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Autore: paige95    21/04/2020    21 recensioni
La guerra in Afghanistan è il filo rosso che lega il destino di due uomini e due famiglie, due mondi distanti che non sanno di essere molto vicini tra loro.
Nell'estate del 2018, in pieno conflitto, il tenente comandante dei Navy SEALs Christian Richardson e l'inviato speciale del Los Angeles Times Samuel Clark verranno chiamati al fronte, lasciandosi alle spalle vissuti, affetti e i vasti territori californiani.
[Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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San Diego; 10 agosto 2018
 
L’odore di salsedine, accostato al riflesso della luna sulla superficie dell’acqua, donava a Christian una pace che quella sera faticava a riscoprire. La pelle ambrata dell’uomo faceva da sfondo a scie luminose, frutto delle onde basse, colorate dall’avorio del satellite. Un fastidioso ciuffo bruno prendeva di tanto in tanto il sopravvento, frapponendosi tra l’azzurro della sua iride e il blu notte del cielo costellato da infiniti puntini risplendenti.
Si era accomodato a gambe incrociate sulla battigia a contemplare il suo primo amore: l’oceano.
Ogni volta davanti a quello spettacolo il Navy SEAL immergeva i ricordi tra le luci e le ombre dei cavalloni. Sulla spiaggia californiana Pacific Beach aveva vissuto una vita intera, prima e dopo la tragica dipartita dei suoi genitori.
Lo avevano sempre affascinato le maree, il loro moto, favorito dall’attrazione che la luna esercitava sulla Terra, aveva un non so che di magico e romantico. I suoi, però, avevano rivolto troppo lo sguardo in su e proprio quel cielo con un drammatico incidente aereo li aveva strappati precocemente all’affetto del figlio adolescente.
Erano passati più di ventitré anni dal giorno in cui era diventato orfano di padre e di madre, eppure l’aeroplano continuava ad essere un tabù per lui. Christian, nell’arco della sua carriera lavorativa, aveva preferito rimanere con i piedi ben saldi al suolo, o quantomeno tra le onde; aveva fatto dell’oceano la sua ragione di vita, diventando parte del corpo della marina militare americana, come soldato semplice e in seguito come tenente comandante, e incontrando proprio in quelle acque la sua attuale compagna.
Katherine Scott, sua moglie, frequentava quella spiaggia assiduamente per lavoro; nella stagione estiva come quella che stavano vivendo, particolarmente proficua, si occupava del controllo e della sicurezza dei bagnanti. Christian aveva notato quella giovane bagnina newyorkese dal primo momento in cui lei aveva messo piede nello Stato della California. Non avrebbe mai potuto passargli inosservato quel fisico asciutto, su cui ricadevano boccoli castani perfetti, sia che fossero asciutti sia che fossero inzuppati; quegli occhi, poi, tinti di un verde smeraldo talmente limpido da fare invidia persino all’oceano.
Katherine, a differenza sua, aveva avuto bisogno del pretesto per accorgersi di lui, nonostante ai tempi fosse un giovane e prestante Navy SEAL. Fu per entrambi amore a prima vista, a cui seguì un felice matrimonio e una bambina di nome Alisia.
Ogni volta che l’uomo si perdeva a contemplare l’oceano, non poteva fare a meno anche di ricordare – benché fossero ormai trascorsi più di dieci anni – il punto esatto in cui quella ragazza, in un giorno limpido di inizio estate, si precipitò in acqua nuotando nella sua direzione, credendo avesse avuto un malore. Christian, in realtà, stava semplicemente svolgendo i suoi giornalieri esercizi di apnea e quel giorno aveva solo provato a spingersi oltre il limite personale; non avrebbe mai voluto allarmare la bagnina di guardia, ma il destino aveva deciso per loro che fosse giunto il momento di conoscersi e lui non ricordava nella sua vita un incontro più fortunato.
Il pensiero di lei e della loro vita insieme, unito alla sensazione che l’oceano gli infondeva, offriva a lui la percezione che il macigno sul suo cuore fosse meno pesante.
