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Autore: _The story at the End_    16/04/2020    0 recensioni
Uno stupido gioco: ecco come iniziava ogni avventura.
Lo sapevo più di chiunque altro, io che passavo le serate a leggere libri.
"Vediamo se hai il coraggio di entrare". La frase con cui iniziava ogni film horror e ovviamente io, che non mi do mai ascolto, sono entrata.
Perché il mio ego non se ne sta apposto ogni tanto?
Perché, se Bertold non avesse pronunciato quella frase, la solita frase su cui perdo il controllo, mi sarei sicuramente rifiutata: "è una femmina è ovvio che non ci entra! "
E io, che sono una femmina, sono stata tanto stupida da cacciarmi in questo guaio.
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
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Quando rinvenni, Hunter era scomparso ed era calato il buio. Per un attimo rimasi pietrificata dalla paura al solo pensiero che potesse essere morto e che io mi trovavo inerme sul terreno, in mezzo alla foresta più letale che potesse esistere, per di più in piena notte. Ero distesa a pancia in giù e il dolore alla gamba mi teneva inchiodata al suolo; non potendo sollevarmi nemmeno sulle braccia, usai la voce e lo chiamai disperatamente. Al secondo richiamo, contro ogni aspettativa sentii la sua voce ma senza vederlo "zitta stupida, ci fai ammazzare" cercai di muovere il collo nella direzione da cui proveniva il suono ma subito arrivò l'ammonizione "no! non ti muovere, neanche di un centimetro". Cessai ogni tentativo di spostamento che già mi costava molte energie, avevo una stanchezza mortale nelle vene, come se la gambe malata stesse infettando il resto del corpo con la sua pesantezza di pietra. "Hunter, dove sei?" Avevo paura e freddo, mi sentivo esposta e indifesa. "Sono nascosto in un cespuglio, tranquilla". Ricordai che l'ultima volta che lo vidi era impegnato a lottare contro una ventina di alligatori senza poter toccare il fondo dello stagno a causa delle sabbie mobili. Non mi chiesi com'era possibile che fosse ancora vivo perché sapevo di cosa era capace ma chiesi "sei ferito?" Ricordando le brutte ferite che aveva riportato durante lo scontro. "Sopravvivrò".
La consapevolezza che lui avesse superato la sua prova mi fece sperare di essere salva almeno per un po' e quindi riuscii ad addormentarmi
***
Più che essermi addormentata suppongo di essere entrata in uno stato quasi comatoso, dovuto alle condizioni in cui riversava la mia gamba: non era visibilmente grave ma l'osso della rotula puntava in una direzione diversa dal solito e questo mi provocava un dolore lancinante. Quando aprii gli occhi era giorno inoltrato e Hunter era disteso vicino a me, a pancia in su. Si accorse che ero sveglia qualche attimo dopo, forse dalla variazione del mio respiro, sì girò di lato, con qualche mugolio e mi accarezzò la guancia "come stai?"
"Ho una gamba rotta" dissi seccamente. "Tu?" Aggiunsi poi sostenendo il suo sguardo, a pochi centimetri dal mio viso. 
