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Autore: Eris Gendei    11/04/2020    5 recensioni
Per un attimo Lumacorno, quello vero, si chiede dove finiscano le lacrime che cadono nei ricordi. Se esista pianto in grado di travalicare la barriera del tempo, di farsi sentire anche laddove lui non può ancora andare.
Poi si trova a sperare di no: desidera soltanto che Lily Evans, ovunque sia, continui a ridere; proprio come la sua replica sotto la finestra.

[Questa storia partecipa al contest “Prof. Lei com’era da giovane?” indetto da Marika Ciarrocchi/AngelCruelty sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Horace Lumacorno, Lily Evans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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 “Ragazzi, ragazzi, è già passata la metà del tempo che avete a disposizione! Spero per voi che le vostre pozioni abbiano assunto il colore giusto oramai. Su, su, occhi sui calderoni e mente lesta! E non dimenticatevi di mescolare con cura in senso antiorario!”
“Professore, bisogna mescolare in senso orario, non antiorario!”
Una voce si alza in protesta dalle prime file di banchi. Potrebbe riconoscerne il timbro fra mille: limpido, deciso, scampanellante, il suono che avrebbe la luce.
Lily Evans, chi altri? Solo lei poteva ricordare così bene la ricetta da captare il suo inganno, pur concentrata com’è sulla sua mistura…l’unica, fra l’altro, ad aver raggiunto la sfumatura corretta.
Horace Lumacorno, il professor Lumacorno, lascia che un sorriso sornione gli arricci le labbra, facendo vibrare i lunghi e folti baffi.
Le dà le spalle, ma sa che non riuscirà a nascondersi; non è mai in grado di rimanere serio quando parla con lei, come non si può impedire al sole di brillare quando si riflette in uno specchio.
L’uomo si volta, elegante nei movimenti nonostante il corpo appesantito;  rivolge alla giovane studentessa un’occhiata di finta collera, ma chiunque noterebbe una scintilla di orgoglio accendergli lo sguardo:
”Oh oh, ancora una volta la signorina Evans ha voluto smascherare il mio brillante scherzo! Che autentica guastafeste,  dovrei toglierti dei punti per questa intromissione, cara la mia briccona!”
Punta teatralmente l’indice grassoccio contro la Grifondoro dai capelli rosso rame, che risponde alla minaccia con un sorriso impudente: sa perfettamente che il professore non aspetta altro che lei prenda parte alle sue messinscene.
Fuori dall’aula di pozioni  l’attenzione di Lumacorno va ad altre persone: più ricche, più famose, più influenti, di sangue più puro…ma dentro quella classe non c’è persona che possa strapparle il suo piccolo primato. Ha la sincera ammirazione del pozionista tutta per sé, e lo sa bene.
Il professore stringe gli occhi, raccogliendo la silenziosa sfida che la sua allieva preferita gli sta lanciando: “Bene, visto che osi ribattere così sfacciatamente al tuo professore vediamo a che punto sei signorina! Fammi dare un’occhiata al tuo lavoro!”
Si avvicina con fare indolente al calderone dell’amata allieva, ostentando una curiosità posticcia a beneficio della classe. Gli studenti sanno perfettamente cosa succederà, la scena si ripete invariata ad ogni lezione, eppure tutti lo osservano di sottecchi al di sopra dei miscugli ribollenti: Lumacorno è melodrammatico, esibizionista e artificioso, ma non si può negare che sappia tenere in pugno un pubblico.
Preceduto dalla pinguedine foderata di raffinato tessuto, si sporge per sbirciare nel calderone incriminato (terza postazione a destra della porta, sempre lo stesso posto), il volto corrucciato in una smorfia di palese scetticismo; basta un’occhiata al contenuto del ventre di peltro perché i baffoni fremano di eccitazione: ”Ma guardate un po’! ” la voce squillante ed entusiasta rimbomba nella segreta “La nostra Grifondoro ha ottenuto una perfetta Bevanda della Pace! Guardate che colore, la tonalità è perfetta! Sarebbe bastato un attimo di confusione, mescolare per una sola volta nel senso sbagliato e la mistura sarebbe…”

 

