Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: imunfjxable    13/04/2020    1 recensioni
Questa è la storia del genocidio degli indiani d'America, nel 1838. Questa è la storia del dolore di un popolo che ha percorso una strada chiamata "Il sentiero delle lacrime", dove cadevano uomini e lacrime.
Questa è la storia di Piccolo Fiume e di Nuvola Alta.
Genere: Malinconico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Secessione americana
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il sentiero delle lacrime





                                                                                                  




Marciano verso la morte e non lo sanno. Forse alcuni sì, ma preferiscono tacere questo cattivo presagio, per non peggiorare ulteriormente l’umore di tutti. Camminare è faticoso, farlo portandosi dietro tutto ciò che uno possiede lo è di più; figuriamoci farlo sapendo di dover morire. Marciano tenendosi vicini quanto più possono, perché hanno intuito che ogni passo potrebbe essere l’ultimo con quel compagno accanto, che quello strano e impercettibile sfiorarsi di spalle potrebbe essere l’unico contatto umano che avranno per molto tempo. Lasciano profonde tracce nella neve mentre avanzano lentamente, con i denti digrignati a causa del freddo e della fame, ma non si lamentano. È una questione di onore, di resilienza. Ce l’hanno nelle vene da sempre questa capacità di adattarsi, di sopportare in silenzio. Sono come l’acqua dei fiumi, che scorre al di sopra delle rocce aguzze e le attraversa ugualmente con grazia, come il legno degli alberi che si incrina leggermente solo all’interno, ma non porta mai i segni sulla corteccia.          

Avevano combattuto, ma non era bastato. Avevano accettato i costumi dei bianchi, e non era bastato nemmeno quello. Avevano firmato trattati di pace, e questi non erano stati rispettati. Erano stati spostati e puniti, puniti e spostati e adesso, sono costretti a spostarsi ancora, a marciare più ad ovest di quanto nessuna tribù avesse mai fatto prima.
“Dobbiamo durare, sopravvivere, ad ogni costo”

Le parole di Nuvola Alta risuonano ad ogni passo nella mente di Piccolo Fiume, che continua a ripetersi questa frase all’infinito, per cercare di distrarsi dal dolore dei suoi piedi. Ha sempre pensato che i suoi piedi si sarebbero ridotti nello stato in cui sono ora per le troppe camminate sull’erba bagnata dalla rugiada, perché si arrampicava continuamente sugli alberi e la loro corteccia ruvida feriva la sua pelle ambrata, o perché era stato costretto a mettere le scarpe, una delle cose peggiori che i bianchi lo avevano costretto ad indossare- forse anche peggio di una cravatta. Eppure, i suoi piedi ora sono nello stato in cui sono attualmente per una marcia forzata. Solleva a fatica i piedi dal terreno innevato e soffice, chiedendosi se mai si fermeranno, se le giacche blu sanno dove stanno andando, se e quando tutto questo avrà una fine che non coincida necessariamente con il suo ultimo respiro. Ha le dita dei piedi blu, ormai insensibili e probabilmente è meglio così: ha una parte in meno del suo corpo che percepisce il freddo.

La neve scende piano, e brilla sui capelli neri e lucidi del giovane, che ha sciolto le sue lunghe trecce per la prima volta in vita sua. Lo aiutano a sentire meno il vento che gli gela il collo, che soffia forte contro di loro- quasi come se la natura stesse cercando in ogni modo di farli restare nella loro terra. Tutti sanno che quello che sta accadendo è sbagliato, che non si possono costringere 16.000 uomini a spostarsi altrove. Quel 26 Maggio 1838 aveva improvvisamente segnato la fine del mondo come lo conosceva, più di quanto aveva fatto il giorno in cui aveva visto i bianchi per la prima volta. Credeva che il suo mondo fosse giunto al termine quando gli avevano fatto indossare i loro abiti, quando lo avevano costretto a mettere le scarpe, ad imparare ad annodare la cravatta, quando gli avevano fatto conoscere Cristo, eppure non era così. A quanto pare il mondo dei Cherokee era destinato ad una fine molto più violenta, persino peggiore di quella che era toccata alle tribù delle pianure, che avevano lottato fino alla morte. Piccolo Fiume si era infuriato quando aveva saputo che Nuvola Alta aveva firmato. Si era sentito tradito, avrebbe voluto impugnare il suo arco e combattere, assieme a tutti i suoi compagni. Ma loro “dovevano sopravvivere ad ogni costo”. Continua a ripeterselo, all’infinito.
 
