Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: AmonAmarth    25/04/2020    6 recensioni
Au Sterek
Fanfiction tratta dal film L'A.S.S.O. nella manica.
Alzi la mano chi di voi a scuola non è stato definito l'Amico Sfigato Strategicamente Osceno? Bhe io si, non con queste parole, ma il succo era decisamente quello.
Bhe in questa storia sarà il nostro Stiles l'A.S.S.O. del suo gruppo di amici e, dopo esserne venuto a conoscenza, decide di chiedere aiuto al suo acerrimo nemico/vicino. Indovinate un po' chi? Esatto, proprio lui, Derek Hale.
I due stringeranno un patto e... bhe, non posso certo spoilerarvi tutto no? Se vi ho incuriosito almeno un po', leggete e scoprite!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per generazioni, i liceali sono stati etichettati in atleti, secchioni, principesse, bulli o semplicemente fuori di testa.
Ma i tempi sono cambiati.
Ora gli atleti giocano ai videogame, le principesse si imbottiscono di antidepressivi e i secchioni guidano il paese.
Pensavo che ora vivessimo in un mondo nuovo, un mondo senza etichette… ma arriva un momento al liceo che ti cambia la prospettiva su tutto.
Per me, è arrivato durante l’ultimo anno, poco prima del Ballo della Scuola.
Passeggiavo con i tre miei migliori amici…

 

Lydia Martin camminava con sicurezza sfoggiando il suo nuovo vestito firmato Armani come solo una modella professionista era in grado di fare. I suoi capelli rosso fragola ondeggiavano dietro la sua schiena come una cascata di oro rosa. Il suo passo era sicuro e deciso, a mostrare tutto il carattere che la ragazza possedeva.
Al suo fianco Jackson Whittermore, capitano della squadra di lacrosse, noto anche come il ragazzo più schifosamente ricco di tutta Beacon Hills e fidanzato della bellissima Lydia Martin. Camminava al fianco di Lydia, un passo leggermente indietro, mostrando indirettamente a chiunque la gerarchia che vigeva un po’ nella coppia.
Accanto a lui, Scott McCall, altro giocatore di punta della squadra di lacrosse. Forse non il ragazzo più intelligente della scuola, ma finché avesse continuato a fare vincere altri campionati alla squadra nessuno sarebbe stato a controllargli il QI!
Ed infine… Stiles Stilinski, tipico nerd sfigato. Senza muscoli, con gli occhiali dalla montatura quadrata e improponibile e con indosso camicie a quadrettoni che sembravano urlare vi prego gettatemi via!
Ovviamente quando il quartetto passava nei corridoi tutti si giravano a guardarli: ragazze, ragazzi, gay, bisex… persino gli asessuali! Tutti si imbambolavano a guardarli, ma nessuno sembrava anche solo notare la presenza di Stiles, non che il ragazzo ci avesse mai fatto più di tanto caso comunque dato che aveva sempre gli occhi fissi sul telefonino a giocare ad assurdi giochi online o leggere articoli di chissà quale rivista scientifica.
Eppure, Stiles Stilinski non poteva sapere che la sua vita sarebbe presto cambiata e nel modo più irrimediabile possibile.
Ma torniamo ai quattro ragazzi che passeggiavano per il corridoio del liceo di Beacon Hills.
«Jackson! Ti ho detto che stasera guarderemo di nuovo ‘Le pagine della nostra vita’, fattene una ragione!»
«Lydia, giuro che se guardo di nuovo quel film io me le taglio le palle e tu poi con cosa giochi?»
«Posso sempre usare quelle di Stiles...» Lydia, Jackson e Scott si girarono verso il ragazzo, che però continuò a camminare (ed era un miracolo che non fosse ancora andato a sbattere contro qualcuno!) con gli occhi fissi sul cellulare.
«Ma lo sapete che secondo una ricerca potremmo essere ad un momento di svolta per confermare o meno la teoria delle stringhe?» Disse il ragazzo mentre si risistemava gli occhiali spingendoseli in sù con l’indice della mano.
«Stiles? Ci stai almeno ascoltando?» Domandò Scott, che aveva alzato gli occhi al cielo.
«Si… si...» Farfugliò Stilinski mentre continuava a leggere l’articolo sul cellulare.
«Davvero? Perché Lydia si è appena proposta per giocare con le tue palle invece delle mie.» Ribatté Jackson allungando una mano per afferrare il telefono di Stiles.
«Ehi, Jackson! Ridammi il telefono!»
«No! Sei tu che hai fatto vedere a Lydia quel dannato film e ora per colpa tua me lo devo sorbire praticamente ogni sera. Mi si atrofizzeranno le palle se continua a farmelo vedere!»
«Davvero Jackie? Le tue palle reggono così poco?»
«Sempre meglio delle tue Stilinski che se ne stanno per andare in vacanza per quanto le usi!»
«Ehi! Il fatto che io non abbia un ragazzo non significa che non le usi. Secondo te per cosa li hanno inventati a fare i porno?»
«Ok! Ok! Ragazzi basta così.» Scott provò a dividere i due ragazzi prima che il loro ‘leggero’ battibecco si trasformasse in una sfida all’ultimo sangue a suon di frecciatine velenose.
«A proposito di questo...»
«Lydia! Non ricominciare. Non ci vengo al Ballo.»
«Ma Stiles! Non puoi non venire al Ballo del nostro ultimo anno.» Protestò la rossa che ripassò il cellulare al ragazzo dopo averlo ripreso dal suo ragazzo.
«Oh si che posso, Lydia. Quella sera avrò di meglio da fare che partecipare ad una serata di falsità e in cui quasi la metà delle ragazze resta incinta. No, grazie.»
«E cosa avresti di meglio da fare, sentiamo? Aggiornarti sulle ultime novità del club dell’uncinetto?» Lo sbeffeggiò Jackson con il suo solito sorrisetto odiosamente diabolico e che Stiles avrebbe trovato anche sexy se non fosse stato incollato alla faccia da pesce lesso del suo migliore amico.
«No, devo scopare con Mr Angel!» Stiles provò in quel momento come doveva essersi sentito Dio quando aveva sbattuto Satana all’Inferno: vittorioso. La faccia schifata di Jackson era memorabile!
Mr Angel era il suo dildo… un enorme dildo azzurro… azzurro come gli occhi di…
Eccolo lì… Isaac Lahey, vice capitano della squadra di basket. Bello come il sole, no, più bello del sole. Il suo sorriso era di una bellezza travolgente; i capelli biondi erano dei morbidi ricci che incoronavano come la più bella delle corone il suo capo e gli occhi… oh, si… Isaac aveva degli occhi azzurri così belli che il mare stesso si vergognava di avere un colore così simile eppure così diverso a confronto. Stiles non aveva il coraggio neppure di rivolgergli un paio di parole… o almeno parole che avessero un senso! In sua presenza tutto ciò che gli usciva fuori erano sempre farfugliamenti strani e versi che sembravano più quelli di una gallina a cui si sta tirando il collo piuttosto che ad un essere umano. Stava camminando fianco a fianco con colui che era il capitano della squadra di basket e, secondo Stiles, l’essere più stupido e odioso che esistesse sulla faccia della Terra… Derek Hale!
Derek Hale era uno dei peggiori incubi di Stiles. Avete presente una di quelle persone con cui cresci insieme e magari ci hai pure fatto il bagnetto insieme da piccoli? O una di quelle che, da quando hai dichiarato a tua madre la tua omosessualità, lei cerca in tutti i modi di combinarci un matrimonio? Quelle stesse persone che poi finiscono per darti sui nervi e preferiresti tagliarti i testicoli con un coltello arroventato piuttosto che anche solo vederli? bene per Stiles quella persona era proprio Derek Hale.
Arrivati davanti all’aula di storia, Isaac entrò subito ma Derek, che si era accorto della presenza di Stiles, proseguì verso di lui e, dall’angolo sospettosamente stretto delle sue folte sopracciglia, doveva essere parecchio incazzato.
«La prossima volta che ti metti a guardare strani horror giapponesi, Stiles, sei pregato almeno di chiudere quelle cazzo di tendine!»
«Cos’è certe scene ti hanno afflosciato il cazzo e non sei riuscito ad infilarlo dentro la vagina della tua ragazza?» Ribatté sarcastico Stiles mentre, giusto per tenere le mani occupate e farsi passare il prurito di dare un bel pugno su quel brutto muso (sapeva che si sarebbe fatto male e basta!) cominciò ad armeggiare con la serratura del suo lucchetto.
«Mi davano fastidio e basta!»
«Ti davano fastidio e basta? Bhe non so che farci, non ti ho certo obbligato a guardare, anche se un po’ di cultura non ti farebbe male.» Derek ringhiò… si, signori e signore… ringhiò. Derek Hale aveva la capacità di ringhiare alle persone. Probabilmente in un’altra vita doveva essere stato un lupo… o un lupo mannaro.
«Sta attento Stili...» Ma Derek non riuscì a finire la sua minaccia perché la sua ragazza, o ex ragazza, Stiles non ricordava bene a quale fase fossero, visto che quei due si mollavano e rimettevano insieme con più frequenza di quante volte lui si cambiava le mutande… e si, prima che ve lo chiediate se le cambiava spesso, con tutta la masturbazione che praticava!
Kate Argent… si considerava la ragazza più figa della scuola. Si vociferava che persino i gay se la sarebbero voluti fare, Stiles non era decisamente tra quelli! Kate era la classica stronza, la classica bambolina che vive solo per l’apparenza e per un mondo basato unicamente sui canoni di bellezza imposti dalla televisione e sulla falsità. La classica ragazza che una volta finito il liceo sarebbe finita a prostituirsi in mezzo ad una strada pur di sentirsi osannata dal genere maschile!
«Oh ciao Lydia, Jackson e Scott. Mercoledì ci sarà una festa a casa mia, ma sicuramente lo avrete già saputo.» Allison Argent, cugina di Kate e ragazza per cui Scott moriva letteralmente dietro, consegnò ai tre ragazzi un volantino, palesemente l’invito per la festa a casa Argent. Quando passò il foglio a Scott questi era talmente imbambolato a fissarla come un pesce lesso innamorato che il foglio cadde a terra. Lydia, Jackson e Stiles alzarono gli occhi al cielo per la solita imbranataggine dell’amico dinanzi alla ragazza. Persino Derek, udite udite, sorrise sotto i baffi quando Allison raccolse il volantino e, con un sorriso dolce, completamente l’opposto di quello di sua cugina, lo porse a Scott.
«Sai vero che giovedì c’è scuola? Non credo sia il caso di fare una festa di mercoledì.» Kate puntò i suoi occhi azzurri in quelli di Stiles. Lo guardò come se Stiles fosse una specie di scarafaggio schifoso che le si fosse appena messo a zampettare sulle sue scarpe ultra firmate.
«Si bhe, c’è chi può.» Disse con una nota, per niente velata, di disgusto nella voce.
«Bhe di certo tu non sei tra quelli che può. Se già sei stupida durante le lezioni normalmente, non oso immaginare quanto ancora di più lo sarai se fai le ore piccole la sera prima.» Di nuovo, sorprendentemente, Derek emise un piccolo sbuffo che, nel suo strano e antisociale linguaggio, significava ‘risatina’!
«Gli permetti di parlarmi così?» Sbottò Kate guardando Derek offesa. Il moro fece le spallucce mentre si risistemava lo zaino sulle spalle, ma non disse assolutamente niente.
«Comunque se volete venire, siete tutti invitati.» La voce dolce di Allison ruppe quell’imbarazzante silenzio che si era venuto a creare per la mancata reazione di Derek. La ragazza fissò Scott per tutto il tempo, il quale cominciò ad aprire e chiudere la bocca come un pesce rosso chiuso in una boccia di vetro.
«Ci saremo...» Cominciò a dire Stiles mentre si risistemava gli occhiali sul ponte del naso.
«Oh mi spiace Stiles, ma è necessario l’invito e, sfortunatamente, ne ho solo un numero limitato. Ma, se mai ci fossero delle disdette, ti metto in lista.» Esclamò Kate con un finto tono dispiaciuto. Ma Lydia spezzò immediatamente il suo invito in due e ne passò una delle due metà a Stiles.
«Problema risolto.» Esclamò mentre si risistemava i lunghi capelli e Jackson le sorrideva radioso.
«Evviva.» Probabilmente se aveste chiesto a Kate come stava andando quella giornata vi avrebbe risposto che quello era il giorno più brutto della sua intera vita!
«Uhh non vedo l’ora.» Esclamò Stiles fissando il suo invito strappato. «Devo portare qualcosa o ci pensi tu? Non so una crostata, una torta salat...» Ma Kate si era già avviata andandosene via, sculettando nei suoi pantaloni oscenamente stretti e ticchettando con i suoi vertiginosi tacchi a spillo. Senza dire una parola anche Derek se ne andò, raggiungendo Isaac nell’aula di storia.
Allison si girò verso il gruppetto, evidentemente mortificata per il comportamento di sua cugina.
«Scusatela. Comunque ci vediamo alla festa, ciao Scott.» La ragazza salutò timidamente il moro che balbettò qualche parola sconclusionata.
«Ci vuoi venire davvero a quella festa, Stiles?» Chiese Lydia mentre si avviavano a passo svelto in classe.
«Certo, perché non dovrei venirci?»
«Perché sei un pallosissimo secchione che non viene mai alle feste?» Ironizzò Jackson che si fermò davanti all’aula di matematica. Lui e Scott seguivano il corso base, mentre Lydia e Stiles quello avanzato.
«Non è ver… ok, si. In genere non mi piace venire a queste feste. Ma questa è diversa.» Borbottò il ragazzo sentendo il volto andare a fuoco per l’imbarazzo.
«Perché questa sarebbe diversa?» Domandò Scott. Lydia roteò gli occhi.
«Perché ci sarà Isaac.»
«Ma Isaac c’è sempre alle feste.» Disse Jackson confuso. Di nuovo la ragazza roteò gli occhi con fare scocciato.
«Si, ma anche se a parole il signorino qui dice che detesta il Ballo e altre cazzate simili, in realtà lui muore dalla voglia di andarci con Isaac. Quindi se va alla festa e si fa notare spera che il bel biondino gli chieda di andare al Ballo con lui.»
Lydia guardò Stiles con soddisfazione mentre questo, sbuffando, le intimò di avviarsi in classe. Alle volte odiava che Lydia fosse intelligente quanto lui!

 

* * *

 

«Yukimura e Mahealani a che punto siete con l’articolo sulla mensa?»
Stiles si rigirò svogliatamente la matita tra le mani. Non era uno che amava molto scrivere, sebbene gli avessero fatto notare quanto fosse effettivamente portato, preferiva di gran lunga i numeri alle lettere. Ma Lydia anni prima aveva deciso di iscriversi al corso di giornalismo per dei crediti extra e Stiles, suo malgrado, non l’aveva trovata una così pessima idea. Solo che quel pomeriggio avrebbe voluto essere già a casa a giocare con il nuovo videogioco di Halo con Scott.
«Bhe stavamo pensando di scrivere qualcosa sul rincaro del prezzo del gelato di ben quindici centesimi...» Iniziò a parlare Danny ma il professor Deaton lo fermò subito, guardandolo con i suoi profondi occhi scuri. A Stiles aveva sempre fatto una certa impressione. Non solo per il suo essere troppo calmo, in qualsiasi circostanza, ma anche per il suo sguardo, che pareva sempre scrutarti l’anima.
«Ragazzi, dovete imparare ad osare di più. Le parole sono un potente strumento e, se usate correttamente, possono vincere molte guerre. Avete tra le mani un’arma potentissima e voi la volete sprecare per del gelato. Provate a pensare. Questa scuola serve pizza cinque giorni a settimana, pagata con le vostre tasse che vengono usate anche per curare chi si ammala di diabete per colpa della pizza. Capite dove voglio arrivare?» Le facce di Danny e Kira apparivano ancora piuttosto confuse.
«Voi dovete diffondere una voce. Dovete imparare a far sentire la vostra voce. Voi scrivete tutti i giorni con i vostri telefonini postando su tutti i siti del mondo come si sentite, cosa avete mangiato e cosa avete fatto. E la gente vi legge. Avete a vostra disposizione gli strumenti per far sentire la vostra voce, non sprecateli scrivendo del gelato.» Gli occhi di Deaton passarono in rassegna sui volti di tutti i ragazzi e, forse fu solo una sua impressione, si soffermarono a lungo su Stiles.
«Andiamo avanti. Ultimo incarico. Il Ballo.» Stavolta non fu solo l’impressione di Stiles. Deaton lo fissava dritto negli occhi, nemmeno sbatteva le palpebre e Stiles trovò la cosa ancor più inquietante. «Stiles, voglio che tu esca dal tuo seminato e che tu applichi la tua, solitamente pungente, eccellenza giornalistica su un articolo sul Ballo della scuola. Il titolo sarà ‘Cosa significa il Ballo per me’.»
«M-mi dispiace interromperla, m-ma con il dovuto r-rispetto io...»
«Sei onorato ed emozionato di scrivere questo articolo.» Deaton parlava con voce ferma e lenta, le mani congiunte a mo’ di preghiera e Stiles si sentì come un  bambino dinanzi alla sua prima confessione.
Era rovinato!

 

* * *

 

«Quindi Deaton ti ha incastrato?» Scott inveì per l’ennesima volta per l’ennesima sconfitta ricevuta ad Halo contro Stiles.
«Già. Mi toccherà andare a quel fottuto Ballo. E se domani sera non riesco a farmi invitare da Isaac mi toccherà subire pure l’umiliazione di andarci tutto solo.» Stiles mise in pausa il gioco il tempo necessario di riempirsi la bocca di curly fries.
«Allora ti conviene cominciare a prepararti il discorso.»
«Senti chi parla Scott, non è che tu sia riuscito a concludere niente con...» Ma Stiles tacque mentre Scott gli sventolava davanti al naso un bigliettino su cui era scritto il nome di Allison e quello che era il suo numero di telefono.
«Q-quando?»
«Me lo ha infilato nell’invito per la festa di Kate.»
«E le hai già scritto?» Domandò Stiles dimenticandosi completamente del videogioco. Era felice per Scott. Quel ragazzo era pazzo di Allison sin dal primo giorno di scuola del loro secondo anno, quando la ragazza, che si era appena trasferita, era arrivata nella loro scuola senza nemmeno un astuccio e un quaderno e lui le aveva prestato una penna. Era felice per il suo migliore amico, ma era anche un pochino invidioso. Era palese che lui piacesse ad Allison e se quei due non erano ancora riusciti a combinare nulla era solo per colpa della loro imbranataggine e si, loro. Perché Allison Argent non poteva essere più diversa dalla cugina di così. Dove Kate era una mangiauomini arrogante e superficiale, Allison era una ragazza timida e dolce. Dove Kate era più stupida di un verme, Allison era una ragazza intelligente e colta.
«Si, infatti amico domani non c’è bisogno che vieni a prendermi per andare alla festa di Kate...»
«Uhh tua mamma si è decisa a lasciarti la macchina?»
«No, mi passa a prendere lei.» Disse Scott arrossendo mentre si massaggiava i capelli imbarazzato.
«Uhh! Evvai, abbasso gli stereotipi! Dai, sono...» Stiles guardò negli occhi il suo amico, il suo quasi fratello visto che i loro genitori si frequentavano da un po’ «...sono felice per te, Scottie!» Con uno slancio, Stiles si gettò addosso con talmente tanto impeto da ribaltarlo ed entrambi caddero a terra e Scott sbattè la testa piuttosto forte contro il pavimento.
«Stiles! Che fa… no, no Stiles i bacini no… noooo!» Stiles prese a riempire di bacini il volto di Scott. Amava la loro amicizia. Amava che con lui poteva essere esattamente chi era davvero. Non che non lo potesse fare anche con Lydia e Jackson, ma Scott… Scott era diverso. Scott era il migliore miglior amico che si potesse mai avere e sperò che Allison non gli spezzasse mai il cuore, o se la sarebbe vista con lui.

 

* * *

 

La sera della festa era arrivata. Stiles era in quella casa da appena venti minuti e voleva già scappare. Erano tutti ubriachi fradici o intenti a strapparsi di dosso qualche vestito. La musica era altissima e, francamente, anche piuttosto schifosa. Senza contare che non aveva ancora avuto il coraggio anche solo di avvicinarsi ad Isaac che era insieme a tutta la squadra di basket con… Derek Hale. Appunto. Col cavolo che Stiles si sarebbe messo a parlare ad Isaac con Derek nelle vicinanze. Quell’odioso spocchione lo avrebbe preso in giro in eterno.
«Dai Stiles, vieni a ballare.» Lydia lo trascinò letteralmente in mezzo alla mischia di ragazzi che credevano di ballare ma, invece, tutto ciò che facevano era semplicemente muovere il corpo senza il minimo ritmo e senza la minima grazia.
«No dai Lyds...»
«Stiles, come pensi che qualcuno possa notarti se non dimeni un po’ quel culetto?» Con un gesto la ragazza sfilò la camicia a quadri di Stiles e la gettò via. Il ragazzo provò pure a cercare di afferrarla, ma si trovò la strada sbarrata da Jackson.
«Balla, Stiles.» Lo incitò Lydia afferrandogli una mano e cominciando a strusciarglisi addosso. Ovviamente Stiles notò l’occhiataccia di Jackson.
«Rifodera le zanne Jackie! Gay, ricordi?»
Grugnendo il biondino si mise a ballare poggiando le mani sui fianchi sottili della sua ragazza.
Stiles si sentiva immensamente in imbarazzo. E non solo perché quei due stavano girando un mezzo porno con lui ad uso soprammobile, ma anche perché non sapeva esattamente come muoversi. Nessuno si muoveva ‘bene’ eppure tutti sembravano armoniosi e sensuali. Lui invece si sentiva semplicemente ridicolo e fuori posto. Approfittò del mega bacio passionale che la coppietta si stava scambiando per sgusciare via e ritornare verso il tavolo del buffet, il più lontano possibile da quell’improvvisata pista da ballo che odorava solo di sudore e alcool.
Si guardò attorno e vide, non molto lontano, Scott e Allison che si guardavano con occhioni palesamente innamorati. Scott parve accorgersi del suo sguardo perché pochi secondi dopo i suoi occhi erano rivolti verso di lui e Stiles sollevò i pollici di entrambe le mani in segno di buona fortuna. Il ragazzo arrossì e Stiles lo vide dire qualcosa ad Allison all’orecchio e poi, dopo averle preso per mano, si allontanarono dalla folla. Stiles era davvero contento che, almeno per uno di loro, quella festa fosse stata decisiva. Decise di buttarsi sul cibo, l’unica cosa in tutta la sua miserabile vita che non lo aveva mai deluso. Si riempì un piatto di ogni cosa, dolce e salata, non era mai stato tipo da fare certe distinzioni. Anzi, lui amava i pop-corn con il caramello. In molti li trovavano disgustosi. Sale e dolce insieme. Una combinazione che non avrebbe mai potuto esistere. Lui invece lo adorava. Non c’era scritto da nessuna parte che il sale e il caramello non potessero stare insieme. E proprio per la loro particolarità erano un’accoppiata fenomenale.
«Sei disgustoso!»
Stiles alzò gli occhi al cielo. Ovviamente il destino doveva proprio essere bastardo e invece di mandargli un angelo dagli occhi che brillavano come zaffiri e ricci fatti di fili d’oro gli aveva mandato la brutta faccia di Derek Hale. Che poi… non che fosse davvero così brutta. Anzi, Derek aveva degli occhi verdi-grigio che sapevano ipnotizzare, degli zigomi così perfetti che parevano essere stati scolpiti da Michelangelo in persona… per non parlare dei muscoli… diciotto anni e quel ragazzo aveva così tanti muscoli che probabilmente avrebbero dovuto inventare nuovi nomi per classificarli. Insomma, Derek Hale era pure un bel ragazzo, un bellissimo ragazzo… è che poi apriva bocca e la magia finiva!
«Non hai di meglio da fare che venire a rompere le palle a me?» Bofonchiò Stiles sputacchiando qua e là pezzetti di pizza. Derek sbuffò qualcosa che assomigliava vagamente al nome di Kate mentre si riempiva un bicchiere d’acqua e beveva.
«Ehi, Stilinski!» Un altro atleta, cioè un altro con QI talmente basso che persino un Hobbit a confronto sarebbe sembrato un gigante, si avvicinò a Stiles.
«Ciao Theo.» Bofonchiò di nuovo Stiles.
«Ma la tua amica Lydia...»
«Sta con Jackson. No, non tira una brutta aria tra di loro. No, non hanno intenzione di lasciarsi. E si, la loro vita sessuale è più che soddisfacente.»
«Va bene, va bene. Quanto siamo acidi. Derek.» Con un cenno di saluto nemmeno Derek fosse stato il Generale dell’Esercito, Theo Reaken se ne andò.
«Ma che palle. Ma si può sapere che vogliono tutti da me. Tutti a chiedermi di Lydia, Jackson e Scott. Ma mi hanno scambiato per l’ufficio informazioni, per caso?»
«Bhe, in fondo è il tuo lavoro.» Disse Derek come se avesse detto la cosa più ovvia sulla faccia della terra.
«Il mio che, scusa?»
«Il tuo lavoro, il tuo lavoro come A.S.S.O.» Specificò il moro alla faccia confusa di Stiles.
«Scusa che?»
«A.S.S.O.. Amico Sfigato Strategicamente Osceno.» Stiles sbatté le palpebre più volte. Forse aveva sentito male. No, doveva decisamente aver sentito male.
«C-Come mi hai chiamato?» Derek guardò finalmente Stiles per la prima volta negli occhi e, come il più piccolo appariva confuso e offeso, così anche Derek sembrava piuttosto confuso.
«Guarda che non è una brutta parola. Ogni gruppo di amici ne ha uno. E’ la cozza che fa apparire tutti gli altri più fighi. Quello che ti porti dietro in discoteca perché gli altri possano fare un confronto che tu sai già di vincere, così da guadagnarci una sana scopata. Se non sai chi è, è sicuramente perché tu sei l’A.S.S.O. del tuo gruppo.»
Stiles era rimasto fermo immobile, il cibo completamente dimenticato nella sua bocca ancora aperta per lo sconcerto.
«Eddai, non fare quella faccia. Non è detto che l’A.S.S.O. sia per forza un cesso rotto da rottamare. Per esempio...» Derek scorse tra la folla. «… guarda Erica...»
«Ma Erica è fufer cafina!» Mugugnò Stiles con la bocca ancora decisamente troppo piena di cibo.
«Si, ma vuoi metterla a confronto con Malia e Kira?»
«E ghe ne so! Fono gay, non me ne infenfo di feffe!»
«Bhe fidati! Il compito degli A.S.S.O. è quello di passare le informazioni. Ecco perché tutti ti fanno sempre domande sui tuoi amici. Perché sei l’A.S.S.O.. Hai amici più fighi e devi...» Stiles non seppe se fu per la recente scoperta o per il tono, completamente disinvolto, usato da Derek, ma sentì una rabbia incontrollata montare dentro di lui. Talmente forte che persino l’amato cibo che aveva in bocca gli faceva semplicemente schifo. Così, semplicemente se ne liberò. Sulla maglietta di Derek.
«Stiles! Ma che...» Non ancora pienamente soddisfatto il ragazzo lanciò addosso a Derek il piatto con il restante cibo.
«Vaffanculo, Derek Hale. E comunque, tu da piccolo piangevi se nella tinozza non c’erano almeno tre paperelle con cui giocare!»
Stiles scappò via da quella casa e nemmeno le risate dei suoi compagni di scuola riuscirono a sovrastare la voce di Derek Hale nella sua testa che continuava a ripetergli come un mantra un’unica, oscena, parola:

A.S.S.O.

