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Autore: Lamy_    24/04/2020    1 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11. LA VALCHIRIA DEL RE
 
 “Loro posso anche sconfiggerti, bruciarti, insultarti, ferirti e abbandonarti. Ma loro non posso distruggerti perché tu sei come Roma: sei stata costruita sulle ceneri e sai come risorgere simile ad una fenice.”
(Nikita Gill)
 
Un’ora dopo, Kattegat
Ivar se ne stava seduto al capo di un lungo tavolo mentre la stanza si riempiva di soldati e prigionieri. Oleg sedeva alla sua destra, Hvitserk alla sua sinistra e Vadim stava accanto a quest’ultimo.
“Possiamo iniziare?” chiese Oleg.
“Un momento ancora.” disse Ivar.
La battaglia era terminata da un’ora circa, erano tutti feriti e macchiati di sangue, ma quella riunione era urgente per decretare il nuovo re ufficialmente. Ivar si rilassò quando Hildr entrò gettando occhiatacce torve di qua e di là. Le fece posto al suo fianco, dove era giusto che sedesse il comandante.
“Iniziamo?” fece Hildr, era piuttosto affaticata.
“Sì. – disse Ivar – Bene, ringrazio voi tutti per essere qui presenti. Ringrazio Oleg, principe di Kiev, per il suo sostegno nella riconquista di Kattegat. Ringrazio mio fratello Hvitserk per essere tornato sulla retta via. E ringrazio Hildr, il mio braccio destro che non ha mai smesso di supportarmi. Vi parlo in qualità di nuovo re di Kattegat. Bjorn la Corazza è morto, sua moglie è fuggita e i suoi uomini sono morti o sono stati catturati.”
“Cosa hai intenzione di fare ora? Ammazzarci tutti?”
Uno dei consiglieri di Bjorn, tra i pochi sopravvissuti, si era messo in piedi per richiamare l’attenzione.
“Siediti, ti conviene.” Lo ammonì Hvitserk.
L’uomo, però, era deluso dalla sconfitta e voleva scatenare la rabbia sul nuovo sovrano.
“Sei debole, Ivar. Avrai anche un alleato forte come questo principe, ma al tuo fianco hai solo Hvitserk e quella ragazzina. Non hai un esercito. Non hai una regina. Non hai un erede. Tu non sei nessuno. Sei solo uno storpio che gioca a fare il re.”
Ivar si irrigidì, passò il dito sul bordo del bicchiere e poi bevve il vino in un sorso solo.
“Questo storpio ha appena ucciso Bjorn, il prediletto degli dèi. Questo storpio ora ha il potere di decidere cosa fare della tua futile vita. Mi basta schioccare le dita per ordinare la tua morte. Fossi in te baderei alle parole.”
Hildr emise un sospiro frustrato e si alzò battendo i pugni sul tavolo.
“La situazione è questa: Ivar è il nuovo re di Kattegat, non si discute. Nel giro di due settimane la città avrà una nuora riorganizzazione tramite un assetto che cercherà di accontentare tutti. Voi avete perso la guerra e per il vostro bene vi conviene arrendervi con le buone, altrimenti le cattive segneranno la vostra fine. Ah, se provi a chiamarmi di nuovo ‘ragazzina’ ti sgozzo nel sonno.”
Vadim nascose un sorriso divertito, la vichinga riusciva sempre a sorprenderlo.
“La regina ha parlato!” disse una voce roca dal fondo della stanza.
Hildr si spostò per capire chi fosse, e non rimase stupita quando vide il sorriso sgangherato di Beiti, uno degli uomini fidati di Bjorn.
“Non sono la regina.”
“Infatti, stavo scherzando. Tu puoi essere solo la concubina del re, apri le cosce e le richiudi quando vuole lui.” replicò Beiti senza smettere di sorridere.
Hildr sentì la rabbia montarle dentro come fuoco che esplode e brucia tutto ciò che incontra.
“Sai dove puoi infilartelo il tuo scherzo?”
Sganciò un pugno sulla faccia dell’uomo tanto forte da rompergli il naso. La sedia di Beiti si rovesciò sul pavimento spaccando il legno dello schienale.
“Hildr, basta!” la rimproverò Ivar.
La ragazza lo trucidò con lo sguardo mentre scuoteva la mano con le nocche doloranti.
“Se lo meritava. Io non sono la concubina di nessuno, brutti bastardi maledetti!”
“E’ chiaro! – disse Ivar – Siamo tutti stanchi, sarà meglio rinviare la riunione a domattina. Che i prigionieri siano rinchiusi in gattabuia! Andate!”
Frattanto che la seduta si scioglieva Vadim si avvicinò a Hildr, che si era attaccata alla brocca dell’acqua come se non bevesse da secoli.
“Bel gancio destro. Sei davvero brava nel corpo a corpo.”
Hildr non riusciva a parlare, le girava la testa e si sentiva stranamente debole. Dopo lo scontro non aveva avvertito alcun dolore, sebbene fosse ferita in tutto il corpo, ma adesso sembrava che un peso le fosse piombato sulle spalle.
“Hildr? Stai bene? Sei pal-…”
Vadim fece in tempo a prenderla prima che cadesse a terra. Ivar interruppe la conversazione con Oleg quando capì che Hildr era svenuta.
“Chiamate una guaritrice! Subito!”
 