Alza il capo da terra, distoglie lo sguardo dai suoi piedi atrofizzati e con i suoi grandi occhi neri cerca la figura di Nuvola Alta. Non è difficile da trovare. È il primo della fila di questa insensata marcia della morte e procede lento e calmo, dietro due bianchi a cavallo. Impassibile, avanza a piedi nudi nella neve, senza fiatare. Indossa i loro abiti tradizionali, è l’unico tra loro che con testardaggine porta i suoi soliti vestiti, compreso il suo copricapo in piume d’aquila, che sfoggia con orgoglio mentre incede chinato in avanti, forse per il suo peso, per la vecchiaia, o per tutto il dolore del suo popolo che si riversava sulle spalle anziane. A guardarlo ora, Piccolo Fiume non provava più la rabbia di un tempo. Quella che aveva confuso per debolezza era forza, quella che credeva codardia era buonsenso.
 
“Ci fermeremo qui per stanotte”
Le parole del bianco risuonano nel silenzio della distesa innevata e tutti iniziano a preparare come meglio possono un giaciglio per riposare, un fuoco per scaldarsi, delle fosse dove seppellire i morti. Stavano morendo in tanti in questa marcia, cadevano come fiocchi di neve, lentamente e in silenzio, senza infastidire nessuno. Non c’era tempo per piangere quelli che cadevano, questi venivano solo presi e trascinati, nei casi migliori messi su uno dei pochi carri che il Governo Americano aveva concesso loro per la traversata. Piccolo Fiume l’aveva definito il sentiero della morte e delle lacrime.
 
Il fuoco scoppietta vivacemente, illuminando assieme alla luna e alle stelle la landa bianca, mentre Piccolo Fiume stende i piedi e li avvicina alla fiamma per osservarli meglio. Le dita del piede destro sono completamente nere, e sa che dovranno essere tagliate il prima possibile, se non vuole perdere l’intero piede. Nuvola Alta si siede accanto a lui, sente le sue piume pizzicargli il braccio nonostante il tessuto della sua giacca. Ha il viso segnato dal tempo, le rughe gli attraversano le guance pittate di rosso e bianco, attraversato da una vecchia cicatrice di caccia. Tutta la tribù conosce quella storia. Si dice che un giorno Nuvola Alta avesse lottato con un’aquila e che quella con i suoi artigli gli avesse graffiato il viso, marchiandolo per sempre. Eppure alla fine l’uomo aveva avuto la meglio riuscendo ad ucciderla e usando le sue piume per lo sfarzoso copricapo che indossava. Gli occhi di Nuvola Alta erano occhi che scintillavano, sempre illuminati dalla luce del sole o della luna, ma ora, pur essendo illuminati dalle fiamme che ardono, non brillano più. Si spostano sui piedi del giovane, che tenta di scaldarli inutilmente, mentre si sfrega le mani alitando su di esse.
“Mi spiace” gli dice alludendo ai suoi piedi.
“La nostra sopravvivenza vale di più di un paio di dita dei piedi” risponde battendo i denti per il freddo “dobbiamo sopravvivere, ad ogni costo” conclude, strappando un lieve sorriso malinconico a Nuvola Alta, che si raddrizza improvvisamente, liberandosi per un attimo dal pesante cimiero di piume, poggiandoselo sulle gambe.
“Alcuni dei nostri guerrieri continuano a chiedermi quello che mi chiedesti tu quando firmai il loro trattato. Perché non combattiamo?” ripete le loro parole a voce bassa, quasi come se se lo stesse chiedendo anche lui “Forse avevi ragione, sono solo un povero vecchio ormai. Ma ero così stanco di vedere la mia gente morire. A quanto pare, non ha fatto molta differenza la mia scelta”
“Stiamo scegliendo di soffrire e di essere liberi piuttosto che vivere sotto la degradante influenza delle leggi, che non hanno voluto ascoltare la nostra voce” risponde il giovane Cherokee, mettendogli una mano sulla spalla per rassicurare il suo Capo “La marcia finirà. Prima o poi deve finire. Giungeremo al di là del fiume, ci stabiliremo nella nuova terra, e la coltiveremo come facciamo sempre. Sopravviveremo.”
Nuvola Alta annuisce, si rimette il cimiero in testa e nel silenzio della notte inizia a cantare, mentre a poco a poco, le voci di tutti si uniscono a lui. Intonano una canzone malinconica, e mentre le voci continuano il Capo bisbiglia al giovane “non perdere mai la speranza.”

