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Autore: nicailuig    19/04/2020    1 recensioni
Tu stavi per salire senza salutare e te l’ho fatto notare. Ci siamo congedati come gli adulti, che si baciano sulle guance e si stringono la mano. La confidenza costruita in mesi si è disintegrata in quel gesto. Siamo tornati estranei, tu a casa tua e io nella mia
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un giorno ti ho detto che qualcosa si era rotto, che non funzionava più. Per dirtelo ti ho portato nel posto vicino a casa mia da dove si vede tutta la città. Era buio e le luci brillavano. Tuo malgrado mi hai detto che era bello. ‘Allora?’, mi hai chiesto. Io che facevo sempre quella sfrontata e senza timori per una volta avevo paura. Mi ricordo la gola secca, i pensieri che cercavano di aggrapparsi al discorso che mi ero ripetuta tante volte fino a poche ore prima. Poi ho sputato fuori quello che avevo da dire, forse in modo confuso, forse in modo poco convincente. Mi ha interrotto spesso e fatto tante domande. Volevi razionalità quando sapevi benissimo che non sarebbe servita. Ho cercato di spiegati che non funziona così, che non c’è una formula matematica. Ho fatto la maestrina, e ora che lo vedo mi vorrei mordere la lingua per essere stata saccente anche quando ti stavo mollando. Io non lo so cos’è successo. So che prima ti pensavo e andavo a fuoco, che ascoltavo canzoni tristi e mi sembravano allegre, che sentivo l’adrenalina quando ti stuzzicavo e stavi al gioco. Poi, un giorno, ti ho guardato e ho provato noia. E mi sono sentita cattiva, perché tu di noioso non ha niente. Eppure, volevo essere da un’altra parte.

 

Mi hai detto che su di noi avresti scommesso. Non sei mai riuscito a farmi sentire in colpa, questa volta sì. Ho quasi pianto, ma mi sono rimangiata il nodo che avevo in gola perché sentivo di non averne il diritto. Mi hai rimproverato un sacco di cose e ti ho lasciato fare. Ne avevi bisogno e io forse me lo meritavo. Poi siamo tornati in silenzio alla tua macchina. Tu stavi per salire senza salutare e te l’ho fatto notare. Ci siamo congedati come gli adulti, che si baciano sulle guance e si stringono la mano. La confidenza costruita in mesi si è disintegrata in quel gesto. Siamo tornati estranei, tu a casa tua e io nella mia. Per una settimana non ti sei scoraggiato e hai continuato a pretendere risposte. La tua domanda era sempre la stessa, anche se posta diversamente: perché? Una ragione non c’era, ma tu non lo capivi. Certe cose, che sia un bene o un male - decidilo tu -, un senso non ce l’hanno. L’ho cercato, per te, ma non ce l’hanno. Quando mi sono resa conto che non ero più in grado di fare compromessi sulle cose che di te non mi piacevano, ho capito che non c’era più niente da fare. Per me questo è amarsi, di qualsiasi tipo di amore si parli.

 

Che ne so perché è successo. Quando me lo chiedo divento triste. Mi viene in mente il tuo neo a lato della bocca, la tua camminata un po’ storta, la tua voce roca e sensuale. E mi sento egoista. Non te l’ho mai detto, ma per un po’ di tempo avrei voluto che tu fossi rimasto nella mia vita: non come amante, non come amico. Chissà che cosa volevo. Non volevo rinunciare del tutto a te. E poi però siamo andati avanti, tu a Milano, io qui, tu sulla metro, io sull’autobus, tu con i tuoi coinquilini, io con i miei amici di sempre. Non ci siamo più rivisti. Ogni tanto penso a come sarebbe se per caso, un giorno, succedesse. Io ti verrei a salutare, ti sorriderei. Ti immagino seduto con una birra in mano, vicino al banco del posto dove andavamo spesso. Ti vedo che non ricambi il sorriso, che sei ancora ferito, permaloso come sei. Quando ti prendevo in giro lo facevo per questo, per smussare i tuoi spigoli. Forse è una questione di esercizio, chi sa se ora che non lo faccio io se ne occupa qualcun’altro. Non sono insostituibile, non ho mai pensato di esserlo, né l’ho mai voluto. Però chissà perché, ma mi immagino che dopo tanto tempo nei miei confronti avresti ancora astio. Però so che se ti parlassi per un po’, allora verrebbe a galla la tenerezza. Poi ti lascerei lì a finire la birra, e io tornerei dai miei amici, alla mia vita. E non sarebbe altro che questo, una piccola parentesi di passato, un’istantanea dolceamara, a ricordarci chi eravamo e chi non siamo più.

   
 
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