Hildr riprese conoscenza una ventina di minuti dopo. Sopra di lei intravide un soffitto famigliare, riconobbe anche il tipico odore salmastro e l’aria umida. Si mise seduta e realizzò di trovarsi nella dimora di Floki ed Helga.
“Hildr. Mi senti?”
Sbatté le palpebre in preda alla confusione, ma si sentì al sicuro quando vide che Ivar era seduto sul letto.
“Purtroppo ti sento ancora. Perché … perché sono qui?”
“Sei svenuta e ho mandato a chiamare qualcuno per aiutarti. Sapevo che non avresti voluto stare negli alloggi di Bjorn e casa tua è troppo lontana, quindi ho pensato di portarti qui.”
Hildr sentiva caldo, troppo caldo e le coperte aggrovigliate alle gambe la rendevano nervosa.
“Fa caldo … apri la porta … fa caldissimo …”
“Hildr.”
Le seguì lo sguardo di Ivar e inorridì: la ferita alla gamba era uno squarcio largo e profondo che sanguinava copiosamente. Si stava dissanguando.
“Eccomi!” disse la guaritrice alle loro spalle.
Ivar si fece da parte per darle lo spazio necessario per le pratiche di medicazione. Hildr sussultò quando la donna le sfiorò la coscia.
“Sto morendo, lo so. Mia madre mi ha spiegato che il sangue continuerà a sgorgare fino a uccidermi.”
La guaritrice annuì, aveva all’incirca trenta anni e aveva il ventre rigonfio per la gravidanza.
“Non se interveniamo subito. Conoscevo tua madre, era la mia insegnante. Fidati di me.”
“Come hai intenzione di guarirla?” domandò Ivar.
“Dobbiamo disinfettare e richiudere la ferita, ma un semplice ago non basterà. Abbiamo bisogno del fuoco.”
Hildr capì al volo: il fuoco avrebbe cicatrizzato la ferita in poche ore evitandole il dissanguamento.
“Fallo.”
“Ti avverto che sarà doloroso.”
“Fallo.” Ripeté con voce decisa.
Era bianca e zuppa di sudore, il viso e la braccia erano coperti da lividi verdastri e vari tagli. I capelli erano sfuggiti dalle trecce e si erano arruffati sulla nuca e sulla testa.
“Procedi.” Ordinò Ivar allungando uno dei suoi coltelli.
La guaritrice prese l’arma e si avvicinò al fuoco per arroventare la lama. Hildr respirava a singhiozzi e la vista era sempre più annebbiata, per non menzionare i diversi tagli che bruciavano dappertutto.
“Resti con me?” sussurrò.
Ivar le cinse le spalle con un braccio facendola accoccolare a sé.
“Certo che resto con te. Non ti lascio, Hildr.”
“Ci siamo.” Annunciò la guaritrice.
Hildr strinse la mano di Ivar e affondò la guancia contro il suo petto, incurante della sabbia appiccicata ai vestiti.
“Va tutto bene.” mormorò Ivar.
Hildr strinse fra i denti un bastoncino e annuì per dare il consenso. Gridò quando la lama incandescente fu premuta sullo squarcio. Si levò un tanfo di pelle bruciata che le fece venire il voltastomaco. Il sangue sfrigolava a contatto con il coltello creando una spuma rossa attorno alla ferita mentre l’intenso calore ricucia dolorosamente la pelle. Hildr continuò a gridare tra le braccia di Ivar, che rafforzò la presa su di lei per tenerla ferma. Quando la lama si spense diventando scura, lei quasi gli svenne di nuovo addosso.
“Ehi, ehi, resta sveglia. Forza.”
La guaritrice spalmò un unguento sulla pelle in modo da disinfettare l’area e accelerare la ripresa. Bendò la coscia in un doppio involucro che impedisse contatti che potessero causare infezione.
“Ecco fatto. Adesso hai solo bisogno di tanto riposo per guarire bene.”
Hildr era troppo esausta per parlare, si limitò a crogiolarsi nell’abbraccio di Ivar. La donna si inchinò al nuovo re e lasciò la dimora di Floki.
“La riunione. – disse Hildr – Voglio partecipare anche io.”
“Non pensare alla riunione. Pensa solo a riposarti.”
Ivar la mise a letto e le rimboccò le coperte, dopodiché si stese al suo fianco per vegliare su di lei durante la notte. Hildr appoggiò la testa sul suo petto e scivolò nel sonno.
 