"Sono messo maluccio anch'io, perdo sangue da ore. Dobbiamo leccarci le ferite prima di ripartire". Non mi serviva guardare le sue ferite per capire che si stava dissanguando; aveva un colorito cadaverico. “potresti uccidermi e dopo io lo farò con te” Dissi ricordandomi lo strano evento del giorno prima.” Ma lui fece cadere ogni mia aspettativa “Questo funziona solo per la prova iniziale, altrimenti sarebbe troppo semplice”. Mi venne da chiedere “come sai queste cose?”, e lui rispose semplicemente “si procede per tentativi”. Non volli soffermarmi troppo a pensare a quell’affermazione. Capii che se non ci fossimo mossi in fretta saremmo morti lì, dovevo trovare un modo per ricucirlo e per fare ciò dovevo mettermi a sedere. La consapevolezza che le nostre vite fossero attaccate ad un filo e dipendevano dal fatto che dovevamo agire tempestivamente, mi fece trovare la forza necessaria per puntare le braccia a terra e sollevarmi nella posizione del cobra. Solo questo movimento mi faceva venire voglia di urlare ma mi morsi forte il labbro e iniziai a roteare il busto inserendo la mano sinistra sotto quella destra che faceva da perno. Alla fine con qualche movimento del bacino riuscii a trovarmi a pancia in su e mi misi a sedere. Mi sentivo impotente, neanche riuscivo a stare in piedi, ma sapevo che quelle sofferenze sarebbero finite se avessimo in qualche modo raggiunto l'obbiettivo. "Hunter dov'è lo specchio". Lui sembrava esserci trasformato nel suo fantasma, era come se sentissi la morte aleggiare intorno, era svuotato e completamente coperto di sangue. Mi indicò col braccio una direzione ma sapevo con le mie gambe non ci sarei mai arrivata. Dovevo ricucirlo e strapparlo dal regno dei morti. Ago e filo: dovevo procurarmeli. Fatti furba Clara. Sfilai l'orlo di una maglietta e adattai una piccola spilla da balia che avevo trovato grazie a un colpo di fortuna sul fondo di una tasca dello zaino e procedetti col rammendare e bendare tutto quello che era possibile. Lui soffriva visibilmente mentre bucavo e tiravo i lembi di pelle frastagliata ai bordi della ferita così pensai di distrarlo facendolo parlare. "Come  hai fatto ad uscire dallo stagno?" Cercai di individuare le ferite più gravi e chiuderle per prime in caso il filo non bastasse.
"Li ho uccisi tutti"
La più difficile da richiudere era quella al petto, un alligatore ci aveva affondato i denti e adesso era costellato di solchi sanguinolenti. Lo immaginai mentre lottava come una furia sperando che non fossi morta.
"E cos'era quell'albero?"
"Sei viva solo grazie al fatto che sei svenuta, probabilmente l'albero ha smesso di attaccare perché non ti muovevi più. Per qualche motivo attacca solo di notte."
"Cos'è successo l'ultima volta?" Lo chiesi perché sono una persona curiosa, era un tentativo, non pensavo mi rispondesse perché era evidente che non ne volesse parlare, invece lo fece "l'albero fece a pezzi il mio migliore amico. Gli strappò gli arti uno per uno mentre ero costretto a guardare". Mi bloccai senza saper rispondere poi mi chiami per finire il lavoro, sapevo che il mio sguardo compassionevole lo avrebbe solo irritato e nessuna parola avrebbe potuto esprimere vicinanza nel modo in cui lo volevo, quindi non dissi niente. Ci misi tutto il mio impegno e alla fine riuscii a chiudere molte delle ferite sanguinanti e a disinfettarne e bendarne altre. Alla fine gli diedi la barretta di cioccolata rimasta, anche se morivo di fame, dopo lo mandai a raccogliere dei rami resistenti. Lui barcollava e camminava a testa china come se non avesse la forza per sostenere il suo peso, figuriamoci il mio.  Quando tornò cercai di steccarmi la gamba con due bastoni ai lati e qualche corda ma nonostante il bastone che usavo per sorreggere il peso non sarei comunque riuscita a proseguire se lui non ce l'avesse fatta. Mi diede una mano ad alzarmi, lui mi teneva per i fianchi e io avevo le mani sul suo collo, mi strinsi a lui per paura di perdere l'equilibrio, eravamo molto vicini così, d’impulso lo baciai. Non so perché lo feci, mi venne naturale e forse volevo infondergli un po' della mia forza, sembrava così debole e mal ridotto... Fu come aver accesso il fuoco, lui ricambiò appassionatamente tenendomi sollevata da terra, era come se i suoi muscoli fossero tornati a funzionare e il suo corpo a produrre calore.
   
 
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