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Autore: clairemonchelepausini    27/04/2020    0 recensioni
"A volte le cose più semplici possono diventare straordinarie se sono fatte assieme alle persone giuste."
(Sparks)
Regina non credeva di meritare l'amore e Robin aveva rinunciato all'amore dopo la morte della moglie. Erano così rassegnati da non accorgersi che il cuore stava cambiando e così lentamente divennero l'uno la forza dell'altro, l'uno il meglio dell'altro.
Raccolta di storie, di momenti irripetibili, attimi unici che vivranno per sempre.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE
★ Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento "Tana Libera Fill WEEK" a cura di We are out for prompt
★ Prompt/Traccia: #1 OUAT, OutlawQueen, Robin ha voglia di passare una giornata in famiglia. L’idea di poter condividere momenti di normalità con Regina lo elettrizza, così si adopera con Henry e Roland per organizzare la cena perfetta. Di Maura L. Cohen

 





 
 
Regina ancora stentava a crederci che l’ultima operazione in cui si era trovata coinvolta le avesse ridato indietro Robin, quella dove fu lei la vera protagonista.
Ripensò alle parole che le dissero Emma, Henry e perfino Mary Margaret che continuasse a spronarla e a dirle che anche lei doveva avere il suo lieto fine, ma quando aveva passati anni a desiderarlo, ad averlo e poi a essergli strappato dalle mani non ci credeva più.
L’operazione happy ending aveva portato Storybrooke a una situazione ben lontana da quella che si sarebbero immaginati, ogni coppia di quella cittadina si era trovata ad affrontare diverse prove, quella volta la maledizione poteva essere sconfitta solo con il vero amore.
Regina cercò di scostare appena il braccio di Robin che le cingeva la vita, non voleva svegliarlo ma doveva controllare Ronald, quel bambino ne aveva passate tante e doveva assicurarsi che non avesse incubi.
Si rimise a letto, fece scivolare le braccia lungo i fianchi e chiuse gli occhi, consapevole della vicinanza al suo fianco dell’uomo che amava.
 
«Ma cosa volevate dimostrare con questa maledizione?» domandò infervorata Regina, alzando le mani e minacciandole di disintegrarle se non avessero risposto.
Erano tutte al suo fianco, stavolta non era lei la cattiva da combattere e ciò la stupì, più di quanto diede a vedere.

«Oh stupida ragazzina» affermò con voce gutturale una delle tre gemelle che, con un solo cenno del capo sbalzò Regina all’altro lato della strada e così fece con chiunque si mise al suo fianco per combatterle.
Emma d’un tratto si mise davanti a lei, così come fece il resto della città e quelle tre streghe si sorpreso nel vedere che Regina fosse amata e concesse lei la risposta che attendeva da troppo tempo.
«Ancora non l’avete capito!» esclamò divertita la ragazza bionda che stava al centro, che rideva tanto da farsi venire le lacrime agli occhi.
Le tre passarono in rassegna ogni singolo volto, i loro sguardi, le espressioni di domanda e la paura che si poteva intravedere in quegli occhi sicuri fino a quando… per ultimo non si soffermarono sul giovane Henry.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo, fu come se gli desse il consenso e divenne chiaro a tutti difatti si voltarono verso di lui sorpresi.
«Lui ha il cuore del vero credente e questa maledizione rimase all’oscuro, ma ben presto il vostro giovane ragazzo ebbe la capacità di capire, nonostante ciò gli fu impedito di potervi aiutare perché altrimenti sarebbe stato colui che avrebbe pagato il prezzo più caro» annunciò la gemella più piccola, la stessa che volse lo sguardo a tutti dopo l’occhiataccia che avevano lanciato a Henry.
La confusione balenava nei loro occhi, anche se lentamente stavano iniziando a unire anche loro i pezzi.
«Oh, com’è l’ha chiamata il giovane Henry?» disse battendosi l’indice sul mento e facendo un giro sui se stessa, tutto in modo molto teatrale.
«Operazione happy ending, ecco… e ciò significa che ogni prova che avete affronta è servita a dimostrare l’amore, i limiti di una coppia, le forze e le debolezze. Ogni prova superata serviva per essere un passo più vicina alla soluzione, anche se non tutti hanno giocato secondo le stesse regole e c’è stato qualcuno che ha dovuto farlo per due» e ammiccò a Regina che si era alzata e si trovava al centro tra Emma e Mary Margaret.
Il tempo delle parole finì, le tre streghe svanirono in una foschia bianca, accecando gli occhi di tutti nei quali, in quelle stesse nubi, s’intravide una figura.
«Siete stati degni del vostro amore, di quello che c’è nel vostro cuore, ma la prova più grande era per Regina, a colei che tutto le era stato dato e strappato, alla stessa donna che ha saputo dimostrare che il vero cambiamento avviene dentro di sè e che l’amore, quello vero esiste e per sempre» e, quelle parole si sentirono in un sussurro in lontananza, come un eco che proveniva da qualche parte non in evidenza.
E così, non appena la foschia si dissolse e le parole smisero di echeggiare Regina lo vide.
 