* * *
 

L’aula buia trema davanti ai suoi occhi, lo sguardo ilare della giovane studentessa si dissolve sullo sfondo di un tramonto aranciato. Un vento che fino all’istante prima non c’era gli accarezza la curva lucida del capo, facendolo fremere.
Batte le palpebre una volta, poi un’altra, prima di riscuotersi del tutto e ricordare dove si trova realmente: allora affonda tenace gli occhi stanchi, orlati di nuove rughe, nelle macchie che vanno sbiadendo in un vortice incolore, cercando di afferrare un ultimo barlume di immagine.
Non è pronto a tornare indietro, non ancora.
La mano corre sotto il mantello color porpora, del più fine e costoso velluto, e afferra lesta una fiala: il tappo salta, il contenuto nebuloso scivola fuori prima ancora che il vortice sia estinto.
Non ode nemmeno il tintinnio del vetro contro la pietra, contro altro vetro: è già altrove.

 

* * *
 

“…ne parla tutta la scuola, la tenace Lily Evans ha infine ceduto alle avances del bel James Potter.
Chi l’avrebbe mai detto, per anni quei due sono stati come l’acqua e il fuoco: non c’era volta in cui Lily mancasse di rimproverare a James la sua eccessiva arroganza, di schernire la sua vanagloria…”
La voce di Pomona Sprite si fa strada verso di lui attraverso una cortina di materia che si contorce e prende forma, sempre più corporea ma sempre meno tangibile.
La intuisce, anzi, la ricorda prima ancora che il freddo custode della sua memoria gliene proponga l’immagine, intenta ad osservare senza essere vista i due giovani oggetto della conversazione.
Un’altra figura, alta e sottile, dritta come un fuso, si materializza davanti ai suoi occhi: una Minerva McGranitt più giovane, ma altera come è sempre stata, si avvicina all’amica e collega.
Nascoste dietro la finestra dell’aula professori, al riparo da ogni sguardo, le due donne ammirano il dipanarsi di quel sentimento tutto nuovo che vaga per i prati, le mani unite, gli occhi negli occhi, qualcosa di taciuto e qualcosa di sussurrato a bassa voce che loro, da lassù, non udranno mai.
“Non essere così severa Pomona. Negli ultimi tempi James ha realmente messo la testa a posto, dobbiamo dargliene adito. In tutti questi anni non l’avevo mai visto così attento e concentrato durante una mia lezione…deve aver capito che solo così avrebbe ottenuto l’attenzione di Lily. Credo che tenga a quella ragazza più di quanto lasci intendere.”
Lumacorno, se stesso, si avvicina alla finestra e osserva la macchia di fuoco dei capelli di Lily Evans muoversi sull’erba: le ciocche danzano nel tramonto ad ogni suo passo, rimbalzando sulle spalle magre e catturando scintille di luce.
All’improvviso lei si volta, fronteggia James con quel sorriso irriverente che lui, Lumacorno, conosce bene, che sta così bene sul suo viso.
Due versioni di sé la studiano da lontano, accarezzandone il profilo delicato con lo sguardo: il sole che cala la incornicia, tingendole la pelle di un colore caldo che la rende quasi ultraterrena, una creatura di luce.
La risata che le sboccia sulle labbra, muta per lui che la osserva distante, risuona nel suo petto attraverso gli anni: com’era bello il suo modo di ridere, quel sorriso pieno che le allarga la bocca, che le arriccia gli occhi.
Gli sembra di poterla ancora sentire, come lei se fosse ancora lì, accanto a lui.
Una lacrima solitaria lascia l’angolo della sua palpebra, sul quale è rimasta in bilico per lunghi minuti. Per un attimo Lumacorno, quello vero, si chiede dove finiscano le lacrime che cadono nei ricordi. Se esista pianto in grado di travalicare la barriera del tempo, di farsi sentire anche laddove lui non può ancora andare.
Poi si trova a sperare di no: desidera soltanto che Lily Evans, ovunque sia, continui a ridere; proprio come la sua replica sotto la finestra.
Si volta ad osservare il proprio doppio, una perfetta immagine di se stesso a quei tempi: la sua versione più ingenua e leggera (in tutti i sensi, pensa) guarda lontano con espressione quasi commossa.
All’improvviso vorrebbe poter scuotere quel Lumacorno giovane e inconsapevole, così pieno di fiducia nel futuro, così sbagliato…vorrebbe gridargli di correre dabbasso, di prendere Lily per mano e portarla via, lontano da tutti, dove nessuno possa più toccarla o farle del male.
La gioia in quegli occhi, i suoi occhi, è troppo dolorosa da guardare.
Una strana consapevolezza lo avverte che il ricordo sta per finire, che non gli resta molto per osservare ancora una volta lei che si allontana nel sole calante.
Gli ultimi raggi incendiano i capelli della ragazza, liberando riflessi che Lumacorno sente riverberare ben oltre il cuore. Poi le tenebre si fanno strada inghiottendo il mondo con spaventosa rapidità, rendendo sagome e contorni sfocati, trascinandolo verso l’alto lontano da quel luogo sereno, lontano da tutti loro…
 