Ma la speranza di Piccolo Fiume diminuisce ad ogni colpo di tosse della madre. Le malattie dei bianchi sono a loro sconosciute e non sanno come curare quel respiro affannato, quei sussulti e quei brividi, che sembrano diffondersi tra la maggior parte di loro. Le stringe la mano mentre avanzano nella neve, ma il vento soffia forte e la loro vista è offuscata dalla coltre bianca che gli si alza contro. I bianchi, in sella ai loro cavalli continuano ad urlargli di avanzare, perché quando si è su un cavallo sembra tutto più facile. Continua a tenere saldamente la sua mano e ad alternare i piedi nella neve. Uno, due. Uno, due. Uno, due. Resistere. Sopravvivere. Ad ogni costo. I piedi non se li sente più.
Il desiderio di lasciare tutto, di iniziare a correre per gettarsi su uno dei bianchi e ammazzarlo con le proprie mani aumenta ad ogni impronta che lascia nella neve. Ma resta fermo, e ripensa alla conversazione che ebbe con Nuvola Alta, quella che aveva menzionato la sera prima. Quando aveva saputo che le cinque tribù civilizzate, come li chiamavano i bianchi, avevano deciso di arrendersi e di spostarsi, Piccolo Fiume era furioso. Entrò deluso nella tenda di Nuvola Alta, seduto a gambe incrociate intento a guardare il fuoco.
“Perché non combattiamo? Lo abbiamo già fatto prima, perché non continuiamo a combattere, perché non rispondiamo? È nostro dovere farlo, per l’onore, per la glor…”
“Non c’è nessuna gloria ragazzo!” urlò “Ho ucciso per tutta la vita- animali e uomini- ho visto i miei fratelli essere brutalmente ammazzati, ho visto mia figlia morire sotto i miei occhi, non c’è niente di glorioso nella morte, nell’uccidere. Né gloria, né poesia. Un giorno capirai che quelle che ci narriamo sono solo storie perché noi uomini viviamo di parole, ma il sangue non è mai poetico. Resterà sempre solo rosso.”
“Allora tingiamo di rosso la nostra terra, con il loro sangue.”
“Non c’è onore nello scegliere di combattere una battaglia già persa. Non sarei meritevole del mio titolo se mandassi al macello la mia gente. Loro diventano sempre più forti, e noi sempre più deboli. Tutto quello che possiamo fare è andare via. Tutto quello che dobbiamo fare è sopravvivere, ad ogni costo.”
“Sei vecchio e stanco Nuvola Alta, ma noi possiamo farcela. Possiamo ucciderli.”
“La morte non corrisponde mai alla vittoria.”
“Sei solo un povero pazzo. Credi che ci lasceranno in pace?!”
“Cosa altro possono volere da noi? Non abbiamo più niente, ci hanno sottoposti ad ogni tipo di umiliazione. Forse quegli uomini sono malvagi, forse non dovevo firmare, ma non avevo altra scelta. Il mondo che ci hanno portato, la civilizzazione…il loro mondo non è fatto per la nostra sopravvivenza, eppure dobbiamo sopravvivere.”
 