Hildr si svegliò solo quando un raggio di sole la colpì in faccia. Grugnì e sbadigliò, rigirandosi nel letto. Digrignò i denti quando una scossa di dolore la pungolò. Si voltò in cerca di Ivar, però il posto era vuoto e del ragazzo non vi era traccia. Si sedette sul bordo del letto, le tempie pulsavano e lo stomaco gorgogliava per la fame. Era ancora sporca di sabbia e sangue, i capelli erano una sudicia massa nodosa e i vestiti erano strappati in più punti. Decise che un bagno sarebbe stata la soluzione migliore. Zoppicò per raggiungere la tinozza in cui zia Helga la lavava ogni sera dopo che si imbrattava nel bosco. Si immerse nell’acqua tenendo la gamba posata sull’orlo per non bagnare la fasciatura. Si sfregò per bene la pelle rimuovendo ogni traccia di sporco, e man mano scopriva lividi, tagli e graffi che non ricordava neanche di essersi procurata. Dopo aver accuratamente eliminato le macchie, afferrò un telo per coprirsi e zoppicò verso il letto.
“Gli dèi oggi sono gentili con me: mi regalano questa splendida visuale.”
Ivar la guardava dallo stipite della porta, anche lui era pulito e indossava abiti nuovi, pareva che anche la stampella fosse nuova di zecca.
“Sta zitto, Ivar. Soffro come un cane.”
Lui notò che la schiena della ragazza era costellata da piccole ferite di ogni genere, così come le braccia e le mani. Un piccolo taglio brillava di sangue sul sopracciglio sinistro.
“Sei bella lo stesso.”
Hildr sbuffò per quei complimenti stupidi e si massaggiò la spalla indolenzita, si sentiva come se una mandria di cavalli l’avesse investita.
“Non infastidirmi più di quanto io già non lo sia.”
Ivar le sfiorò un livido violaceo sulla scapola e vi lasciò un bacio che la fece sobbalzare.
“Vieni qui, ci penso io a te.”
Hildr emise un sospiro soddisfatto quando Ivar incominciò a massaggiarle la parte bassa della schiena, salendo poi verso le spalle. Le sue mani erano delicate e sicure, ed erano calde sulla pelle bagnata di lei. Gemette quando Ivar toccò un muscolo teso.
“Tu come stai? Sei il re di Kattegat e Bjorn è morto. Il tuo obiettivo è stato raggiunto.”
“Mi sento bene. Sono molto contento. E’ stata dura ma alla fine ho riavuto ciò che mi spetta.”
“Ubbe tornerà e vorrà vendicarsi.” Disse Hildr.
“Lo so, ma per allora avremo ricostituito l’esercito e saremo pronti a difenderci. Goditi la vittoria, Hildr. Non capita tutti i giorni di trionfare!”
“Mmh, già. – fece lei – Dovrei prepararmi per la riunione.”
“Non è necessario che tu venga. Ti posso riferire tutto più tardi.”
Hildr si scostò e si mise in piedi, barcollava per via del dolore.
“Voglio esserci. Tutta la città pensa che tu sia debole, non diamo loro modo di pensarlo ancora.”
“Allora vestiti, dai.”
“Voltati o chiudi gli occhi.”
Ivar si mise a ridere ma smise subito quando vide l’espressione accigliata della ragazza.
“Sul serio?”
“Sul serio. Ti ricordo che non stiamo insieme. E dovresti voltarti anche se stessimo insieme perché non sei nessuno per guardarmi mentre mi spoglio.”
“Non ti sto capendo, però mi volto.”
Ivar si voltò e Hildr si infilò i pantaloni tra un gemito di dolore e uno sbuffo di irritazione. La ferita tirava provocandole prurito e bruciore, benché poco prima avesse applicato una dose abbondante di unguento. Un paio di tagli sulla schiena la infastidivano mentre cercava di avvolgersi la fascia intorno al seno.
“Maledizione!”
Ivar si girò con la preoccupazione che le fosse successo qualcosa. Arrossì quando il suo sguardo cadde sul seno esposto di Hildr. Da tempo non erano più intimi.
“Ahm … ti serve una mano?”
“Sì. – affermò lei – Se mi muovo troppo i tagli sulla schiena si aprono. Mi aiuti a sistemare questa?”
“Volentieri.”
Ivar prese la fascia e sfiorò la schiena di Hildr con il pollice, dopodiché depositò un leggero bacio sui tagli e sui lividi.
“Ivar … no.”
“Scusami, non ho resistito. Te lo hanno mai detto che hai un corpo perfetto per i baci?”
Hildr emise una breve risata prima di tornare seria, non avevano tempo da perdere.
“Datti una mossa, abbiamo degli impegni.”
Ivar fece un doppio giro con la fascia per coprirla bene, sapeva che in quel modo lei si sarebbe sentita a suo agio. Conosceva ogni minimo dettaglio di quella ragazza. Poi l’aiutò anche a indossare la casacca e una giacca dato che la brezza primaverile faceva venire i brividi.
“Ti sistemo i capelli?” volle sapere Ivar timidamente.
“Va bene.”
Hildr gli passò la spazzola e si sedette sulla panca sotto il tavolo. Adorava la sensazione piacevole delle dita di Ivar fra i capelli, era delicato ed era anche bravo ad acconciare le sue lunghe ciocche.
“Vuoi le tracce? Quante?”
“Una sola, per favore.”
Mentre lui attorcigliava le ciocche fra di loro, Hildr ebbe l’impressione di essere tornata indietro di almeno cinque anni. Quello delle trecce era un loro rituale, lei esprimeva le sue volontà e Ivar esaudiva. Per un momento tutto sembrò bello, felice, giusto. Ma la realtà delle cose era ben diversa.
“Sei pronta. – disse Ivar – Sei splendida come sempre.”
Hildr si toccò la treccia con fare pensieroso e abbozzò un sorriso, anche se le attenzioni di Ivar la lasciavano interdetta. Come poteva trattarla così se era interessato a Katya?
“Grazie.”
 