***
 

La sensazione dell’aria sul viso è disturbante, sembra prendersi gioco di lui nel confondere la sua mente infiammata.
Ogni volta che precipita di nuovo nel suo sentire, che i sensi si risvegliano e si irritano dopo la placida neutralità dei ricordi, il suo corpo sembra gonfiarsi fino a voler esplodere, incapace di contenere tutto quel percepire, quel sapere, quel provare…
Non apre neanche gli occhi, cerca semplicemente a tentoni la sagoma familiare dell’ampolla nella tasca del mantello, pronto ad infrangere ancora una volta i limiti umani della memoria.
 

***
 

“...come potete vedere dalla clessidra, vi rimangono solo trenta minuti per completare le vostre pozioni. La commissione sa bene che la soluzione che vi è stata richiesta ha una preparazione assai complicata, ma non dimenticate che siete qui per dimostrare che il vostro livello è esattamente quello che ci si aspetta da studenti M.A.G.O…quindi forza! Iniziate a preparare mestoli e fiaschette, non indugiate!”
La segreta è invasa da una caligine di vapori azzurrognoli; nubi fumose e impalpabili si levano dai calderoni, alterando i contorni di ogni cosa.
L’inconfondibile figura del professor Lumacorno, simile ad una grossa cuccuma nella nebbia opalescente, vaga per la classe: studia da vicino l’espressione ansiosa di uno studente, si accerta dello stato di avanzamento di una mistura, attizza un fuoco senza che gli altri esaminatori si accorgano del sostegno che dà ai suoi allievi.
Sta chiaramente evitando di raggiungere una postazione, consapevole che non saprebbe trattenersi di fronte alla pozione della sua allieva prediletta: gli basta ascoltare il rumore che produce, sobbollendo placida, per avere la conferma che è semplicemente perfetta.
Torna più volte ad aiutare due Tassorosso in evidente difficoltà, ma il suo sguardo è tutto per lei. Lily Evans è profondamente concentrata, lo intuisce dal solco che le scava la fronte e dagli occhi socchiusi, affilati come quelli di una fiera. Si muove rapidamente, con eleganza, ogni gesto è calibrato come se stesse cercando un equilibrio: niente di troppo, niente di mancante, Lily cammina in punta di piedi sul bilico della perfezione.
Il Lumacorno passato, che è quello vecchio ma in realtà il più giovane, cede al desiderio di congratularsi con lei e le si fa vicino, con quel fare casuale che sa imitare solo maldestramente: non si può chiedere ad Horace Lumacorno di mettere a tacere i proprio desideri.
Il suo è solo un sussurro, uno sfavillare d’occhi:”Guarda guarda…” soffia all’orecchio della giovane Grifondoro, fingendo di sistemarle i ciuffi ribelli che l’umidità le ha gonfiato attorno al viso “Sembra proprio che qualcuno, qui, abbia prodotto un lavoro eccezionale…”
Un sorriso di sfacciato trionfo si perde nei lunghi baffi, mentre uno deciso e gioioso gli fa specchio sulle labbra di lei, pallide e tirate per la fatica.
