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Autore: inharryvsarms_    24/04/2020    1 recensioni
Quanto possono, un libro e un paio d'occhi verdi, stravolgerti la vita?
Se volete una risposta a tale quesito, Camille sarà ben felice di darvela. Il ritrovamento di un libro misterioso, un Regno di cui nessuno conosce l’esistenza e l’amore, porteranno tanto scompiglio quanto ordine nella vita di questa giovane ragazza.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardo attorno, scrutando tra gli immensi scaffali della biblioteca, alla ricerca di non so neanch'io precisamente cosa. Passo le dita tra i vari volumi, ammirandone la diversità nelle dimensioni, nei colori, nello spessore di ciascuno di essi. Lascio che la mia mano destra sfiori quella varietà di accostamenti, sentendo come se, così facendo, da tali volumi trapelassero tutte le storie che essi celano, come se avessero la possibilità di raccontarmele. Chissà perché ciascuno dei libri che osservo ha visto la luce, chissà quale sia il motivo per cui, ogni autore, con la propria storia alle spalle, abbia deciso un giorno di creare questa magica unione di carta e inchiostro. Tali ragioni sono ben custodite, protette dal meraviglioso patto che si stipula tra un libro e uno scrittore, di cui solo le due parti conoscono i retroscena. Ebbene, tali ragioni le posseggo anch'io, seduta a raccontare, forse più a me stessa che a voi, la mia storia.

 

Le parole della professoressa mi risuonano in testa da circa mezz'ora e su di esse cerco di focalizzare la mia attenzione, cosa che in questo arco di tempo non ho certamente fatto, gironzolando senza una vera meta. Cerco di captare un qualche tomo che faccia al caso mio, tenendo tra il braccio sinistro e il petto già due prescelti che torneranno a casa con me, due romanzi che con tutto hanno a che fare eccetto la ricerca scolastica che mi ha portato a varcare la soglia della biblioteca. Non saprei descrivere l'aria di casa che questo posto mi trasmette, un'aria così calorosa che ho percepito da ben prima che tale luogo diventasse, col tempo, il mio rifugio. 

Gli immensi scaffali di legno, il soffitto così alto che ti fa dimenticare di essere in un luogo chiuso e che pare essere di tale dimensioni solo perché, altrimenti, non riuscirebbe a contenere tutte le storie che questo posto conserva.

Al centro di questa meravigliosa struttura ci sono tanti tavolini di legno sparsi, il cui perimetro è circondato da sedie del medesimo materiale, per chiunque cerchi un luogo sicuro in cui studiare, leggere, o semplicemente staccare la spina, come faccio io molto spesso.

La pace che si prova ad essere circondati da libri e nient'altro, è indescrivibile, è come essere in un universo parallelo, immedesimando te stessa in un'avventuriera alla ricerca della storia che prossimamente entrerà a far parte del proprio bagaglio. 

E' questo uno dei tanti motivi che mi spinge a svolgere ricerche sempre cartacee, anche solo per una qualche curiosità, preferisco perdermi nei meandri di questo luogo magico, piuttosto che risolvere i miei dubbi con un semplice click. Sono ben consapevole che al giorno d'oggi esistano piattaforme digitali che permettono di svolgere ricerche nel giro di pochi minuti, ma sono altrettanto consapevole dell'evanescenza di tali informazioni. Copia-incolla-stampa, e qualche momento dopo quel che si è letto velocemente facendo scorrere il mouse su e giù per la pagina, scompare. Niente rimane impresso. 

Finalmente trovo qualcosa che fa al caso mio, afferro "I miserabili" cercando di non far cadere i libri tra i quali è incastrato nello scaffale, con non poca difficoltà lo aggiungo ai due che già trasporto, salvando per il rotto della cuffia un libro che stavo facendo cadere nell'intento di sfilare l'oggetto a me interessato. Mentre lo rimetto a posto, mi rendo conto di quanto sia bella la sua copertina: è ruvida e nera, attraversata da venature come il tronco di un albero. "Apollyon"  si legge inciso su di essa, di un bianco così puro che pare fare a pugni con il nero che lo circonda. Sono così affascinata che non posso esitare ad aprirlo per scoprirne il contenuto, ma, a mio rammarico, le pagine sono tutte vuote. 

