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Autore: adrienne riordan    27/04/2020    0 recensioni
[La calaca de azùcar]
Questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it
Momenti di vita quotidiana a Esqueleto... sfortunatamente per Mordecai, non sono momenti tranquilli, tutt'altro.
Genere: Angst, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it
 Lista: HORROR
 Prompt: Possessione
Avvertenza: la storia è ambientata nel mondo de La calaca de azùcar, dove le divinità azteche sono reali e vivono tra noi.




Non era abitudine di Mordecai frequentare locali notturni. Qualche volta l’aveva fatto, in occasione di qualche festa universitaria, ma aveva deciso che non era il genere di divertimento che gli andasse a genio. Il biondino era un tipo tranquillo, riflessivo, educato, forse un po’ noioso, e aveva stabilito che la musica spaccatimpani, le luci psichedeliche e l’alcool che girava a fiumi non facessero proprio per lui. Senza contare il fatto che doveva risparmiare fino all’ultimo centesimo per pagarsi gli studi, e tra corsi all’università e lavoretti part time, il poco tempo libero che aveva era decisamente dedicato al riposo, onde evitare di ammalarsi  per i troppi impegni.
Ormai la nuova vita a Esqueleto era entrata su binari piuttosto tranquilli, fatta ovviamente eccezione per le prove a cui era sporadicamente, ma ineluttabilmente, chiamato da Emanuel, divinità azteca che teneva in ostaggio tutti gli abitanti, non permettendo loro di uscire dalla città. A ogni prova, Mordecai rischiava puntualmente di perdere la vita in modo piuttosto orribile e doloroso, e se non fosse per il prezioso aiuto dei suoi nuovi amici e alleati, la sua storia si sarebbe conclusa assai precocemente.
Ritornando alla vita quotidiana, non passò molto tempo prima che Mordecai fosse invitato a passare una serata nell’unico locale notturno di Esqueleto, situato in una zona della città che ancora non aveva avuto modo di visitare. El Laberinto, questo il nome del locale, aveva due caratteristiche piuttosto peculiari. In primo luogo, il gestore era un ragazzo davvero particolare: non solo a Mordecai aveva dato una strana sensazione, la prima volta che lo aveva incontrato, ma Franklin e Thomas gli avevano sconsigliato di andare a pernottare nel suo motel Los nidos de colibrì, senza contare il fatto che, con molta probabilità, anche Alejandro stesso era una divinità azteca, almeno questo aveva ricavato Mordecai dalle parole neanche tanto vaghe di Emanuel. In secondo luogo, El Laberinto era uno dei tre luoghi di tutta Esqueleto in cui la maledizione di Emanuel non funzionava e gli abitanti potevano mantenere l’aspetto umano.
Non avendo motivo di rifiutare l’invito, dopo il turno di lavoro Mordecai si era recato al locale in compagnia di Artemisia, Lesath, Moravich e Jason.
Si sarebbe presto pentito di averlo fatto.
 
Un’altra cosa che Mordecai non amava fare era bere alcolici. Non che fosse astemio, sia chiaro, ma la sua avversione era tale da non andare oltre al Martini, o al Crodino. Era sicuro di aver ordinato un drink analcolico, eppure avrebbe dovuto fidarsi del suo istinto quando non fu il barman a servirlo, bensì lo stesso Alejandro. Il sorrisetto beffardo del ragazzo a cui si era accompagnato, Felipe, gli aveva messo un brivido lungo la schiena. Ma quale motivo aveva di pensare male di Alejandro? Nel timore di fare una brutta figura, aveva accettato il drink che non aveva mai assaggiato prima. Non aveva percepito l’alcool – o c’era altro dentro? Non lo sapeva. Era troppo buono, dolce… e lo aveva bevuto tutto.
E tutto attorno a lui era cambiato. Non riusciva a mettere bene a fuoco le cose davanti ai suoi occhi. Si sentiva languido. I suoni erano attutiti, ma le parole di Alejandro… quelle no, non erano attutite ma… erano terrificanti. Quelle parole non potevano essere davvero uscite dalla sua bocca. Le avrebbe dimenticate, una volta tornato lucido? Ma se lo avesse fatto non avrebbe potuto avvisare la polizia…
Dai, doveva averle sicuramente immaginate. Quale persona sana di mente si sarebbe autoaccusato di omicidio con tale noncuranza? A meno che non avesse intenzione di far fuori anche lui, scomodo testimone..?!
