Libri > Mitologia greca
Ricorda la storia  |      
Autore: Freaky_Frix    22/04/2020    1 recensioni
Vi presento una mia personale reintrepretazione del mito di Persefone.
Spero che gradiate!
Frix
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ade, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IL MITO DI PERSEFONE – QUELLO CHE NON TI DICONO
 
C’era una volta una giovane donna, nata tra le fronde degli alberi, baciata dal sole e dalla vita. Passava i giorni percorrendo con leggiadria i sentieri battuti, i fiumiciattoli limpidi e non si fermava se non per dormire, al calar della sera, intorno ad un fuoco scoppiettante. Amava la sua condizione: era libera, indipendente, e insensibile ai dolori della vita. Non aveva paura neanche dell’oscurità; ne ammirava le stelle e si inchinava alla Luna, Signora della Notte. E si addormentava, ogni volta, cullata dai rumori del sottobosco. Gli animali, anche quelli più feroci, non le recavano alcun male, ma anzi lasciavano che le sue mani affusolate e delicate si posassero su di loro. I lupi erano suoi fratelli, le tigri erano sue sorelle.
Un giorno, la ragazza si imbatté in un campo di grano, illuminato dalla luce del sole di mezzogiorno, e volle percorrerlo per farsi solleticare dalle spighe. Ma, arrivata al centro del campo, inciampò e cadde. Ad attenderla non trovò la morbida terra, bensì un fosso, che la ingoiò per intero, trascinandola giù, nel buio.
La ragazza non ne fu spaventata. Le mani protese in avanti, iniziò a cercare una via, perché sua madre, la Cacciatrice, le ripeteva di continuo che c’era sempre, una via, in ogni luogo. Così, avanzando cautamente, trovò un passaggio nella parete friabile del fosso, che percorse a lungo. Quando iniziarono ad arrivare i crampi della fame, ecco che la ragazza trovò qualcosa di talmente strano che è difficile descriverlo: dinanzi a lei c’era una sporgenza di roccia scura, illuminata da un sottile fascio di luce, nel quale danzava il pulviscolo. La ragazza avanzò lungo la sporgenza, ma guardando verso l’alto si rese conto che non sarebbe mai stata in grado di uscire per quella strada. La parete circostante, infatti, era ripida e priva di incavi che le avrebbero potuto permettere di salire. Allora la ragazza guardò oltre la sporgenza, e qualcosa attirò la sua attenzione: c’erano delle luci, giù per le pareti. Erano flebili, quasi impercettibili, nascoste dalla luce del sole che veniva dall’alto; fuochi fatui, in soccorso della damigella in pericolo.
La giovane cercò quindi un passaggio che le permettesse di scendere e di raggiungere quelle piccole lucciole morenti, trovando uno stretto sentiero, quasi inesistente, che scendeva a spirale verso il basso, talmente stretto che bisognava appoggiarsi alla parete, per percorrerlo. Ma la ragazza non aveva paura, e così iniziò la discesa, che durò a lungo. A lei non dispiacque affatto: sentiva sui polpastrelli i calli della roccia, e sotto le piante dei piedi la polvere, il sudore della terra.
Passò del tempo; molto tempo, giacché quando la ragazza arrivò finalmente in prossimità di una delle luci che aveva visto, quella del sole l’aveva lasciata da molto. E quale sorpresa fu per lei scoprire che quelle che le erano sembrate lucciole erano in realtà fiaccole! E, subito dopo la fiaccola, un’apertura nella parete rocciosa le dava il benvenuto. La ragazza si affacciò, facendo dondolare i lunghi capelli color dell’oro e, ormai in preda ad una curiosità più forte della fame e della sete, prese la fiaccola e imboccò il cunicolo. La strada scendeva, sempre di più, sempre di più, sbucando in un luogo molto grande e illuminato da centinaia e centinaia di fiaccole. La ragazza era esterrefatta: quel posto era talmente grande che con lo sguardo non riuscì a percorrerlo tutto. E c’erano molte altre aperture, che chissà dove portavano!
La giovane fece un passo avanti, ma un rumore improvviso la immobilizzò.
Erano urla, che rimbalzavano lungo le pareti, spegnendosi nelle sue orecchie. Urla disperate, cariche di un sentimento ben lontano dalla ragazza: il dolore. Eppure, anche se lei non l’aveva mai provato, riusciva a comprendere il tormento che quelle urla liberavano.