A pochi minuti da San Diego la base militare del Coronado era illuminata a giorno per favorire il lavoro notturno dei suoi colleghi, che avrebbe presto dovuto salutare per mesi.
Nell’arco di pochi giorni lo avrebbe atteso una nuova avventura, lontano da San Diego, dal suo adorato oceano, ma soprattutto dalla sua famiglia. Non era un’esperienza che si apprestava a rivivere a cuor leggero, aveva ben presente i rischi che avrebbe corso. Era già stato al fronte molti anni prima, quando su di lui pesavano quasi dieci anni in meno. Non aveva più dimenticato il pericolo a cui erano andati incontro lui e i suoi compagni, sarebbe bastato poco meno di un chilometro per farli saltare per aria in una frazione di secondo; i terroristi non avrebbero mai perdonato la loro nazionalità americana, se Christian non avesse fiutato quell’agguato, riuscendo a consentire il rientro in patria di un centinaio di soldati come lui, con famiglie che attendevano solo di non ricevere dall’ambasciata americana in Afghanistan pessime notizie. Con quel gesto, definito eroico dai suoi ufficiali e riportato da tutte le testate giornalistiche – persino dalla prima pagina del prestigioso Los Angeles Times –, si era guadagnato un nuovo grado militare e la fama di una brillante esperienza sul campo. Peccato che l’entusiasmo per quella promozione fosse svanito e a nulla valsero i suoi tentativi di declinare quella nuova missione; a quanto sembrava, essere padre di una bambina che a malapena sapeva fare due più due non era un motivo valido per disertare un ordine.
«Capitano, cosa fai qui tutto solo? Prima organizzi una festa a sorpresa per il mio compleanno e poi non festeggi insieme a me?»
La stoffa chiara e svolazzante - guidata dal venticello tiepido - del vestito della moglie lo fece riemergere dai pensieri. Christian risalì con lo sguardo la sagoma perfetta di quella donna; le aveva regalato lui quell’abito intagliato in seta e merletto, convinto che avrebbe ostentato quelle sobrie trasparenze con eleganza. Non si soffermò più del necessario sulle sue forme, morbide e asciutte allo stesso tempo, ciò che attirò la sua completa attenzione fu il sorriso sincero e una mano dalle dita affusolate che porgeva un bicchiere di plastica, il contenuto a lui era ancora sconosciuto. Avrebbe forse dovuto davvero affogare nell’alcool le preoccupazioni, ma in quel caso si sarebbe giocato l’occasione di godersi a pieno quella Notte di San Lorenzo in compagnia della sua famiglia.
«Coraggio, non voglio farti ubriacare per rimorchiarti. Ti credi così attraente? È semplice succo d’arancia, corretto con nulla»
Come avrebbe fatto a spegnere l’entusiasmo della moglie con quella notizia ancora non lo sapeva.
Afferrò il bicchiere che la donna gli aveva porto e tentò di simulare un mezzo sorriso per ringraziarla del gentile pensiero.
Katherine, avvolta nel suo scialle, per proteggere le braccia nude dall’umidità di metà agosto, si accomodò accanto a lui e perse lo sguardo oltre l’orizzonte che si estendeva all’infinito davanti a loro, contemplando quelle terre di cui anni prima si era follemente innamorata. La luce lattea della luna rendeva più chiara la chioma castana della donna, Christian non si fece sfuggire nemmeno una sfumatura. Sua moglie aveva appena compiuto trentacinque anni, aveva una gravidanza alle spalle, eppure aveva conservato la stessa bellezza di quindici anni prima, quando l’aveva vista per la prima volta sulla guardiola.
Porse un bacio tra i capelli della sua signora e lasciò che lei posasse la guancia sulla sua spalla, rivolgendo stavolta l’attenzione al cielo nella speranza di scorgere qualche stella cadente, per rendere ancora più felice quel momento in sua compagnia.