 

* * *

 

Stiles era stato sveglio tutta la notte. Non aveva risposto nemmeno ad una delle centomila chiamate di Lydia e di Scott. E nemmeno al messaggio di Jackson che probabilmente Lydia lo aveva costretto ad inviargli.
Aveva passato tutta la notte a fare ricerche su internet. Si era arrabbiato, aveva urlato e aveva ringraziato che almeno suo padre aveva il turno di notte o non avrebbe saputo come giustificargli quell’attacco di isteria.
Lui non era un A.S.S.O..
Ok, Lydia era incredibilmente bella. Jackson era incredibilmente bello. Ma Scott… Scott era un piccolo cucciolo di labrador… che però aveva degli addominali da urlo!
Ma quello che lo faceva incazzare era proprio quello… più ci rifletteva e più si vedeva scorrere la sua vita davanti agli occhi: senza Lydia, Jackson e Scott, lui praticamente non esisteva. Nemmeno la tipa in mensa con cui lui chiacchierava spesso si ricordava mai il suo nome. Forse l’unico a ricordarsi di lui e della sua esistenza era Harris e la cosa non era confortante, non lo era per niente.
Si ritrovò a scorrere tutte le sue foto su Facebook, andando indietro nel tempo, fino agli inizi della sua amicizia con Lydia e Jackson. Guardò delle foto di loro quattro da piccoli, di un Halloween, l’unico Halloween in cui Lydia aveva acconsentito a travestirsi da ‘cose da Nerd’, come le definiva lei. Si erano travestiti da Fantastici 4 e lui… ovviamente era la Cosa!
Avete presente quando in Batman c’è quello che cade nella tinozza di acido e diventa il Joker? Bene quello era per Stiles il suo momento ‘tinozza di acido’. I suoi amici, volenti o nolenti, lo avevano reso un A.S.S.O. e la cosa non gli piaceva. Non gli piaceva per niente!

 

* * *

 

Quella mattina Stiles era andato a scuola ripetendosi come un mantra nella testa quelle parole: lui non era un A.S.S.O..
Aveva bisogno di uno psicologo. E pure bravo. Alternava la fase del diniego a quella dell’accettazione
E adesso, mentre combinava reagenti nelle provette, quella faccenda gli sembrava un po’ meno assurda. Al momento aveva altri problemi per la testa. O meglio, uno solo e portava il nome di Harris!
«Signor Hale, vorrebbe smetterla di chiacchierare con la sua compagna di laboratorio?» Stiles sobbalzò. Non era decisamente abituato al fatto che Harris potesse avercela con qualcun altro che non fosse lui.
Derek si limitò a sorridere. Quel sorriso da schiaffi che lo aveva salvato praticamente da ogni punizione. La vita era profondamente ingiusta. Perché aveva donato a Stiles un naso alla Pinocchio e a quello sbruffone quegli zigomi così perfetti?
«Forse sarebbe meglio per lei cambiare posto, signor Hale. Vada con il signor Stilinski. Almeno posso tenere d’occhio entrambi con un’occhiata sola.»
Stiles maledisse la sua mala sorte. L’Universo doveva davvero spiegargli cosa gli avesse fatto di male per punirlo a quel modo.
Derek si sedette nel posto accanto al suo sbuffando scontroso. Era ovvio che anche lui non fosse molto contento di quella nuova sistemazione. Guardò sconsolato la ragazza, Paige, che aveva lasciato sola al tavolo. Stiles buttò un occhio, era carina… se non fosse stata oca come tutte le altre. Avrebbe voluto chiedere a Derek se lui e Kate erano di nuovo nella fase ‘mollati’ della loro relazione o se ci stesse provando con Paige anche se aveva impegni con la viper… cioè con Kate. Ma era ancora troppo arrabbiato dalla sera prima per parlare con Derek, così si limitò a continuare il suo lavoro.
«Dovremmo lavorare in coppia.» Esclamò il moro dopo alcuni minuti in cui Stiles lo ignorava e continuava a fare il lavoro in solitaria.
«Mi rallenteresti, quindi sublimati!» Sbuffò indispettito Stiles. Col cavolo che avrebbe permesso ad Hale di rovinargli la media in chimica! Per quello ci pensava già Harris con il suo odio verso il suo cervello geniale.
«Senti, è inutile che fai tanto il passivo-aggressivo, Stiles. Io dovrei essere quello arrabbiato visto che adesso tutti mi prendono in giro per quella storia delle paperelle, che tra parentesi non è neppure vera.» Stiles guardò Derek attraverso gli occhiali protettivi. Il moro gli rispose male nel suo strano e personale linguaggio delle sopracciglia.
«Derek, mi hai chiamato ‘sfigato’ e ‘osceno’. Te lo sei più che meritato. E comunque si, ti facevi il bagnetto con le paperelle, Wolf e Sourwolf!»
«Bhe, Sourwolf era la tua paperella.» Borbottò sempre più imbarazzato Derek che prese a guardarsi intorno sperando che nessuno stesse ascoltando la loro conversazione.
«Comunque io ti ho chiamato A.S.S.O.. Non chiamerei nessuno ‘sfigato’ o ‘osceno’ perché non si fa, ecco perché hanno inventato gli acronimi. E comunque devi ammetterlo, tu sei sfigato…»
«Signor Hale, sarebbe il caso che lei la smetta di parlare e si metta davvero a lavorare. Per quanto trovi il signor Stilinski particolarmente irritante, sono costretto ad ammettere che il suo lavoro è piuttosto discreto...» A quelle parole Stiles fulminò Harris con lo sguardo ma ebbe l’accortenza di tacere, per una volta che Harris gli faceva uno pseudo-complimento doveva accettarlo così com’era! «… magari potrebbe persino imparare qualcosa da lui. E’ la sua terza insufficienza quest’anno. Non che negli anni precedenti lei abbia brillato nella mia materia, ma adesso siamo davvero ai minimi storici...» Stiles sentì Derek irrigidirsi accanto a lui e non poté che provare un minimo di pena. Harris sapeva essere un vero stronzo, e umiliare Derek così dinanzi a tutta la classe non era per niente bello. «...sa, mi sono rivolto al Preside e abbiamo concordato che se i suoi voti non migliorano lei sarà sospeso dalla squadra.» Stiles sentì i ragazzi cominciare a ridacchiare. Molti erano gelosi di Derek e del suo talento.
«Ma professore, sono il capitano della squadra, voi non potete… non posso perdere la borsa di studio, è l’unico modo per entrare in un college...»
«Doveva pensarci prima, signor Hale. Ora...» Harris si alzò dalla cattedra e cominciò a girare tra i banchi di lavoro guardando con aria annoiata i vari operati degli studenti. «… se avete catalizzato correttamente la reazione avete davanti a voi un cristallo...» Derek si girò verso Paige e la vide sollevare il becker che conteneva una sostanza gelatinosa e dall’odore talmente pestilenziale che lo poteva sentire anche dal suo nuovo posto. Decisamente loro due non avevano ottenuto un cristallo. «Ora, l’ultima parte dell’esperimento sono certo che vi piacerà, o almeno ad alcuni di voi… potete mangiarlo.» Derek continuò a fissare Paige sentendosi un po’ in colpa per il disastro. Certo, non che Paige avesse contribuito chissà tanto però se lui fosse stato un po’ più bravo in chimica probabilmente lei adesso avrebbe davanti agli occhi qualcosa che poteva assomigliare anche solo vagamente ad un cristallo.
Sobbalzò quando si sentì picchiettare sulla spalla e appena si girò verso Stiles si ritrovò davanti agli occhi quello che era inconfutabilmente un cristallo.
«E’ sale. Vuoi assaggiarlo?» Per Stiles quel sale era una piccola offerta di pace. Gli dispiaceva per Derek.
Il suono della campanella fu particolarmente assordante e fece sobbalzare entrambi i ragazzi. Derek distolse in fretta lo sguardo da Stiles e dal suo stupido sale. Cominciò a tirar su alla rinfusa tutti i suoi libri e se ne andò senza nemmeno degnarlo di un saluto. Stiles lo vide correre fuori dall’aula come se avesse un mostro alle calcagna. Ma mentre Derek scappava via come una furia, il suo cervello aveva già partorito uno dei suoi folli e assurdi piani. Ma stavolta se lo sentiva: avrebbe funzionato!

 

* * *

 

Quella mattina Stiles passò controvoglia a prendere Scott. Ormai lui faceva coppia fissa con Allison, la ragazza lo passava perfino a prendere a casa, ma quella mattina l’angelo di Scott aveva la febbre e così era dovuto andare lui a prendere l’amico che, vista la pioggia torrenziale, non poteva venire in bici. Di solito non gli pesava, ma in quei giorni mal sopportava la presenza dei suoi migliori amici. Lo avevano davvero reso l’A.S.S.O.? Erano consapevoli della sua vera posizione in quell’assurda piramide sociale che i liceali si costruivano perché non sapevano gestire altrimenti la tempesta ormonale che li stava attraversando?
«Stiles, come cazzo ti sei vestito questa mattina?»
Nemmeno un ciao, amico come stai?
Dritti al punto.
Stiles sei un A.S.S.O.!
Ma il mondo aveva donato a Stiles il super potere dell’invisibilità e chi era lui per opporsi a ciò! Del resto, da un grande potere derivano grandi responsabilità. E Stiles sentiva la responsabilità di fregarsene… o almeno, di provarci!
«Piove.» Fu tutto quello che disse per giustificare i suoi stivali da pescatore che aveva recuperato nello sgabuzzino di suo padre, risalenti a quando andava a pesca con i suoi colleghi di lavoro.

«Si bhe gli stivali non sono l’unica cosa che non va.»
«Oh scusami tanto signor ‘ho ingoiato una tartaruga a colazione’!»
«Stiles si può sapere che hai? Se Lydia non mi avesse ripetuto più volte che è tecnicamente impossibile, penserei che tu abbia il ciclo.»
In quel momento arrivarono a scuola, praticamente in contemporanea con Jackson e Lydia. E Stiles, mentre parcheggiava accanto alla Porsche, si rese conto di un’altra cosa che lo fece infuriare e non poco… persino la sua Jeep color Puffo era un fottuto A.S.S.O.!
«Ehi, Stilinski! Ancora non ti decidi a buttarla quel catorcio che ti ostini a chiamare macchina?» Di solito le mattinate al liceo statale di Beacon Hills iniziavano così: con Jackson che prendeva in giro la Jeep di Stiles e quest’ultimo che l’abbracciava sussurrandole di non ascoltare quel cattivone, è solo invidioso perché tu sei un classico senza tempo!
Ma non quella mattina.
«Fottiti, Jackson!» Il biondino restò spiazzato per qualche attimo.

«Qualcuno ha le sue cose?»
«No, Lydia mi ha detto che Stiles, anche se è gay, non può avere il ciclo.» Jackson guardò Scott, chiaramente indeciso se ridergli in faccia o sbattergliela contro il paraurti di un'auto… possibilmente non la sua!
«Che hai, Stiles? La connessione ti è caduta prima di salvare il tuo nuovo record a Call of Duty?» Esclamò Lydia guardando Stiles con attenzione.
«Già perché il nerd, sfigato Stiles fa solo questo oltre che studiare. Giocare ai videogames!»
«Perché scusa, non è quello che fai?» Domandò Scott con la classica espressione vuota di chi non ci sta capendo assolutamente nulla!
«Oh già e magari sono anche osceno!» Urlò Stiles facendo il segno delle virgolette quando pronunciò la parola osceno.
«Bhe… quando tu e Scott vi mettete a giocare mezzi nudi e mangiate pizza e patatine senza nemmeno vedere se centrate la bocca non siete propriamente un bello spettacolo.» Esclamò Lydia fingendosi sovrappensiero.
«Siete degli stronzi. Perché non mi avete mai detto che sono il vostro A.S.S.O.?»
«Il nostro che?» Gli sguardi di Jackson e Scott erano genuinamente confusi, Lydia invece sbuffò con la solita grazia ed eleganza.
«Forse perché non lo sei.»
«Già e mi vorreste far credere che voi, tre tra le persone più fighe della scuola, siete miei amici per vero sentimento di amicizia.»
«Davvero pensi questo di noi?» Domandò Lydia fissando Stiles dritto negli occhi che lampeggiavano di rabbia e di tanti altri sentimenti, sicuramente negativi, di cui Stiles probabilmente non conosceva neppure il nome.
«Si, è questo che penso!» Disse risoluto cercando di guardare ovunque meno che negli occhi verdi, e chiaramente feriti, di Lydia.
«Molto bene, se è questo quello che pensi di noi. Jackson, andiamo.» Lydia si girò, facendo volutamente ondeggiare i suoi lunghi capelli in faccia a Stiles. Jackson lo guardò come se volesse dire qualcosa, ma Lydia lo richiamò e, come un bravo cagnolino ubbidiente, la seguì.
Stiles cercò di evitare lo sguardo di Scott mentre anche lui si incamminava verso l’ingresso della scuola. Poteva sentire la puzza del suo dolore. Sapeva che tra tutti, proprio lui era tra le persone più leali e buone che esistevano sulla faccia della terra. Con Lydia e Jackson il dubbio poteva anche avercelo, ma con Scott no. Ma era troppo incazzato. Incazzato contro quella stupida piramide sociale. Incazzato con madre natura per non avergli dato degli addominali da paura anche a lui. E soprattutto era incazzato con Derek Hale per aver fatto calare quel velo davanti ai suoi occhi… ma con quest’ultimo non poteva avercela perché gli serviva. Oh si, sarebbe diventato fighissimo e gliel’avrebbe fatta vedere a Lydia, a Jackson e a chiunque altro!

 

* * *

 

Com’era prevedibile trovò Derek intento a palleggiare da solo nel retro del cortile della scuola. Aveva notato in quei giorni che, una volta finite tutte le attività pomeridiane, Derek si metteva a palleggiare da solo.
«Gira al largo, Stiles. Questo non è posto per te.»
«Sempre gentile e carino. Davvero com’è che hai la fila di donne dietro di te acido come sei?» Derek lanciò la palla e… fece ovviamente canestro. Riafferrò il pallone e guardò Stiles, quell’odioso sorrisetto strafottente stampato in volto.
«Sei gay, Stiles. Dovresti ben sapere perché ho la fila di donne dietro di me.»
«Alle donne piace così piccolo? Wao, ecco perché noi gay domineremo il mondo.»
«Ma che cazz… Avevamo sei anni l’ultima volta che me l’hai visto. Mi è cresciuto parecchio da allora!»
«Davvero? Perché non c’erano molto i presupposti per una… ehi, ehi, non te ne andare. Ti devo chiedere un favore.» Derek si fermò e di nuovo comunicò con Stiles in quel modo assurdo fatto di sopracciglia arcuate che, sorprendentemente, Stiles capiva alla perfezione.
«Un favore? E che vorresti?»
«Senti...» Stiles si avvicinò a Derek. Questi aveva preso a palleggiare distrattamente con il pallone e Stiles si concentrò sulla palla più che sul volto del ragazzo. Aveva ancora una dignità ed era imbarazzante dover essersi abbassato a chiedere l’aiuto di Derek Hale!
«… senti, non voglio più essere l’amico cesso di nessuno. Voglio essere me stesso. Sono stanco di essere l’A.S.S.O. di qualcuno...»
«Ma se lo sai da appena quattro giorni di esserlo!»
«Non è rilevante. E poi ho detto essere non essere consapevole. Sai, credo che tu pecchi anche in inglese oltre che in chim… no, ehi non andartene.»
«Stiles, è stata una brutta giornata e l’ultima cosa che mi serve è un logorroico ragazzino con il ciclo.»
«Non ho detto che me l’avresti fatto gratis.» Derek si bloccò. Se ne stava già andando ma si era fermato e Stiles sapeva che aveva finalmente attirato la sua attenzione.
«E sentiamo, cosa avresti da offrirmi?»
«Facciamo così tu aiuti me e io ti aiuterò in chimica.» Stiles tese la mano in avanti, ma Derek la guardò male… o meglio, le sopracciglia di Derek lo guardarono male!
«Oh andiamo, lo sai che sono bravissimo. Un paio di lezioni, i miei appunti e… BOOM! Diventerai anche meglio di Marie Curie!» Di nuovo quelle irritanti sopracciglia si inarcarono verso l’alto e di nuovo Stiles venne colto dalla frenesia di avere tra le sue mani una bella pinzetta e strappare via, uno ad uno, ogni pelo che le componeva!
«Marie Curie… radioattività… ok, ok basta con il sopraccigliese! Ho capito che la situazione è ben più grave di quanto pensassi ma… ehi, sono Stiles Stilinski. Se sono riuscito a far evitare di far mangiare a mio padre solo carboidrati, posso fare anche questo senza grossi problemi!» Stiles gonfiò il petto con orgoglio. Era un’impresa, ma ce l’avrebbe fatta. Soprattutto se Derek avesse rispettato la sua parte del patto.
«E io cosa dovrei fare?»
«Te l’ho detto. Non voglio più essere un A.S.S.O.»
«Stiles...» Derek lasciò scorrere tutto il suo sguardo lungo il corpo di Stiles. «… mi ci vorrebbe una bacchetta magica per trasformarti in un essere quasi decente!»
«Ehi! Non credere che anche per me non ci vorrà una magia per farti entrare un po’ di sana scienza in quella zucca da atleta che ti ritrovi.»
Derek studiò Stiles attentamente. Il più piccolo poteva sentire chiaramente gli ingranaggi poco oliati del suo cervello stridere nel vano tentativo di far collegare i pochi neuroni che erano sopravvissuti ai continui colpi in testa che riceveva durante le partite.
«Andiamo, Derek. E’ un patto vantaggioso per entrambi. Io voglio cercare di far colpo su Isaac...» Stiles chiuse improvvisamente la bocca. Aveva chiaramente visto gli occhi di Derek spalancarsi. Si morse la lingua. Lui e la sua dannata boccaccia. Non voleva certo che Derek andasse a spifferare tutto al suo amico!
«Ti piace, Isaac?» Stiles sospirò. Ormai si era già compromesso, tanto valeva vuotare il sacco.
«Si. Ma non ti azzardare a dirglielo o giuro che ti strappo le palle e mi ci faccio i pon pon per il mio cappellino invernale!»
Derek fece una faccia schifata.
«Bhe, i gusti son gusti.»
«Cos’hai contro Isaac?» Chiese Stiles, che aveva colto perfettamente la nota infastidita di Derek nella sua voce.
«Bhe, è un po’ un cazzone. Insomma, uno che passa di letto in letto. Ti facevo più tipo da...»
«Da cosa? Da appuntamenti galanti e mazzi di rose rosse?» Stiles si adirò. Altra cosa contro cui doveva combattere praticamente da quando aveva dichiarato la sua omosessualità. A causa del suo fisico così mingherlino e dei tratti molto delicati del suo viso, tutti erano portati a considerarlo come la donna della coppia. Doveva lottare da anni contro quei finti non omofobi che non riuscivano ad accettare che, semplicemente, in una coppia gay non c’era la distinzione uomo-donna e che erano entrambi gli uomini della coppia, come nelle coppie lesbiche erano entrambe le donne della coppia.
«Senti, i tuoi gusti tienteli per te. Fatti chi ti pare, basta che non mi rompi le palle.»
«Allora mi aiuti?»
Derek fissò Stiles negli occhi. Aveva sempre pensato che Stiles avesse degli occhi inquietanti. Troppo grandi e troppo espressivi.
Pensava ancora che gli occhi di Stiles fossero troppo grandi, ma forse, per la prima volta, non gli diede poi così tanto fastidio che fossero così espressivi.
«Va bene.» Acconsentì e Stiles si mise a saltellare entusiasta sul posto, emettendo dei versetti acuti decisamente inquietanti.
«Ok, direi che come prima cosa, domani ci vediamo a casa mia per la tua prima lezione di chimica. E con me, come si comincia con me?» Stiles spalancò le braccia indicando tutto se stesso. Di nuovo Derek lasciò scorrere il suo sguardo lungo tutto il corpo longilineo dell’altro.
«Bhe, non me ne intendo molto di gay. Ma alla fine i gusti sono più o meno universali e sono sicuro che in nessun universo alternativo, né della Marvel che non, questo...» e a quelle parole Derek indicò con l’indice tutto il corpo di Stiles. «… possa ritenersi sexy per chiunque. Quindi direi di iniziare con lo shopping. Facciamo sabato pomeriggio al centro commerciale.»
Stiles si guardò. Ok, quel giorno era uscito vestito un po’ peggio di come era di solito, però alla fine la tuta è pur sempre un classico intramontabile, no?