Ivar passava in rassegna i volti dei presenti per carpire le loro emozioni. Alcuni erano rilassati, altri annoiati, e altri ancora erano arrabbiati. Oleg e Hvitserk erano gli unici che all’apparenza erano sereni.
“A cosa serve questa riunione se il Senza Ossa non parla? Durante la notte hai perso anche la bocca?” esordì Beiti ridendo.
“Vuoi un altro pugno? Mi pare che quello di ieri non ti sia bastato.” Ribatté Hildr, furiosa.
“Hildr, sta buona.” Bisbigliò Ivar.
Lei alzò gli occhi al cielo ma rispettò il suo ordine, quindi incrociò le braccia al petto e si abbandonò contro lo schienale.
Ivar si alzò con l’ausilio della stampella e si mise a camminare avanti e indietro nella sala, i supporti picchiavano contro il pavimento come colpi d’ascia.
“Questa riunione serve a stabilire nuove regole per la città. Bjorn è morto e con lui anche le sue leggi.”
“Come moriranno anche i prigionieri?” intervenne Oddlaug.
Era una delle shieldmaiden che si erano arrese di loro spontanea volontà quando i russi avevano fatto irruzione in città. Molti seguaci di Bjorn si erano arresi e ora sedevano al tavolo per capire come sarebbero cambiate le cose.
“Sì, mi pare ovvio.” Rispose Oleg sorridendo.
“No.” Disse Hildr.
Tutti puntarono gli occhi su di lei, incuriositi dalla nipotina di Floki che si stava dimostrando un vero leader. Ivar tornò a sedersi e si massaggiò le gambe sotto il tavolo.
“Giustiziare i nemici è una prassi antica. Altrimenti cosa proponi?”
“Propongo i lavori forzati. Il popolo si trova sotto la guida di un altro re, deve abbandonare il vecchio regno di Bjorn, deve accettare che Ivar ha riconquistato Kattegat. Dobbiamo riconquistare anche la fiducia e il rispetto dei cittadini. Giustiziare quelle persone genererà solo odio e opposizioni, addirittura si potrebbero scatenare ribellioni di ogni sorta che potremmo non essere in grado di sedare. Bjorn è nato e cresciuto a Kattegat, è stato un po’ il figlio di tutti e la sua morte è un grande dolore. Se ammazziamo quegli uomini e quelle donne, i cittadini avranno paura di noi, ci odieranno e vorranno eliminarci. Ora come ora abbiamo bisogno di una strategia diversa. Dobbiamo andare incontro al popolo, confortarlo, ricordargli che noi non siamo più i nemici. I prigionieri possono essere costretti ai lavori forzati, arare i campi, costruire le difese giorno e notte, pescare senza sosta. I loro parenti potranno vederli di tanto in tanto e saranno grati al nuovo re.”
Ivar si chiuse in un silenzio religioso e riflessivo, il ragionamento di Hildr era abbastanza sensato e lui teneva molto alla sua opinione.
“L’idea di Hildr è buona. Tutti i prigionieri saranno impiegati nei lavori più pesanti e risiederanno comunque in gattabuia in quanto criminali. La prossima questione?”
Oleg si agitò sulla sedia, non era d’accordo con la linea adottata da Ivar, ma non voleva mettere in crisi la loro alleanza, perciò tacque.
“Le difese saranno ricostruite?” domandò un uomo robusto e dai capelli bianchi.
“Sì, domani riprenderanno i lavori per le difese. Altro?”
Oddlaug alzò una mano e Ivar fece un cenno del capo per farla parlare.
“La tua regina? Freydis è morta, adesso ti serve una nuova moglie che consolidi il tuo potere.”
Hildr deglutì, il ricordo del matrimonio di Freydis e Ivar faceva ancora male in un angolo remoto della sua mente. Ivar le rivolse un’occhiata fugace, poi tornò a guardare la shieldmaiden che ghignava.
“Mi hai anticipato. Ho già scelto la mia regina.”
“Chi è?”
Nella sala calò un silenzio inquietante, sembrava che tutti avessero addirittura smesso di respirare a quella notizia. Ivar afferrò la mano sinistra di Hildr e le baciò le nocche.
“Hildr, mi faresti l’onore di diventare mia moglie e la mia regina?”
Hildr sbiancò. Il cuore saltò qualche battito. Iniziò a sudare e a sentire caldo, troppo caldo.
“C-c-come … n-o-n … capi-to … Eh?”
Ivar ridacchiò e le baciò ancora la mano, dopodiché tirò fuori dalla tasca l’anello di Aslaug.
“Vuoi diventare mia moglie?”
Hildr era osservata, ciascuno dei presenti attendeva la sua risposta facendola sentire sull’orlo di un precipizio. E Ivar la fissava con una dolcezza atroce negli occhi che la dilaniava dentro.
“Sì … sì, voglio diventare tua moglie.”
Ivar le fece scivolare l’anello all’anulare e si sporse le baciarle a stampo le labbra.
 