«Non ho la più pallida idea di come tu abbia fatto ad invitare colleghi e amici senza che io me ne accorgessi, Chris»
Amava sorprenderla, almeno tanto quanto amava lei, perché sapeva che ciò l’avrebbe resa felice. Le premure di suo marito le offrivano la garanzia della sua presenza nel corpo e nell’anima; rovinare quelle certezze in un momento di gioia era un pensiero che lo rendeva combattuto.
Quella donna era già diventata sua moglie dalla sua ultima missione in Afghanistan, non riusciva ad annunciarle che molto presto avrebbe rivissuto la lancinante attesa di sue notizie dal fronte. Stavolta il pensiero della figlia avrebbe reso più drammatica la partenza di Christian. Non riusciva più a mantenere quel segreto però, era convinto che presto o tardi lei avrebbe letto l’ombra della menzogna nei suoi occhi.
«Kathe»
Era certo che dal tono di voce grave, ben distante da un clima di festa, sua moglie avesse già intuito qualcosa.
Stavolta fu lei a fissare il profilo dell’uomo al suo fianco, in attesa che lui trovasse il coraggio di incrociare i suoi occhi. Il fatto che suo marito prendesse un respiro sofferente e continuasse ad ammirare lo scintillio delle stelle sulla superficie dell’acqua con sguardo assente la spaventò.
«Christian…è successo qualcosa che dovrei sapere?»
L’uomo gettò un’occhiata verso la spiaggia e fece passare in rassegna i visi sereni degli invitati; era alla ricerca dello sguardo più sincero tra i loro conoscenti, voleva essere certo di affidare la sua famiglia a mani sicure. Il più fidato amico che lui avesse mai avuto dai tempi del liceo stava facendo fare qualche piroetta alla piccola Alisia. William Davis rappresentava tutto ciò che poteva definirsi un fratello e per la proprietà transitiva era diventato lo zio prediletto di sua figlia.
Era l’amico che aspettava Christian nei corridoi della scuola, quando il mondo intorno a lui si era oscurato all’improvviso e lo irritava la vista di qualunque essere umano, di chiunque tranne di William che riusciva sempre ad abbattere il muro di dolore. A diciassette anni Christian era diventato orfano dei genitori, ma aveva guadagnato un prezioso fratello.
William era stato suo testimone di nozze in una fredda notte di Natale, lo aveva accompagnato in un nuovo e importante passo della sua vita; l’eterno scapolo aveva dato la sua benedizione ad una delle coppie più affiatate dell’intero Stato della California, ma lui non ci pensava neanche a metter su famiglia. William però, nonostante la sua poca propensione alla vita coniugale, adorava il frutto dell’amore dei suoi migliori amici, ciò lo rendeva il candidato perfetto per colmare l’assenza di Christian.
«La prossima settimana devo partire»
«Devi compiere qualche missione al largo?»
«Questa è veramente molto al largo»
Il Navy SEAL sorrise con sarcasmo. Era naturale che Katherine non pensasse subito al peggio, in fondo per quale ragione avrebbe dovuto, da anni ormai Christian vedeva la guerra solo attraverso i canali della CNN.
La reazione dell’uomo confuse la donna accanto a lui, iniziava ad essere molto meno spensierata. La gioia delle ultime ore stava scemando ogni secondo di più.
«Chris, non ti capisco. Di cosa stai parlando?»
Christian non era rimasto sul vago a caso, non era facile nell’arco dello stesso giorno infonderle una grandissima gioia e subito dopo un immenso dolore. Si passò una mano sugli occhi, cercando di riscoprire il coraggio di essere più chiaro con sua moglie; anche a costo di ferirla, lei aveva il diritto di sapere e possibilmente in tempo utile per assimilare quella notizia.
«La mia meta sarà l’Afghanistan. È una missione via terra, non via mare»
Le offrì quella spiegazione con dolcezza e cercando di tranquillizzarla, incastonando gli occhi in quelli di topazio di lei, scuriti dalle tenebre.