Deduco sia un'agenda, un diario o qualcosa di simile, la copertina una semplice decorazione paragonabile a un qualsiasi gattino o mazzo di fiori che si trova sulla copertina di una qualsiasi agenda comune. Certo, molto più lugubre, ma magari qualche punk non vedrà l'ora di farne la propria agenda del cuore, o il proprio sketchbook. 

Sorrido al pensiero e lo ripongo nello scaffale, per quanto affascinata da quell'oggetto con me sarebbe sprecato. Nella mia vita avrò comprato un centinaio di agende, pensando di essere davvero in grado di farne buon uso. Ogni anno la stessa storia: finivano sempre in qualche cassetto dopo il primo mese passato a far finta mi venisse naturale stilare una lista di cose da fare giornaliera, o disegnarci su. Non sono per niente brava a disegnare, tantomeno a scrivere in un quaderno bianco privo di linee guida: è come se le parole che nascono dall'inchiostro della mia penna salissero sulle montagne russe, prova evidente della mancanza del dono di scrivere in maniera perfettamente lineare su un foglio spoglio.

Trascorso un po' di tempo e dopo qualche altro giro, sorrido soddisfatta del materiale che ho accumulato, impaziente di svolgere una ricerca soddisfacente, suona un po' da secchiona lo so, effettivamente un po' lo sono. 

Odio ammetterlo, ha da sempre giocato un ruolo a mio sfavore il mio amore per la cultura, per lo studio. Avere ottimi voti non è compatibile con l'avere un'ottima popolarità, a quanto pare, le due cose non possono coesistere. Ma sinceramente, poco mi importa. Nel corso degli anni essere alla base della piramide che rappresenta la gerarchia di ogni scuola, mi ha resa insofferente a qualsiasi tipo di emarginazione, e così, chiudendomi come un riccio, ho tirato avanti fino al quarto anno di liceo. 

Guardo l'orario sul mio orologio, e realizzo di essere qui dentro da circa 3 ore. Fuori il sole starà tramontando e l'ultima cosa che voglio è tornare a casa senza la luce naturale a farmi compagnia. Non che disti molto da qui, ma, sarò anche una frignona, odio camminare da sola e con solo le luci dei lampioni a fungermi da faro, nonostante io viva in un paesino abbastanza tranquillo. Realizzo, dunque, che sia giunto il momento di recarmi alla cassa e tornare alla vita reale, prospettiva per niente appetibile ai miei occhi. 

Attraverso gli scaffali e qualcosa cattura la mia attenzione: un libro sporge all'altezza del mio naso e non posso fare a meno di stupirmi quando noto che è il diario/agenda che ho riposto, poc'anzi, dall'altra parte della biblioteca. Lo sfilo mantenendo la mia espressione confusa, e il mio cipiglio non fa che rendersi più profondo quando, aprendo il diario, noto sulla prima pagina una scritta che prima non c'era.

 

"Prendimi con te" 

 

recita. Mi guardo intorno, come se mi aspettassi sbucare qualcuno da un momento all'altro e confessarmi di essere vittima di uno stupido scherzo. La mia espressione da corrucciata diventa incupita, un misto tra confusione, ansia, e un po' di paura, mi invade il corpo. Sono sicura che questa dannata scritta prima non ci fosse, ho sfogliato questo diario per almeno 10 volte accertandomi che non contenesse assolutamente niente. E ora compare così, dal nulla? Si materializza questo libro da una parte all'altra della biblioteca e in più contiene una scritta inquietante? Okay, calma e sangue freddo, ragioniamo, ci sarà sicuramente una spiegazione logica: essendo un diario, ci sono più copie di questo, ovviamente, perché non ci ho pensato prima? Saranno diverse copie, tutto qui, e una stupida frase messa lì per marketing, per invogliare a prendere il diario. 