Aveva biascicato allarmato qualche scusa e si era allontanato, dicendo che doveva andare al bagno. Non aveva trovato una scusa più decente ma Alejandro, Felipe e il ragazzo strambo attaccato al moro che guardava da tutt’altra parte, lo avevano salutato con aria sornione.
Mentre avanzava piano alla finta ricerca delle toilette, si chiese nuovamente come diavolo avesse fatto a perdere di vista Moravich. Suo fratello era sempre così protettivo con lui, e per quanto sia un fatto comune perdersi nella calca di un locale, gli sembrava insolito che Moravich lo avesse permesso.
Invece di trovare i compagni, ironia della sorte, trovò proprio la toilette. La razionalità che non lo abbandonava nemmeno da ubriaco lo convinse che tanto valeva andare a rinfrescarsi con un po’ di acqua corrente.
Rimase però impietrito sulla soglia. Emanuel, fissandolo dal vetro dello specchio, si stava lavando le mani dandogli le spalle. La serata andava di bene in meglio, pensò sarcastico.
“Non dovresti rimanere solo con Alejandro” disse con una certa severità il ragazzo vestito di nero.
“Non ero da solo. C’è gente nel locale” biascicò il Mordecai, avvicinandosi barcollando lievemente al lavabo più distante da quello in cui si trovava Emanuel.
Emanuel ignorò la provocazione e si voltò a guardarlo. “Dovresti andartene, Mordecai. Ora.”
“Grazie tante. Non si esce da Esqueleto” ribatté il biondo prima di sciacquarsi il viso.
“Sai cosa intendo. Andartene dal locale. E comunque si dice Itlazcoliuhqui-Ixquimilli” continuò Emanuel con una punta di inconsueto risentimento.
Mordecai, senza voltarsi, prese ad asciugarsi con la carta assorbente a disposizione.
Già, quello scioglilingua… Alejandro lo aveva pronunciato e aveva riso ai diversi tentativi di Mordecai di ripeterlo, per chiedergli cosa significasse… non aveva proprio idea del suo significato. E, beninteso, non aveva ottenuto risposta.
“Itlazcoliuhqui-Ixquimilli” scandì questa volta senza alcuna esitazione il biondo, cogliendo quasi di sorpresa Emanuel. Nessuna esitazione stavolta, nessun inciampo della lingua, nessun biascicamento. Persino il tono era insolito. Era… più tagliente.
Era difficile cogliere di sorpresa la reincarnazione della divinità del gelo e del giudizio. Ora, quest’ultima si ritrovava a fissare qualcuno che non era Mordecai e che mai si sarebbe aspettato di vedere. Non quella sera perlomeno.
Quello che non era Mordecai si voltò lentamente, con calma, fino a incontrare gli occhi di Emanuel. L’espressione da animaletto spaurito e sbronzo aveva lasciato il posto a un’espressione imperscrutabile e severa. Per la prima volta dopo tanto tempo, Emanuel non sapeva come comportarsi. Sapeva chi stava davanti a lui in quel momento. Quetzalcóatl.
“Itlazcoliuhqui-Ixquimilli” ripeté il serpente piumato, attirando l’attenzione di Emanuel su di sé. “Lascialo in pace” ordinò.
“No”.
L’ordine di Quetzalcóatl si fece più perentorio. “Lasciami in pace” .
Emanuel non vacillò. “No”.
“Se non ci lasci in pace, non ti perdonerò mai”
“Vivrò anche senza il tuo perdono, ma tornerai a prendere il posto che ti spetta, che tu lo voglia o no”  esclamò il moro, avvicinandosi al biondo.
“Dovrai passare sul mio cadavere per ottenerlo”.
“Già fatto. E rifatto. Un’infinità di volte”. Emanuel non aveva battuto ciglio nel rivelarlo. Dal canto suo, nemmeno Quetzalcóatl lo fece.