 
La presa non è più salda come prima. Sua madre è a terra, morta. Senza esitare, il giovane se la mette in spalla e continua a camminare, a trascinare dolorosamente i piedi nella neve cercando di reprimere le lacrime: fa così freddo che ghiaccerebbero. Uno, due. Uno, due. Sopravvivere. Ad ogni costo.
 
Marciano verso la morte e metà di loro lo sa. Lo sa la metà che è morta, così come la metà che è rimasta viva. Gli hanno detto che ormai manca poco, ma non credono più alle parole dei bianchi. Ormai trovano conforto solo nel sole, che illumina la distesa ormai verde, punteggiata da piccoli fiori bianchi mai visti prima. Nuvola Alta ha detto che sono nati per coloro che sono morti. Piccolo Fiume ribolle ancora di rabbia. Non basta un fiore per ricordare sua madre. Cammina circondato dalla sua gente, ma ad ogni passo che fa, sa di avanzare nella solitudine. Abbassa il capo e si osserva i piedi: il sinistro è solo coperto da bolle che fanno male ad ogni passo, il destro ora è privo di 3 dita. Distoglie lo sguardo dai suoi piedi e fissa da lontano il suo Nuvola Alta, che cammina per primo, sempre più schiacciato dal peso del suo copricapo. Lo guarda da lontano e lo invidia: vorrebbe avere il suo spirito, accettare la vita con coraggio e gentilezza, saper perdonare, o magari soffrire con onore. Anche lui è rimasto solo ormai, non ha più nessuno- ma allora come fa a vivere così? Piccolo Fiume vorrebbe essere diverso, vorrebbe essere incapace di provare odio, ma non riesce a farne a meno. L’odio è tutto ciò che conosce ormai. Odia i bianchi che li hanno prelevati dalle loro case quel giorno di maggio, odia i bianchi che li hanno costretti a proseguire la loro marcia nella neve, al freddo, senza cibo. Odia continuare a marciare, essere costretto ad attraversare alcune città come se la sua gente stesse tenendo una sorta di umiliante sfilata. I bianchi escono fuori dalle loro case, si riuniscono tutti per vederli passare, e stanno in silenzio- alcuni girano anche il capo. Nuvola Alta marcia a testa alta, aggiustandosi il copricapo. Vuole che lo vedano bene, vuole che vedano lo scempio, l’umiliazione alla quale li ha sottoposti la loro “grande nazione”. Piccolo Fiume desidera che smettano di guardare. Tutto quello che lui vede è il colore della loro pelle. Tutto quello che i bianchi vedono è il colore della pelle indiana.
 
Piccolo Fiume zoppicando leggermente avanza, raggiunge Nuvola Alta, che gli aveva fatto cenno di avvicinarsi a lui. Sono fermi su una piccola collina, e intravedono una pianura verdeggiante.
“Mi hanno detto che è quella, che ci fermeremo lì, finalmente”
“Sembra quasi casa nostra” commenta il giovane, toccandosi i capelli neri che aveva finalmente raccolto di nuovo in una treccia. Il silenzio viene spezzato dal verso di un’aquila, che solitaria vola alta nel cielo limpido.
“È venuta a darci il benvenuto” Nuvola Alta la indica con la mano sinistra “è venuta a ricordarci che siamo sopravvissuti.”





AYEEE.
Credo che questo sia uno dei racconti al quale sono più affezionata. Mi farebbe veramente piacere sapere cosa ne pensate, e se vi è piaciuto. Buona giornata c:


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: imunfjxable