Hildr scaraventò una brocca contro il muro quando Ivar la spinse nelle sue stanze.
“Hildr, calmati. Ti prego!”
“Calmarmi? Calmarmi? Io ti odio! Come hai potuto farmi questo?”
Lei era fuori di sé dalla rabbia, aveva gli occhi lucidi e il respiro concitato.
“Ho bisogno di te, lo capisci? L’ho fatto perché tu sei la regina perfetta! Sei intelligente, astuta e forte. Ci vuole una donna come te al potere!”
“Sei un egoista, Ivar! Mi fai schifo!”
Ivar tentò di toccarla ma lei gli tirò uno schiaffo sulla mano per allontanarlo.
“Chi avrei mai potuto sposare? Dimmelo! Non c’è altra donna che voglio al mio fianco. Io ti amo! Hildr, io ti amo!”
“Risparmiami la storiella dell’amore! Tu non ami me, tu ami solo il potere!”
Ivar riuscì ad agguantarla e le strinse le braccia per obbligarla a guardarlo in faccia.
“A parte i nostri sentimenti, ora ho bisogno del suo sostegno. Ho bisogno della mia migliore amica. Potrai anche non amarmi, ma sii mia complice. Ti supplico di restare con me e di affrontare questa cosa insieme. Senza di te non ce la posso fare. La prima volta come re ho fallito perché Freydis mi aveva avvelenato la mente, avevo perso il senno e ho commesso degli errori. Questa volta non voglio sbagliare, voglio essere un buon re e posso farlo solo se al mio fianco ho una buona regina. Ho bisogno di te.”
D’improvviso Hildr si sentì svuotata, la rabbia e ogni sentimento negativo erano svaniti. Era vuota, sola, smarrita. Ivar aveva parlato con la voce tremante e gli occhi rossi per le lacrime che tratteneva, e ogni parola era vera. Hildr capì che in quel momento lui cercava l’appoggio di un’amica. Cercava il suo aiuto. Ripensò a Ragnar, alla promessa che gli aveva fatto. Ripensò a Odino, al giuramento che gli aveva fatto a Kiev.
“Ti sposerò a due condizioni.”
“Quali?”
“La prima: voglio andare personalmente a prendere Isobel e Aila, inventati una scusa per Hvitserk.”
“Va bene. La seconda?”
Hildr abbassò lo sguardo e respirò a fondo.
“Voglio sapere la verità: provi qualcosa per Katya?”
“No. La verità è che ho finto di essere interessato a lei per un mio tornaconto. Oleg è potente, ha un esercito forte e alleati altrettanto forti. Temo che possa invaderci e che possa reclamare il trono, in fondo ha delle carte che avvalorano la sua rivalsa su Kattegat. Qual è il punto debole di ogni uomo su Midgard?”
“L’amore.” Mormorò Hildr.
“Esatto. Oleg era innamorato perso della sua prima moglie e con Katya ha cercato di aggiustare le cose, ma lei non prova amore per lui. Ho trovato una crepa nel loro matrimonio e mi ci sono intrufolato per indebolire Oleg. Ho mentito anche a te perché dovevo far credere a tutti che fosse vero. Io non amo Katya.”
“Sei un vero bastardo, Ivar Senza Ossa. Mi hai fatto soffrire per una … farsa.”
“Una farsa che probabilmente ci salverà la vita. Qualora Oleg avesse intenzione di attaccarci, Katya potrebbe essere un valido aiuto per noi.”
“Sì, beh, hai ragione.”
Ivar allentò la presa sulle sue braccia e Hildr si sedette sul letto, di colpo era stanca come se non dormisse da giorni.
“Mi dispiace. Non ti avrei mai fatto soffrire se ci fosse stato un altro modo. Avevi ragione tu su Oleg, è pericoloso e non possiamo fidarci di lui.”
“Voglio stare da sola.” disse Hildr.
“Capisco. – fece Ivar – Io andrò a controllare alcune cose. Tu resta qui per tutto il tempo che vuoi.”
 
