il terreno.
A quel punto lanciò un grido e agitò le braccia, ma Rachel fu rapida ad afferrarlo per i polsi e tenerlo sospeso nel vuoto. Continuava a fissarlo negli occhi e non provava rimorso né pentimento.
Avrebbe potuto lasciarlo cadere e non sarebbe cambiato niente. Forse si sarebbe salvato, forse sarebbe morto a causa di una collisione con uno scoglio, o ibernato, o divorato da una qualche bestia marina.
Rachel assottigliò lo sguardo. Non poteva permetterlo.
«Tirami su, cazzo! Sei impazzita? Mi hai spinto! Sei una psicopatica, aspetta che lo racconti alla polizia!»
«Oh, che paura» fece lei in tono annoiato, mentre il suo corpo fremeva e le ali rosse scivolavano fluide dalle sue scapole, spiegandosi con grazia e provocandole un enorme sollievo.
Tenne Brian per i polsi e lo sollevò, sbattendo appena le ali e trascinandolo in alto con sé. Lui era sconvolto, non poteva credere a ciò che stava vedendo, Rachel lo leggeva nei suoi occhi sgranati e nei lineamenti del suo viso contratti per il terrore.
«Ops, Brian, c’è un problema» disse lei, per poi ghignare e accostare il proprio viso a quello del ragazzo.
«Cazzo, ma cosa… cosa sei?»
«Un angelo, non vedi? Ho le ali, posso volare e ti ho salvato la vita. Ma c’è un problema, un piccolissimo problema.»
«Questo non è reale, questo non è reale…» rantolò il ragazzo, agitandosi nella sua stretta ferrea. «Mettimi giù, hai capito? Sei una pazza, una malata mentale! Mi hai drogato, è così?» strillò isterico.
«Forse. O forse no.»
Rachel afferrò i suoi polsi con la mano sinistra, mentre poggiava la destra sul suo petto e sentiva il cuore battergli all’impazzata. Era agitato, era completamente terrorizzato e annientato dalla paura di qualcosa che non conosceva e che non avrebbe dovuto conoscere.
Proprio come Everett, pensò Rachel.
Poi si diede della stupida. Everett era stato diverso, lui non aveva avuto paura di lei, di morire per lei, di morire solo per poterla conoscere davvero, per poterla baciare e guardare davvero.
Per poterla amare senza quasi toccarla.
Invece Brian si agitava, gridava, piagnucolava. Era un essere inutile, stupido, vuoto.
«Il problema è che tu hai scoperto la mia natura» lo sbeffeggiò, esercitando una leggera pressione sul petto del ragazzo.
Brian si contorse per un improvvisa fitta di dolore e strizzò gli occhi, lanciando un rantolo strozzato e tremendamente patetico.
«E io sono costretta a ucciderti» concluse Rachel, avvertendo le energie di quell’insulso mortale fluire attraverso quel cuore che pian piano rallentava i suoi battiti.
Le forze lo stavano abbandonando e lui non aveva ancora capito niente, non aveva capito che non sarebbe sopravvissuto. Rachel sentiva i polpastrelli formicolare mentre Brian smetteva di dimenarsi e si abbandonava a quel tocco fatale, lasciando che lei risucchiasse la sua linfa vitale e la facesse sua, rendendo le sue ali ancora più rosse.
Il colore delle sue piume diveniva più scuro ogni volta che rubava la vita di un essere umano. Rachel sorrise, pensando al fatto che quando aveva conosciuto Everett le sue ali erano quasi immacolate.
Poi lo aveva ucciso e il suo cuore aveva smesso di battere con la purezza e l’ardore che l’aveva sempre resa una creatura dolce e buona.
Si fermò soltanto quando avvertì che dal corpo inerme di Brian non avrebbe più ottenuto altro. Lo lasciò andare con fare sprezzante, gettandolo in mare come fosse un sacco d’immondizia.
Non prima di aver infilato le dita tra i suoi capelli e averli tirati, trattenendolo per un piccolo istante.
Non le importava di lui, non le importava di niente.
Pensavo soltanto a Everett, ai suoi capelli lisci e lunghi, ai suoi occhi scuri come la notte. Alle sue labbra carnose, al suo sapore dolce che non sapeva di paura, ma soltanto di amore.
Uccidere per sopravvivere tra gli umani.
Lo aveva fatto, ancora. Ed era sopravvissuta, ancora.
Ma non stava bene, no, non stava in nessun modo. Era semplicemente vuota, annientata da quel vuoto incolmabile.
Perché Everett non c’era più e non ci sarebbe mai più stato.
E allora la sentì, ancora più forte, la tempesta che arrivava dentro il suo cuore.
Quella tempesta che le infestava l’animo e le faceva venir voglia di rifarlo.
Ancora.
Ancora.
Ancora.
Risucchiare le forze dei mortali per sentirsi più forte e diventare intoccabile, annientando ogni emozione per sempre.
Uccidere per sopravvivere tra gli umani.
 