 

* * *

 

Quando il pomeriggio successivo Derek suonò il campanello della casa di Stiles era un po’ nervoso. Non entrava in quella casa da almeno dieci anni. Da quando Claudia era venuta a mancare. Quando entrò vide che, tutto sommato, nulla era cambiato. Che ancora quella casa profumava di biscotti appena sfornati e che le pareti erano piene delle foto di una famiglia felice, si sentì un filo in colpa per non essere più passato a trovare Stiles. Quando era piccolo, era quasi costretto a frequentarlo dato che sua madre e la madre di Stiles erano migliori amiche. Ma poi, tutto si era perso. Per Derek era stata una liberazione potersi finalmente liberare di quel bambino petulante che non la smetteva di parlare. In quel momento si rese però conto che la vita, per Stiles e Noah, non aveva preso una nota positiva dopo quella perdita.
«Oh ciao Derek.» Lo Sceriffo stava indossando la giacca della sua divisa e si stava preparando per il suo turno. Era chiaramente stupito di ritrovare Derek in quella casa. Lui e sua madre, essendo anche vicini di casa, si erano continuati a vedere e ogni tanto Talia passava a portare loro qualche dolce fatto in casa. Ma Derek non era più tornato.
«Salve, Sceriffo.»
«Oh papà, sei ancora qui?» Stiles comparve nell’ingresso. Reggeva tra le mani dei pesantissimi tomi che davano a Derek l’aria di essere terribilmente noiosi.
«Si bhe, fino a prova contraria io ci vivo qui, Stiles.» Disse Noah guardando ancora Derek come se fosse un alieno. «Mi spieghi cosa mi sono perso? Non fraintendermi Derek, sono contento di rivederti solo che… non vi odiavate voi due?» Domandò lo Sceriffo guardando il figlio con sospetto. A Derek tutto sommato venne da sorridere. Non doveva essere facile essere un combinaguai patentato come Stiles e vivere con lo Sceriffo della città.
«Noi?» Stiles indicò se stesso e Derek… dimenticandosi ovviamente dei libri che reggeva in mano. Risultato? Non solo quei pesanti libri caddero pesantemente a terra con un tonfo tanto sordo da assomigliare allo sparo di un qualche fucile. Ma caddero anche tutti sui piedi di Stiles, che prese a saltellare, alternando ora una ora l’altra gamba, urlando per il dolore.
«Va bene, mi hai convinto. Ciao, Derek. E’ stato un piacere!»
«Papà! Ma come puoi andartene e lasciare tuo figlio dolorante?» Urlò Stiles, ma ormai il padre era già andato via e i due ragazzi sentirono il rombo della sua macchina mentre partiva.
«Degenerato di un padre.» Sbuffò Stiles che cominciò a raccogliere, aiutato da Derek, i libri.
«Forza, cominciamo.» Stiles si diresse verso la cucina. Non era cambiata di una virgola. Era ancora come Derek la ricordava e, quando vide la teglia di biscotti che si stavano probabilmente raffreddando, Derek capì anche perché continuasse a profumare tutto di biscotti.
«Stiles, mi spiace per tua madre.» Non seppe esattamente perché lo disse. Forse per senso di colpa, forse perché quegli odori gli avevano fatto riaffiorare ricordi che pensava che fossero ormai perduti da tempo.
Stiles lo guardò. Gli occhioni di nuovo troppo spalancati e troppo maledettamente espressivi. Derek osservò come le sue labbra, anche quelle troppo grandi e troppo maledettamente accattivanti, si spalancarono in un muto verso di stupore.
«Lo so, scusa. Non lo avrei dovuto tirare fuori così dal nulla. E’ che… non te lo avevo mai detto.»
«Bhe grazie… ho fatto i biscotti se poi vuoi fare merenda.» Derek intuì che fossero gli stessi biscotti che faceva Claudia quindi, anche se non era un amante delle cose dolci, accettò. Chissà perché cominciava a non piacergli quando Stiles era triste, soprattutto che lo fosse a causa sua.
Passarono un bel po’ di tempo a studiare. Derek doveva ammettere che Stiles era bravo come insegnante. Aveva capito molto di più in tre ore di studio con lui che in anni e anni di scuola.
«Ok, non so te, ma io ho bisogno di una pausa.» Esclamò dopo un po’ il più piccolo mentre si massaggiava lo stomaco che da un po’ di tempo aveva cominciato a fare strani gorgoglii.
«Si, comincio ad essere stanco.» Affermò Derek posando la penna sul quaderno.
«Vuoi un caffé? Cappuccino? Un succo d’arancia?» Chiese Stiles mentre riponeva sul tavolo il vassoio su cui aveva posato i biscotti ormai perfettamente raffreddati.
«Un cappuccino, grazie.»
Mentre osservava Stiles muoversi perfettamente a suo agio in cucina, Derek non poté fare a meno di pensare, forse per la prima volta in tutta la sua vita, che il ragazzo fosse veramente tanto in gamba. Lui sapeva a stento accendere il fuoco dei fornelli. Stiles aveva addirittura cucinato dei biscotti. Ed erano buoni! Cavolo se erano buoni!
«S-sono buoni.»
«Sempre quel tono sorpreso, eh Hale?» Disse Stiles divertito mentre poggiava davanti al ragazzo una tazza di cappuccino bollente.
«Graz… Stiles? Che roba è?» Derek guardò il suo cappuccino sconcertato. In cima, sulla schiuma, Stiles aveva disegnato con la polvere di cacao un…
«Un lupo! Ringhi sempre e sembri un lupo, proprio come quando eravamo bambini. Grr!» Stiles imitò il ringhio di un lupo, certo… assomigliava più ad un micetto spelacchiato piuttosto che a un lupo, ma a Derek scappò lo stesso un genuino sorriso.
«Non è vero che ringhio.»
«Oh si, Derek. Ringhi eccome.» Derek allungò il collo per guardare cosa invece si fosse disegnato Stiles sul suo cappuccino.
«E questa cosa dovrebbe essere? Un serpente? Davvero Stiles? Allusioni sessuali al tuo coso pure nel cappuccino?»
«Ma che? No! Non è un serpente. E’ una ‘S’.»
«’S’ come scemo?» Domandò Derek ghignando malefico.
«No, ‘S’ come ‘Super Stiles Stilinski’! Ehi un momento...» Derek si bloccò con ancora il cucchiaio a due millimetri dalla schiuma del cappuccino.
«Stiles se vuoi dirmi che non devo rovinare la tua opera d’arte sei fuori, voglio bere...»
«No, no… non è quello. A.S.S.O.!» Derek guardò Stiles con sguardo confuso. Non capiva dove il ragazzo stesse andando a parare.
«Vuoi spiegare prima che il mio cappuccino si freddi?»
«A.S.S.O.! Potrebbe essere benissimo Arriva Stiles Stilinski Osannatelo, o Arriva Stiles Stilinski Onnipotente o anzi… Assurdamente Stiles Stilinski Onnipotente...»
«O anche Antipatico Stiles Scappate O… O morite!» Stiles guardò male Derek.
«O morite? Davvero? Ma lo conosci almeno l’inglese?»
«Non mi veniva in mente niente con la O.» Borbottò Derek mentre mangiava un altro biscotto.
«Onnipotente? Olimpionico?...»
«Odioso?»
«Offeso!» Ribatté Stiles lanciando a Derek un’altra occhiataccia. Il moro sorrise e si infilò in bocca un altro biscotto.
«Occhialuto!»
«Onorabile!»
«Omosessuale!» Derek sfoggiò un sorrisetto che Stiles avrebbe pure potuto definire sexy se non… no, era sexy e basta!
«Oh si!» Ribatté il castano facendo l’occhiolino a Derek che, sorprendentemente, arrossì.
Stiles non ebbe il tempo di stupirsi troppo della reazione di Derek, perché questi cominciò subito a sistemare i suoi libri e ad infilarli alla rinfusa nello zaino.
Derek si era sentito strano davanti a quello sguardo di Stiles. Come mai nessuna donna lo aveva fatto sentire. Stiles aveva ancora gli occhi troppo grandi e troppo espressivi. Ma stavolta Derek li aveva trovati anche… sexy! Non sapeva cosa diavolo gli prendeva. Lui era etero, non aveva mai provato sensazioni del genere per nessun uomo, figurarsi poi per Stiles! E’ vero lo stava aiutando e trascorrere del tempo con lui si stava rivelando più piacevole di quanto avrebbe pensato, però… era pur sempre Stiles Stilinski. Il maschio Stiles Stilinski!
Aveva bisogno di una bella scopata.
«Devo andare, ci vediamo sabato al centro commerciale. Non fare tardi.»
«O-Ok, è tutto ok?» Domandò Stiles confuso. Fino a due secondi prima stavano ridendo e scherzando. Adesso Derek non sembrava riuscire nemmeno a guardarlo negli occhi. Che aveva combinato?
«Si, ma devo andare. Devo passare a prendere Cora a danza.» E dette quelle parole Derek uscì di fretta e furia da casa Stilinski, lasciandosi alle spalle uno Stiles molto confuso, ma non tanto quanto lui.

 

(Ore 18.27) Al solito posto tra mezz’ora. Non fare tardi DH

(Ore 18.29) Sapevo che ti tenevo per le palle, Hale. Ci sarò KA

 

* * *

 

Stiles non sapeva davvero cosa aspettarsi da quel pomeriggio. Derek era stato strano dopo quel loro primo incontro di studio a casa sua. Lo aveva evitato come la peste. Non che in genere passassero molto tempo insieme, e certamente Stiles non credeva che da quel loro piccolo accordo potesse nascere chissà cosa. Ma Derek lo aveva sempre salutato se lo incontrava nei corridoi. Anche solo per prenderlo in giro o per ringhiargli contro che doveva abbassare il volume della musica dei videogiochi. Derek era l’unico, oltre ai suoi tre amici, per cui Stiles non era mai stato invisibile.
Eppure in quei due giorni Derek lo aveva evitato nemmeno avesse una qualche malattia altamente infettiva. Se lo incontrava non lo degnava di un minimo sguardo e quando Stiles, in mensa, gli si era avvicinato per chiedergli conferma del loro appuntamento, lui aveva fatto finta di non vederlo anche se praticamente gli era a due centimetri di distanza.

Poi dicono che le donne e i gay hanno il ciclo!

Aveva pensato Stiles. Voci di corridoio dicevano che lui e Kate si fossero di nuovo messi insieme. Forse era quello il motivo del suo strano comportamento?
Quando arrivò al centro commerciale era sicuro che non avrebbe trovato Derek. Il moro invece era fermo all’ingresso, lo sguardo fisso su un sassolino ai suoi piedi.
«Ehi...» Esclamò Stiles una volta che ebbe raggiunto Derek. «… non ero sicuro che ti avrei trovato qui.» Disse e Derek sollevò finalmente lo sguardo e lo guardò negli occhi. Stiles non seppe se era la luce o forse perché per la prima vera volta stava guardando davvero gli occhi di Derek, ma non li aveva mai visti così belli. Derek non aveva gli occhi semplicemente grigio-verdi. Attorno alla pupilla c’era una piccola coroncina dorata che dava molta più luce e vitalità, non rendendoli mai banali e statici. Erano meravigliosi!
Peccato che quelle due antipatiche sopracciglia sopra di essi rovinassero parte della magia. Come in quel momento, che sembravano voler insultare Stiles, anzi ci stavano riuscendo benissimo!
«Bhe, in questi giorni mi hai praticamente evitato.» Mormorò imbarazzato il più piccolo, mordicchiandosi il labbro inferiore e Derek si odiò profondamente per aver seguito con estrema attenzione il gesto. E fu per questo che gli rispose in tono piuttosto scontroso.
«Bhe, la mia vita non gira propriamente attorno a te, Stilinski!» Sbottò voltandosi per entrare nel centro commerciale. Ma Stiles gli afferrò il braccio e lo obbligò a guardarlo di nuovo negli occhi.
«Ehi! Non pretendo che con questo nostro patto noi diventiamo amici, ok? Però pretendo almeno un minimo di gentilezza da parte tua. Credi che sia stato facile per me spiegare chimica ad una capra come te? No! Ma sono stato gentile e accomodante. Pretendo lo stesso atteggiamento da parte tua. Me lo merito.»
Derek abbassò il capo. Stiles aveva ragione. Lui non aveva colpe. Non era colpa sua se Derek aveva strani pensieri per la testa. Lui era stato davvero molto paziente e soprattutto utilissimo.
«Andiamo, penso che la prima tappa che dobbiamo fare sia assolutamente quella dei vestiti.»
Disse il moro sforzando un sorriso. Stiles, che si stupiva sempre di più di come fosse diventato bravo a leggere il ‘sopraccigliese’ di Derek, capì che quelle due stecche di liquirizia leggermente arcuate gli stavano chiedendo scusa, anche se quella parola non era mai uscita dalla bocca del ragazzo.

 

«Stai scherzando vero? Io dentro questi cosi non ci entro. Ho bisogno di una taglia in più.»
«Stiles provati questi pantaloni o giuro che te li faccio ingoiare!»
Ok, Derek aveva promesso che sarebbe stato più accomodante e meno scorbutico con Stiles. E ci aveva provato. Ci aveva provato sul serio. Ma dopo un’ora passata in quel negozio di abiti maschili, con commessi palesemente gay che ci provavano spudoratamente con lui e che non facevano altro che palpargli il sedere con la scusa di verificare la taglia di un qualche pantalone che non voleva comprare e con Stiles che non faceva che posare ogni cosa che Derek gli passava, la sua pazienza era davvero agli sgoccioli. Nessuno poteva accusarlo di non averci provato. Il fatto stesso che Stiles fosse ancora vivo era una prova che lui ci avesse provato!
«Ma...»
«Stiles, niente ma! Ora fili dentro in camerino e ti proverai ogni capo che ti ho passato. Sono. Stato. Chiaro?» Stiles spostò i suoi occhi, quei dannati occhioni da cerbiatto che stavano mandando Derek più in confusione di quanto avesse voluto ammettere, prima sui pantaloni e poi sul volto di Derek.
«Uhh… il tuo ragazzo è davvero focoso. Scommetto che a letto è un lupo.» Il commesso  sventolava la mano guardando Derek con occhi pieni di desiderio. Stiles lo guardò male, prima perché di nuovo era risultato, agli occhi di un gay, l’A.S.S.O. di un etero e secondo perché lui e Derek non stavano certo insieme!
Ma se Stiles stava per controbattere all’affermazione, Derek si girò verso il commesso, ringhiando come mai Stiles lo aveva sentito ringhiare.
«Non abbiamo bisogno di aiuto. Può anche andarsene!» Se Stiles non avesse pensato che era praticamente impossibile, avrebbe pensato che Derek, quel Derek Hale, fosse geloso. E infatti…
«Uhh gelosetto. Sei proprio fortunato ragazzino, se te lo fai scappare saresti la vergogna di tutta la comunità gay.» Con quelle parole rivolte a Stiles, e con un’ultima bell’occhiata al fondoschiena di Derek, il commesso se ne andò.
«Muoviti.» La voce di Derek risvegliò Stiles dai suoi sogni, perché ehi… adesso si che cominciava ad immaginare Derek come il suo ragazzo e sinceramente? La cosa cominciava a non fargli più così tanto schifo. Perché un conto è quando lo fa tua madre e tu devi per forza di cose fare la faccia schifata, perché sei ancora troppo piccolo per capire cosa sia l’attrazione. Un conto è quando, da adolescente, ti dicono che quell’adone greco potrebbe essere il tuo ragazzo. Insomma… tutta un’altra storia!

 

«Ne hai ancora per molto?»
Stiles si guardò allo specchio. Si sentiva super in imbarazzo ad uscire dal camerino conciato in quel modo. Quei pantaloni erano troppo stretti. Sentiva che se avesse provato a piegarsi anche solo di qualche centimetro gli si sarebbero strappati.
Per non parlare poi di quella camicia. A parere di Stiles le camicie erano fatte per restare aperte sul davanti, non chiuse che sembrava che a momenti uno dei bottoni potesse saltare via accecando un qualche passante! E poi cos’era questa moda delle camicie a tre quarti? Le camicie si rimboccano su… e la cinturina marrone? No, col cavolo che Stiles si sarebbe mai fatto vedere da qualcuno conciato in quel modo!
«Stiles, o esci da quel camerino o giuro che ti faccio uscire io a suon di calci nel sedere!»
«Senti Derek, perché non mi passi qualcos’altro? Questi pantaloni non mi entrano. Sono troppo stretti.»
«Stiles esci da quel camerino e lascia giudicare me!» Stiles emerse dal camerino solo con il capo, tenendo le tendine accuratamente attaccate ad esso in modo da impedire a Derek di vedere anche solo un millimetro in più del dovuto.
«Da quando tu te ne intendi di ragazzi?» Domandò inarcando un sopracciglio. La troppa vicinanza con Derek cominciava a farsi sentire.
«Stiles, sono un ragazzo anche io. Forse non so cosa piace ai ragazzi, ma so bene quali capi mettono più in risalto la mercanzia maschile. Sbrigati ed esci. Questa è solo la nostra prima tappa e siamo già dentro da due ore!»
«Ma non puoi portarmi...» Provò a piagnucolare Stiles, ma di nuovo il ringhio di Derek, davvero quel ragazzo doveva avere qualche lupo mannaro nel suo albero genealogico, lo interruppe.
«Stiles, esci di lì!»
«Va bene, va bene. Acido di un Sourwolf!» Borbottò Stiles mentre usciva dal camerino.
Derek avrebbe voluto guardarlo male. Perché odiava quel dannato soprannome sin dalla prima volta che Stiles lo aveva usato quando erano piccoli.
Ma non ci riuscì.
«Wao! Non so davvero chi dei due è il più fortunato. Se tu che ti puoi scopare quel culetto perfetto oppure ‘occhioni da cerbiatto’ che può ammirare tutta la tua bellezza e più godere di tutta questa tua rabbia repressa a letto.» Derek non era riuscito a guardare male Stiles, ma con il commesso ci riuscì benissimo.
«Va bene, va bene! Me ne vado. Però anche tu se permetti a quel culo di essere solo l’attivo sei una vergogna per la comunità gay!»
Stiles davvero non riusciva a credere alle proprie orecchie. Davvero quel ragazzo stava facendo apprezzamenti sul suo sedere? Girò il capo verso lo specchio che c’era in camerino. Effettivamente il suo sedere non sembrava nemmeno più il suo stretto in quei cosi così stretti.
Era talmente intento ad osservarsi il sedere che nemmeno si accorse di Derek.
Derek che non riusciva a smettere di guardare Stiles. Stiles che sembrava un’altra persona e aveva indosso solo degli abiti diversi. Stiles, che non aveva solo degli occhi troppo grandi e troppo espressivi, ma che aveva anche un sedere… da urlo!
Derek scosse il capo. Da quando gli passavano certi pensieri per la testa? Giocando a basket aveva visto molti dei suoi amici addirittura nudi in doccia, ma nessuno di loro gli aveva fatto quell’effetto. Nessuno di loro lo aveva immaginato nudo, sotto di lui, altrettanto nudo, mentre i loro corpi sudati si strusciano....
«Derek, mi stai ascoltando?»
«Eh? Cosa?» Derek tornò alla realtà sentendosi decisamente troppo accaldato e con i pantaloni troppo stretti… proprio lì!
«Dio mio, Derek! Hai il focus d’attenzione pari a quello di un procione. Ho chiesto, tu che conosci Isaac, sai che genere di tipi gli piacciono? Insomma a lui potrebbe piacere uno vestito così?»
Derek provò un insano moto di gelosia nei confronti di Isaac. Sul serio, cosa diamine gli prendeva?
«E io che ne so che piace ad Isaac.» Sbottò rabbioso.
«Non c’è bisogno che mi rispondi così. Insomma siete amici, magari te ne ha parlato.»
«E che ne so. Stiles noi uomini non parliamo dei nostri ragazzi e ragazze ideal...» Derek si rese conto della cazzata che era appena uscita dalla sua bocca quando ormai era già uscita e lo sguardo di Stiles aveva già letteralmente preso fuoco per la rabbia.
«Dai Stiles, scusami. Lo sai che intendevo.» Mormorò Derek quando vide Stiles avviarsi verso l’uscita del negozio… con ancora i vestiti addosso!
«Si, intendevi che sono una checca isterica. Bene, prima A.S.S.O., ora checca.»
«Stiles.» Derek afferrò il polso del ragazzo, bloccandolo prima che uscisse dal negozio e facesse suonare ogni tipo di allarme. «Stiles, dai… lo so che non ci frequentiamo molto, ma sai come sono fatto. Con le parole ci so fare decisamente poco.» Derek abbassò lo sguardo e si mordicchiò il labbro inferiore con i suoi adorabili incisivi da coniglietto per cui Stiles, sin da piccolo, lo aveva sempre preso in giro, ma che adesso invece trovava irrimediabilmente… sexy!
«Sapete, visto che è un attentato non vedere quel sedere fasciato in pantaloni del genere, e visto che siete tutti e due uno schianto, solo per voi ci sarà un’offerta: tre pantaloni del genere al prezzo di due!» Il commesso spuntò di nuovo fuori con altri due pantaloni, uno nero e l’altro grigio. Derek gli ringhiò contro, di nuovo, ma afferrò i pantaloni dalle sue mani e spinse di nuovo Stiles verso il camerino.
«Non ti va proprio giù il fatto che quello ti abbia scambiato per gay, eh?» Ridacchiò Stiles. E Derek decise che era meglio non correggerlo. Lui non ce l’aveva con quel commesso da strapazzo perché lo aveva scambiato per gay… lui ce l’aveva con lui per i troppi apprezzamenti al sedere di Stiles! Ma ovviamente questo a Stiles non lo avrebbe detto nemmeno sotto tortura.

 

Venti minuti dopo avevano finalmente pagato i tre pantaloni e le quattro camicie nuove. Stavano per uscire quando Stiles si fermò davanti ad un manichino. Derek lo guardò. I pantaloni erano quelli neri che aveva comprato, la camicia era quella bianca che aveva sempre già comprato…
«Non ti facevo tipo da giacche di pelle.» Esclamò Derek guardando stranito la giacca di pelle.
«Scherzi? Sono sesso allo stato puro. Se mi trovassi un ragazzo con una giacca di pelle nera davanti agli occhi credo che gli salterei addosso senza nemmeno guardarlo in faccia.» Stiles sospirò e, dopo un’ultima occhiata alla giacca di pelle nera, uscì da negozio. Derek si guardò. Guardò la giacca di pelle nera che indossava. Stiles gli aveva lanciato una frecciatina o come al solito aveva aperto la bocca senza connettere il cervello?
E soprattutto… perché mai il suo stomaco aveva cominciato a contorcersi in quel modo a metà tra il delizioso e il doloroso?

 

A causa dei continui piagnistei di Stiles, Derek gli aveva concesso una pausa, e ora Stiles era seduto al tavolino di un bar in attesa del ritorno di Derek che, per farsi perdonare della brutta uscita di poco prima, aveva deciso di offrirgli uno spuntino. Stiles pregava che Derek tornasse al più presto e con qualcosa di sostanzioso. Aveva fame.
Doveva ammettere che gli era piaciuta la sensazione che il commesso trovasse scopabile, come aveva ripetuto più volte mentre pagava, il suo sedere. Ora capiva un po’ di più perché Lydia sopportasse la sofferenza infernale dei tacchi alti.
Derek arrivò poco dopo e Stiles restò a bocca aperta quando vide ciò che Derek stava portando: popcorn con il caramello. I suoi preferiti.
«Spero ti piacciano i popcorn al caramello. Li ho visti e...»
«Scherzi?» Esclamò Stiles strappando letteralmente di mano la vaschetta dalle mani di Derek. «Li adoro! Sono in assoluto i miei preferiti!» Esclamò il ragazzo ficcandosene in bocca una grossa manciata, riempiendosi le guance tanto che a Derek ricordò uno di quegli scoiattoli della pubblicità di una qualche marca di cioccolato. Sorrise divertito mentre si sedeva di fronte a Stiles e cominciava a mangiare anche lui.
Per un po’ parlarono del più e del meno. Derek scoprì che Stiles era un grande appassionato di Harry Potter e de Il Signore degli Anelli, ma che comunque non denigrava la lettura di un libro più impegnativo come Anna Karenina. In più era un grande fan della lettura soprannaturale e Derek stette ad ascoltare per quelle che gli parvero ore i suoi sproloqui a proposito di lupi mannari, banshee, kitsune e altre creature strane.
«Abbiamo finito?» Domandò Stiles quando ebbero finito di mangiare i loro popcorn. «Non voglio tornare a casa tanto tardi. Devo cucinare la cena a papà se non voglio che mangi qualche hamburger grasso e unto.»
«Comportamento piuttosto ipocrita il tuo, visto che ti sei appena rimpinzato di popcorn al caramello.» Lo sguardo di Stiles si intristì e il ragazzo abbassò lo sguardo sulle proprie mani, come se fossero diventate improvvisamente la cosa più interessante.
«E’ che… ho solo lui...» Mormorò talmente a bassa voce che, se Derek non gli fosse stato così vicino a causa del tavolino molto piccolo, non lo avrebbe nemmeno sentito. Di nuovo il moro si sentì in colpa e, di nuovo, non gli piacque affatto l’effetto di uno Stiles triste. Stiles era gioia, era ironia, era sarcasmo… non era tristezza. Stiles era la luce e Derek non voleva essere la continua ombra che la oscurava.
«Bhe, prima di andare c’è un’ultimissima cosa che devi fare.» Esclamò il moro che cercò subito di cambiare discorso per non vedere più Stiles triste.
«Che cosa?»
«Devi riuscire ad ottenere il numero di telefono di almeno un ragazzo.»
«Ma quello del commesso del negozio non conta?» Esclamò divertito Stiles mentre metteva sul bancone il foglietto che il ragazzo aveva fatto scivolare nelle sue mani insieme allo scontrino. Derek lo guardò come se quel foglietto gli avesse fatto un enorme torto personale, ed in effetti era così. Lo afferrò e lo fece in mille pezzettini, mettendoci forse più rabbia di quella che gli era consentita.
«Stiles, qui il grosso del lavoro lo ha fatto il tuo sedere. Adesso devi essere tu con una delle tecniche che ti ho insegnato.»
«No, eddai Derek! Non puoi farmi questo!» Piagnucolò il più piccolo. Ma Derek scosse il capo divertito.
«No. Devi cominciare con gli sconosciuti se vuoi prima o poi sbloccarti con Isaac.»
«Derek! Non sono ancora pronto per questo. Possiamo farlo un’altra volta? Devo tornare a casa a cucinare...»
«No, ehi! Non usare il tuo vecchio come scusa solo perché te la stai facendo sotto. Ce la puoi fare. Il segreto è mostrarsi sicuri di sé. Nessuno casca ai piedi di uno che guarda sempre verso il basso e che balbetta. Tu vai, sii sicuro di te e ce la farai.»
Stiles fissò Derek a bocca aperta. Non capiva ancora se era più colpito per la fiducia che Derek sembrava riporre in lui o per la saggezza celata dietro le sue parole.
«Facile parlare per uno che ha una grattuggia al posto degli addominali!»
«Mi stai forse facendo un complimenti, Stilinski?» Derek si sporse in avanti, ammiccando leggermente con l’occhio. E… oddio! Stava davvero flirtando con Stiles Stilinski! Stava flirtando con Stiles e la cosa non gli appariva strana nemmeno un po’.
«Ma sta zitto!» Esclamò Stiles che era diventato tutto ad un tratto rosso come un pomodoro. «Stiles, hai visto anche tu prima in quel negozio. Non sei un cesso ambulante. Puoi piacere ai ragazzi. Devi solo credere di più in te stesso. Ora vai, io ti aspetto qui. Ah! Vedi di non barare, me ne accorgerei.» Derek sfoggiò il suo miglior sorriso che, Stiles ne era sicuro, aveva fatto cadere molte ragazze ai suoi piedi, ma lui in quel momento voleva solo tirargli una bella scarpa sui denti! 