Hildr osservava la luna piena galleggiare nel cielo scuro. Dietro di lei provenivano rumorosi schiamazzi, brindisi e risate. Ivar e i suoi alleati stavano festeggiando la vittoria. Lei si era isolata, stanca e demoralizzata.
“Anche la luna era alta in cielo quando Didone si è suicidata.” Disse una voce.
Hildr strinse i pugni quando Oleg uscì in veranda con un boccale di birra in mano. Aveva quel suo sorriso meschino stampato in faccia. Si appoggiò al parapetto di legno della piccola terrazza e bevve un sorso.
Dulces exuviae, dum fata deusque sinebat, accipite hanc anima, meque his exsolvite curis.”
Hildr gettò un’occhiata all’interno e vide Ivar ridere a crepapelle con Hvitserk. Ritornò a guardare Oleg con sospetto.
“Che significa?”
“Oh, dolci spoglie, finchè il destino e il dio lo permettevano, ricevete questa vita e scioglietemi da queste pene.”
“Il mio destino è limpido e Odino è dalla mia parte. E nessuno mi deve sciogliere da alcuna pena.” Disse Hildr, seria e pacata.
“Didone pronuncia quelle parole prima di togliersi la vita perché Enea non ricambia il suo amore.”
“Conosco la storia, Johannes mi ha letto qualche passo dell’opera. Cosa ti fa credere che io sia come Didone?”
Oleg sorrise ancora, più meschinamente di prima.
“Perché siete due regine deluse dall’amore, tradite dagli uomini amati, tristi sui loro troni. Ivar ha fatto come Enea, ha abbandonato la sua Didone.”
“Certo. – disse Hildr – Ti riferisci a Katya e Ivar, vero? Che brutta faccenda.”
Oleg aggrottò la fronte alla serenità di Hildr, non era affatto scalfita da quelle parole.
“Ivar è rimasto folgorato da Katya, e anche lei è molto presa da lui. Questo non ti infastidisce?”
“Mi infastidisce di più che tu abbia provato a uccidermi.”
Il principe russo rise e mandò giù un altro sorso di birra, i suoi occhi luccicavano dall’ebbrezza.
“Lo confesso: volevo la tua morte perché tu sei una spina nel fianco. Ivar si fide molto di te, ti sta a sentire e tu dai sempre consigli intelligenti. Sei il braccio destro che ogni sovrano vorrebbe avere. Pensavo che avresti convinto Ivar a spezzare l’alleanza con me, ecco perché ho ordinato il tuo assassinio. Mi dispiace.”
Questa volta fu Hildr a ridere, più un verso disgustato che una vera risata.
“No, non ti dispiace. La mia morte avrebbe reso Ivar vulnerabile alla tua volontà, lo avresti raggirato per ottenere qualsiasi cosa. Però, principe, ti ricordo che sono viva e che continuerò ad essere una spina nel fianco. Sono la futura regina di Kattegat, nessuno oserà allungare le sue luride mani sul mio regno.”
Oleg lasciò cadere il bicchiere a terra facendolo frantumare e facendo schizzare la birra sugli stivali della ragazza.
“Vedi? Ogni cosa è destinata al declino, cara Hildr. E Kattegat non è da meno.”
“Caro Oleg, vedi di non fare la fine di Orfeo: sceso agli inferi per riprendersi sua moglie, è stato fatto a pezzi e dannato per l’eternità. Te l’ho detto, Johannes mi ha insegnato parecchie cose.”
Hildr lo mollò da solo in veranda, rientrò e con una scusa si rifugiò nei suoi nuovi alloggi.
 
Hildr si rigirava nel letto da un’ora ormai. Era irrequieta e il sonno non voleva lenire la sua insofferenza. Si mise seduta e sbuffò, passandosi le mani fra i capelli sciolti. Si sporse oltre il letto per guardare Ivar che dormiva per terra. Al termine della festa, dopo i saluti, Ivar era entrato in camera a si era preparato un giaciglio sulle assi del pavimento per lasciare il letto a lei, per non invadere quello spazio.
“Ivar. Dormi?”
“No. Ti agiti come una gallina che sta per essere sgozzata. Che succede?”
Nel buio Hildr riusciva a scorgere il brillante azzurro degli occhi di Ivar. Lui si portò le mani dietro la testa flettendo i muscoli tonici delle braccia.
“Avevi ragione su Oleg. Vuole mettere le mani su Kattegat. E Katya è il suo tallone d’Achille.”
“Chi è Achille e cosa c’entra il suo tallone?” fece Ivar, confuso.
Lei ridacchiò, aveva passato ore e ore nella biblioteca apprendendo da Johannes le storie degli antichi eroi greci e latini.
“Lascia stare. Comunque, cosa pensi di fare con Oleg? E’ pericoloso. Dobbiamo considerarlo come una minaccia.”
“Per adesso non possiamo fare niente, il nostro regno è solo agli inizi e la nostra posizione è ancora fragile. Dobbiamo aspettare e studiare ogni sua mossa. Nel frattempo sono certo che i sentimenti di Katya per me aumenteranno. Inoltre, Vadim si è invaghito di te e potrebbe tornarci inutile.”
Hildr gli tirò un ceffone sulla pancia e uno sul braccio.
“A me non interessa Vadim. Non sfrutterò la sua infatuazione. E’ una brava persona, più o meno, e sta per diventare padre.”
“Come preferisci.”
Hildr ritornò a letto, si coprì e sistemò il cuscino. Sbuffò per la millesima volta.
“Ivar.”
“Sì?”
“Vieni a letto. Quel pavimento fa solo male alle tue gambe.”
“Sei sicura? Credevo che …”
Hildr scostò le coperte per invitarlo, e Ivar si fiondò sul materasso senza pensarci due volte perché il legno duro del pavimento gli stava uccidendo la schiena.
“Io ti amo, Ivar. Ti amerò sempre. Però non voglio stare con te, non dopo tutto quello che mi hai nascosto: Freydis, il bambino, Katya. Ti sposerò perché sono comunque la tua migliore amica, la persona con cui hai condiviso gran parte della tua vita e perché insieme possiamo fare grandi cose.”
Ad Ivar sembrò di inghiottire veleno. Comprendeva le ragioni di Hildr, ma al tempo stesso sentiva il proprio cuore reclamare il loro amore ogni volta che erano vicini.
“Va bene, se è questo che vuoi. Che tu sia mia amica o la mia amante, sono felice che sarai mia moglie e la regina di Kattegat. Non avrei potuto scegliere donna migliore. E ovviamente ti amo anche io, tantissimo.”
Hildr gli strinse la mano e gli diede un bacio sulla guancia.
“Mi fa piacere che tu abbia capito.”
Ivar sorrise tristemente, non c’era nulla di piacevole in quella situazione. Avere accanto la donna che si ama, averla per moglie senza starci davvero insieme era insopportabile.
“Mi perdonerai un giorno?”
“Sì, un giorno ti perdonerò.”
“E allora torneremo insieme?”
“Forse.”
 