Christian aveva posato la mano su quella immersa nella sabbia della donna, un impercettibile tremore si era impossessato di lei.
Era il primo a provare un’umana paura, ma lei non doveva e non poteva cedere davanti alla bambina. Le avvolse la mano e la strinse forte nel suo calore per placare l’ansia e tutti i pensieri che stavano affollando la mente di sua moglie.
«Vai in guerra?»
Sperava di aver inteso male, ingenuamente confidava in una smentita da parte di suo marito, ma ciò che tanto desiderava non arrivò mai. L’uomo preferiva ovviare il suo sguardo, piuttosto di ripetere ad alta voce la verità.
«Christian, in quella guerra si muore»
«Davvero? Non lo avrei mai detto»
Era tornato a rivolgere demoralizzato lo sguardo davanti a sé in cerca di un’ispirazione. La notizia aveva ovattato per entrambi i coniugi persino la musica e i canti di gioia dei loro amici, che continuavano ignari a festeggiare il compleanno di Katherine.
«Mi dispiace, Kathe. Ti ho rovinato la festa, avrei dovuto aspettare domani per parlartene. Ho avuto un tempismo pessimo»
Non trapelava timore dall’espressione del marito, eppure lei avvertì i suoi muscoli tesi, non appena gli ebbe afferrato il braccio, invitandolo a stringerla a sé. Sentiva il leggero tremore da cui quell’uomo era pervaso, Katherine lo percepì all’altezza del ventre, nell’esatto punto in cui lui l’aveva attirata a sé.
«Hai paura?»
«Troppa per non essere la mia prima volta. Katherine, scusami, sto esagerando. Tu e Alisia dovrete essere serene anche quando sarò lontano»
«Intendi serene, pensando che sarai sotto le bombe?»
Erano i rischi di quel mestiere e non sarebbe stato certo lui a negare quanto fossero alti.
Quando Christian aveva preso la decisione di intraprendere quella carriera alla giovane età di diciannove anni, non c’era nessuno a cui dovesse rendere conto per la sua vita. All’epoca era intraprendente e temerario, un ragazzo del tutto abbandonato a se stesso che era alla ricerca disperata del suo posto nel mondo. Non aveva di certo previsto di imbattersi in una newyorkese venuta da lontano che in futuro sarebbe diventata la sua compagna di vita e la madre dei suoi figli.
La guerra non perdonava, qualunque fosse lo status di un soldato; gli affetti non influivano sulla vita e sulla morte.
Se solo Christian avesse potuto scegliere, avrebbe continuato a prestare il suo servizio a San Diego, accanto alla sua famiglia.
La donna sciolse l’abbraccio del marito per essere libera di incrociare il suo sguardo.
«Vado ad aiutare la popolazione in difficoltà, Katherine. Sanno che ho esperienza in quel territorio e potrei guidare più facilmente una missione»
«Non voglio sapere in quali guai ti caccerai. Io non riesco nemmeno a pensare ai rischi che corrono i soldati americani laggiù. Non voglio rivivere l’inferno di nove anni fa, sentire alla CNN la notizia di un attacco terroristico pregando che tu non sia coinvolto, con il terrore di ricevere una chiamata da parte dell’ambasciata. Ti voglio sapere qui, a pochi chilometri da casa…voglio aspettarti la sera»
«Non riesco a darti torto, Kathe. Ma io ho le mani legate»
«Hai anche una bambina di sei anni»
«E una moglie che mi ama e che io amo, già»
Christian avrebbe voluto terminare diversamente quella serata. La serenità avrebbe dovuto fare da padrona, non le lacrime che minacciavano di inondare le iridi della sua donna.
Le sfiorò appena con la punta delle dita una guancia per invitarla a voltarsi nella sua direzione. Desiderava porgerle un bacio, riassaporare le sue labbra perennemente intrise del dolce e intenso sapore della salsedine.