Rilasso la mia espressione corrucciata, soddisfatta della risposta che mi sono appena data e sentendomi anche un po' stupida per la reazione di poco prima. Ma cosa diavolo pensavo? Che i libri si smaterializzassero e si scrivessero da soli? Ridacchio leggermente per la mia ingenuità, dandomi un leggero schiaffetto sulla fronte, a volte sembro ancora una bambina che crede nelle fate e cose del genere. Decido, in ogni caso, di portare questo diario con me, troverò cosa farci, ma la mia curiosità si fa largo tra tutto il resto. Alla fine, mi ha chiamata lui.

Lo aggiungo al resto e mi avvio verso la cassa, sorridendo cordialmente quando intravedo Ben dietro ad essa. 

"Mi sembrava strano non vederti da un po' di giorni." sorride, i suoi occhi azzurri sembrano davvero felici di vedermi, mentre gli porgo i libri da catalogare.

"Dio solo sa quanto ho dovuto studiare ultimamente." sbuffo, appoggiandomi al bancone, mentre ripenso alla settimana colma di verifiche che mi sono appena lasciata alle spalle. 

"Mi duole ammetterlo, ma la mancanza delle tue pile infinite di libri si percepiva." indica quelli che sto per portare a casa.

"Dai..non sono poi così tanti.” sorrido mentre mi rendo conto di stare bloccando la fila, mi scuso imbarazzata e mi rivolgo nuovamente al mio interlocutore "Meglio che io vada, ci vediamo Ben." mi sorride e mi augura una buona serata, mentre mi avvio verso l'uscita.

Benjamin è un ragazzo di qualche anno più grande di me, lavora part-time in biblioteca, quindi nel corso del tempo abbiamo fatto amicizia.  

Ammiro chi riesca a lavorare e studiare contemporaneamente, sono consapevole che non proverò mai tale fatica venendo da una famiglia agiata. Altro motivo per cui mi impegno nello studio: non voglio assolutamente che la posizione dei miei genitori influisca anche in minima parte sulla mia carriera futura. Provenendo da una famiglia abbastanza influente, cerco sempre di dare il massimo in tutto ciò che faccio, per dimostrare, se non agli altri, a me stessa, che tutto ciò che conquisto sia solo per merito, e non per via del mio cognome.

"Ciao mamma." la saluto quando entro in cucina, dirigendomi verso le scale che condurranno alla mia camera.

"Com'è andata oggi?" mi chiede, lo sguardo dolce e apprensivo che ha sempre con me, a volte un po' troppo apprensivo. È indaffarata mentre prepara la cena, i capelli corvini come i miei raccolti in una crocchia disordinata. A volte ci somigliamo più di quanto io voglia ammettere. 

"Il solito." faccio spallucce "Giselle?" chiedo, riferendoci alla nostra domestica.

"Serata libera." risponde. .

Mi dirigo verso la mia camera e mi butto sul letto a mo di stella marina. Mi copro gli occhi con il braccio, cercando un po' di riposo per le mie palpebre pesanti, ma troppo pigra per alzarmi e spegnere momentaneamente le luci. 

A svegliarmi è la voce di mia madre che annuncia essere pronta la cena.

"Arrivo! Solo un attimo." tiro fuori i libri dalla borsa e inizio a sistemarli, in modo da non trovarmeli fra i piedi dopo cena e andarmene direttamente a letto. Arrivo al diario e passo le dita affusolate tra le venature della copertina, che sollevo, come tentata di rileggere quella scritta che tanto mi ha incuriosito quanto spaventato qualche ora prima.

 

Ma la scritta non c'è più.

   
 
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