Due giorni dopo
Hildr camminava spedita verso la sala reale. Ivar aveva indetto un incontro straordinario perché aveva delle nuove comunicazioni da fare. Lei si era svegliata presto per rifugiarsi nella baracca di Floki sul fiume per iniziare a costruire una barca. Non era brava come suo zio, eppure le piaceva lavorare il legno in ricordo dei vecchi tempi. Il suo ingresso nella sala fu accolto da un inchino generale, tutti mostravano rispetto per la futura regina.
“Alzate le teste, suvvia!”
“Una regina non dovrebbe parlare così!” esclamò Vadim, seduto già al tavolo.
“Beh, questa regina parla come le pare e piace. Dove sono Oleg e Ivar? E Igor?”
“Stanno ultimando gli accordi dell’alleanza. Igor, invece, sta preparando le sue cose. Partiremo dopo l’incontro. Kiev non può restare a lungo senza il sovrano e l’esercito.”
“Finalmente voi russi vi toglierete dai piedi. Splendido!”
Hildr prese posto su una sedia che sembrava un piccolo trono decorato da particolari intarsi in legno. Quella specie di trono aveva ospitato Lagertha e Aslaug, le più grandi sovrane che Kattegat avesse mai conosciuto. E ora Hildr si aggiungeva a quella dinastia di regine forti, potenti e morte valorosamente.
“Ti mancherò, ne sono sicuro.” Disse Vadim sorridendo.
Lei inarcò il sopracciglio e addentò una mela che aveva pescato dal cesto di frutta al centro del tavolo.
“Non credo proprio. A Kiev dovrai concentrarti su Kyra e su vostro figlio.” 
“A Kiev penserò a te.” replicò Vadim, e questa volta era risoluto.
Quella conversazione fu troncata dall’arrivo di Ivar e Oleg, seguiti da Hvitserk e Oddlaug. Ivar ricadde sulla sedia con un rantolo di dolore causato dalle gambe. Guardò Hildr e sorrise, poi le schioccò un bacio sulla guancia. Hildr gli mise una mano sulla spalla e ricambiò il sorriso, erano gesti veri e non dettati dalla presenza di occhi curiosi che li scrutavano in cerca di una crepa.
“Ho riunito qui tutti voi perché devo comunicarci delle importanti notizie: la prima è che settimana prossima mia cognata Isobel, la moglie di mio fratello Hvitserk, farà ritorno a Kattegat insieme alla loro bambina. La seconda notizia è che io e il principe Oleg abbiamo firmato il trattato di alleanza che sancisce aiuto reciproco. Terza notizia, forse la più importante, è che ho ideato il nuovo assetto militare: a capo dell’esercito ci saranno Hvitserk e Hildr. Inoltre, Hildr sarà a capo di un manipolo di shieldmaiden che addestrerà come suo personale esercito.”
Dopo un primo momento di incredulità nella sala incominciò a scoppiare un applauso che diventò sempre più rumoroso.
“Perché?” sussurrò Hildr.
Ivar le afferrò le mani e le baciò entrambe, sorrideva raggiante.
“Perché sei la mia Valchiria.”
 