Chi, se non Lily Evans, poteva meritare un Eccezionale all’esame di pozioni…
Le mani delicate di lei, che riempiono e tappano la fiaschetta con dimessa maestria, si sfocano e sfumano in un’ immagine dai colori abbaglianti, che quasi lo acceca: la Sala Grande si sovrappone lentamente alla segreta, invadendola con la sua luce calda e accogliente.
I quattro tavoli sono disposti davanti a lui, uno di fianco all’altro, e uno stuolo di candele volteggia pigramente sulle teste degli studenti; è ora di cena e Lumacorno, placidamente accomodato davanti ad una generosa porzione di budino, sta osservando il tavolo di Grifondoro. 
Non gli serve seguire il suo sguardo, il proprio sguardo, per indovinare l’oggetto di tanta attenzione: Lily Evans siede a metà della tavolata, il naso immerso in un libro per l’ennesimo ripasso e la forchetta che pesca a casaccio da un piatto già vuoto. Non si è data pena di domare i capelli dopo l’umidità della segreta e il suo viso è incorniciato da un’aureola rossa e scompigliata.
C’è solo una cosa capace di distoglierla dal suo studio forsennato; James Potter le si siede di fronte e gli occhi di lei abbandonano irrimediabilmente il testo, così come cade abbandonata la forchetta, producendo un tintinnio che lui, da laggiù, non può udire.
Il ragazzo dice qualcosa e lei sorride, risponde, si scosta i capelli dal viso e sorride ancora, le labbra che si muovono impercettibilmente.
Improvvisamente Lumacorno sa che deve sentire ciò che sta dicendo, ne ha bisogno come si ha bisogno di aria per vivere. Incapace di resistere, aggira il lungo tavolo dei professori e le si fa incontro: ha bisogno di averla vicina ancora una volta, di illudersi che sentirà di nuovo la sua voce trillante se si avvicina abbastanza in fretta.
La memoria sembra prendersi malamente gioco di lui e, quanto più la ragazza si fa prossima, tanto più i suoi contorni sbiadiscono. Il suo profilo si altera, si sfoca, fluisce nel libro e nel tavolo senza che i limiti siano più netti: Lily Evans lo osserva senza vederlo da dietro un velo, confusa con ciò che la circonda come se il suo non esistere più avesse infettato anche i ricordi.
Lumacorno si immobilizza, capisce: può leggere i ricordi solo nel modo in cui si sono impressi della mente di chi li ha prodotti; la sua vista, la sua memoria, non arrivava così lontano.
Un improvviso senso di abbandono si fa strada in lui; le parole di Lily non gli sono appartenute in vita e non gli apparterranno nel ricordo. Disperato, allunga una mano verso di lei, soltanto per vedere le sue dita trapassarne la sagoma sbiadita, impalpabile.
Proprio come gli è stata tolta nella realtà la ragazza inizia a scivolare via, perdendosi nella confusione vorticosa che distrugge morbidamente l’ambiente, trascinandolo verso dove, fino ad un attimo prima, c’era un cielo scuro trapuntato di stelle.
  