L’arrivo della figlia non gli consentì di accostarsi a lei. Alisia lo aveva afferrato alle spalle per abbracciarlo, circondandogli il collo con le braccine.
L’ingenuità della bambina li aveva interrotti, ma ciò non infastidì Katherine e Christian, anzi la sua intromissione strappò loro un sorriso.
Nonostante l’uomo non potesse vedere la figlia, non gli risultò difficile riconoscere il suo tocco delicato. Intercettò divertito le mani della piccola, invitandola ad entrare nel suo campo visivo.
«Vieni, Alis. Guardiamo le stelle cadenti insieme»
«Io non le vedo»
«Se non guardi il cielo, non le vedrai mai e non potrai nemmeno esprimere un desiderio»
Voltò la bambina con un mezzo giro su se stessa rivolgendola verso l’oceano. La invitò a restare in piedi, appoggiata con la schiena al suo petto per stare più comoda, stretta tra le forti braccia del padre.
Non trascorse molto tempo, prima che Alisia con l’entusiasmo dell’infanzia indicasse il cielo.
«Papà, eccola!»
«Cos’hai espresso? Ah no, non puoi dirmelo»
«Ma se non te lo dico, non si avvera. Voglio che tu e la mamma restiate sempre con me»
La piccola cercava di strappare una promessa ai genitori. Sia Katherine che Christian sapevano che le stelle senza la loro volontà non avrebbero potuto compiere alcun miracolo.
L’uomo abbassò lo sguardo colpevole, quando la figlia puntò addosso a lui gli occhi acqua marina.
La donna, al loro fianco, si era persa ad ammirare l’affetto che con i gesti suo marito e sua figlia dimostravano di provare l’uno per l’altra. Sarebbe stato tutto perfetto, se il loro futuro non fosse stato così incerto.
«Alisia, io e la mamma ti saremo sempre accanto. Tesoro, anche se per un po’ non potremo abbracciarci, mi troverai proprio qui ogni volta che vorrai»
Indicò il petto della bimba all’altezza del cuore. Lei, senza afferrare a pieno le parole del padre, si gettò tra le sue braccia.
Christian la strinse così forte da non avere dubbi sul fatto che la figlia percepisse i suoi battiti accelerati; le mancavano solo la conoscenza e la capacità per interpretarli.
 
◦•●◉✿✿◉●•◦
 
Quella notte fu irrequieta per Katherine, non riusciva a prendere sonno. I pensieri le affollavano insistentemente la mente: la famiglia era una costante preoccupazione in quelle ore.
Singhiozzava nel silenzio della stanza, il suo cuore alla fine aveva ceduto al dolore; lungo la settimana che li divideva dal fatidico giorno, avrebbe esaurito tutte le riserve di lacrime; era impossibile per lei reggere una simile apprensione.
Era convinta che suo marito la stesse sentendo. Alle spalle percepiva il fruscìo delle lenzuola, sintomo della sua stessa irrequietezza e del fatto che anche lui non riuscisse ad abbandonarsi serenamente alle braccia di Morfeo.
Christian non commentò lo sfogo della moglie. Si avvicinò in silenzio alle sue spalle e le fece passare un braccio sul fianco.
Si sentì in colpa per averla spaventata. Forse avrebbe dovuto impiegare parole diverse, cercare un modo per rassicurarla, ma la sostanza non sarebbe cambiata, anche se avesse pensato a qualche bugia bianca.
La donna gli fu grata per la vicinanza. Recuperò il braccio dalla vita e lo strinse accanto al cuore. Si lasciò irradiare dal calore del marito, tentò di imprimerlo sulla pelle e conservarlo per quando la mancanza sarebbe stata troppo pesante da sopportare.
«Prova a dormire, amore»
Le aveva sussurrato con dolcezza e lasciato un bacio fra i boccoli scompigliati, sperando che ciò contribuisse a rilassarla.