 

Quella fu decisamente la mezz’ora più imbarazzante di tutta la miserabile vita di Stiles. Era abituato a fare figure di merda praticamente ogni giorno. A detta di suo padre il suo stesso concepimento era stato un’immensa figura di merda dato che era avvenuto a seguito della più grande sbronza di suo padre, che lo fece durare solo pochi secondi, giusto proprio il tempo di entrare e… puff! Finito! Sua madre lo aveva preso in giro fino al giorno in cui morì, dicendo che Stiles era figlio di Flash. Si, persino i suoi genitori erano imbarazzanti!
Ma tornando alle attuali figure di merda di Stiles… cominciando dal tipo fermo davanti alla vetrina di un negozio verso cui Stiles aveva provato ad avvicinarsi almeno una decina di volte, per poi, all’ultimo secondo, ripensarci e tornare indietro, che gli aveva urlato ad un certo punto: ‘ehi svitato, se non la smetti chiamo la sicurezza!’ Solo dopo Stiles si era reso conto che, per tutto il tempo, il tizio aveva visto il suo riflesso nella vetrina. C’era stato poi quello che aveva incrociato più volte sulle scale mobili e che, molto probabilmente, lo aveva preso per pazzo; poi c’era stato il ragazzo padre che invece aveva voluto provare ad estorcergli un lavoro come babysitter, ed infine il classico cliché dell’etero omofobo, che gli aveva urlato dietro per tutto il negozio di elettronica.
Si era seduto su un divanetto nella zona Wi-Fi. La sua zona preferita di solito, ma nemmeno l’odore della fibra ultraveloce di internet in quel momento era in grado di fargli tornare un minimo di buon umore.
«Giornata pesante?» Stiles alzò lo sguardo e si trovò davanti un ragazzo. A giudicare da come era vestito, doveva essere il gelataio.
«Più pesante di un elefante caduto sopra un topolino!» Il ragazzo scoppiò a ridere.
«Vuoi che ti offra un gelato?»
«Nha…. anzi si!» 

 

Mezz’ora dopo, Stiles si stava dirigendo verso il bar dove Derek lo stava aspettando, sventolando tutto soddisfatto il biglietto su cui Ethan aveva scritto il suo numero.
Quando però raggiunse il bar, ebbe una spiacevolissima sorpresa.
Derek era ancora seduto sulla stessa sedia ma, seduta sulle sue gambe intenta a divorargli letteralmente la faccia, c’era Kate.
Stiles non si sarebbe dovuto sentire in quel modo. Non avrebbe dovuto provare l’irrefrenabile istinto di strappare via Kate dal corpo di Derek, tirandola per quei suoi lunghi capelli tinti. Non avrebbe dovuto sentire l’istinto di ripulire le labbra di Derek dal tocco di quelle labbra velenose con le proprie. Non avrebbe dovuto essere geloso di Derek. Perché lui e Derek erano solo due amici, nemmeno, erano solo due ragazzi in affari.
Eppure era proprio gelosia quella che gli stava rodendo l’animo.
Derek si accorse della presenza di Stiles alle sue spalle. Non capì come fece ad accorgersene, ma lo capì. Lo sentì  grazie alla fitta al petto che provò, come se una lama gli avesse trapassato il cuore da parte a parte. In maniera rapida, ma per nulla indolore. Non era sua intenzione baciare Kate. Lui odiava Kate. Ci era uscito qualche volta all’inizio dell’ultimo anno perché Kate era la ragazza più popolare della scuola e lui il capitano della squadra di basket, era quasi obbligato ad uscirci insieme. Poi, essendo stata bocciata almeno un paio di volte, Kate era grande e con tanta esperienza. Il suo piano iniziale era stato proprio quello. Uscirci insieme qualche volta, andarci a letto per fare esperienza e poi addio… peccato che aveva scoperto che Kate era più appiccicosa della colla più resistente del mondo.
«S-Stiles.» Balbettò Derek quando riuscì finalmente a liberarsi dalla ventosa di Kate.
«N-non volevo interrompere.» Borbottò Stiles e Derek poté chiaramente sentire il bruciore giudicante di quei due occhi ambrati.
«Oh, Stiles. Non sapevo che ti piacesse guardare gli altri pomiciare. Ma del resto, deve essere frustrante sapere di non averlo mai fatto.»
Stiles non ebbe nemmeno il tempo di ribattere perché Derek fu molto più rapido.
«Stiles è con me. Siamo usciti insieme oggi. Era andato a telefonare a suo padre mentre lo aspettavo qui con gli acquisti.» Disse Derek indicando le borse. Kate guardò prima Stiles, poi Derek. Il suo sguardo preoccupò il moro perché sembrava che Kate sapesse. Che Kate avesse capito ciò che Derek non aveva ancora afferrato.
Stiles dal canto suo era sorpreso che Derek avesse ammesso che erano usciti insieme. Era convinto che avrebbe finto, invece aveva detto chiaramente che erano usciti insieme. E perché mai quel pensiero lo faceva arrossire? A lui piaceva Isaac. Derek era ancora il cazzone che gli metteva ramoscelli nella tinozza quando facevano il bagno e poi lo prendeva in giro dicendo che aveva fatto la cacca durante il bagnetto!
«Non pensavo che voi due foste amici.» Esclamò Kate con la solita punta di veleno nella voce.
«Siamo vicini di casa praticamente da quando siamo nati.» Esclamò Derek mentre si alzava e prendeva le pesanti buste degli acquisti di Stiles.
«Bhe, non mi avevi mai detto che eri amico suo.» Esclamò Kate indicando Stiles come se fosse qualcosa di sudicio, tipo un calzino sporco dimenticato in fondo al cassetto che, dopo mesi, è diventato una specie di arma batteriologica.
«Bhe, non abbiamo mai parlato granché nella nostra relazione.» Esclamò ghignando Derek, marcando quell’ultima parola lasciando intendere molte cose, prima tra tutte che lui non considerava affatto la loro avventura una storia.
Kate non prese molto bene quella frase e, sia Derek che Stiles, avrebbero dovuto prestare maggiore attenzione a come lei li guardò mentre si allontanavano insieme.

 

* * *

 

Quella sera Derek si imbambolò a fissare la finestra della camera di Stiles. Il ragazzo stava guardando uno di quei soliti film d’azione sui supereroi.
Gli era piaciuto passare quel pomeriggio con Stiles, e non solo perché Stiles era un ragazzo davvero brillante e simpatico, ma anche perché, ormai era inutile continuare a girarci intorno, sentiva una certa attrazione verso Stiles.
Derek pensò che ormai i tempi erano cambiati. Ormai vivevano in una società che accettava l’omosessualità senza troppe storie. Nulla gli vietava di chiedere a Stiles di uscire, anche solo per capire. Del resto, Stiles ci era già passato e gli avrebbe potuto dire se la sua era solo una confusione momentanea o qualcos’altro, anche se Derek non era ancora molto sicuro di cosa fosse questo qualcos’altro. Era certo che Stiles non lo avrebbe preso in giro, era certo che Stiles lo avrebbe capito e che forse… magari si sarebbe reso conto che Derek indossava una giacca di pelle.
Si addormentò quella notte con la convinzione che la settimana successiva per lui sarebbe stata una svolta.
Non si era mai sbagliato così tanto nella vita!

 

* * *

 

Quel lunedì mattina Stiles capì subito che c’era qualcosa che non andava. Di solito lui era l’essere invisibile. Quello che chiunque avrebbe potuto calpestare senza che nessun altro se ne rendesse conto.
Quella mattina invece non solo non era invisibile, ma anzi, tutti lo guardavano malissimo. Poteva sentire anche dei borbottii, la gente lo indicava e ben più di qualcuno gli dava qualche spintone, Matt Daehler lo spinse addirittura con così tanta forza contro l’armadietto che Stiles si ritrovò un grande livido violaceo sulla spalla.
Incrociò anche Lydia e Jackson. Il secondo per un attimo parve spingersi in avanti, come se volesse parlargli, ma Lydia lo tenne fermo. Era logico che sarebbe stata quella che ci avrebbe messo più tempo a perdonare Stiles, ma lui non aveva niente per cui essere perdonato. Giusto?
Raggiunse il suo armadietto e, una volta lì, capì anche il perché di tutti quegli sguardi.
L’armadietto era stato completamente vandalizzato. Sopra c’era una scritta oscena: ‘Sporco succhiacazzi lascia stare i normali!’
Sotto la scritta, c’era una foto. Era stata scattata quel sabato pomeriggio al centro commerciale. C’erano lui e Derek mentre mangiavano i popcorn al caramello.
«Devi lasciarlo in pace Derek! Derek non è uno schifoso succhiacazzi come te!» Un altro spintone e Stiles si ritrovò sbattuto contro l’armadietto, stavolta di faccia.
«Ehi! Lasciatelo in pace o giuro che ve la vedrete con me!» Per un breve attimo Stiles aveva sperato che fosse stato Derek a salvarlo, ma quando venne sollevato di peso da terra e riuscì ad aprire gli occhi strizzati per il dolore che ancora sentiva, vide il volto di Scott.
«Vieni, stai sanguinando.» Senza dire molto altro, Scott lo condusse in bagno, imprecando contro qualcuno che ancora aveva l’ardire di dire qualcosa di maligno contro Stiles.
«Ecco, mettiti questo sul naso.» Scott passò un fazzoletto bagnato con acqua fredda a Stiles.
«Sei esperto di nasi sanguinanti.» Scherzò Stiles che ancora sentiva il naso pulsare per il dolore.
«Bhe, giocando a lacrosse me lo sono rotto più volte di quante vorrei ammettere.» Scherzò Scott sedendosi sul marmo del lavandino.
«Perché non me lo hai mai detto, Stiles?»
«Detto cosa, scusa?» Bofonchiò il più piccolo mentre si tamponava il naso. Sembrava che il sangue stesse finendo di uscire.
«Che ti piaceva Derek.» Sospirò Scott.
«Ma a me non piace Derek!» Scott lo guardò con aria scettica.
«Ma è vero, Scott. Non mi piace Derek.»
«Siete usciti insieme al centro commerciale. Quelle foto hanno fatto praticamente il giro della scuola. Se mi vuoi almeno un briciolo di bene, almeno non mentire!»
«Ma è così, Scott. Ascolta, Derek mi sta aiutando con… con Isaac.» Mormorò imbarazzato. Scott lo guardò con quei suoi enormi occhioni ingenui e troppo buoni.
«E in che modo Derek Hale ti può mai star aiutando con Isaac?»
«Ascolta, è complicato...»
«Ha qualcosa a che fare con la faccenda dell’A.S.S.O.? Lydia mi ha spiegato che significa. Non crederai davvero che noi ti considerassimo il nostro A.S.S.O.? Stiles, siamo i tuoi migliori amici.»
Stiles si mordicchiò il labbro. Una parte di lui aveva sempre saputo che i suoi tre migliori amici non lo avevano mai considerato l’A.S.S.O.. Ci aveva messo un po’ a razionalizzare la cosa, ma era giunto alla conclusione che certe battaglie andavano vinte da solo.
«Lo so, Scott. Lo so. Ma… questa cosa, devo farla senza di voi. Devo farmi notare e non posso farlo con una come Lydia accanto o con due ragazzi fighi come te e Jackson vicino. Lo so che può sembrare stupido, ma… ho bisogno davvero di farcela. So che per voi non sono l’A.S.S.O., ma lo sono per gli altri...»
«Da quando a Stiles Stilinski interessa ciò che pensa la gente?» Domandò Scott sorridendo.
«Scott… Isaac mi piace davvero tanto e non si accorgerà mai di me se continuo ad essere l’A.S.S.O.!» Scott sospirò e, con un fluido saltello, scese dal lavandino e si posizionò davanti a Stiles.
«Va bene, amico. Se questa cosa per te è così importante, va bene. Solo, possiamo tornare quelli di prima? Insomma(,) le seratine videogames a casa tua mi mancano.»
Stiles finse di pensarci su, ma gli occhioni da cucciolo abbandonato di Scott lo intenerirono troppo persino per scherzarci.
«Va bene, tu però adesso devi aggiornarmi sulla tua storia con Allison.»
I due uscirono dal bagno e Stiles fu contento di avere almeno Scott accanto a sé in quella lotta.

 

Ma quel lunedì mattina non fu una doccia fredda solo per Stiles. Anche Derek dovette fare i conti con molte cose quella mattina.
La prima cosa che aveva fatto non appena era arrivato a scuola era stata cercare Stiles. Anche lui aveva notato le occhiatacce dei suoi compagni e i risolini isterici di qualche ragazza, ma non ci aveva badato più di tanto.
Grave errore.
Aveva capito troppo tardi cosa fosse successo. Quando aveva visto Stiles sbattuto contro il suo stesso armadietto, completamente vandalizzato. E sarebbe anche intervenuto a difenderlo se Kate non lo avesse tirato a sé e allontanato da lì.
«Sei stata tu, non è vero? Tutto questo solo perché io ne ho abbastanza di te?» Kate lo aveva tirato nella prima aula libera che aveva trovato e lo aveva sbattuto contro la porta che aveva violentemente chiuso.
«E chi te lo dice che sono stata io?» Domandò ghignando. A Derek quel sorrisetto malefico aveva sempre ricordato un giaguaro sul punto di attaccare.
«Non insultare la mia intelligenza, Kate. Abbiamo scopato. E’ stato bello, è stato interessante, ma ora è finita. E tu devi lasciare me, e soprattutto Stiles, in pace.»
«E vorresti dirmi dopo questa dichiarazione strappalacrime che il ragazzino non ti piace neppure un po’?»
Kate avvicinò il volto a Derek e il moro sentì quasi il voltastomaco al pensiero che la ragazza volesse baciarlo. Se prima riusciva ancora a baciarla, adesso, dopo ciò che aveva fatto a Stiles, tutto ciò che avrebbe voluto fare, se non fosse stato un gentiluomo, era darle un bel pugno in faccia!
«Andiamo Der, vuoi davvero perdere tutto per colpa di quel ragazzino petulante? Per un A.S.S.O.?» Derek la guardò negli occhi con rabbia e stava anche per risponderle un velenoso si, se lei non avesse continuato. «Vuoi davvero perdere la borsa di studio? Pensi che daranno mai il posto di capitano di una squadra di basket del college ad uno che va a letto con un ragazzo? Lo sai tu e lo so io, Derek. La tua migliore carta per il college, sono io
Derek provò la nausea. Ma Kate, purtroppo, aveva ragione. Non si era mai posto il problema, dato che prima di Stiles non aveva mai avuto dubbi sulla sua sessualità. Ma Kate aveva perfettamente ragione. Uscire con Stiles avrebbe significato la perdita della borsa di studio. E lui non poteva permetterselo.
«Vieni al Ballo con me, Derek. Lo sai che ti conviene.» Esclamò la ragazza con voce falsamente smielata.
«I-Io vengo al Ballo con te. Ma tu devi lasciare in pace Stiles.» La ragazza alzò gli occhi al cielo ed emise un verso disgustato.
«Kate, sono serio. Se mi vuoi sfoggiare al Ballo, lo devi lasciare in pace.»
«E va bene, lascerò in pace l’A.S.S.O..»
«Comincia non chiamandolo più A.S.S.O.. Ha un nome.» La ragazza roteò gli occhi facendo il verso a Derek, ma prima che questi potesse rispondere lei gli afferrò il mento con le sue dita, le unghie lunghe che graffiarono la pelle di Derek, e spinse il viso del moro contro il suo.
«Senti, perché invece di parlare di quella nullità non ti fai fare un bel pompino?»
«No, Kate... ho lezione...» Derek cercò di staccarsi la ragazza di dosso, ma questa gli aveva già aperto e tirato giù i pantaloni quel tanto che bastava a scoprire i boxer del moro.
«Lo sai che stare con me ha certi vantaggi.» Disse prima di gettarsi sul membro di Derek come un avvoltoio famelico.
Derek tenne gli occhi chiusi e strizzati per tutto il tempo, non provando assolutamente nulla. Ma si rifiutò di pensare ad un’altra persona in quel momento. Non era giusto, perché Stiles non meritava essere una fantasia erotica, Stiles meritava essere reale.

 

* * *

 

Per tutto il giorno Stiles non incontrò Derek nemmeno una volta. Pensò che fosse normale che il ragazzo gli stesse a distanza. Lui era abituato a tutto quello. Essere omosessuale era figo solo nei telefilm e nelle fanfiction, nella vita reale poteva fare schifo. Ma Stiles era stato fortunato, aveva avuto accanto a sé le persone migliori del mondo ed era sempre riuscito a fregarsene della stupidità e della cattiveria del genere umano. Ma per Derek era nuovo, tanto più che erano voci ingiustificate le sue. Comunque presto o tardi se ne sarebbero dimenticati tutti.
Decise quindi quel pomeriggio di passare da Derek a portargli qualcosa per tirarlo su di morale.
Quando si trovò fuori al pianerottolo di casa di Derek, sentì le inconfondibili urla delle sorelle di quest’ultimo. A quanto pare litigavano per la piastra per capelli. Quando suonò il campanello sentì altre urla, adesso litigavano su chi doveva andare ad aprire la porta, e distinse anche la voce di Derek che mandava cordialmente a quel paese la sorella più piccola, Cora.
Ad aprire fu Talia, la madre di Derek.
«Oh Stiles. Scusa per le grida, ma da quando Cora è entrata nella pubertà, sembra esserne uscito fuori un mostro invece di mia figlia. Cerchi...»
«Stiles?» Stiles sbirciò oltre la figura di Talia ancora ferma davanti alla porta e vide Derek scendere la scalinata.
«Ehi Der.» Talia fece scorrere lo sguardo da suo figlio a Stiles per un paio di volte, poi, con un sorrisetto che andava da parte a parte sul viso, si congedò.
«Va bene, vi lascio soli. Derek non fare tardi e per carità porta le pizze quando torni. Dannato tuo padre che ha fatto due figlie femmine che hanno per di più sincronizzato i loro cicli.» Stiles scoppiò a ridere. Ora capiva perché Talia era la migliore amica di sua mamma.
«Mamma, per quanto io voglia ripetermi che sono stato concepito in provetta, c’eri anche tu quando quei due mostri sono stati concepiti.»
«Bhe, non è esattamente vero.» Esclamò Stiles guardando Derek. Il moro si girò verso di lui e inarcò le sopracciglia.
«Der, ne abbiamo già parlato. Niente sopraccigliese con Stiles!» Esclamò il più piccolo ammonendo l’altro con il dito indice. Talia osservò la scenetta sempre più divertita.
«Stiles.» Ringhiò Derek, ma il ragazzo non si fece intimorire dalla minaccia celata semplicemente dietro il suo nome.
«Comunque… dicevo, è scientificamente provato che sono gli uomini i portatori del cromosoma Y, quindi sono loro a ‘scegliere’...» Stiles mimò il segno delle virgolette. «… il sesso del nascituro. Se Talia si è ritrovata con due figlie femmine è decisamente colpa di tuo padre.» Spiegò Stiles annuendo soddisfatto. Derek roteò gli occhi e sorpassò la madre per uscire dalla villa.
«Ecco vedi, Der. E’ sempre colpa di voi maschi.» Esclamò Talia ridendo.
«Se come no. Mà noi andiamo, ci vediamo stasera.» Disse Derek, che, avendo visto i libri di Stiles, immaginava che il ragazzo fosse venuto per una delle loro lezioni private di chimica. Stava infatti per entrare nel giardino degli Stilinski quando Stiles lo fermò.
«Sali sulla Jeep.» Disse infatti il ragazzo.
«Cos’è, vuoi uccidermi e nascondere il mio cadavere?»
«Mhm… potrei, ma mi sporcherei le mani, poi non sono il tipo che ama la vista del sangue.» Disse Stiles mettendo in moto la Jeep e svoltando per la strada che conduceva alla riserva.
«Dai film che guardi la sera non si direbbe.»
«I film sono una cosa, lo sai che quello non è sangue ma succo di mirtillo.»
«Se lo dici tu.» Derek allungò una mano verso il sacchettino che Stiles aveva appoggiato sul cruscotto e che, dall'odore inconfondibile, doveva contenere popcorn. Ma Stiles gli diede uno schiaffetto sulla mano.
«Ehi, ehi giù le mani. Questi te li devi guadagnare.» Disse ridendo il più piccolo mentre Derek si massaggiava la mano colpita e lo guardava con le sue buffe sopracciglia corrucciate.
«Si può sapere dove mi stai portando?» Chiese Derek dopo un paio di minuti.
«In un bel posto.» Disse Stiles mentre parcheggiava l’auto tirando il freno a mano. Erano proprio all’ingresso della riserva di Beacon Hills.
«Coraggio, scendi dalla macchina e seguimi.» Stiles afferrò il sacchetto e scese dall’auto. Sorridendo per la felicità che Stiles sembrava emanare, Derek scese dall’auto e lo seguì.

 

Dopo almeno venti minuti passati a camminare, raggiunsero un punto particolarmente impenetrabile della riserva. Gli alberi erano fitti a sufficienza da far filtrare la giusta quantità di luce da non rendere quel paesaggio niente affatto spettrale ma semplicemente meraviglioso. La terra era soffice sotto i piedi di Derek e qua e là c’erano dei cespuglietti con dei fiorellini di un bel giallo brillante.
Alla loro destra c’era un piccolo ruscelletto dall’acqua limpida e cristallina che scorreva pigramente, emettendo una sorta di musica celestiale. Accanto ad esso c’erano delle rocce grandi e lisce, leggermente scaldate dal sole che doveva averle appena lasciate.
Stiles si diresse verso di esse e si sedette a gambe incrociate sulla più grossa, il volto rivolto verso il ruscello che gli scorreva accanto. Pareva completamente perso nel seguire i piccoli lampi che sembravano accendersi ogni volta che un raggio di luce incideva su di essa.
«Che posto è?» Chiese Derek quando lo raggiunse e si sedette accanto a lui. L’acqua del ruscello era così limpida che Derek riusciva a vedere qua e là qualche pesce che nuotava pacifico. Gli uccellini cinguettavano allegri ma senza risultare assordanti.
«Questa è la mia ‘Fortezza della Solitudine’» Esclamò Stiles inspirando profondamente l’aria e chiudendo gli occhi.
Derek lo fissò imbambolato. Non si era mai accorto che le ciglia di Stiles fossero così lunghe. Sembravano incoronare gli occhi di Stiles come una magnifica corona. Accarezzavano la pelle degli zigomi ogni volta che il ragazzo abbassava le palpebre e Derek provò una certa invidia nei loro confronti… loro potevano accarezzare quella pelle diafana e lui no.
Scosse il capo. Non poteva pensare certe cose. Aveva deciso di tornare con Kate, almeno fino alla fine del liceo, anche per proteggere Stiles dalla cattiveria di quella ragazza. All’inizio aveva pensato che fosse solo un po’ stronza, ora, quando ormai era troppo tardi, si era reso conto del terribile errore: Kate non era semplicemente stronza, Kate era malvagia.
«Tu sai vero cos’è una ‘Fortezza della Solitudine’, giusto?» Stiles aprì un solo occhio, quello più vicino a Derek. Ma gli fu sufficiente per vedere le sopracciglia del moro arcuarsi verso l’alto in un chiaro segno di confusione.
«Stai scherzando, vero? Non puoi non sapere cos’è la ‘Fortezza della Solitudine’!» Esclamò spalancando entrambi gli occhi e guardando Derek come se fosse un alieno venuto da un altro universo.
«Sarà sicuramente una cosa da nerd.» Sbuffò Derek, ma non era davvero infastidito.
«Oddio! Dobbiamo assolutamente rimediare. Parola mia. Non puoi non aver mai visto Superman, cazzo!» Derek roteò gli occhi al cielo. Ecco! Tipica cosa da nerd.
«Stiles! Superman, davvero? Di tutti i supereroi vuoi proprio farmi vedere il più ridicolo? Quello con quegli assurdi mutandoni rossi e che chissà come nessuno riconosce solo perché non indossa un paio di occhiali?» Stiles si girò verso Derek, la bocca spalancata in un muto, mica tanto, verso di disapprovazione. Il moro si dovette sforzare di non fare brutte associazioni a quella bocca così oscenamente spalancata!
«Il più ridic… oh no! No! No! Non so mica se a questo punto tu ti meriti questi!» Stiles sventolò la busta di popcorn davanti alla faccia di Derek. Questi cercò di afferrare il sacchetto, ma Stiles fu più rapido di lui e lo allontanò. Solo che Stiles, bhe, era pur sempre Stiles.
Il ragazzo infatti si era sbilanciato troppo e stava rischiando di cadere all’indietro dalla roccia. Derek allungò il braccio e lo afferrò per la maglietta appena in tempo. Con uno strattone se lo spinse letteralmente addosso. I loro petti si scontrarono e, nell’urto, qualche popcorn cadde a terra, ma di nuovo i riflessi sorprendentemente rapidi di Derek, riuscirono a salvare l’intero sacchetto.
Non erano mai stati così vicini.
I loro respiri si confondevano e Derek alternò più volte lo sguardo dagli occhi alle labbra di Stiles. Sembravano così invitanti, così morbide e perfette. Derek poteva contare una ad una le piccole gemme lucenti che brillavano negli occhi di Stiles. Voleva baciarlo, voleva assolutamente sapere se quelle labbra erano davvero così morbide come apparivano.
E così, semplicemente, lo fece.
Appoggiò le sue labbra a quelle di Stiles. Era davvero soffici. Sentì Stiles trattenere il respiro e restare completamente immobile. Però non lo aveva ancora respinto. Era quindi un buon segno, un incentivo ad osare leggermente di più. Fece uscire timidamente la sua lingua con la quale picchiettò appena sul labbro dell’altro ragazzo. Sentì l’altro mugolare appena mentre schiudeva le labbra lasciando libero accesso alla lingua di Derek. Era chiaro come il sole che non sapesse cosa fare e che lasciava al moro tutta l’iniziativa. E Derek provò un moto d’orgoglio e di soddisfazione nel sapere di essere il primo a baciare quelle dolci labbra.
Tecnicamente baciare Stiles non avrebbe dovuto avere niente di troppo diverso dal baciare una qualsiasi altra ragazza… se non per il fatto che non era per niente così. Baciare Stiles era come ricevere una ventata di aria fresca direttamente nei propri polmoni.
Timidamente la lingua di Derek incontrò quella di Stiles e, quando il moro lo sentì gemere direttamente nella sua bocca, sollevò una mano con cui andò ad afferrare il collo del ragazzo per spingerselo più vicino.
Avrebbe continuato per ore, ma un rumore, come di un ramoscello spezzato, alle loro spalle li fece separare di scatto.
Mentre Stiles si guardava intorno con gli enormi occhioni da cerbiatto spalancati, Derek non riusciva a staccare gli occhi dalle sue labbra, ora rosse e leggermente lucide di saliva.
«M-mi dispiace...» Prese a balbettare quando gli occhi di Stiles si posarono nei suoi.
«T-tranquillo. N-non c’è problema. Immagino che dopo tutto quello che hai sentito oggi, ti andasse un po’ di sperimentare.» Balbettò Stiles completamente rosso. Cosa diavolo gli era saltato in testa? Lui voleva che Isaac fosse il primo ragazzo a baciarlo. Perché mai aveva concesso un privilegio del genere a Derek? Derek che era meno stupido e insensibile di quanto si era aspettato.
«No! No, non l’ho fatto per quello...» Disse Derek e Stiles lo guardò incuriosito, incurvando leggermente il capo da un lato. Derek non sapeva che dire, ma di sicuro non voleva che Stiles pensasse che lui lo ritenesse un esperimento. Nulla di più di un gioco. «I-io l’ho fatto p-per… si, per farti vedere come si fa. Così che quando tu uscirai con Isaac, saprai come si fa, ecco.» Derek guardava ovunque tranne che Stiles. Poteva sentire chiaramente il proprio viso andare a fuoco.
Stiles lo trovò piuttosto adorabile. Aveva chiaramente intuito che Derek stesse mentendo, ma mettere sotto torchio il moro significava mettere sotto torchio anche se stesso. Perché era vero, era stato Derek a cominciare il bacio, ma non solo Stiles non lo aveva respinto, ma quando lui si era staccato, era stato Stiles a muoversi di nuovo impercettibilmente verso il moro per ricercare le sue labbra. Quindi… meglio fare finta che non fosse successo assolutamente niente.
«Si… ovvio. Lo avevo capito. Popcorn?» Stiles si ficcò in bocca una grossa manciata di popcorn prima di dire qualcosa di irrimediabilmente stupido.
Derek annuì con il capo e anche lui si ficcò in bocca una generosa dose di popcorn. Per un po’ stettero entrambi in silenzio, assorti nei loro pensieri.
«Come hai trovato questo posto?» Chiese dopo un po’ Derek che aveva rimuginato un bel po’ per trovare un argomento per distrarli dal bacio di poco prima.
«Ci venivo con la mamma. Lei amava i boschi. Mi portava su questa pietra e mi raccontava un sacco di storie sui lupi mannari.» Derek sorrise. Ora capiva da dove veniva l’ossessione di Stiles per il soprannaturale.
«Ti manca tanto?»
«A volte si, come l’aria. Allora vengo qui a leggere un buon libro, così è come se lei fosse qui con me. E’ come se la sentissi di nuovo accanto a me mentre continua a ripetermi che non importa quando io possa apparire strano, che sarò sempre il suo ‘cucciolo’.» Mentre parlava era chiaro che Stiles fosse sopraffatto dai ricordi della madre. Derek gli si fece più vicino, tanto da far toccare le loro spalle, e il più piccolo appoggiò il suo capo sulla spalla del moro. Derek in quel momento si sentì incredibilmente forte. Era la spalla su cui Stiles aveva deciso di appoggiarsi, era l’ancora a cui aveva scelto di aggrapparsi. Di nuovo si ritrovò a pensare a quanto, in tutti quegli anni, avesse sottovalutato la forza di quel ragazzo.
Stettero a lungo così, in silenzio, godendosi l’uno la reciproca vicinanza dell’altro. Ignari del fatto che non erano i soli in quella riserva.