E poi, da una delle aperture, uscì una figura. Era incredibilmente alta e le torce le donavano una sfumatura rosacea, quasi umana. Ma la ragazza capì subito che non c’era vita, in quelle membra marmoree.
«Cosa ci fa un essere vivente in questo luogo?»
«Mi sono persa.»
La figura avanzò ancora, e la ragazza poté riconoscere le fattezze di un uomo dai lineamenti perfetti, eppure induriti da un paio d’occhi scuri come la notte, e adombrati da profonde occhiaie.
«Oh, so che ti sei persa, uccellino. Volevo testare il tuo carattere.»
«E cosa ne hai dedotto?»
«Che hai un animo sincero e puro. Nulla a che vedere con il luogo in cui ti trovi.»
La ragazza gli rivolse una muta domanda con gli occhi.
«Sei un giovane virgulto precipitato nel mondo dei morti, uccellino» le disse l’uomo.
«E tu, invece? Chi sei, tu?»
«Io sono il re dei morti.»
La ragazza fece un passo avanti, ma non proseguì oltre. Sapeva che l’uomo non voleva essere toccato dalle sue mani calde. Sapeva che, in quel momento, una silenziosa battaglia si stava svolgendo nella sua mente.
Voleva toccarla, ma non osava farlo. Era spietato, come un austero tiranno, ma non voleva sfiorirla.
Restarono così, in silenzio, a guardarsi, finché l’uomo non emise un sibilo.
«Tu non puoi stare qui, giovane virgulto. Ti mostrerò la via per tornare al mondo che tanto ami.»
Poi, senza dire una parola, si voltò e iniziò a camminare verso una delle aperture nella roccia. La ragazza capì, e lo seguì. Questa volta, la strada saliva, aggrappandosi fermamente alle pareti. E così, dopo un lungo cammino, giunsero al limitare di un bosco. Le fronde degli alberi si inchinavano in un solenne saluto, mentre il sole tramontava. La ragazza aveva completamente perso la cognizione del tempo, e non sapeva dire con certezza quanto fosse durato il suo viaggio.
«Eccoci, uccellino. Sei libera.»
La giovane cercò lo sguardo dell’uomo, ma non lo trovò. Si ostinava a non guardarla, e nemmeno guardava la vita al di fuori della caverna. Teneva lo sguardo fisso verso l’oscurità, che gli apparteneva.
«Se io andrò via, tu resterai da solo?» chiese.
«Queste non sono cose che ti riguardano» fu la breve risposta.
La ragazza voleva andare, ma i suoi piedi non si muovevano. Sapeva di non essere la benvenuta. Sapeva che quell’uomo, il re dei morti, non le avrebbe mai comandato di restare con lui nelle profondità della terra.
Eppure, lei non riusciva a sopportare l’idea che quell’uomo restasse da solo, alla luce delle fiaccole, con quegli occhi stanchi e annebbiati dalla sofferenza.
Si voltò verso di lui.
«Io ho vissuto la mia vita alla luce del sole, mentre tu hai dovuto accontentarti della debole luce di qualche fiaccola.»
«È mio dovere assicurarmi che il mondo dei vivi non venga mai contaminato dal mondo dei morti.»
«E se il mondo dei morti venisse contaminato dal mondo dei vivi?»
«È un pensiero pericoloso, uccellino. Tutto ciò che è vivo muore nel mio mondo. È la legge.»
«Eppure, è mio desiderio trascorrere del tempo con te, e raccontarti com’è camminare sulla terra fresca e bagnata dalla luce del sole.»
L’uomo sibilò di nuovo.
«Morirai. Diventerai un essere vuoto e freddo, come me.»
La ragazza gli rivolse un caldo sorriso.
«Non mi importerebbe, se riuscissi ad alleviare almeno un poco la tua sofferenza.»
E di fronte a quel sorriso caldo come una giornata d’estate, l’uomo si sciolse, e allungò una mano verso la ragazza. E mai sensazione più bella lo pervase, quando le poggiò la mano sulla guancia.
E, mentre la vita e la morte si abbandonavano l’uno nelle braccia dell’altra, ad ogni bacio, ad ogni carezza, una foglia cadeva. Ad ogni sospiro, ad ogni ansito, il vento diventava più freddo, spazzando via l’estate.
E fu così che nacque l’autunno.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Mitologia greca / Vai alla pagina dell'autore: Freaky_Frix