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Autore: ItalianDork    25/04/2020    0 recensioni
Dal capitolo 1: "L’infermiera si stiracchiò sbadigliando e fissò pigramente la tazza che solo poco prima era colma di caffè, chiedendosi quale parte malata del suo cervello l’ avesse convinta ad accettare il turno notturno."
Dal capitolo 2: "Cominciò a cantare una vecchia ninna nanna, che sua madre aveva sempre usato per calmarla durante quelle notti di terrore e mostri; era incredibile come, dopo tanto tempo, ricordasse ancora la melodia e le parole."
I primi due racconti originali che abbia mai pubblicato online, scritti fra il primo e il secondo anno di liceo. All'epoca, però, ero dell'idea che EFP andasse bene solo per le fanfictions, quindi non li ho mai caricati qua. Quasi sette anni dopo, ho deciso di rimediare a questo errore.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                   Cantando sotto la doccia
 
Si alzò di scatto, il corpo ricoperto di sudore freddo e il respiro affannato, poggiandosi una mano sul cuore che le batteva con tanta forza che sembrava stesse per romperle la cassa toracica.
Deglutì a fatica e si lasciò cadere sul materasso, coprendosi gli occhi con l’incavo del gomito.

Odiava gli incubi.

Soprattutto i suoi  incubi, dove le sue paure regnavano sovrane, affiancate da sangue e oscurità.
“Magari un po’ di cioccolato aiuterebbe…” rifletté stiracchiandosi. “No, no, cosa sto pensando… Il
cioccolato rende felici, ma lo zucchero ti tiene sveglio. E poi…” scosse la testa, cercando di allontanare un pensiero sgradito.

Si passò poi una mano fra i capelli sudati che le si erano appiccicati al collo e pensò che una doccia sarebbe stata l’ ideale per pulirsi e rilassare i muscoli doloranti. Però…
Si alzò di scatto scuotendo nuovamente il capo e ridacchiando.

“Che stupida: alla tua età hai ancora paura della tua ombra come una bambina!”

Si alzò col cuore che cominciava nuovamente a batterle sempre più forte, unico rumore nella notte, facendo svanire il sorriso dalle sue labbra. Camminò con gambe tremolanti (“Dev’essere il freddo…”) verso il bagno, per poi afferrare quasi con violenza la maniglia, sbattersi la porta alle spalle e fiondarsi verso l’interruttore della luce.

Appoggiò la fronte sul muro fresco con un sospiro  e si sforzò di ridere nuovamente, i sorrisi alzavano le endorfine o roba del genere, l’aveva letto su una qualche rivista, ma il suono che le usci dalle labbra somigliava più a un ansito spaventato che a una risata vera e propria.
Mentre si svestiva pensò che non sarebbe mai cambiata, che, nel profondo, sarebbe sempre rimasta la piccola bambina spaventata dal buio, che la notte correva urlando nella camera dei suoi genitori, per dormire accoccolandosi a sua madre, circondata dal suo profumo e dalla sua voce rassicurante, mentre suo padre andava a cacciare il mostro.
L’ acqua calda sulla pelle era quasi una benedizione, un elisir che le scioglieva le membra indolenzite e le scaldava l’ anima, sciogliendo le sue paure e liberandola dalla prigione di ghiaccio in cui l’ avevano intrappolata; eppure, non riusciva a levarsi di dosso la sensazione che qualcuno o qualcosa la stesse fissando, calcolando la prossima mossa, aspettando il momento giusto per attaccare.

Si sfregò la spugna insaponata sul corpo e sbuffò irritata, cominciava a odiarsi, davvero: sarebbe dovuta essere forte anche di notte, non solo durante il giorno, quando era spavalda e si prendeva gioco delle paure delle sue amiche; e invece eccola lì, spaventata e ansiosa come una bimba di cinque anni. L’acqua calda non sembrava avere più alcun effetto e l’angoscia aveva cominciato di nuovo a strozzarla lentamente, facendola respirare affannosamente e dilatandole le pupille.

“Perché diamine non mi sono fatta una camomilla o non mi sono presa un cavolo di sonnifero?!  Stupida, stupida, stupida…” non sapeva se sbattere la testa contro il muro per la frustrazione  o mettersi a piangere per la paura, tanto, si diceva, nessuno poteva vederla in quello stato.

All’improvviso,  però,  ebbe un’idea: cominciò a cantare una vecchia ninna nanna, che sua madre aveva sempre usato per calmarla durante quelle notti di terrore e mostri; era incredibile come, dopo tanto tempo, ricordasse ancora la melodia e le parole.
E, anche più incredibile,  essa sortiva ancora lo stesso effetto rilassante.
Quindi cantò, cantò fino a che il suono della sua stessa voce le riempì il cervello, cantò fino a che l’acqua non ebbe lavato via tutto il sapone e tutto il terrore, cantò finché non fu avvolta in una nuvola di vapore, cantò fino a che l’acqua non divenne fredda; non smetteva di cantare neanche quando l’acqua e lo shampoo le entravano negli occhi, non poteva.

Quella ninna nanna era la sua ancora di salvezza, smettere di cantare voleva dire annegare in quell’ abisso nero come la pece che era la paura.

Tuttavia, l’acqua divenne così ghiacciata che finalmente decise che era ora di tornare a letto.

Mentre si strizzava i capelli per eliminare l’eccesso d’acqua,  ridacchiò, finalmente tranquilla, e pensò che lei e le sue paure erano veramente ridicole.

Poi si sentì come se un vento gelido le avesse congelato le membra, la gola le si strinse e la risata morì.

“Perché hai smesso di cantare? Era una canzone così bella…”

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NOTE DELL'AUTRICE (CRESCIUTA)
Se siete arrivati fino a qui voglio ringraziarvi di cuore per aver voluto dedicare un attimo del vostro tempo ai miei ricordi d'adolescenza. Credo che sia sempre molto importante prendersi un momento per ripensare a quando e a come sia iniziato un hobby, una passione o un sogno: ci permette di rivivere ogni passo, tutte le gioie, le delusioni, le frustrazioni, ci ricorda che abbiamo già fatto molta strada e che non dobbiamo avere paura di continuare a camminare. Questi sono i primi racconti che, all'età di quindici anni, ho voluto condividere con qualcuno; ora solo un mese mi separa dall'essere una ventiduenne e spero di poter continuare a condividere le mie storie per molti anni ancora. Vi ringrazio ancora, a presto!
P.S.: Mannaggia, quanto mi piacevano i paragrafi brevi. 
  
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