Katherine viveva in quella casa da diversi anni ormai, da quando si erano innamorati Christian non aveva più potuto fare a meno di lei. L’aveva invitata a trasformare il luogo, nel quale aveva vissuto un periodo piuttosto lungo in completa solitudine senza genitori, nel loro nido d’amore.
Con il tempo, quell’angolo di mondo era diventato per Katherine il suo rifugio sicuro, nel quale dimenticare il passato e condividere con lui i suoi sogni più intimi.
Era bastato un alito di vento per rendere quelle mura pressanti. In assenza di Christian, tutto lì dentro avrebbe assunto una nuova atmosfera.
Era surreale pensare di dormire in quel letto da sola, non era mai successo e solo la prospettiva le provocava un vuoto nel cuore. Non era sicura di poter vivere senza la dolce sensazione di accoglienza che lui le aveva sempre infuso.
La California era diventata la vera casa per lei, grazie a lui e grazie a quell’uomo la adorava.
New York, con i suoi grattacieli, la frenesia, i suoi genitori, le multinazionali che non conoscevano la meravigliosa pace che l’oceano infondeva, era tutt’altro mondo. I suoi genitori, soprattutto: coloro che non erano mai stati in grado di capirla; coloro che avrebbero venduto l’anima pur di vederla in altre vesti; coloro che con pressanti imposizioni l’avevano allontanata ed ora sapevano a malapena di avere una nipote. Da bravi egoisti, i signori Scott non si erano mai premurati della felicità della figlia - perlomeno non quella che intendeva lei -, anzi, non sapendo più come far valere la loro autorità su di lei, avevano iniziato ad attribuire colpe illogiche al genero. Christian, secondo il loro personale parere, era colui che aveva distanziato Katherine dalla sua famiglia, l’aveva manipolata fino a disprezzare l’inestimabile eredità che il suo cognome prevedeva. Ecco cos’era suo marito per i suoi genitori ed ecco cos’era invece lui per lei: un buon motivo per rinunciare a qualsiasi ruolo di prestigio nell’azienda del padre.
Katherine aveva preferito seguire i suoi sogni, l’oceano e l’uomo di cui era innamorata.
«Chris. Stavolta ci sentiamo, vero?»
«Tutti i giorni, se vorrai e potrai. Da parte mia, farò anche l’impossibile per riuscirci»
«Me lo prometti?»
Lo sentì soffocare un sorriso contro la sua chioma e simulare con le dita che la stringevano il simbolo della promessa degli scouts.
«Parola di boy scout»
«Scemo, tu non sei uno scout»
Gli diede una delicata manata sul braccio invitandolo a smettere di scherzare, benché tra gli occhi lucidi e le guance umide fosse spuntato sul viso della donna un sincero sorriso.
Si voltò verso di lui, muovendosi tra le sue braccia. Incrociò un’espressione rassicurante.
«Senti, signora Richardson. È notte fonda, ti sono accanto e non c’è alcun motivo di inondare di lacrime il cuscino ora. Manca ancora una settimana, risparmiamole per quel momento. Cosa dici?»
Le era così vicino da sentire il suo respiro caldo sul viso, un leggerissimo vento di scirocco di cui non avrebbe mai fatto a meno, se avesse potuto scegliere.
Accarezzandola con il pollice, Christian le asciugò il sale rimasto sulle occhiaie – accentuate dai pensieri –, sulle ciglia, sulle gote e sul mento. Non riusciva, però, a colmare la tristezza, non sapeva come sfiorarle l’anima, custodire anch’essa tra le braccia o privarla di quella sofferenza; ne avrebbe provata il doppio lui solo per alleggerire lei di quel fardello.
La sfiorava come se fosse la cosa più delicata e preziosa del mondo. Del suo mondo.
«Avrei dovuto dirtelo il giorno prima della partenza, almeno non avrebbe rovinato questi giorni»
Katherine cercò di farsi contagiare dalla sua voglia di normalità. Gli sfiorò le labbra increspate con le dita, ne seguì il contorno, per poi infine baciarle annullando quel poco di distanza tra loro.