“Per ben cinquecento anni. C’è da perdere il conto. Non ti sei ancora stancato?” una domanda beffarda, a irridere il tormento che sapeva aver perseguitato le reincarnazioni di Itlazcoliuhqui-Ixquimilli per quelle morti necessarie ma evitabili, se solo Quetzalcóatl lo avesse voluto.
“Te l’ho già detto: tornerai a prendere il posto che ti spetta, nell’Era del Sesto Sole, che tu lo voglia o no”
“Auguri allora. Ti resta ancora un’ultima possibilità. 21 dicembre 2012. Ma preferirei che lasciassi perdere e lasciassi in pace Mordecai” lo sguardo severo del serpente piumato si velò di tristezza “Niente tornerà come prima. Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto”
Emanuel si irrigidì. Avrebbe preferito continuare a sostenere uno sguardo accusatorio che quello triste, malinconico. Non lo aveva mai tollerato, non lo tollerava nemmeno adesso.
“Non mi importa. Questa volta, non mi fermerai. Nessun sacrificio mi fermerà”.
“Quindi…potrei facilitarti il lavoro, che ne dici?” Quetzalcóatl distolse lo sguardo e mosse qualche passo verso l’uscita, pensieroso. “Quella droga che Huitzilopochtli ha dato a Mordecai ha permesso il risveglio temporaneo della mia coscienza… fortunatamente per me, senza poteri. Potrei avere abbastanza tempo per togliere la vita a Mordecai e i giochi sarebbero finiti”.
“NO!” gridò Emanuel. Afferrò Quetzalcóatl, lo trattenne a sé. Senza potere, non avrebbe potuto divincolarsi dall’abbraccio.
“Come osi” sibilò la divinità. Ma non vi era rabbia o indignazione nella voce. Sbuffò. “Mi conosci così poco? Non verserò più sangue, né lo esigerò come tributo. La vita di Mordecai non terminerà a causa mia” .
“La vita di Mordecai terminerà comunque. E la tua ricomincerà”.
“Vedremo” il dio non si mosse dall’abbraccio, né aggiunse altra parola. Il tempo sembrava essersi fermato.
Mai nella sua vita, Emanuel aveva avuto modo di parlare con Quetzalcóatl. Ricordava le vite passate. Ricordava la sua vera vita, da divinità. Ricordava Quetzalcóatl. E quando lo faceva, la nostalgia lo sovrastava. Ricordava ogni singola volta in cui ritrovava una sua reincarnazione, ammesso che fosse così fortunato da ritrovarla: la speranza che fosse la volta buona; la delusione, per essere stato dimenticato; la rabbia, quando constatava che le caratteristiche di Quetzalcóatl percepibili nel carattere e nell’aspetto della nuova reincarnazione si attenuavano nella moltitudine delle differenze provocate da abitudini ed esperienze diverse.
Quetzalcóatl aveva ragione: aveva un’ultima possibilità per realizzare i suoi piani. Stavolta doveva assolutamente farcela.
“Emanuel..?!” il biondo si staccò freneticamente dall’abbraccio ed Emanuel non gli rese difficile l’impresa. L’animaletto sperso era tornato.
“Ma cosa..?” non ottenne mai risposta. Emanuel, preferì andarsene senza proferire parola.
Era una serata davvero fuori da ogni logica – finiva sempre così, quando compariva Emanuel. Prima si era sbronzato a una festa e non ricordava nulla di quanto successo, poi si era svegliato direttamente tra le braccia di Emanuel, e questo era già abbastanza inquietante. Sperava vivamente di non aver fatto cose imbarazzanti! Fu in preda a queste pare mentali che venne ritrovato da Moravich.
“Eravamo tutti preoccupati. Si può sapere cosa ti è successo?” esclamò avvicinandosi preoccupato.
Lo stomaco di Mordecai decise che era giunto il momento di ribadire, in modo più tangibile, che il ragazzo non era abituato a bere alcolici. “Non lo soourgh!” . La preoccupazione di Moravich per lo stato di salute del ragazzo venne presto accantonata dalla preoccupazione di dover rassicurare Mordecai che no, non era arrabbiato per il fiotto di vomito che era andato dritto sulle sue scarpe e che sì, era decisamente il momento di fare ritorno a casa.
A mai più, El Laberinto
Oppure no?
  
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