 

* * *

 

Se Stiles aveva pensato che quel lunedì mattina era stato un inferno, scoprì che quel martedì sarebbe stato pure peggio.
Ad attenderlo nel parcheggio della scuola c’era l’intera squadra di basket meno il Capitano e Isaac.
Stiles scese con circospezione dalla sua Jeep. Aveva un brutto presentimento. Presentimento che si rivelò più che fondato non appena mise il primo piede sull’asfalto e un energumeno lo afferrò per il colletto sbattendolo contro la portiera della sua stessa macchina.
«Che cazzo...» Provò a dire Stiles, ma le sue parole vennero interrotte dal primo pugno assestato con precisione al suo stomaco. Stiles strinse gli occhi e si costrinse a non gemere per il dolore. Ma quando il secondo pugno lo colpì nello stesso identico punto di prima non riuscì a trattenersi. I suoi aguzzini furono molto intelligenti, questo Stiles glielo dovette concedere. Evitarono accuratamente di colpirlo in volto o in qualsiasi altro punto visibile.
Era sicuro che presto gli avrebbero rotto una costola o due quando sentì una voce… ma di nuovo non era quella di Derek e, quando Stiles capì che apparteneva ad Isaac, si stupì del fatto di essere rimasto deluso che non fosse stato, di nuovo, Derek a salvarlo.
«Ehi! Che cazzo fate si può sapere?»
«Stiamo dando a questo succhiacazzi la lezione che si merita!» Esclamò quello che aveva tenuto Stiles fermo per il bavero.
«Davvero? Vi devo ricordare che sono un succhiacazzi anche io?» Stiles aprì a malapena un occhio e vide Isaac, i boccoli biondi appena mossi dal vento, guardarli con sguardo truce.
«Si ma tu non stai cercando di convertire il nostro capitano. Questo qui lo vuole far diventare...»
«Ti conviene non finire neppure la frase, Jack. O giuro che non avrai più le palle per poterti definire né etero né gay. E la stessa cosa vale per tutti voi. Se vi vedo di nuovo picchiare questo ragazzo, giuro che ve ne pentirete.»
Stiles sentì dei borbottii, dopo poco due forti braccia lo stavano sollevando, dato che per il dolore si era accasciato a terra.
«Come stai?» Stiles si costrinse ad aprire gli occhi e si trovò davanti quelli azzurri di Isaac che lo fissavano con apprensione.
«B-bene. G-grazie per avermi salvato.» Con qualche difficoltà, Stiles riuscì a rimettersi in piedi. Il petto gli faceva incredibilmente male e non osava immaginare a quanti lividi gli sarebbero venuti fuori.
«Mi spiace. Ma sai, un conto è accettare davvero l’omosessualità, un conto è nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi. Gli etero sono così stupidi. Hanno sempre questa costante paura che un gay possa convertirli e portarli dal ‘lato oscuro della forza’!» Stiles spalancò gli occhi. Improvvisamente tutto l’interesse che provava per Isaac esplose come una piccola supernova. Isaac aveva citato Star Wars, poteva esistere essere più meraviglioso?
«Q-quindi tu e Derek…?»
«Oh! No… assolutamente no!» Si affrettò a dire Stiles. Derek, chi? Dopo che Isaac aveva citato Star Wars qualsiasi pensiero sul suo vicino era completamente uscito dalla sua mente.
«E’ che stamattina sono circolare delle foto in cui voi due vi baciate.» Stiles spalancò la bocca. Come diavolo?
Non poteva essere stato Derek. Ma erano da soli e praticamente nessuno si recava alla riserva.
«N-no… noi… nah! Stavamo facendo un gioco, tipo il gioco della bottiglia.» Stiles disse la prima cavolata che gli passò per il cervello.
«Davvero?» Chiese Isaac sgranando gli occhi. «E’ che sono sempre circolate strane voci su Derek...» Cominciò a dire il biondino. Stiles lo guardò.
«In che senso? Che voci?»
«Che possa essere bisessuale. E’ vero, ha sempre avuto fidanzate super fighe: Paige, Kate e altre. Ma duravano sempre poco.»
«Magari non erano quelle giuste.» Provò a dire Stiles. E perché mai il suo cuoricino aveva preso a battere all’impazzata nel sentire che, forse, Derek era bisessuale?
«E un etero adolescente si lascerebbe mai scappare una come Kate, anche se fosse la persona più odiosa del mondo? No, non la lasci a meno che non hai qualcun’altra in testa. O qualcun altro!» Stiles sentì il proprio cuore cominciare a battere all’impazzata. Probabilmente era diventato anche tutto rosso in faccia e sperò che Isaac non se ne accorgesse.
«Ce la fai a camminare?» Chiese Isaac. Stiles annuì con il capo, stringendo i denti per il dolore.
«Senti, so che non è esattamente il miglior momento per chiedertelo, ma ti va di vederci? Non so dopodomani sera ad esempio?»
Se Isaac non stesse sorreggendo Stiles, probabilmente il ragazzo sarebbe caduto come una pera cotta.
«U-uscire? N-noi due?» Poteva essere più patetico di così? Il ragazzo che gli piaceva praticamente da tutta la vita lo stava invitando a cena fuori e lui balbettava? Ma si poteva essere più sfigati di così?
«Stiles!» Evidentemente si!
Perché ecco Derek Hale correre verso di lui.
«Stiles stai bene?» Derek lo afferrò, strattonandolo praticamente dalle braccia di Isaac.
«I-io? S-sto bene?»
«Oddio non ti avranno preso mica a botte in testa?» Derek era chiaramente preoccupato e stava cercando su tutto il volto del ragazzo eventuali segni di percosse.
«Sta bene, Der. Sono intervenuto in tempo.» Derek si girò in quel momento verso Isaac, come se si fosse reso conto solo in quel momento della presenza del ragazzo.
«Oh… si… g-grazie.» Derek si scostò rapidamente da Stiles, che dovette sorreggersi da solo.
«Bhe, vado. Allora a dopodomani sera, Stiles. Alle otto da me, non fare tardi.» Stiles sollevò la mano imbambolato, salutando Isaac come un ebete.
Derek lo guardò, inarcando di nuovo quelle sue insopportabili, e adorabili, sopracciglia.
«Mi sono perso qualcosa?» Domandò ironicamente Derek.
«A quanto pare ho un appuntamento con Isaac.» Disse Stiles come un automa. Se Derek ne fu sorpreso non lo diede minimamente a vedere. «Oddio! Ho un appuntamento con Isaac!» Urlò Stiles quando ebbe finalmente realizzato ciò che Isaac gli aveva chiesto. «Oddio! Che faccio? Ma lui dove ab… ah no, lo so dove abita. Oddio che mi metto?» Stiles cominciò ad agitarsi talmente tanto che non sentiva neppure più il dolore delle percosse di poco prima.
«Ok! Ok! Calmati. Prendi un bel respiro.» Derek poggiò le mani sulle spalle di Stiles e cominciò ad inspirare e espirare profondamente mostrando a Stiles come fare.
Stiles lo imitò, ma al primo respiro gemette per il dolore.
Derek lo guardò preoccupato.
«Stiles! Aspetta, vieni con me.» Derek trascinò via Stiles dal parcheggio. Lungo il tragitto in molti li guardarono, parecchi di loro male, ma nessuno osò fiatare finché Stiles era con Derek. Raggiunsero il bagno degli uomini e Derek ci spinse dentro Stiles senza troppe cerimonie.
«Fammi vedere.» Esclamò il moro una volta dentro.
«Derek, non è niente...» Cominciò a dire Stiles, ma il moro gli sollevò la maglietta rivelando i lividi e qualche piccolo taglio dal quale era uscita qualche goccia di sangue.
«Giuro che li uccido.» Esclamò sfiorando appena la pelle di Stiles ma ritirando velocemente la mano quando lo sentì sibilare per il dolore.
«Tranquillo, ci ha già pensato Isaac.» Derek sbuffò di nuovo e Stiles lo guardò stranito. Che diavolo gli prendeva? E soprattutto…. perché cavolo si stava sfilando la felpa e la maglia?
Stiles restò a bocca aperta alla vista del fisico di Derek. Era asciutto, ogni minimo muscolo, anche quelli di cui il ragazzo ignorava l’esistenza, era perfettamente scolpito. La pelle era leggermente bronzea, un po’ per il sole che il ragazzo prendeva evidentemente allenandosi a petto nudo, e un po’ proprio per tinta naturale.
«Mettiti questa, almeno è pulita.» Disse Derek porgendo la maglietta a Stiles.
«I-io? E t-tu?» Stiles era consapevole di aver perso completamente la concentrazione, ma ehi… era gay e Derek… bhe era Derek!
«Io ho la felpa. Posso stare anche solo con quella, tu invece non puoi stare con una maglia sporca. Vuoi passare in infermeria? Magari hanno del ghiaccio da mettere sopra quei lividi.»
«N-no… va già meglio.» Stiles afferrò la maglia di Derek, e si stava dirigendo verso il cubicolo più vicino per andare a cambiarsi, ma Derek gli afferrò con decisione il polso.
«Fai sul serio? Dai, cambiati.»
«No. No mi vergogno.»
«Stiles, tu ed io abbiamo fatto il bagnetto insieme da piccoli. Puoi cambiartela una maglia davanti a me.»
«Sai, sono piuttosto cresciuto da quando giocavano con le paperelle nella tinozza!» Derek roteò gli occhi al cielo e, prendendo completamente alla sprovvista il ragazzo, gli sfilò la maglia almeno fin sopra la testa.
Derek sarebbe anche potuto rimanere senza fiato alla vista del corpo di Stiles se non fosse stato rovinato dai terribili lividi che il ragazzo aveva riportato dopo l’incontro con quei deficienti dei suoi compagni di squadra. Il corpo di Stiles era asciutto e snello, con dei morbidi fianchi che facevano venire la tentazione di morderli. La pelle chiara era qua e là macchiata da piccoli nei che sembravano raffigurare l’intera volta celeste e Derek sentì le dita tremare per la voglia di collegarli uno ad uno con i propri polpastrelli, disegnare ogni volta un sentiero nuovo.
«Te lo hanno mai detto che sei un brutto lupo dispotico?» Borbottò Stiles mentre si finiva di sfilare la sua maglia e si metteva quella di Derek. Vide il moro sorridere per il modo in cui gli stava. Ovvio, lui lì dentro ci ballava, non aveva mica una miriade di muscoli con cui riempirla.
«Sicuro di stare bene?» Domandò Derek quando Stiles ebbe sistemato la sua maglia nel suo zaino. Poteva chiaramente vedere che il ragazzo gemeva ad ogni movimento.
«Si, più che bene direi visto che Isaac mi ha invitato ad uscire.» Stiles sorrise e il suo sorriso era così radioso che Derek decise di non pensare a quella spiacevole morsa che sentiva alla bocca dello stomaco.
«Però...» Cominciò a dire il più piccolo e Derek vide il suo sorriso spegnersi.
«Qual è il problema?»
«E’ che… insomma… io non sono mai uscito con un ragazzo. E se facessi la figura dell’idiota?» Derek gli avrebbe voluto rispondere sagacemente che lui era un idiota e poi avrebbe voluto anche dirgli che se Isaac non lo avesse reputato il migliore e più adorabile idiota del mondo allora era solo uno sciocco. Ma non poteva, non voleva. Lui era ricaduto nel classico cliché e stava realizzando non solo di essere bisessuale, ma di aver preso anche una grandissima sbandata per quel ragazzino logorroico e petulante… lui, ma Stiles evidentemente non ricambiava. Stiles sognava ancora il suo cavaliere azzurro che, come in ogni fiaba, aveva gli occhi azzurri e i capelli di un bel biondo splendente.
«Ok, allora vuol dire che abbiamo bisogno di un bel piano.» Disse invece. Perché non poteva essere egoista, non con Stiles. Stiles meritava il suo finale da favola e il suo finale da favola non era lui. Lui era uno di quei topini che decidono di preparare il vestito a Cenerentola per permetterle di andare al Ballo e incontrare il suo bel Principe. Lui era il topo e Isaac il Principe. Le sue sorelle lo avrebbero trovato particolarmente ironico visto che gli davano del topo o del coniglio, a seconda dei casi, da anni, a causa dei suoi incisivi.
«Che genere di piano?» Chiese Stiles incuriosito.
«Pensaci, una squadra di basket gioca senza una strategia?»
«Si... no, no era chiaramente una domanda retorica.» Si affrettò a dire Stiles dopo aver visto le sopracciglia.
«Certo che no! Se vuoi che la serata finisca con una bella pomiciata, la devi studiare per bene! In che tipo di ristorante vorresti andare?» Chiese Derek fissando Stiles. Lui aveva perfettamente in mente di dove avrebbe voluto portare Stiles. Lo avrebbe portato al…
«All’all you can eat cino-giapponese?» Derek sorrise sotto i baffi. Si, avrebbe portato Stiles proprio lì.
«Ok, perfetto. Vada per quello. Lo scenario peggiore è che vi mettano uno di fronte all’altro seduti al tavolo. Nessuno finisce a pomiciare con un tavolo in mezzo. E’ pura e semplice geometria. Chiedi un divanetto. E’ sicuramente meglio per flirtare, per toccarsi accidentalmente e per pomiciare.»
«Divanetto, ricevuto.» Annuì Stiles con il capo, completamente concentrato su ciò che Derek gli stava dicendo.
«Altra cosa importante: l’atmosfera della cena. L’illuminazione è molto importante: più buio c’è, meglio è.»
«Wao! Non credevo che i ragazzi come te pensassero a queste cose.» Disse Stiles con gli occhioni da cerbiatto spalancati dallo stupore e dall’incredulità.
«Perché sei razzista verso gli sportivi.» Disse Derek guardandolo male.
«Si, hai ragione. Sono proprio uno sporzista!» Derek lo guardò di nuovo male, ma non riuscì a tenere un finto broncio a lungo, non con Stiles che gli ammiccava con l’occhio sfidandolo a non ridere. Cedette. Stava cominciando a cedere su tutto quando si trattava di Stiles.
«Durante la cena dovrai fare attenzione al linguaggio del corpo. Se si protende verso di te, o si sposta più vicino o cerca di impressionarti, bene, allora vuol dire che è interessato e che prima o poi ti infilerà la lingua in bocca.»
Stiles avvampò di colpo. Non riusciva ad immaginare Isaac che lo baciava… invece immaginava benissimo Derek che lo baciava. Oh si…
«Ci sei?» Derek gli sventolava la mano su e giù davanti agli occhi.
«Si, si ci sono. Quindi divanetto, poca luce e...»
La porta del bagno si spalancò di colpo.
«Stiles!» Uno Scott dall’aria molto preoccupata entrò dentro il bagno. «Stai bene?»
«Dio mio, le voci girano in fretta.» Mormorò sarcastico Stiles.
«Tu dovresti stargli lontano. Non gli hai causato fin troppo guai?» Lo sguardo incattivito che Scott lanciò a Derek sembrava quello di un lupo famelico iperprotettivo.
Stiles si aspettava che Derek sfoderasse il suo migliore ringhio, invece, abbassò il capo ferito. O meglio, colpevole.
«Scott… lui...» In quel momento entrò anche Allison in bagno.
«Allison! Questo è il bagno degli uomini...»
«Derek, mi dispiace. E’ colpa mia.» Disse la ragazza trafelata. Derek spalancò gli occhi talmente tanto che le sue sopracciglia andarono praticamente a perdersi nei suoi capelli. A Stiles venne da sorridere perché era davvero buffo.
«In che senso è colpa tua?» Chiese il moro.
«Mi dispiace Derek. Io vado spesso a correre nella riserva...» Sia Derek che Stiles sentirono un brivido percorrergli la schiena. «… bhe, ieri… ecco… vi ho visti. Lo so che non avrei dovuto, ma eravate così carini. Vi ho fatto una foto per farla vedere a Scott e quando sono tornata a casa l’ho chiamato per dirglielo. Vi giuro, non avevo cattive intenzioni. Eravate solo carini e volevo sapere da Scott se lui ne sapeva niente. Non sapevo che Kate fosse a casa e che mi stesse ascoltando. Deve aver preso il mio cellulare mentre ero in doccia e si è scaricata la foto. Io… ragazzi mi dispiace tantissimo.»
Stiles avrebbe voluto dire qualcosa ad Allison che sembrava veramente dispiaciuta e mortificata. Ma la sua attenzione era completamente focalizzata su Derek.
Derek, che aveva chiuso i pugni con talmente tanta forza che le nocche gli erano diventate bianche, gli occhi sembravano lanciare fuoco e fiamme e di cui si poteva quasi sentire il rumore del suo digrignare con i denti.
«Scusatemi, devo andare...»
«Derek! No...» Ma Stiles non riuscì a fermare Derek perché Scott lo afferrò impedendogli di seguirlo.
«Scott, lasciami andare.» Lo implorò con gli occhi. Ma Scott scosse il capo.
«Scott...»
«No. Ti ha già messo abbastanza nei guai. Tu oggi mi resti incollato, ok? Non farai un altro passo senza di me.» Stiles avrebbe apprezzato l’iper-protettività di Scott. In altri contesti, e in altri momenti, l’avrebbe davvero apprezzata. Ma, in quel momento, avrebbe volentieri voluto prendere a pugni il suo adorabile testone. Sperava solo che Derek non si cacciasse nei guai e che non lo odiasse. Perché poteva sopportare le percosse, ma non poteva sopportare che lui e Derek tornassero ad essere degli estranei. Quello proprio non poteva sopportarlo.

 

Derek si diresse come una furia da Kate. Non le mise le mani addosso solo perché era una donna e perché lui era un bravo ragazzo. Ma dovette davvero ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non farlo.
«Oh, Der. Sei qui, tesoro. Devi accompagnarmi per scegliere il vestito...»
«I patti non erano questi, Kate. Avevi promesso che avresti lasciato Stiles in pace.» Derek non si era mai sentito più arrabbiato di così. E il ghigno malvagio che gli rivolse Kate di certo non lo aiutò a trattenersi dal darle un bel pugno in piena faccia.
La ragazza si guardò intorno e poi lo afferrò per un polso.
«Mhm… si, Der, forse è il caso che risolvo quel tuo problema in mezzo alle gambe in un’aula.» Derek sentì la colazione risalirgli dallo stomaco. Come era possibile che solo un mese prima avrebbe trovato una proposta del genere eccitante?
«C’era davvero bisogno di urlare cazzate in pieno corridoio?» Sbraitò quando Kate lo spinse in una delle prime aule vuote che trovarono.
«Oh si, credimi. Ce n’era più che bisogno. Tutti vanno dicendo in giro che quell’A.S.S.O. ha fatto di te una mezza checca.»
«Questa è una cazzata. Stiles ed io siamo solo amici.» Derek sapeva che era una balla, una bella grossa. Lui aveva smesso di vedere Stiles solo come un amico già da tempo ormai.
«Un amico non ficca la lingua nella gola dell’altro amico.» Esclamò Kate avvicinandosi minacciosamente a Derek.
«Tu dovresti imparare a farti i cazzi tuoi.» Sputò fuori Derek. Il solo pensiero del corpo di Stiles ricoperto di lividi che gli ribolliva ancora nelle vene.
«E tu dovresti smetterla di fartela con gli A.S.S.O.. Per di più gay! Non puoi permetterti uno scandalo proprio ora Derek. Ora poi che rischi anche di non giocare visti i tuoi voti.» Derek strinse i denti. Il giorno dopo avrebbe avuto il famoso compito in classe e stava studiando come un matto usando gli appunti di Stiles.
«Io vengo al Ballo con te, Kate. Ma tu lascia stare Stiles. Non scherzo Kate. Lascialo in pace.» Spintonando la ragazza in modo da allontanarla da sé, Derek uscì dall’aula.
Doveva resistere ancora qualche settimana.
Poi poteva mandare tutti a farsi fottere.
Poi, una volta andato al college, avrebbe potuto iniziare una nuova vita.
Ma che senso aveva iniziare una nuova vita senza Stiles accanto?
Poteva davvero la Luna brillare se non avesse avuto i raggi riflessi della Terra e del Sole?
Lui non poteva brillare. Senza Stiles sarebbe stato come un qualsiasi corpo oscuro che vagava nello spazio. Freddo e senza luce.

 

* * *

 

Cosa significa il Ballo per me?
In genere un Ballo fa pensare alla gioia, al divertimento. Ma al liceo non trovo nulla di tutto questo. Tutti vi diranno che il Ballo serve per festeggiare ma, per la maggior parte degli studenti, rappresenta solo l’incubo di dover trovare l’accompagnatore perfetto, il vestito perfetto e passare una serata perfetta.
E il lunedì mattina si torna alla realtà.
Non so voi, ma io ci rinuncio volentieri.