 

***
 

Stavolta non tenta neppure di trattenere le lacrime, lascia che due sottili rivoli umidi scivolino lungo la linea dello zigomo, insinuandosi nelle piccole pieghe di pelle cedevole e lassa.
Non c’è ragione di nascondere il pianto, nessuno può vederlo; la stazione di King’s Cross, la parte che appartiene al suo mondo, è deserta.
Probabilmente non c’è persona che, prima di lui, si sia mai avventurata in quel luogo al di fuori del primo e dell’ultimo giorno di scuola: partenza e arrivo, andata e ritorno, addio e bentornato sono gli unici eventi che animano quella banchina lunga e silenziosa, due volte all’anno da sempre.
Lì è dove tutto ha avuto inizio.
Il suoi occhi annebbiati vagano sulla rotaia che splende nel tramonto e sul marciapiede ordinatamente vuoto, come se la sola forza dello sguardo potesse evocarla davanti a sé.
Se la immagina ferma di fronte al convoglio lucente, nel suo primo primo settembre, gli occhi sgranati di fronte a quello spettacolo nuovo ed incredibile: se si sforza abbastanza riesce quasi a vedere la sua figura stagliarsi nell’atmosfera fumosa della stazione, i capelli rossi agitati dal via vai delle persone, gli sbuffi della locomotiva che sembrano mimare i battiti del suo cuore.
All’improvviso Lily si volta a guardarlo e a Lumacorno pare che il tempo si fermi: la ragazza cammina verso di lui con il suo solito passo posato, come se nulla al mondo potesse sconvolgerla. Gli si fa incontro una piccola Lily Evans dal volto infantile, un sorriso timoroso che le stira le labbra e mani nervose che tormentano la divisa; mentre avanza il suo corpo lentamente si allunga, il viso perde la morbida rotondità dell’infanzia, la sua camminata si fa elegante e decisa.
Quella che si ferma davanti a lui è una Lily Evans giovane adulta, adulta ma ancora così giovane, che gli sorride con dolcezza e complicità, come se sapesse realmente che lui è seduto lì, completamente solo al capolinea di tutti gli inizi.
Per un attimo nella mente di Lumacorno balena l’angosciante consapevolezza che ad ogni inizio segue necessariamente una fine, eppure non riesce a tacitare completamente tutti i suoi “se”…
Se non avesse scoperto di essere una strega, se non fosse mai entrata in quel mondo, se non avesse mai conosciuto Potter, preso parte alla guerra, concepito il bambino…
Non l’avrebbe mai conosciuta, ma forse Lily Evans sarebbe ancora viva, da qualche parte.
La ragazza continua a guardarlo con impenetrabile dolcezza e Lumacorno, lentamente, capisce: lei era parte di quel mondo, del loro mondo, e nulla avrebbe potuto cambiare le cose.
Allora si alza, improvvisamente consapevole del sole che sfavilla prima di colare dietro il profilo della stazione; alza una mano per sfiorare il volto delicato della giovane, che lo guarda e sorride per l’ultima volta.
Di colpo è davvero solo, un vecchio incurvato con le dita piene di vento.
A terra, attorno ai suoi piedi, una piccola miriade di fiale affolla il marciapiede: i gusci dei suoi ricordi, svaniti per sempre nell’oro del più triste dei tramonti.
Sa che non c’è modo di recuperarli, che ormai sono evaporati, ma non se ne preoccupa: sa anche che non potrebbe mai riviverli di nuovo. Che Lily l’ha salutato e non vorrebbe più vederlo piangere.
Il binario vuoto dell’Espresso si perde in lontananza, una scia grigia che ferisce il paesaggio autunnale. Lumacorno lo affianca e lentamente ne segue il cammino, conscio che in quella stazione la sua vita è appena, forzatamente, iniziata di nuovo.


Nel buio spesso di fronte ai cancelli di Hogwarts un rumore insolito ferma il suo passo: è un lento sbuffare, ritmico come il moto di un’onda.
Lumacorno si volta e il suo sguardo appannato incontra due occhi lattiginosi, irrealmente vivi nel muso macilento in cui sono incastonati.
La bestia sembra intuire la ragione della sua presenza, pare quasi che possa leggergli dentro; china il capo e batte più volte le palpebre, un pacato dolore che brilla nelle orbite vitree.
Sconsolato, l’uomo si fa avanti e posa delicatamente una tremula mano sul collo dell’animale: là dove dovrebbe esserci pelo c’è una pelle lucida e coriacea, i crini sono brani vibranti di cartilagine.
Rimane per un attimo affascinato da quella fisionomia ultraterrena prima di riscuotersi, di capire perché quella strana creatura si sia improvvisamente palesata proprio a lui.
Un singulto gli scuote il petto e un grido strozzato sfugge tra i denti: non avrebbe mai creduto che l’ultima prova tangibile che Lily Evans era esistita sarebbe stato un Thestral. 






Nota dell'autrice
Come ho annunciato nell'introduzione, questa storia partecipa al concorso "Prof. Lei com'era da giovane?"
Il comando era quello di immaginare e raccontare un avvenimento legato alla giovinezza di un professore di Hogwarts, con alcune precise indicazioni: bisognava infatti comporre un pacchetto, costituito dalle voci luogo - situazione - oggetto - animale fantastico, e portare avanti la narrazione sulla base delle voci scelte.
Come avrete senz'altro capito, il mio pacchetto è Binario 9 e 3/4 - morte di una persona cara - Pensatoio - Thestral.
Ho voluto immaginare un Lumacorno preda dei sentimenti come non lo abbiamo mai visto, distrutto per la morte di uno dei suoi allievi più ammirati (attenzione, non c'è alcuna traccia o tentativo di crack - pairing, si tratta di un affetto puramente platonico!) e per ciò che l'avvenimento significa per tutto il mondo magico.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che sia riuscita a rendere efficacemente la situazione che ho immaginato.
Grazie per aver letto!

 

  
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