Hildr rimase stupita dall’abbraccio stretto di Igor. Pareva che il ragazzino le si fosse appiccicato come una cozza allo scoglio.
“Andiamo, Igor. E’ tempo di ripartire.” Lo incitò Oleg.
Il principe russo aveva stretto le mani di Ivar e Hildr con estrema cortesia, senza rimpiangere il tempo passato insieme e senza scusarsi per le sue azioni. Mentre Vadim salutava Ivar, Igor si era lanciato addosso a Hildr con le lacrime agli occhi.
“Ora sarò di nuovo solo.” Si lamentò Igor.
Hildr lo cullò come fosse un bambino e gli baciò la testa. Odiava gli addii.
“Non è vero. Tra pochi mesi nascerà il figlio di Kyra e potrai giocare con lui, sono convinta che lei ti lascerà fare da balia. Se ti manchiamo tanto, puoi sempre venire a trovarci.”
“Hildr ha ragione: casa nostra sarà sempre aperta per te.” aggiunse Ivar.
Igor si tuffò tra le braccia del vichingo piangendo, era difficile lasciare il primo amico che avesse mai avuto in vita sua.
“Non voglio lasciarti.” Disse Vadim.
Hildr nei suoi occhi verdi lesse una profonda tristezza, del resto lui stava tornando ad un matrimonio senza amore e ad una corte crudele.
“Smettila di pensare a me, Vadim. Per noi non ci sarà mai nessuna possibilità. Io amo Ivar e resterò con lui a qualunque costo perché è il mio destino.”
“Mi condanni ad una vita senza di te. Sei perfida.”
“E’ tempo che tu vada. Oleg ti aspetta.” Si intromise Ivar, ingelosito dalle parole del russo.
Vadim chinò la testa, baciò Hildr sulla mano e raggiunse la flotta a passo veloce. Igor sventolò la mano fino a quando la nave non scomparve oltre la cortina di nuvole bianche.
 
Una settimana dopo
Hvitserk aveva l’aspetto di un cane rabbioso con i denti in mostra, la fronte aggrottata e i continui sospiri frustati. Ivar non ne poteva più e gli diede un colpetto con la stampella.
“Puoi dare un taglio a questa agonia? Sei patetico, fratello.”
“Ti rendi conto che Hildr sta andando a prendere Isobel? Dovresti esserci io su quella nave!”
“Ci va Hildr perchè se in Wessex catturano un principe vichingo lo uccidono.” Disse Ivar.
Quella era l’unica scusa plausibile che la sua mente aveva elaborato per tenere fede alle condizioni di Hildr. Non poteva deluderla ancora, quindi tanto meglio mentire a suo fratello.
“Siamo pronti!” strillò uno degli uomini che avrebbero condotto la nave.
Hildr viaggiava scortata da due guerrieri e un marinaio, anche se Ivar aveva insistito che ad accompagnarla fosse un esercito intero.
“Ci siamo. – disse Hildr – Tranquillo, Hvitserk, andrà tutto bene. Peccato per Isobel che dovrà sopportarti al suo rientro.”
“Pft.” Disse Hvitserk accigliandosi ancora di più.
Ivar si avvicinò a Hildr e l’abbracciò a lungo, già avvertiva la sua mancanza.
“Mi raccomando, stai attenta. Non posso perderti.”
“Tornerò prima che tu possa notare la mia assenza. Fai attenzione anche tu, Kattegat non è sicura come pensi.”
“Lo farò. Ti prego, Hildr, torna da me.”
Date le circostanze, Ivar la baciò nell’eventualità che qualcosa di terribile potesse separarli. Hildr si strinse a lui approfondendo il bacio per assaporare quegli ultimi istanti insieme.
“Tornerò sempre da te.”
 
Hildr aveva il fiatone dove essersi inerpicata per un sentiero che dalla costa risaliva in collina. C’erano alcune capanne disseminate un po’ dappertutto, recinti di animali e recinti entro cui si coltivava. Alcune persone si fermarono a guardare lei e i due guerrieri alle sue spalle con terrore. Hildr non indugiò a rassicurarli, il suo unico scopo era trovare Isobel e Aila e riportarle a Kattegat. Individuò la loro capanna grazie ai racconti di Isobel, spalancò la porta e rimase sgomenta. Era vuota. Non c’era nessuno. Sguainò l’ascia e si mise a cercare in giro qualsiasi indizio su dove potessero essere, ma sembrava che avessero lasciato la dimora di loro spontanea volontà. Un secondo dopo era tutto buio.
 
“Ahia … ma che …”
Hildr riaprì gli occhi con un dolore acuto che le martellava nella testa. Si trovava in quella che sembrava una chiesa, con l’altare, le candele e un grande crocifisso di legno appeso al soffitto.
“Hildr, ti stavo aspettando da anni.”
Lei atterrì. Seduto sui gradini sotto l’altare c’era una persona che lei conosceva bene.
Era Alfred.
 
 
Salve a tutti!
Siamo giunti alla fine di questa seconda parte, che è stata una vera giostra di emozioni per me.
GRAZIE DI CUORE per aver seguito la storia e per il vostro immancabile supporto.
Un grande bacio, alla prossima.
La vostra Lamy_
 
PS. LA TERZA PARTE ARRIVERA’ NON APPENA SARA’ DISPONIBILE LA 6B.

 
  
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