 

Era almeno la decima volta che Stiles cancellava e riscriveva quel dannatissimo articolo. Sbatté la testa sulla scrivania. Perché diavolo Deaton lo aveva assegnato proprio a lui? Lui che più tra tutti odiava quel dannatissimo Ballo.
«Stiles.» Stiles sobbalzò. Non si era nemmeno reso conto di essersi appisolato.
«P-professor Deaton… oddio...» Deaton sorrise e Stiles era consapevole che fosse perché aveva gli occhiali di traverso e probabilmente il segno della tastiera impresso sulla guancia.
«Stai lavorando all’articolo?» Stiles guardò sconsolato il monitor del computer.
«Si, ma davvero… non può farlo scrivere a Lydia? Lei adora il Ballo e...»
«Stiles...» Deaton ricominciò a parlare con quella sua solita calma mistica che lo faceva assomigliare ad un Druido antico. Saggio e calmo. «... hai mai sentito il detto che ‘la penna ferisce più della spada’?»
«Si, e quando Jackson mi ha infilzato il dito con una penna stilografica credo di averne anche capito il perché.» Ridacchiò il ragazzo con la sua solita vena di sarcasmo, ma Deaton non sorrise per niente.
«Stiles, ti ho scelto non a caso per questo incarico. Sei un ragazzo intelligente e sono sicuro che tu sia in grado di compiere questo compito. Sono sicuro che la tua scrittura possa essere più tagliente della stupidità che accomuna la maggior parte dei tuoi coetanei.»
«Professore, davvero l’ultima cosa che voglio fare è andare in un posto dove tutti mi odiano e scriverne anche. Ci mandi Lydia, davvero. Anche la sua scrittura sa essere molto tagliente.» Deaton lo continuò a guardare con quel suo sguardo sibillino. Quella sua calma zen stava cominciando davvero a dare sui nervi a Stiles.
«Ricordati questo Stiles...»

 

Ti prego, non dire che da un grande potere derivano grandi responsabilità. Ti prego non citarmi Spiderman…

 

«… tutto ciò che scriverai finirà in prima pagina. Scatena l’inferno.»
Disse andandosene. Perfetto… Spiderman no, se lo era risparmiato. Ma il Gladiatore si. Perfetto!

 

* * *

 

Stiles stava continuando a scrivere e cancellare, scrivere e cancellare. Non avrebbe mai consegnato quell’articolo. Ne era più che certo.
Il campanello suonò.
«Pa’ vai tu?» Ma quando non ricevette risposta e il campanello continuò a suonare, Stiles si ricordò che il suo vecchio aveva il turno.
Corse ad aprire e si ritrovò la faccia di Derek davanti agli occhi.
«Oh, ehi. Sei qui per la maglia? L’ho messa in lavatrice, te la...»
«Stiles, non sono qui per la maglia. Volevo sapere come stai.» Derek era piuttosto impacciato. A Stiles faceva un’incredibile tenerezza.
«Meglio. Melissa mi ha dato una pomata da applicare e va già molto meglio. V-vuoi dei popcorn? Me li stavo per fare.» Derek annuì e si diresse verso la cucina ancora prima che Stiles avesse il tempo di chiudere la porta d’ingresso.
«H-hai avuto altri problemi a scuola?» Chiese mentre osservava Stiles prendere la macchinetta, una di quelle ad aria, per i popcorn.
«No, Scott è rimasto quasi sempre con me. E sono sicuro che anche Jackson mi abbia tenuto d’occhio. Dio, dovrò parlare anche con lui e Lydia. Sono stato piuttosto cattivo anche con loro.»
Stiles si arrabattò per prendere una ciotola, per poi posizionarla proprio accanto alla macchinetta, sotto il tubicino da cui uscivano i popcorn.
«Mhm… ok, vieni qui. Ho bisogno dei tuoi muscoli.» Disse rivolto a Derek. Il moro inarcò un sopracciglio.
«I miei muscoli? Per fare dei popcorn?»
«Su non cincischiare e vieni qui.» Esclamò il ragazzo passando a Derek un canovaccio.
«Ne hai mai vista una in funzione?» Chiese vedendo lo sguardo scettico di Derek.
«No, noi in genere prendiamo quelle buste che metti nel microonde… che c’è? Perché fai quella faccia?»
«Siete dei trogloditi. Ecco cosa siete. Questa...» E Stiles indicò la macchinetta rossa. «… è il futuro. Ora, metti il canovaccio così...» Stiles afferrò le mani di Derek e entrambi sussultarono per quel semplice tocco. Arrossendo Stiles posizionò il canovaccio a mò di scudo davanti e lateralmente alla macchinetta.
«Perché questa cosa?» Domandò Derek che cercava di non pensare a quanto fosse stato piacevole sentire il tocco delle mani di Stiles sulle proprie. Stiles aveva delle belle mani e se ne rendeva pienamente conto solo in quel momento.
«Poi vedrai. Io finisco di scaldare il caramello. Tu resta così.» Dette quelle parole, Stiles accese la macchinetta.
All’inizio si sentiva solo un gran rumore, come di una ventola, poi Derek cominciò a vedere qualche popcorn che cominciava a vorticare e a risalire verso l’alto spinto dall’aria calda e… poi capì il perché del canovaccio. Come se fosse un bombardamento, i popcorn cominciarono ad uscire dal tubicino, ma non tutti ricadevano nella ciotola, molti venivano sparati in aria in tutte le direzioni e, se non ci fosse stato il canovaccio, sarebbero voltati per tutta la cucina.
«Ora capisci?» Urlò leggermente Stiles per far si che la sua voce si sentisse al di sopra del frastuono della macchinetta.
«Si, ora capisc...» Un popcorn riuscì a superare la barriera del canovaccio e finì dritto contro la sua fronte. «Ahi! Che male!»
Stiles cominciò a ridere così forte che Derek faceva persino fatica a sentire il rumore della macchinetta.
«Non ridere!»
«Cioè… ‘Ehi-Sono-Derek-Figo-Muscoloso-Perfetto-Hale messo KO da un popcorn!» Stiles continuò a ridere letteralmente piegato in due, il caramello dimenticato completamente.
«Smettila di prenderti gioco di me.» Un altro popcorn sfuggì alla barriera e colpì Derek sulla guancia. Stiles prese a ridere con maggior impeto.
«Ah si?» Derek lasciò andare il canovaccio e prese una manciata di popcorn dalla ciotola e li lanciò dritti in faccia a Stiles. Il ragazzo lo guardò con finto sguardo oltraggiato, ma non ebbe il tempo di ribattere che una marea di popcorn, lasciata libera, colpì il viso di Derek facendo ridere Stiles con ancora più forza.
«Ma che cazzo! La tua macchinetta è un mostro!» Derek si coprì il volto con una mano mentre riempiva l’altra di un’altra manciata di popcorn da lanciare addosso a Stiles.
«Oddio! Derek Hale sconfitto da dei popcorn!» Stiles continuava a ridere come un ossesso. Era sicuro che se non si fosse concentrato a sufficienza sulla sua vescica se la sarebbe anche potuta fare addosso per il troppo ridere.
«Adesso ti faccio vedere io.» Derek si lanciò su Stiles e cercò di fargli il solletico, provando a raggiungere con le sue dita qualsiasi punto del corpo di Stiles. Ma il ragazzo sgusciava sotto di lui peggio di un’anguilla e ad un certo punto sbatterono contro il tavolo. Stiles gemette per il dolore e, solo in quel momento, Derek si ricordò dei lividi che aveva su tutto il petto.
«Stai bene?» I loro occhi vennero calamitati l’uno in quelli dell’altro.
La macchinetta ronzava dimenticata alle loro spalle, ormai non sputava fuori nemmeno più i popcorn, ma nessuno sembrava badarle.
Derek abbassò appena lo sguardo e guardò le labbra di Stiles, leggermente schiuse e ancora stirate in un sorriso, troppo grande e forse troppo bello. Sentiva ogni cellula del proprio corpo dirgli di non farlo, che non poteva. Non solo per il patto con Kate, ma anche perché l’indomani Stiles sarebbe uscito con il suo vero Principe Azzurro. Non con i topini, ma con il Principe Azzurro. Ma si sa, la comunicazione tra cuore e cervello non è sempre delle migliori.
Stiles vide Derek avvicinarsi alle sue labbra come a rallentatore. Anche a lui ogni cellula del suo corpo gli stava dicendo che era una pessima idea, che si stava lasciando coinvolgere decisamente troppo. Ma anche per lui la comunicazione tra i due organi principali non fu delle migliori. Si ritrovò le labbra di Derek sulle sue e, di nuovo, non fece assolutamente nulla per staccarle. Anzi, stavolta fu lui ad approfondire il bacio e ad afferrare i fianchi di Derek per spingerlo maggiormente addosso a sè, come se avesse paura che il moro ci ripensasse e lo lasciasse andare.
Non c’era più Isaac nella sua testa. Non erano gli occhi azzurri del ragazzo che vedeva. Tutto attorno a lui aveva quella tonalità grigio-verde. Così fredda eppure mai monotona.
Continuarono a baciarsi per quelle che gli parvero ore. Avrebbero probabilmente continuato così fino alla fine dei tempi se non avessero sentito il rumore delle chiavi girare nella toppa d’ingresso.
«Stiles, sono a casa!»
Mentre i passi dello Sceriffo si avvicinavano sempre di più, i due ragazzi continuarono a guardarsi negli occhi.
«Stiles… Che cavolo è successo qui?» La voce stridula dello Sceriffo riportò i due ragazzi alla realtà. Si guardarono attorno e solo allora si resero conto del casino che avevano combinato. Senza contare che il caramello, completamente dimenticato sul fuoco, si era bruciato e ora emanava un terribile tanfo di… bruciato, appunto!
«Ehm… siamo stati attaccati dalla macchinetta dei popcorn!» Esclamò Stiles ridacchiando nervosamente. Lo Sceriffo lo guardò attentamente e il ragazzo sapeva che il padre aveva fiutato qualcosa, e no, non la puzza di bruciato del caramello! Del resto, non era diventato Sceriffo solo per il suo bell’aspetto.
«La macchinetta, vi ha attaccato?» Stiles si diresse verso la macchinetta e la spense. Avrebbe voluto non avere la pelle così sensibile perché era sicuro che dal colore e dal gonfiore delle sue labbra si capiva che aveva appena finito di pomiciare.
«Si papà, te l’ho detto mille volte. Prima o poi, Skynet ci ucciderà tutti!» Esclamò Stiles e se Derek non fosse stato così tanto imbarazzato, sarebbe anche scoppiato a ridere per la battuta.
Lo Sceriffo guardò Stiles con aria scettica. Del resto non bisognava biasimarlo. Aveva imparato a non credere ad una sola parola che usciva dalla bocca del figlio praticamente da quando questi aveva imparato a parlare.
«Va bene, non voglio saperlo.» Esclamò lo Sceriffo alzando le mani in segno di resa. «Voglio solo che per quando sarò tornato dalla mia bellissima doccia, tutto questo casino...» E l’uomo indicò praticamente tutta la cucina con il dito. «… sia sistemato!» E dette quelle parole uscì dalla cucina per salire al piano superiore.
Rimasti di nuovo soli, i due ragazzi tornarono a guardarsi imbarazzati.
«Io… ecco, ero passato per darti queste.» Derek frugò nel suo zaino e ne estrasse un piccolo pacchettino e lo porse a Stiles. Il ragazzo lo guardò scettico.
«Coraggio, aprilo. Non esplode mica.» Ancora non del tutto convinto, Stiles cominciò ad aprire il pacchettino che si rivelò contenere delle lenti a contatto giornaliere.
«Un giorno ho sentito Isaac dire che non gli piacevano i tipi con gli occhiali. Che danno fastidio quando ci si bacia...»

 

A me non da affatto fastidio invece… mi piace come ti stanno gli occhiali. Mi piace se continui ad alzarteli sul naso con il dito e mi piace vedere come ti si sono appannati dopo entrambe le volte che ti ho baciato…

 

«… ho pensato che potessero esserti utili per l’appuntamento di domani. So che la tua gradazione è principalmente per la stanchezza. L’ottico mi ha detto che queste dovrebbero andare bene.»
Stiles guardò il pacchettino che stringeva tra le mani. Davvero Derek si era premurato di controllare la sua gradazione e di andare da un ottico per prendergli delle lenti a contatto?
Significava dunque che lui non aveva nessun interesse nei suoi confronti e che quindi voleva che il suo appuntamento con Isaac andasse bene perché di lui, a conti fatti, non gli interessava nulla.
«Oh… ehm… grazie, non pensavo che i miei occhiali potessero essere un problema.» Disse nervoso Stiles, rigirandosi quella scatolina tra le mani. Perché mai ci era rimasto così male che Derek gliele avesse regalate?
«Per me non sono un problema...» Si lasciò scappare Derek e quando vide gli occhioni luccicanti di Stiles guardarlo si maledisse come non mai. «… cioè, a me non dispiacciono, ma si insomma… i ragazzi non sono tutti uguali.» Derek abbassò lo sguardo imbarazzato, ma fortunatamente a toglierlo dall’imbarazzo fu la suoneria del suo cellulare.
«Scusa devo rispondere, è la mamma...» Disse dopo aver visto il nome comparso sul display. Stiles annuì e ne approfittò per cominciare a sistemare il casino che avevano combinato. «… ehi… no, sono da Stiles… cosa? ok, va bene… si, ora torno… no, mamma stasera ce la porta Laura a quella festa io devo finire di studiare… cosa? no che non mi metto a cazzeggiare al computer, devo studiare davvero… si, sono tuo figlio non un alieno… va bene, cinque minuti e arrivo. Scusa, devo andare.»
«Domani hai il compito?» In mezzo a tutto quel trambusto, Stiles si era completamente dimenticato che Derek avesse il compito di recupero.
«Già.»
«Vuoi che stasera passi da te? Possiamo fare un mega ripasso insieme. Ho una tecnica infallibile.»
«No, non preoccuparti. Devo solo ridare una letta a qualcosina, ma ho già finito di studiare. E’ solo non mi andava di accompagnare Cora ad un compleanno di una sua amichetta.»
«E hai usato l’infallibile scusa dello studio! Derek Hale, sei proprio un cattivo ragazzo.» Esclamò divertito Stiles mentre raccoglieva anche l’ultimo popcorn con la scopa.
«Scusa per il disastro.» Disse Derek guardando il mucchio di popcorn a terra.
«Tranquillo. Mio padre c’è abituato, succede praticamente ogni volta che attivo quell’aggeggio infernale.»
«Ma come? Non avevi detto che quello era il futuro?» Lo prese in giro Derek. Il più piccolo lo guardò male e dopo prese a spingerlo fuori dalla cucina con la scopa.
«Sciò! Sciò Derek... »
Derek rise ma si lasciò trascinare fuori da Stiles… anche perché con la scarsa coordinazione che aveva quel ragazzo c’era comunque il pericolo che quella scopa gli finisse sui gioielli di famiglia!
«Ci vediamo domani, ok?» Chiese Derek quando fu fuori da casa Stilinski.
«Ci vediamo domani.» Confermò Stiles. «E, Derek? In bocca al lupo.» Derek sorrise. Quel detto gli era sempre sembrato stupido. Ma povero lupo.
«Graz...» Stiles gli tappò la bocca e… si Derek ci aveva visto giusto! Alla fine quella scopa gli era davvero finita sui gioielli di famiglia!
«Ma sei scemo? Non si risponde grazie quando uno ti fa l’in bocca al lupo. Porta male. Si risponde crepi
«Non folio ghe grefi il lufo.» Mugugnò Derek con ancora la mano di Stiles spalmata sulla sua bocca.
«Eddai, Derek. E’ solo un modo di dire, mica schiatta veramente.»
«E fa fene! Frefi!» Derek roteò gli occhi. Pure superstizioso. Ma perché questo gli faceva trovare Stiles solo più adorabile di quanto già non lo trovasse?
Il più piccolo ritirò la propria mano dalla bocca di Derek.
«Così va meglio. Ma spera che ti abbia fermato in tempo perché se domani non passi il compito non sarà certo per colpa mia e delle mie doti di insegnante. Ma sarà solo ed unicamente colpa tua, Derek Hale.» Derek roteò di nuovo gli occhi al cielo e si girò verso casa sua.
«Buono a sapersi, così la prossima volta che fai i popcorn aprirò un ombrello in casa tua per proteggermi da quella macchina infernale.» Disse il moro imboccando il vialetto di casa sua.
«Non oseresti mai… ehi, non ci provare Derek Hale, hai capito?» Urlò Stiles sbattendo poi la porta di casa quando vide Derek agitare la mano in lontananza in segno di scherno.
«Mi devi forse dire qualcosa, figliolo?» Stiles sobbalzò alla vista del padre. Non si era minimamente accorto della sua presenza.
«Dire? Cosa ti dovrei dire?»
«Non lo so, forse perché ultimamente Derek Hale è sempre più spesso in questa casa?»
«Cosa? Sempre più spesso? Papà tu stai decisamente invecchiando e non sai più quantificare il tempo. Pff… sempre più spesso, quel sourwolf è qui solo, che so, circa una volta al giorno...» Lo sguardo divertito del padre fece intuire a Stiles che, come al solito, in un momento decisivo, il suo cervello gli aveva fatto ciao ciao e se ne era andato su una spiaggia alle Maldive!
«… ehi, non ghignare troppo, vecchio. Stasera ti aspettano i cavoletti di Bruxelles gratinati.»
«Ti odio!» Sospirò lo Sceriffo massaggiandosi la pancia e rimpiangendo di avere sempre poco tempo a lavoro per sgarrare alla rigida dieta del figlio!

 

* * *

 

La sera successiva Stiles decise di indossare l’intero outfit che aveva comprato con Derek quel giorno al centro commerciale. Pantaloni oscenamente aderenti, camicia a tre quarti e… infine, le lentine. Metterle non fu certo facile, più di una volta rischiò di ficcarsi un dito nell’occhio e di finire al pronto soccorso. Quando ebbe finito si guardò allo specchio. Si era passato un pochino di gel tra i capelli, giusto per renderli meno indomabili.
L’immagine che lo specchio gli rifletteva era totalmente diversa. Stentava a riconoscersi e senza occhiali si sentiva completamente nudo. Dio… aveva davvero degli occhi così grandi? Erano orrendi.
Sospirando decise che era meglio andare se non voleva fare tardi. Tanto, i miracoli non esistevano e il suo riflesso insulso allo specchio ne era una prova.
Uscì dalla camera e si avviò verso la porta.
«E quei vestiti da dove escono?»
Stiles si immobilizzò. Sperava di riuscire ad arrivare alla porta e urlare al padre che sarebbe uscito con Scott, ma ovviamente la sfiga non si prendeva mai una serata libera con lui!
«Ah questi? Sono le prime cose che ho trovato nell’armadio.» Disse cercando di usare un tono di noncuranza.
«Stiles, ricordi quando mi hai confessato che sei gay?» Chiese lo Sceriffo incrociando le braccia al petto. Stiles annuì nervoso.
«Ricordi cosa ti dissi?» Stiles sbuffò. Ovvio che lo ricordava. In genere, quando un figlio confessa al proprio padre la propria omosessualità, ha paura di un rifiuto, magari anche di ripercussioni fisiche… non di essere preso in giro!
«Hai detto che non potevo essere gay vestito in quel modo. Ma che tecnicamente nemmeno un etero si sarebbe mai vestito come me.» Bofonchiò. Ricordò che dovette mostrare al padre la cronologia dei suoi siti porno per fargli credere che fosse davvero gay! A discolpa di nuovo del povero Sceriffo… era sempre difficile vedere la verità nel fumo di bugie che suo figlio costruiva praticamente ogni giorno!
«Ecco. Ora so che sei gay!» Disse lo Sceriffo indicando il figlio. Stiles sapeva che lo avrebbe punito. Oh, lo Sceriffo l’avrebbe pagata cara. Cavoletti di Bruxelles per una settimana intera!
«Sei hai finito di prendermi in giro, io andre...»
«Fermo lì giovanotto. Dobbiamo fare un certo discorsetto.» Stiles si sentì rabbrividire. Cosa? Quello era un incubo. Il suo peggiore incubo. Suo padre non poteva parlare sul serio. Col cavolo che avrebbero affrontato quel discorso poco prima del suo primissimo appuntamento con Isaac Lahey!
«Papà...»
«No, ascolta. So che tutta la parte tecnica la conosci. Io sono contento che tu e Derek...»
Aspetta che…?
«Papà, io non sto uscendo con Derek.» Esclamò Stiles guardando stranito il padre. Lo sguardo dello Sceriffo era, se possibile, ancora più perso di quello del figlio.
«Come sarebbe a dire che non esci con Derek?»
«Che non esco con Derek.» Lo Sceriffo inarcò un sopracciglio e continuò a fissare il figlio. Lì gli stava sfuggendo decisamente qualcosa… o meglio, qualcosa stava sfuggendo ancora a Stiles, che non si era evidentemente reso conto di un paio di cosette su Derek.
«E con chi esci?»
«C-con un ragazzo.»
«Stiles, so che sei gay. Ammetto che per un po’ ho pensato che tu fossi addirittura asessuale per quanta poca vita sociale facessi. Ma poi l’aver trovato il tuo vibratore azzurro sotto il letto mi ha chiarito un sacco di cose...»
Stiles arrossì dalla punta delle orecchie fino probabilmente a quella dei piedi. Suo padre sapeva di Mr Angel?
«… Non fare quella faccia. Disordinato come sei era ovvio che lo scoprissi. Ora, mi dici chi è questo ragazzo?»
«Così che tu possa andare a controllare la sua fedina penale? No, grazie.»
«Stiles, sono solo curioso di sapere con chi esce mio figlio per la prima volta.»
Stiles guardò il padre. Sapeva che l’uomo non avrebbe ceduto finché non avesse detto quel nome. Del resto la sua cocciutaggine doveva pur essere venuta fuori da qualche parte! E lui doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi al suo appuntamento.
«Va bene, esco con Isaac Lahey.» Disse sospirando.
«Isaac?»
«Lo conosci?» Era vero che suo padre era lo Sceriffo di Beacon Hills, però gli parve comunque strano che conoscesse Isaac.
«Si, cioè non l’ho mai visto. Ma purtroppo conosco il padre. E’ un ubriacone di prim’ordine. Esce e entra di prigione con una sorprendente facilità.» Stiles spalancò gli occhi. Non ne sapeva nulla. Guardando Isaac non si sarebbe mai detto che fosse figlio di un mezzo delinquente.
«Bhe, adesso è dentro, almeno per stasera, visto che si è messo ad urinare in piena piazza del mercato… spero che ti porti in un bel posto. Buona serata figliolo e… mi raccomando se, si insomma… usate le precauzioni. Sei ancora giovane per diventare padre.»
«Papà!» Urlò Stiles imbarazzato prima di uscire di casa e sbattersi violentemente la porta alle spalle.
Non appena uscì, vide Derek seduto sul muretto che separava i due giardini. Aveva in mano i libri di chimica e stava leggendo con attenzione. Stiles si perse qualche secondo a guardarlo, lì con le solite sopracciglia corrucciate che parevano guardare male qualsiasi cosa ci fosse scritta sul libro. Gli venne da sorridere.
«Ma guarda chi sta per diventare un vero studente.» Derek alzò lo sguardo e… sgranò gli occhi alla vista di… Stiles. Perché era Stiles quello? C’era poco dello Stiles che conosceva. Certo gli piaceva quello che vedeva, gli piaceva molto… ma non sembrava più lui.
Derek scese dal muretto e si avvicinò al ragazzo che fece altrettanto. In mano reggeva un foglio come se fosse una sorta di trofeo.
«In realtà ti stavo aspettando.» Disse, e allo sguardo incuriosito di Stiles mostrò il foglio che reggeva in mano.
«Hai preso una B? Oddio Derek!» Con uno slancio, Stiles gettò le braccia al collo del moro, stritolandolo così forte che Derek per qualche secondo non riuscì a respirare.
«Sei stato bravissimo, Der.»
«Già. Con questo voto, e con il tuo aiuto, non avrò problemi per il college.»
«Sei stato bravo, Der. Sono fiero di te.» I due si guardarono negli occhi. Poi Derek sentì che doveva dire qualcosa perché la cosa stava diventando alquanto imbarazzante.
«Stai benissimo.» Disse guardando Stiles. Quest’ultimo abbassò lo sguardo imbarazzato.
«Bhe, che te ne pare? Niente male per un A.S.S.O., vero?»
«Non è male per niente.» Sussurrò Derek così a bassa voce che Stiles non seppe se lo aveva davvero detto o se lo era semplicemente immaginato.
«Ah… Derek, t-tu… tu sapevi del padre di Isaac?» Chiese Stiles. Non poteva negare che, dopo ciò che suo padre gli aveva detto, aveva un certo timore. Non sapeva perché, ma non vedeva più Isaac come una figura angelica. Derek abbassò il capo.
«Te lo ha detto tuo padre?» Stiles annuì con il capo.
«Si. Non potevo dirtelo, Stiles. Isaac mi ha fatto promettere di non raccontare mai a nessuno del padre. Non ne va fiero e non vuole che si sappia troppo in giro.»
«Ma qualcuno lo sa. Ecco perché quando mi ha difeso contro i vostri compagni di squadra loro hanno avuto paura delle sue minacce.» Derek guardò Stiles con uno strano sguardo. C’era un velo di rabbia nei suoi occhi e Stiles non seppe proprio spiegarsene il perché.
«Qualcuno purtroppo sa, ma Isaac cerca comunque di non palesarlo troppo. E’ un bravo ragazzo, tranquillo. O non avrei mai permesso che tu uscissi con lui...»
«Ohhh! Ma che lupacchiotto iper-protettivo che sei.» Lo prese in giro Stiles e Derek si maledisse… perché cavolo aveva detto a Stiles che comunque, volente o nolente, lui vegliava su di lui?
«Comunque… meglio che vada o farò tardi.» Disse Stiles imbarazzato. Derek sembrava… triste.
«E’ tutto ok?» Chiese infatti. Derek lo guardò negli occhi e sorrise. Ma il suo non sembrava un sorriso di gioia, sembrava più un sorriso di malinconia.
«Si. Io ho alzato il mio voto, tu hai la tua serata con Isaac. Direi che va tutto benissimo.» Disse forzando un sorriso mentre dentro di sé moriva.
«Ok, meglio che vada.» Esclamò Stiles strofinandosi le mani tra loro eccitato e nervoso al tempo stesso.
«Si, un’ultima cosa.» Disse Derek prima che Stiles se ne andasse. Allungò una mano tra i capelli di Stiles e li scompigliò.
«Ehi, ma che fai? Ci avevo messo ore a sistemarli a dovere. Perché lo hai fatto? Ad Isaac piace il look scompigliato?»