 
Rachel aprì il piccolo scrigno dorato e lo appoggiò sul letto.
Osservò i suoi piccoli trofei e li trovò disgustosi, come al solito.
Erano dei piccoli anelli formati da ciuffi di capelli. Ce n’erano di tutti i colori, di tutte le consistenze e intensità.
Poi osservò il palmo della propria mano e vi trovò la ciocca ramata e riccia di Brian. La arrotolò attorno al dito e sentì una fitta di dolore e un sentore di nausea attanagliarle il petto.
La annodò attorno al dito e formò un perfetto ornamento per il suo anulare. Esercitò una leggera pressione sui lembi e li fece combaciare, sigillandoli per sempre.
Un altro anello alla collezione, pensò, riponendo la ciocca insieme alle altre.
Erano ventisei, lo sapeva perfettamente.
Anche se le sue vittime erano ventisette.
Mancavano i capelli di Everett, non aveva avuto il coraggio di deturpare quel ragazzo speciale della sua bellezza.
Dopo averlo ucciso, si era allontanata in fretta e non aveva osato guardarlo. Voleva ricordarlo come lo aveva conosciuto, nella sua semplicità e nel suo modo straordinario di essere se stesso.
Uccidere per sopravvivere tra gli umani.
Lo aveva fatto e la sua collezione era stata abbellita dall’ennesimo orrore.
Rachel chiuse di scatto lo scrigno e lo ripose nell’armadio, per poi affacciarsi alla finestra e ascoltare il fruscio delle onde in lontananza, sporcato dall’eco distorta di sirene spiegate.
Stanno andando a prenderlo, pensò.
E non provò niente, neanche un briciolo di pentimento o soddisfazione.
C’era solo la sua tempesta interiore a sferzarla senza chiedere il permesso.
 
 
 
 
 
 
§ § §
 
Cari lettori, non avrei mai pensato di scrivere ancora su Rachel, ma eccomi qui!
Devo assolutamente ringraziare Koopa per aver indetto il contest a cui la storia partecipa, perché è solo grazie al suo pacchetto e alla sua idea che sono riuscita a sviluppare questo breve racconto *-*
Ed ecco che Rachel, piena di dolore, rabbia e risentimento, si sfoga collezionando omicidi che perpetra sfruttando la sua natura sovrannaturale… è veramente triste, non trovate?
Chissà se per lei ci sarà redenzione, un giorno, se riuscirà a riportare le sue ali al loro candore!
Per chi fosse curioso di saperne di più su Rachel e soprattutto su Everett, vi consiglio di leggere la mia Bloody Wings, in modo da farvi un’idea un po’ più completa, anche se le due storie possono essere lette tranquillamente l’una slegata dall’altra!
Spero che questo piccolo racconto vi sia piaciuto e grazie per averlo letto, mi farebbe davero piacere conoscere il vostro parere in merito ^^
Alla prossima ♥
  
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