Dalla festa in spiaggia, Christian non desiderava altro: affogare i pensieri in quei contatti unici ed esclusivi.
«Però forse, ripensandoci, non so se mi sarei ugualmente guadagnato un bacio simile»
«Guadagnerai molto di più stanotte, capitano, se mi prometti che sarai prudente e starai lontano dai pericoli»
«Kathe, come faccio a prometterti che in guerra io stia lontano da ogni rischio che metta a repentaglio la mia incolumità?»
Ogni parola che suo marito pronunciava quella notte sembrava essere poco rassicurante.
Per quanto Christian l’avesse avvicinata a lui e si premurasse di non lasciare che lei si allontanasse, la donna abbassò lo sguardo pensieroso sul suo petto, sfuggendo dalle mancate promesse di lui che gettavano il loro destino nella più terribile instabilità.
Posò due dita sotto il mento di Katherine per alzare il suo sguardo assente.
«Non potrò baciarti per nove lunghi mesi, non voglio sprecare nemmeno un secondo prima di partire»
Intravide gli occhi celesti del marito annacquarsi. Stava cedendo anche lui, era solo più addestrato di lei a sopportare le sofferenze fisiche e psicologiche.
Christian sperava di trascorrere una notte spensierata tra le braccia di quella donna, una delle ultime prima di diversi mesi. La baciò dolcemente e con prudenza. Le offrì la possibilità di tirarsi indietro, auspicava però che il desiderio fosse condiviso. Ebbe un fremito di delusione quando lei si ritrasse; forse avrebbe dovuto attendere qualche ora prima di azzardare un approccio, era ancora troppo scossa.
«Cos’hai detto? Nove mesi?»
«Tesoro, è una missione, non una vacanza. Non torno a casa quando mi pare»
La carnagione chiara di Katherine aveva assunto un candore preoccupante. Si era sollevata, voleva sedersi per incassare meglio l’ennesimo colpo della giornata.
In quello stato persino le forze le venivano a mancare. Stringeva sconvolta nei pugni chiusi lembi di lenzuola. Era tesa, il cuore stava uscendo dalla gabbia toracica; di quel passo non sarebbe sopravvissuta nemmeno lei a quell’esperienza.
«Katherine?»
«Tu starai via quasi un anno?»
«Nove mesi…a fine maggio sono a casa. Dai, Kathe. Hai già dimenticato i nove mesi della gravidanza? Cosa sono questi in confronto?»
Cercava in tutti i modi di sminuire e sdrammatizzare, ma senza successo. Le aveva ricordato quanto l’esistenza della loro bambina rendesse ancora più triste la separazione.
«Non posso farcela, Christian, è troppo tempo…non riesco»
Iniziava a credere di dover essere lui il più forte tra i due, benché tutte le paure che serbava nel cuore, il rischio di non rivedere più la sua famiglia in primis.
Le prese il viso tra entrambe le mani, costringendola ad incrociare i suoi occhi, profondi quanto gli abissi che tanto amavano.
«Certo che ce la fai. Tu e Alisia sarete forti in questi mesi. Non dovrete preoccuparvi di nulla, ogni giorno alla stessa ora mi metto in collegamento con voi. Andrà tutto per il meglio»
 

Buongiorno, cari lettori e care lettrici!

Nel prossimo capitolo vi farò conoscere Samuel Clark. Ricordate che nel prologo lo avevamo lasciato come apprendista del padre presso la redazione del Los Angeles Times? Anche per lui sono passati nove anni e tante cose nella sua vita sono cambiate, altre invece sono rimaste in linea con il passato.
Spero di essere stata esaustiva in questo primo capitolo, ho cercato di gettare le basi del passato e del presente dei coniugi Richardson, ci sarà modo e tempo per approfondire nell’arco della storia.
Nel frattempo vi ringrazio infinitamente per essere passati e, se vi va, ci sentiamo al prossimo capitolo. ❤️

Un abbraccio,
Vale
   
 
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