 

Non lo so… ma piace a me. Sei più tu con i capelli disordinati…

 

Derek non rispose, si limitò a sorridere. Stiles prese quel sorriso come un assenso.
«Ok, io vado.» Disse girandosi verso la macchina e salendo sulla Jeep.
«Fammi gli auguri!» Urlò mettendo in modo.
«Auguri.» Derek lo sussurrò appena mentre guardava la Jeep di Stiles, sgangherata e rumorosa come al solito, uscire dal vialetto di casa Stilinski. La fissò imbambolato finché non svoltò l’angolo e sparì completamente alla sua vista.
«Lo capirà. Ci arriverà prima o poi, Derek.» Derek sussultò. Non si era accorto dello Sceriffo che aveva aveva osservato tutta la scena dal portico della casa.
Sospirò e annuì tristemente con il capo poi, con un cenno di saluto verso l’uomo, rientrò in casa propria e si mise a studiare solo per avere la scusa per guardare ancora e ancora la calligrafia disordinata di Stiles. Era proprio patetico!

 

* * *

 

Stiles era nervossissimo. Per tutto il viaggio in macchina il suo stato d’animo era cambiato così tante volte che aveva smesso di starci dietro. Ora capiva cosa provavano le donne incinte!
Era eccitato e nervoso per la sua imminente uscita con Isaac. Poi rivedeva gli occhioni di Derek che parevano supplicarlo di qualcosa. Ma cosa? Possibile che?
No… Derek era etero. Ok, lo aveva baciato, due volte. Ma era etero. Certo la bisessualità esisteva… ma quante erano le possibilità che Derek fosse bisessuale? Con la fortuna di Stiles? Praticamente zero!
Quando raggiunse la casa di Isaac ci mise un po’ a decidersi a bussare. Lo sguardo di Derek  continuava a fare capolino nella sua mente, e, più di una volta, gli aveva fatto venire voglia di tornarsene a casa e magari guardare un bel film con il ragazzo. Si, tra l’altro doveva far assolutamente vedere a Derek la serie di Supergirl, in cui il ragazzo che interpretava Superman assomigliava tantissimo a Derek e, Stiles ne era certo, quando quest’ultimo sarebbe cresciuto, sarebbe stato quasi identico.

 

Stiles! Concentrati! Ti sei impegnato tanto per giungere fino a qui. E ora che hai il tuo appuntamento con il ragazzo che ti piace da anni ti vuoi ritirare? No, tu sei Stiles Stilinski! Tu non ti tiri indietro!

 

E così bussò alla porta.
Isaac andò ad aprire la porta e, per un attimo, finalmente agli occhi verdi-grigio di Derek si sostituirono quelli azzurro ghiaccio di Isaac.
«Ciao Stiles, entra pure.» Stiles entrò in casa piuttosto imbarazzato. Lui si era messo in ghingheri, ma Isaac aveva indosso un jeans e una T-shirt. Pareva che i ruoli si fossero invertiti. E la cosa lo metteva a disagio. Una delle prime lezioni di Derek diceva che, se c’è interesse lui cercherà di impressionarti, quindi, meglio è vestito più vuole fare colpo su di te!
«Wao, ti sei tirato a lucido. E vedo che non porti gli occhiali.»
«Oh, si… bhe quelli li metto quando studio. Sai, stanchezza e cose così.» Disse imbarazzato. «A-allora? Dove vogliamo andare?» Disse nervoso.
«Oh, da nessuna parte. Mangiamo qui. Ho preparato tailandese, spero ti piaccia.» Stiles sgranò gli occhi quando vide la tavola apparecchiata e… i piatti sistemati uno di fronte all’altro! Perfetto. Primo strike!
«Oh… o-ok!» Disse nervoso. Lui odiava il tailandese.
«Si, ho trovato delle ricette online e ho deciso di sperimentarle. Pensavo che così sarebbe stato tutto più personale.»
Stiles avrebbe voluto piangere. Tutto ciò che Derek gli aveva detto? Bene, Isaac aveva fatto l’esatto opposto!
Isaac era vestito come se stesse andando a fare la spesa.
Posti a sedere l’uno di fronte all’altro.
E per finire… luce talmente sparaflashata che pareva di essere in uno studio fotografico.
Il suono del timer del forno distrasse entrambi.
«Oh, deve essere pronto. Tu accomodati pure, io vado a prendere la cena.» Isaac sparì e Stiles cominciò ad andare nel panico. Cosa avrebbe dovuto fare? Chiamare Derek?
No, doveva calmarsi.
Quella serata presentava problemi? Bene, ogni problema presenta anche una soluzione.
Subito corse a spostare i piatti, mettendone uno a capotavola. Andò per spostare la sedia, che ovviamente doveva proprio essere in legno massiccio e quindi pesare una tonnellata.
«Andiamo… And… ehi!» Isaac comparve con quella che doveva essere la prima portata e guardò interrogativo Stiles.
«Ehm… ecco… il condizionatore. Si, mi arrivava uno spiffero davvero molto spifferoso. E sai… cervicali...»
«Ma Stiles, io non ho il condizionatore.» Disse Isaac e Stiles avrebbe voluto davvero avere una pala.
Per scavarsi una fossa.
Una molto profonda.
«Ehm… bhe sarà la finestra allora.» Disse guardandosi attorno imbarazzato. Isaac indicò con lo sguardo la finestra… chiusa.
«Ehm… si...» Con lo sguardo che bolliva di vergogna, Stiles riposizionò il piatto dove era prima. Voleva sotterrarsi.
«V-vado a prendere l’acqua.» Esclamò Isaac dopo aver poggiato sul tavolo la loro prima portata.
Ok, Stiles si disse che non tutto era perduto. Esisteva pur sempre il piedino. Doveva fare qualcosa per le luci, però.
Si guardò attorno disperato. Si diresse verso la lampada e provò subito a ruotare disperato la l’interruttore in modo da spegnere la luce, ma quella restava completamente accesa come un fottuto faro!
«Ehi, ecco… cosa fai?» Stiles abbracciò letteralmente la lampada sentendosi sempre più ridicolo ogni secondo di più.
«Cos… oh, niente. E’ una bellissima lampada. Davvero, ottima fattura. Deve essere anche antica.»
«L’abbiamo comprata l’anno scorso da Ikea.» Esclamò Isaac poggiando sul tavolo quella che Stiles pregò fosse l’ultima portata, perché davvero, quella roba non aveva per niente un bell’aspetto.
«Si bhe… magari l’albero era antico.» Borbottò Stiles mentre si andava a sedere sconsolato al suo posto nuovamente. Era tutto completamente fuori schema e si odiava perché non vedeva già l’ora che quella serata avesse fine.
«Coraggio mangiamo, sto morendo di fame.»

 

La serata non stava decisamente andando come Stiles avrebbe voluto. Ma la colpa non era solo di Isaac. Più volte, mentre mangiava quel disgustoso cibo tailandese, si era ritrovato a chiedersi cosa stesse facendo Derek, se lo stava pensando e se stesse provando anche solo un briciolo di gelosia.
«Allora… ti hanno dato altri problemi i ragazzi?» Domandò ad un certo punto Isaac. Stiles era talmente assorto nei suoi pensieri che ci mise un po’ a capire a cosa si riferisse.
«Oh, no. No. T-tutto ok.» Isaac annuì con il capo. Stiles lo guardò. Era distante, per niente proteso verso di lui… e la cosa lo sollevava. Dannazione. Erano anni che pianificava un’uscita con lui e ora che era insieme non faceva che pensare… a Derek.
«Ma… è vero? Tra te e Derek?» Stiles guardò Isaac. Non sapeva perché, ma il tono con cui Isaac stava parlando gli stava facendo suonare un piccolo campanello d’allarme nella testa.
«Siamo molto amici.» Disse solo Stiles.
«O-Ok… e, si insomma, hai mai notato in lui, non so… insomma ti sembra essere bisessuale?»
Stiles guardò Isaac con la bocca spalancata.
In quel momento fu come se la nebbia nel suo cervello si diradasse e, finalmente, vide le cose esattamente come stavano.
Isaac era innamorato di Derek. Isaac, che si era sempre limitato al ruolo dell’amico convinto di non avere speranze con il moro, aveva saputo che c’era un minimo spiraglio. Isaac cercava informazioni.
Isaac Lahey lo stava trattando da A.S.S.O..
«Mi stai trattando da A.S.S.O.?» Domandò mentre sentiva la rabbia montargli dentro come se fosse lava e lui un vulcano in piena eruzione.
Isaac abbassò il capo. Almeno ebbe la decenza di mostrarsi quantomeno colpevole.
«Non ci posso credere. Tu vuoi solo arrivare a Derek. Vuoi solo sapere se è o meno bisessuale. E volevi farlo attraverso di me.» Stiles si alzò in piedi sbattendo i pugni sul tavolo.
«Sono anni che mi lavoro Derek cercando di fargli capire quanto il cazzo sia meglio della vagina. Poi arrivi tu...» Isaac lasciò indugiare i suoi occhi sul corpo di Stiles con uno sguardo di ostentata superiorità. «… arrivi tu, con i tuoi occhioni da cerbiatto e le tue movenze impacciate e provi a strapparmelo via. Non ci riuscirai. Io c’ero prima di te.»
Stiles guardò Isaac incredulo. Stava davvero trattando Derek come se fosse una dannata fila al supermercato? Guardò il ragazzo che gli era piaciuto per anni e in quel momento si rese conto di una cosa.
Una cosa che era stata sempre lì, davanti ai suoi occhi.
Derek non era arrogante.
Derek non lo aveva mai trattato da A.S.S.O..
Derek indossava giacche di pelle nera.
«Derek non è un fottuto premio, Isaac. Forse invece di trattarlo come un pezzo di carne e lavorartelo...» Stiles mimò l’ultima parola facendo il segno delle virgolette. «… avresti dovuto imparare a conoscerlo meglio, a vedere al di là dei suoi muscoli e dei suoi occhioni ipnotici. Derek non ti merita.» Sputò fuori velenosamente, guardando Isaac con disprezzo.
«E meriterebbe te? Un A.S.S.O.?» Stiles strinse il pugno. Era sempre stato un tipo contro la violenza. Ma… quando ci vuole, ci vuole.
Ovviamente si fece un male cane quando colpì Isaac in pieno volto. Ovviamente si sarebbe ritrovato un livido ben peggiore di quello che aveva inflitto a Isaac.
Ma la sua soddisfazione sarebbe stata immensamente superiore, quello era sicuro.
«Forse non sono alla sua altezza. E non perché Derek è un gran figo, capitano della squadra di basket. Ma perché Derek è molto di più di questo. Derek è un ragazzo dolce e sensibile. Intelligente e sagace. Forse non sono alla sua altezza e gli resterò per sempre accanto come amico. Ma di sicuro non merita uno come te, Isaac. Tu, non meriti nemmeno di guardare la terra su cui poggia i piedi.»
Dette quelle parole, Stiles si incamminò verso la porta di casa che si premurò di sbattere violentemente. Raggiunse la sua Jeep e, solo quando vi fu entrato dentro, si concesse di piangere.

 

(Ore 21.46) Vieni alla Fortezza della Solitudine. Ho bisogno di te SS

 

* * *

 

Derek sentì il beep del suo telefono. Sapeva che quello non era esattamente il momento adatto per interrompere Kate, non ora che lo stava cavalcando con così tanta passione.
Sapeva che non avrebbe dovuto trovarsi lì, in quella macchina, in quello squallido spiazzo. Ma aveva un disperato bisogno di togliersi dalla testa l’immagine di Stiles che pomiciava con Isaac.
«Oddio Derek!» Kate urlò mentre veniva. Kate urlava sempre. Aveva decisamente un futuro come pornostar.
Derek non solo non era venuto, ma si era pure a malapena eccitato. Kate ovviamente non parve farci caso, o semplicemente non gliene fregava assolutamente nulla.
«Non mi aspettavo una tua chiamata.» Esclamò la ragazza mentre si sistemava sul sedile di guida risistemandosi la minigonna.
Derek avrebbe voluto dirle che nemmeno lui si aspettava di chiamarla. Ma aveva bisogno di una distrazione. E l’odio e il disgusto verso Kate erano sentimenti abbastanza forti. Dopo che si fu sistemato i jeans, prese il telefono dalla tasca.
Rimase pietrificato quando lesse il messaggio di Stiles.
«Devo andare.» Disse con già la mano sulla portiera della macchina.
«Dove devi andare?» Chiese Kate mentre si risistemava il rossetto guardando il suo riflesso sullo specchietto retrovisore dell’auto.
«Casa. A quanto pare Cora e Laura stanno dando di matto.» Inventò Derek. Kate lo guardò scettica attraverso lo specchietto.
«E tu devi tornare a casa perché due adolescenti si prendono a cuscini in faccia?» Derek non rispose.
«Derek, non devi correre dal tuo toy boy, vero? Questo non ha niente a che fare con il fatto che stasera quell’A.S.S.O. è uscito con Isaac vero?» Derek guardò Kate con sguardo incredulo. Come…
«Come sai che stasera Stiles usciva con Isaac?»
«Oh, per favore. Chi credi abbia convinto Isaac ad uscire con quello sfigato?»
Derek sentì la rabbia montargli in corpo. Gli scorreva nelle vene come se quel tè bollente che sua mamma lo costringeva a bere la mattina perché non voleva alimentare la sua dipendenza da caffeina. Vide i suoi stessi pugni tremare e sentì il sapore metallico del sangue in bocca per essersi morso troppo le labbra.
«Avevi detto che avresti lasciato Stiles in pace, Kate. Erano questi i patti.» Le sue stesse parole gli uscirono come un fischio sibilato dalla bocca per quanto stava digrignando i denti.
«Infatti non gli ho fatto nulla di male. Gli ho combinato un appuntamento con un ragazzo. Non mi pare di avergli fatto violenza fisica. A meno che...» Kate si girò verso Derek e il ragazzo si chiese come aveva fatto a non vedere prima la malvagità che si rifletteva in quegli occhi allungati come quelli di un gatto. «… tu non sia geloso.»
Derek strinse maggiormente la mascella.
«Lascialo in pace, Kate. Lascialo fuori dai tuoi giochini del cazzo.» Senza aggiungere altro, Derek scese dall’auto costosa della ragazza e si incamminò verso la sua Camaro. Non avrebbe mai permesso ad una come Kate di salire sulla sua adorata macchina, figurarsi permetterle di farci certe cose dentro!

 

* * *

 

Quando raggiunse la ‘Fortezza della Solitudine’ era davvero tardi. Trovò Stiles tutto rannicchiato sulla pietra vicino al ruscello. Si era rimesso gli occhiali, ma indossava ancora l’outfit della cena.
«Ehi...» Mormorò con voce calma. Il più piccolo sembrava essere perso nei suoi pensieri e non voleva spaventarlo.
Appena sentì la sua voce, Stiles sollevò lo sguardo e Derek fu come catapultato in un vortice di emozioni contrastanti. Stiles piangeva. E questo significava solo una cosa: l’appuntamento con Isaac non era andato come previsto. E, se, da una parte, Derek era contento di ciò, dall’altra non poteva proprio accettare che Stiles fosse triste.
«Che è successo?» Chiese Derek correndo incontro al ragazzo. Si arrampicò con un balzo sulla pietra e strinse subito Stiles in un caldo e protettivo abbraccio. Era gelato. Senza pensarci troppo, senza nemmeno pensare a ciò che Stiles gli aveva detto quel giorno al centro commerciale, Derek si sfilò la giacca di pelle e la poggiò sulle spalle sottili dell’altro, frizionando poi con le mani le sue braccia cercando di scaldarlo.
«G-grazie.» Sussurrò Stiles, la voce leggermente arrochita per il pianto.
«Che è successo?» Chiese di nuovo Derek mentre si stringeva maggiormente Stiles al proprio petto e gli accarezzava la nuca, lasciando scorrere le sue dita nei capelli, irrigiditi dal gel, del più piccolo.
Sentì Stiles tirare su con il naso e quel suono fu per lui come l’esplosione di una bomba.
«S-sapevi che Isaac ha una cotta per te?» Chiese Stiles. Derek fermò immediatamente i movimenti della mano e guardò Stiles negli occhi, stupito e confuso da quella rivelazione.
«Immagino di no. Sai essere davvero tonto quando si tratta di vedere chi ti ama davvero.» Mormorò il più piccolo, e no… non stava parlando di se stesso, assolutamente no!
Si riaccoccolò al petto di Derek, stringendosi nella sua giacca di pelle che profumava così tanto di lui, e Stiles voleva che prendesse un pochino anche del suo odore. Era sciocco, ma voleva che una piccola, seppur volatile, parte di lui restasse impressa su Derek.
«Bhe, mi ha usato come A.S.S.O. per arrivare a te. Voleva sapere se c’erano possibilità che tu fossi bisessuale.» Stiles sentì Derek irrigidirsi. Percepì l’assenza del regolare respiro caldo del ragazzo che si infrangeva sulla sua fronte.
«T-tu cosa gli hai detto?» Chiese Derek e Stiles percepì così tanto panico nella sua voce che subito si sollevò e, chiudendo a coppa le sue mani sul volto dell’altro, incatenò i loro sguardi.
«Ehi, non gli ho detto niente. Anche perché… non so cos’avrei dovuto dire, Derek. Ma… Der, lo sai vero che non ci sarebbe niente di male?»
Derek sentì il panico crescere in lui. Riusciva sempre meno ad immettere aria nei propri polmoni, ogni respiro era come se stesse ispirando spilli appuntiti invece che bollicine di ossigeno. Il petto cominciava a dolergli, era come se gli ci avessero piazzato sopra un masso pesantissimo e ad ogni respiro lui dovesse cercare di sollevarlo.
«Der… Der, ehi, respira...» La voce di Stiles cominciava ad essere fievole, come se provenisse da molto, molto lontano. Il suo stesso volto cominciava ad essere sfocato.
Stiles guardò Derek. Stava iperventilando. Il suo viso era terreo e Stiles riconobbe immediatamente ogni sintomo: Derek stava avendo un attacco di panico. Senza perdere altro tempo, il più giovane spinse le proprie labbra contro quelle del moro.
Derek spalancò gli occhi e, improvvisamente, il volto di Stiles, tornò essere estremamente nitido.
A Derek quel bacio sembrò lungo una vita, anzi di più, le stelle erano morte e risorte e le sue labbra erano ancora a contatto con quelle di Stiles.
Quando si separarono, il suo respiro era tornato regolare, la sua vista nitida e le sue orecchie avevano smesso di fischiare.
«C-cosa?»
«Hai avuto un attacco di panico. Ne ho riconosciuto i sintomi.» Spiegò Stiles, che sorreggeva ancora la schiena di Derek. Il moro lo guardò incuriosito.
«Quando mamma è morta ne ho sofferto. Avevo letto da qualche parte che trattenere il fiato può aiutare a bloccarli. Q-Quando ti ho b-baciato, h-hai trattenuto il fiato.»
Derek guardò il ruscello che scorreva accanto a loro senza trovare il coraggio di guardare Stiles.
«Der, non devi vergognarti di essere diverso. Non sono le tue preferenze sessuali a fare di te un uomo o meno. Sono le azioni che compi, le scelte che fai. Puoi essere ciò che vuoi Der. Etero, gay, bi… ciò che conta, è ciò che hai qui dentro.» Stiles poggiò  la sua mano sul petto di Derek, esattamente dove gli batteva forte il cuore.
Derek provava una moltitudine di sensazioni. Gioia, paura, trepidazione, ma soprattutto… amore.
Come poteva essersi innamorato in così poco tempo di quel ragazzino che non faceva che inciampare in ogni passo che faceva?
Amare Stiles sarebbe stato così facile, quasi come respirare. Ma stare con Stiles? Tutto sarebbe diventato incredibilmente difficile, forse persino impossibile.
«I-io non sono… I-io...»
«Shh… lo so che è difficile. E devi capirlo non per me, non per Isaac o per Kate. Devi capirlo per te, Derek. La vita è tua Derek e solo tu sai di cosa hai bisogno per essere felice.»

 

Te…

 

Derek guardò gli occhi limpidi di Stiles. Le pupille erano incredibilmente dilatate a causa del buio che li circondava, ma poteva comunque scorgere attorno a quel buco nero, la luce di quell’ambra dorata che li tingeva.
Stiles allungò il collo per poter lasciare un tenero bacio sulla guancia di Derek. Il moro sentì la pelle bruciare nel punto in cui le labbra del più piccolo lo avevano sfiorato.
Con un ultimo sguardo Stiles scese dalla roccia e si avviò verso la propria Jeep. Sia lui che Derek avevano molto su cui riflettere.
Dimenticò però di restituire a Derek la sua giacca di pelle nera.

 

* * *

 

Il giorno dopo Stiles prese un profondo respiro mentre si costringeva a suonare il campanello di casa Martin. Quando ebbe racimolato ogni minima briciola di coraggio, premette il dito sul bottoncino bianco.
Dopo pochi attimi il volto di Jackson comparve davanti alla sua faccia. Il biondo poggiò il capo sulla porta, come se si aspettasse quella visita.
«Jackie, chi è?» Chiese Lydia, probabilmente dal salone. Jackson guardò Stiles e, sorprendentemente, sorrise.
«Il figliuol prodigo!» Disse facendosi da parte per lasciar passare l’amico.
Mentre Stiles entrava in casa di Lydia sentì finalmente ogni preoccupazione scivolargli via. Finalmente le cose si sarebbero sistemate e, con un pizzico di fortuna, e una buona dose di buon gusto da parte di Lydia, sarebbero pure migliorate!

 

«Quindi, fammi capire bene...» Disse Lydia guardando Stiles con i suoi grandi occhi intelligenti fissi in quelli dell’amico. «… tutto questo è successo per una stupida parola?»
«Lyds… è che a me non è sembrata solo una parola. I-io...» Stiles abbassò lo sguardo, guardandosi le lunghe dita delle mani. «… ho sempre saputo che voi siete più belli e popolari di me. Non potevo parlarne con voi, non avreste potuto capire come ci si sente ad essere quello brutto, quello sfigato, il nerd che non è buono nemmeno come soprammobile.»
«E Derek Hale si? Lui che ha praticamente il mondo ai suoi piedi, si?» Domandò Jackson inarcando un sopracciglio. Stiles non rispose, non c’era bisogno di rispondere, Lydia aveva già capito tutto.
«Si, lui si. Lui ti capisce, vero Stiles?» Disse la ragazza con dolcezza, accarezzando i capelli di Stiles, ora resi ordinatamente disordinati da un pizzico di gel.
«I-io credo… di essermi tipo innamorato di lui...» Jackson emise un verso di finto disgusto, ma Lydia gli lanciò un’occhiataccia che lo fece tacere all’istante.
«Ce ne avete messo di tempo.» Disse la ragazza. Stiles la guardò, incarcando un sopracciglio, sentendosi un po’ Derek in quel momento, ma forse era dovuto anche al fatto che stava ancora indossando la sua giacca di pelle nera.
«Oh Stiles, vi girate intorno come cuccioli in calore sin dall’infanzia.»
«Ma se fino ad un mese fa lo odiavo!» Ribatté il più piccolo con voce eccessivamente stridula.
«Stiles non vi odiavate, eravate solo ciechi. Cioè lui, per essere uno che odia il mondo, trovava ogni scusa per venire a parlarti e tu… bhe con lui sei sempre stato così coinvolto
Stiles abbassò lo sguardo. Un po’ capiva ciò che Lydia gli stava dicendo. Era vero. Per essere due che dicevano di non sopportarsi, trovavano ogni scusa per parlare, anche solo per bisticcare. Ma ora Stiles vedeva le cose chiaramente, loro non bisticciavano, loro flirtavano. In un modo strano, confuso, ma flirtavano.
«Ora...» Lydia si alzò in piedi e sfregò tra loro le mani, guardando Stiles come se fosse l’ultima borsetta di Louis Vuitton che lei tanto bramava… insomma, il classico sguardo che Jackson temeva più di ogni altra cosa al mondo.
«… direi che qualcuno deve decisamente prepararsi per il Ballo di domani sera.»
«Lyds, non ho intenzione di venire a quello stupido Ballo, solo come un cane. Tu ci vai con Jackie, Scott ci va con Allison e io...»
«Tu ci vieni con noi, Stiles.» A parlare era stato Jackson e Stiles lo guardò confuso, mentre la sua ragazza lo guardava con occhi pieni di orgoglio. «Senti, domani sera noi...» disse indicando se stesso e Lydia. «… non andremo al Ballo in veste di fidanzati. Scott non ci andrà con Allison. Ci andremo tutti insieme. Come amici. Siamo un branco, ricordi?» Stiles sorrise al nomignolo che avevano dato al loro piccolo gruppo. Si, loro erano un branco. Un branco sgangherato. Un branco composto da una super modella con un cervello degno di Albert Einstein, due giocatori di lacrosse belli come il sole e un nerd sfigato. Ma erano quattro ragazzi che si erano sempre aiutati e sostenuti a vicenda. Non importava quanto diversi fossero tra di loro, si erano sempre sostenuti. Quando il padre di Scott abbandonò lui e sua madre, loro c’erano. Quando Jackson scoprì di essere stato adottato, loro c’erano. Quando Lydia scoprì il tradimento del padre nei confronti della madre, loro c’erano. Quando Claudia Stilinski morì, loro c’erano.
Esserci… solo questo contava.
Stiles sorrise e sentiva già le lacrime pizzicare i suoi occhi quando Lydia gli diede un buffetto affettuoso sulla nuca.
«Niente lacrime che mi si scioglie il trucco di prova per domani. Ora, Jackie, prepara la macchina. Dobbiamo andare a fare shopping.»
«Lyds, davvero… non voglio mettermi uno di quei completi...»
«Oh no, no...» La ragazza rassettò la giacca di pelle che Stiles indossava. Aveva uno strano bagliore negli occhi verdi. Sembrava tanto un gatto in agguato su un innocente topolino. «… noi dobbiamo trovare qualcosa di tremendamente sexy che si abbini a questa.» Disse indicando la giacca.
«Questa? Ma è la giacca di...»
«Di Derek. Appunto. Coraggio, muoviti. Hai un uomo da conquistare. Jackie vado a prendere la carta di credito della mamma, tu prepara l’auto.» Disse la ragazza avviandosi verso le scale che conducevano al piano superiore della villa.
Jackson si girò sconsolato verso Stiles.
«Spero che tu stia indossando scarpe comode, Stiles. Perché stiamo per andare all’Inferno!»

 

* * *

 

La sera del Ballo era infine arrivata.
Stiles era passato a prendere Scott e adesso stava parcheggiando la sua Jeep accanto alla Porsche di Jackson.
«Wao Stiles, sei uno schianto.» Disse Lydia ammirando il suo operato.
Effettivamente aveva superato se stessa. Certo anche Stiles aveva contribuito con il suo fisico niente male, ma lei aveva fatto davvero un ottimo lavoro.
«Hai lasciato gli occhiali, perché hai lasciato gli occhiali?» Chiese Jackson quando vide anche lui la figura di Stiles.
«P-perché a Derek piaccio con gli occhiali. H-ha detto che sono più me stesso.» Disse imbarazzato. Lydia sorrise. A suo parere, Derek con quella frase aveva guadagnato punti. Significava che apprezzava Stiles per come era davvero.
«Andiamo?»
«Ehi, ragazzi. Wao, Stiles. Sei uno schianto.» Proprio in quel momento arrivò Allison. Bella ed elegante nel suo vestito grigio perla.
«G-grazie Allison.»
«Coraggio, andiamo.» Prendendo sottobraccio Stiles, la ragazza si diresse verso l’ingresso della scuola.
Tutti si voltarono per guardarli.
E, stavolta, molti degli sguardi, erano tutti per Stiles.

 

* * *

 

Derek aveva mal di testa ed era lì dentro da quanto? Venti minuti? Gli pareva passata un’eternità.
Kate non faceva che stritolargli il braccio e baciarlo, sfoggiandolo come se fosse il più prezioso dei trofei.
Tutti attorno a loro sembravano felici, si divertivano. Lui invece stava solo morendo dentro.
Quando vide Isaac letteralmente fuggire da lui si disse che, forse, quella era una chiacchierata che non poteva evitare ancora per molto.
«Scusami.» Disse rivolto a Kate. In realtà non lo aveva detto per educazione, ma solo perché la ragazza lasciasse finalmente andare il suo braccio.
«Dove devi andare?» Chiese guardando Derek sospettosa.
«A parlare con Isaac.» Ringhiò Derek avviandosi già verso il ragazzo(,) che stava parlando con Danny.
«Va bene, io vado vicino al palco. Poi vieni lì anche tu che stanno per annunciare il Re e la Regina.» Derek nemmeno si degnò di risponderle. Voleva solo che quella serata finisse presto. Che il liceo finisse presto.
«Ehi Danny. Isaac, possiamo parlare un secondo?» Danny guardò confuso prima uno, poi l’altro, ma poi si allontanò.
«Ehi Der...»
«Isaac, Stiles mi ha detto tutto. Non ti sei comportato molto bene nei suoi confronti.» Gli occhi di Isaac erano come due lampadine intermittenti. Erano sgranati dalla paura.
«D-Derek… io...»
«Isaac, ascolta. Tu sei un caro ragazzo e io non voglio che la nostra amicizia finisca. Ma devi capire che non posso darti più di questo.» Isaac abbassò lo sguardo e tutto ciò che Derek poteva vedere erano i suoi ricci biondi.
«P-posso solo chiederti una cosa?» Derek annuì. Sapeva cosa Isaac gli avrebbe chiesto e, in tutta onestà, il ragazzo meritava sincerità.
«Quelle foto sono vere? Stiles ha detto che sono photoshoppate, ma Danny non lo pensa...» Derek inarcò un sopracciglio e quasi gli parve di sentire la voce di Stiles che lo prendeva in giro per il fatto che comunicava con quelle sue ‘due stecche di liquirizia’!
«Si, sono vere.»
«Q-quindi… tu e Stiles…?» Derek scosse il capo.
«Non credo di essere abbastanza coraggioso.» Disse Derek sconsolato. Isaac lo guardò e gli mise una mano sulla spalla.
«Lo sei, Der. La cosa migliore di tutte è essere sinceri. Io non lo sono stato. Né con te, né con Stiles. E mi sento un verme per averlo usato. Non se lo meritava. E’ un ragazzo eccezionale, con un bel caratterino se posso dire.» Derek sbuffò un sorriso, perché si, Stiles aveva proprio un bel caratterino.
Proprio come nei migliori film, quelli talmente romantici da farti cariare i denti, la porta della palestra si aprì e un gruppetto di cinque ragazzi ne entrò.
Derek rimase senza fiato.
Sentiva il cuore battere così forte nel proprio petto che temeva che gli accadesse, come nei migliori cartoni animati, che questo gli schizzasse via da esso.
Stiles era meraviglioso.
Non servivano altre parole, aggettivi o avverbi per descriverlo.
Quello bastava.
Bastava a descrivere quanto bene gli stessero quei pantaloni di pelle nera, dannatamente aderenti da fasciargli alla perfezione le lunghe gambe, rendendolo ancora più alto e slanciato di quanto già non fosse.
Bastava a descrivere quando bene gli stesse quella camicia blu notte, aderente al punto giusto e lunga al punto giusto.
Bastava a descrivere quanto bene gli stesse la sua giacca di pelle nera. Quella che Derek non avrebbe mai più rivoluto indietro perché era un attentato non vederla addosso al corpo di Stiles.
Ma la cosa che sorprese Derek, e che lo rese anche immensamente felice, era il fatto che Stiles indossasse i suoi occhiali. Quegli occhiali grandi, scuri e da nerd. Quegli occhiali che Derek aveva amato sentire contro la propria guancia ogni volta che si erano baciati.
«Vai a prendertelo, tigre.» Derek non smise di guardare Stiles. Era come se il ragazzo fosse una gigantesca calamita che costringeva i suoi occhi a fissarlo, in eterno, fino alla fine dei suoi giorni.
«I-io, non credo...»
«Derek. Non ha messo la tua giacca perché è firmata. Ha messo la tua giacca per provocarti. Quel ragazzino si che sa come urlare scopami, Derek! e farlo sembrare comunque un gesto romantico.» Ridacchiando Isaac diede qualche pacca sulla spalla di Derek e si allontanò verso Danny che lo aspettava con un bicchiere pieno fino all’orlo di punch.
Derek intanto continuava a non riuscire a staccare gli occhi da Stiles.
Stiles, che quasi come per magia, come un buffo scherzo del destino, lo trovò. In quella moltitudine di adolescenti che si dimenavano senza senso, Stiles trovò Derek.
Si sorrisero e Stiles, dopo aver detto qualcosa ai suoi amici, cominciò ad incamminarsi verso di lui. Derek non lo aveva mai visto così sicuro di sé, eppure restava sempre il solito Stiles con le gote rosse per l’imbarazzo e gli occhioni dolci da cerbiatto. Quegli stessi occhi che stavano guardando solo lui, come se fosse l’unica persona in quella palestra super affollata.
«Ciao, guardandoti da lontano ho pensato che potessimo piacerci. Ora che ti guardo da vicino… direi che ho bisogno di un buon oculista.» Derek scoppiò a ridere. E Stiles sorrise e i suoi occhi si illuminarono ancora di più nel vedere quel sorriso sulle labbra di Derek.
«Sei unico.» Esclamò Derek sentendo il fiato mancargli mentre pronunciava quelle parole.
«Bhe, spero di esserlo in modo buono.» Disse Stiles e Derek trovò assolutamente adorabile il fatto che il più piccolo dondolasse sui piedi avanti e indietro, chiaramente imbarazzato, ma sicuro di se stesso.
Un movimento alle spalle di Stiles attirò l’attenzione di Derek, che vide Isaac che gli sollevava i pollici e mimava con le labbra la parola sincerità.
Derek prese un profondo respiro. Isaac aveva ragione, doveva essere sincero con Stiles, ma soprattutto doveva essere sincero con se stesso.
«Stiles, io...»
«Derek!» Non ci volle certo un genio per capire che Kate, come un segugio che aveva percepito la minaccia nel suo territorio, si era di nuovo avvicinata a Derek, arpionandosi con forza al suo braccio. Ora che Derek aveva Stiles davanti ai suoi occhi, il disgusto per quella ragazza era anche maggiore.
«Ma guarda che bella giacca.» Gli occhi di Kate si posarono sulla giacca di Derek. Stiles continuò a guardarla con un sorriso pacifico. Come se lo sguardo di puro disgusto di Kate non lo toccasse minimamente.
«Dio Derek, spero che poi quella giacca tu abbia intenzione di bruciarla. Io non me la rimetto addosso dopo che se l’è messa lui.»
Stiles sbuffò divertito.
«Sai Kate? Una volta credo che un tuo commento mi avrebbe letteralmente terrorizzato. Avevo paura di quello che tu mi avresti detto o peggio ancora, avevo paura che tu potessi schioccare le dita e una squadra di football intera mi sarebbe saltata addosso. Ma sai cosa? Sono stato picchiato da dei deficienti e i lividi sono spariti. Ma la forza che ho acquisito, la sicurezza che questo ragazzo qui accanto a te mi ha saputo dare, quella non andrà mai via. Ormai fa parte di me.» Kate alzò gli occhi al cielo ed emise un verso scocciato.
«Senti A.S.S.O. non ho tempo di ascoltare i tuoi discorsi filosofici. Stanno per...»
«Stanno per eleggere il Re e la Reginetta di questo Ballo. E so che questo è importantissimo per te. Probabilmente sarà l’unica occasione in tutta la tua miserabile vita in cui potrai sentirti davvero qualcuno
Derek sgranò gli occhi. Poteva chiaramente vedere il nervosismo di Stiles. Lo poteva vedere dalle rughe corrucciate sulla sua fronte, dalla piccola gocciolina di sudore che gli scendeva dalla tempia, da come apriva e chiudeva i pugni delle mani. Ma il suo sguardo era fermo, deciso. Fiamme di un fuoco che Derek mai aveva visto li illuminavano.
«Come osi?» Cominciò Kate muovendo un passo verso Stiles. Derek agì d’istinto. Non sapeva quali fossero le reali intenzioni di Kate, sapeva solo che non le avrebbe mai permesso di sfiorare anche solo con un dito Stiles. Si frappose tra i due, spingendo Stiles leggermente indietro, proteggendolo con il suo corpo. Kate lo guardò inarcando un sopracciglio.
«Davvero Derek? Vuoi davvero piantarmi in asso per un A.S.S.O.? Con un ragazzo poi? Vuoi davvero rinunciare alla borsa di studio?»
Derek stava per aprire bocca, ma sentì Stiles spingerlo leggermente, in modo da poter essere allineato al suo corpo e non più dietro di lui.
«Davvero non lo riesci a comprendere vero, Kate? Si, sono un A.S.S.O., ma sai la cosa divertente? Lo sei anche tu. Ognuno di noi è l’A.S.S.O. di qualcuno perché ci sarà sempre qualcuno più bello, di più figo di noi. Ma se siamo noi stessi, se ognuno di noi permette a se stesso di essere ciò che è, se si permette di esprimere ciò che ha dentro, allora ognuno di noi sarà speciale. E non me ne frega niente se tu ti credi meglio di me o dei miei amici. Io mi piaccio così come sono. Sono goffo? Va bene. Ne sono contento perché è con la mia goffagine che ho strappato il primo vero sorriso a mio padre dopo che la mamma era morta. Sono nerd? Non me ne fotte un fico secco, perché è giocando ai videogiochi che ho conosciuto uno dei miei migliori amici. E per quanto riguarda Derek… oh Kate, tu non immagini nemmeno quanto Derek sia speciale. Non è solo una montagna termica di muscoli o degli spigoli dannatamente perfetti. Derek è un ragazzo intelligente, sensibile, leale. Lo tratti come un trofeo e sai che ti dico? Tu non te lo meriti uno così. Sei così superficiale che non meriteresti proprio niente...»
«E adesso, è arrivato il momento di scoprire chi sarà la Regina e il Re di questo Ballo.» La voce di una ragazza in piedi sul palchetto, interruppe il discorso di Stiles.
«Oddio! E’ il mio momento!» Kate si sistemò la pettinatura, ignorando completamente Stiles. «Derek, vieni.» Lo richiamò come un cagnolino. Derek si girò verso Stiles. Verso quel ragazzo che aveva saputo vedere oltre il giocatore di football, oltre il ragazzo con i voti scadenti. Stiles che aveva visto il vero animo di Derek.
«Il Re e la Regina di quest’anno sono Derek Hale e Kate Argent.» Ci fu uno scroscio di applausi e tutti i ragazzi si girarono a guardarli.
«Derek, andiamo.» Soffiò Kate tra i denti, spintonando il ragazzo per farlo muovere. Come un automa, e non riuscendo ancora a staccare i suoi occhi da quelli di Stiles, Derek seguì Kate e salì su quel palco, ma ancora l’unica persona che riusciva a vedere era Stiles.
Il più piccolo cercava di ostentare una calma che davvero non aveva. Aveva sperato che Derek non seguisse Kate, aveva sperato che facesse qualcosa, magari qualcosa di terribilmente romantico come baciarlo lì davanti a tutta la scuola. Ma quella era la realtà, non un telefilm. E Derek era salito su quel palco e stava venendo incoronato come Re del Ballo.
Per tutto il tempo non aveva mai staccato gli occhi da quelli di Derek, ma quando il moro aveva calato la testa per permettere alla ragazza di mettergli quella stupida corona sul capo, anche Stiles aveva abbassato il capo. Era finita. La sua ultima possibilità era sfumata via.
«I-io, c’è qualcosa che vorrei dire...» Stiles alzò lo sguardo. Derek aveva il microfono in mano. Non si era accorto dell’improvviso silenzio che aleggiava in tutta la palestra. Il moro si era sfilato la corona e ora stava lì, su quel palco con quelle ridicole luci rosa ad illuminarlo, e lo guardava, in mezzo a tutta quella folla Derek guardava solo lui.
Derek prese un profondo respiro. Aveva ammirato il coraggio di Stiles, diamine tutta quella determinazione lo aveva anche fatto eccitare. Ma ora era il suo turno di essere coraggioso. «… I-io non merito questa corona. Nessuno di noi la merita. Semplicemente perché non dovrebbe esistere. La Reginetta e il Re del Ballo. E’ una tradizione assurda. Un modo come un altro per dire che c’è qualcuno migliore di te, qualcuno più bello, qualcuno più figo di te. Invece siamo tutti dannatamente fighi. Ognuno di noi, a modo suo, è figo. Io dovrei essere il Re del Ballo perché mi ritenete il più bello? Non sono il ragazzo più bello in questa sala. Ce ne sono centinaia di belli e… per me...» L’intensità dello sguardo di Derek era così forte che Stiles se ne sentiva come schiacciato. Era come se improvvisamente gli avessero piazzato una pietra gigantesca sul costato, e respirare diventava sempre più doloroso. Le gambe gli tremavano e sentiva le mani madide di sudore. «… per me, ai miei occhi, nessun ragazzo è più bello di Stiles Stilinski.» Kate sgranò gli occhi e pareva fosse sul punto di mettersi a piangere. Tutti in palestra cominciarono a bisbigliare e a voltarsi verso Stiles, il nerd e sfigato Stiles.
«Si, lo stesso Stiles Stilinski che tutti voi chiamate A.S.S.O.. Acronimo stupido che ogni volta che viene usato da uno di noi, quel qualcuno non sta solo insultando quella persona a cui lo sta attribuendo, sta insultando anche se stesso. Perché Stiles ha ragione. Ciascuno di noi è l’A.S.S.O. di qualcuno. La perfezione non esiste e ci sarà sempre qualcuno migliore di noi. E tutte le cose che fanno di Stiles un A.S.S.O.? Sono proprio le cose che mi hanno fatto innamorare di lui.»
Se Scott e Jackson non fossero stati ai lati di Stiles per sorreggerlo questi probabilmente sarebbe caduto a terra come una pera cotta.
«Stiles, io ti A.S.S.O., che, per me, sta per Amo Stiles Sono Omosessuale.»
Stiles scoppiò a ridere. Sentiva qualche lacrima scendergli dalla guancia. E vide come a rallentatore la scena di Derek che scendeva dal palco, con una Kate irata che si tolse la scarpa con il tacco per lanciargliela addosso, ma che fu fortunatamente fermata dal professor Deaton. Tutti si fecero da parte per lasciare a Derek un corridoio libero. Un corridoio che aveva come punto di arrivo proprio Stiles.
Come nei migliori film, come nei peggiori cliché, Derek raggiunse Stiles che era ancora pietrificato dall’emozione. Il moro strinse le mani a coppa sul viso morbido dell’altro, accarezzando con i pollici le sue guance leggermente umide.
«Mi auguro che queste siano lacrime di gioia.» Sussurrò Derek con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
«Oh, non tirartela troppo, Hale. Sta zitto e baciami.»
«Sei così impaziente, Stilinski?» Evidentemente, Stiles lo era davvero. Perché afferrò il bavero della camicia di Derek e lo spinse con violenza a sé, baciandolo come se volesse risucchiargli l’anima intera.
Sentirono a malapena lo scroscio di applausi che li seguì lungo il percorso per uscire dalla palestra.
Quando finalmente riuscirono a chiudersi nella prima aula vuota che trovarono, si guardarono negli occhi. Derek aveva ancora le mani sulle guance di Stiles. Non riusciva a staccarle, aveva quasi paura che se lo avesse fatto, in qualche modo il ragazzo gli sarebbe scivolato via dalle dita.
«Quello che hai detto sul palco...» Derek poggiò un dito sulle labbra di Stiles.
«Avrei dovuto dirlo molto prima. Avrei dovuto farlo molto prima.»
«E la tua borsa di studio?»
«Sono il miglior giocatore che hanno e, grazie al mio professore privato, i miei voti adesso vanno benone. Non c’è nessun motivo per cui non dovrebbero darmela.» Stiles sorrise e continuò a guardare Derek negli occhi.
Non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita. Era una sensazione strana, come se gli avessero riempito il corpo intero di elio e lui ora stesse fluttuando nell’aria, leggero e senza peso.
«Sai Der?» Stiles guardò Derek con uno strano luccichio negli occhi e Derek roteò i propri. Conosceva quello sguardo. Era lo sguardo da sto per dire la cavolata.
«Anche io ti amo, Anche Se Sei O… Ornitorinco!»
«Ornitorinco?» Disse Derek ridendo e stringendosi Stiles più stretto al petto.
«Volevo dire coniglietto, ma non inizia per O.» Lo prese in giro Stiles indicando i denti di Derek.
Il moro scoppiò a ridere e baciò la fronte del minore.
«Non cambiare mai, Stiles. Sii per sempre l’A.S.S.O., il mio A.S.S.O.»



 

Per generazioni, i liceali sono stati etichettati in atleti, secchioni, principesse, bulli o semplicemente fuori di testa.
Ma i tempi sono cambiati.
Ora gli atleti giocano ai videogame, le principesse si imbottiscono di antidepressivi e i secchioni guidano il paese.
Pensavo che ora vivessimo in un mondo nuovo, un mondo senza etichette… ma arriva un momento al liceo che ti cambia la prospettiva su tutto.
Per me, è arrivato durante l’ultimo anno, poco prima del Ballo della Scuola.
Passeggiavo con i tre miei migliori amici quando mi sono reso conto che, semplicemente, io non esistevo. La gente mi passava accanto e nemmeno mi notava.
E ho scoperto che per quelli come noi, gli invisibili, è stato affibbiato un nomignolo, un acronimo: A.S.S.O.
Sei il tipo timido che siede in fondo alla mensa, solo e che non riesce a guardare nessuno negli occhi perché ha paura della propria ombra? Sei un A.S.S.O.
Sei il classico nerd tutto videogiochi che vive in un mondo digitale perché quello reale sembra troppo schifoso e pietoso per essere quello vero? Sei un A.S.S.O.
Sei il secchione di turno che risponde a tutte le domande degli insegnanti e fa anche i compiti che non gli sono stati assegnati? Sei un A.S.S.O
Sei il ragazzo povero che viene a scuola in bicicletta? Sei un A.S.S.O.
Ma sapete cosa ognuno di noi è realmente se semplicemente rimane se stesso? Interessante.
Mentre ognuno di noi cerca di fare della sua più grande debolezza  la sua arma migliore non sta facendo altro che diventare interessante e unico agli occhi di qualcun altro, qualcuno che sa guardare.
Volete sapere di me? Sono il classico nerd sfigato, che viveva all’ombra dei suoi migliori amici. Sono goffo e logorroico, ma sono proprio queste mie qualità che i miei amici, e il mio ragazzo, più amano di me.
Ognuno di noi è un A.S.S.O., ognuno di noi sarà inferiore a qualcun altro in qualcosa e sarà invece superiore in qualcos’altro. Ma chissene frega, no? Io credo che se fossimo tutti uguali, tutti fighi e fatti allo stesso modo, il mondo sarebbe un mondo estremamente noioso.
Sei un A.S.S.O.? Bene allora rendi il tuo difetto una virtù. Fà sì che ciò che ti ha spinto nell’ombra fino ad ora diventi la tua forza e la caratteristica per cui ti distinguerai sempre dalla moltitudine, dalla massa.
Non conta solo essere i più famosi a scuola o trovare un ragazzo.
Indipendentemente dalle etichette che ti affibbiano, solo tu puoi definire te stesso.
Imparate da un A.S.S.O.










Quattro chiacchiere al "Drago Verde"
Eccoci arrivati alla fine di questa lunghissima OS.
Spero vi sia piaciuta.  Ero partita super gasata e super convinta, ma poi mi sono imparanoiata troppo, che sia troppo banale. Spero che vi piaccia lo stesso, anche se forse è uno dei deliri peggiori che mi sia venuto fuori.
Ed è anche il primo delirio che ho scritto da completamente laureata. Addio all'Università per sempre. Mi sono laureata sola, e senza onore e gloria. Mi sono laureata con la camicia elegante e le braghe del piagiama e le pantofole perché tanto nessuno mi avrebbe visto. Lontana dalla mia famiglia, dai miei amici più cari. E' stato tutto talmente surreale che in realtà devo ancora realizzarlo. Certe volte ancora accendo il pc e apro la pagina della tesi dicendomi 'ok, forse devo modificare questo...'
E' un periodo di merda per tutti. Come me, ci sono chissà quante altre persone che sono rimaste bloccate lontano da casa. Che hanno passato la Pasqua da sole, guardando foto dei propri cari e della propria terra con malinconia.
Ma è stato un sacrificio necessario. E lo rifarei altre cento volte se servisse a non mettere in pericolo i miei cari, soprattutto mio padre. E forse sarebbe stato saggio che questo sacrificio lo facessero anche tutte quelle persone che hanno preso un treno, magari già con febbre alta, e sono tornati a casa. Non ho pietà nel dire che queste persone sono state stupide, irresponsabili ed egoiste. Non hanno giustificazioni. Mi sono laureata sola come un cane e ho passato la prima pasqua lontana dalla mia famiglia. Come ho fatto io questo sacrificio potevano farlo anche loro.
Perdonate questo mio piccolo sfogo, e spero di non aver offeso nessuno di voi, ma sono parole che mi portavo dentro da molto.
Vi chiedo scusa se ho potuto allietare poco la noia di questa quarantena con le miei storie, spero che con questa lunga OS io mi sia fatta perdonare.
Spero che stiate tutti bene e che lo stiano anche le vostre famiglie.
Non ricadrò nel banale dicendo #andratuttobene, perché non andrà bene se ognuno di noi non comincia, anche nel suo piccolo, a mettere un po' di sale in zucca e cominci a pensare al prossimo prima che a se stesso.
Siate forti e mettete al primo posto il benessere degli altri, il vostro verrà per diretta conseguenza.
Alla prossima storia,
AmonAmarth


Pagina Facebook: AmonAmarth - EFP
Profilo Twitter: AmonAmarth08

 









 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: AmonAmarth