Non si era accorta nemmeno di essersi addormentata, si svegliò con le labbra di Robin che si poggiavano sulle proprie nello stesso momento in cui nelle loro espressioni s’intravedeva un sorriso nascere.
«Buongiorno» mugugnò lei, aprendo gli occhi e vedendo il suo viso vicino al proprio, il cuore perse un battito quando si abbassò ancora una volta per baciarla, per dimostrarle che lui era lì, che non era una visione o, un fantasma, ma  c’era proprio in carne e ossa.
«Buongiorno splendore» sussurrò a fior di labbra Robin, si scostò quel tanto da vedere le guance di Regina arrossare, la bocca aperta in un sorriso e gli occhi felici.
Ci misero un po’ per rendersi conto che non erano da soli e, solo quando Henry si schiarì la gola, i due si scostarono imbarazzati, un breve momento che fu spazzato via dai gridolini di Ronald e da lui che correva verso di loro per buttarsi sul letto.
«Glielo hai detto, glielo hai detto» continuò a domandare euforico il piccolo, saltellando sul letto mentre Regina si alzava e si poggiava sulla spalliera e volgeva uno sguardo di domanda a Robin.
Henry rimase appoggiato allo stipite della porta, era rosso in viso ma qualsiasi imbarazzo spariva quando si soffermava a vedere il sorriso della madre sul viso, sulle labbra e nell’espressione in sè.
«Abbiamo pensato che… i tuoi tre uomini di casa stasera prepareranno una cena romantica, una cena che unisce le nostre famiglie e festeggi la felicità che tutti stiamo provando» ammise Robin dietro lo sguardo stupido della donna, mentre faceva balzare lo sguardo su di loro sbarrando gli occhi.
«Va bene mamma, Robin è troppo educato per dirtelo, ma ci serve casa libera e quindi… fatti una doccia, vestiti e vai a trovare Emma o Mary Margaret, qualsiasi cosa purchè..» e parlò velocemente, ma si fermò quando Regina le lanciò un’occhiata per il suo modo di esprimersi, ma sorrise quando il primo a farlo fu lui e poi tutti gli altri.
Oh, d’ora in poi non era più sola a dover prendere delle decisioni, quella casa decisamente si era movimentata, più di quanto avrebbe mai immaginato o, anche solo sperato.
 
 
Robin aveva una voglia matta di passare una giornata in famiglia, l’idea di poter condividere dei momenti di normalità con Regina lo elettrizzava, ma sapeva che, per ciò che aveva in mente, ci sarebbero voluti delle ore, così arrotolò le maniche della maglia e iniziò a mettersi a lavoro.
Robin Hood avrebbe preparato una cena perfetta per la sua famiglia con tanto di aiutanti a suo carico.
«Che cosa dobbiamo cercare?» domandò ancora una volta Ronald a Henry mentre lo seguiva in soffitta, lui sbuffò ma poi si ricordò che era piccolo, si voltò e ripeté ancora una volta.
«Henry, Henry, Henry» il bambino iniziò a chiamarlo con vigore, saltellava e alzava le mani per richiamare la sua attenzione e quando il ragazzo arrivò sorrise, gli scompigliò i capelli e raccolse la scatola.
«Ma come hai fatto a trovarla?» domandò lui sorpreso, nessuno avrebbe pensato di guardare in quel posto ma fu felice che avesse portato con sé il piccolo.
«Perché papà mi ha insegnato a trovare i posti più bui, piccoli e a nascondermi dentro quando mi avrebbe detto di farlo, così ho pensato…», ma non finì in tempo che Henry si abbassò alla sua altezza e lo abbracciò.
Lui era stato fortunato, la sua vita era stata piena, anche se si era davvero completata solo quando incontrò Emma, ma la sua famiglia allargata non poteva renderlo più felice di così.
Scesero in cucina, mano nella mano mentre l’altra di Henry teneva lo scatolo e non fece in tempo a saltare l’ultimo scalino che Ronald corse dal padre a dirgli che era stato lui a trovare la scatola.
Robin armeggiava ancora in cucina e lanciò un’occhiata all’esterno, dove vide i piccoli di casa cercare di addobbare con delle luci un albero nel giardino, poi distesero a terra una grande coperta rossa e bianca, sulla quale Ronald divertito iniziò a lanciare dei cuscini, mentre Henry lo sgridava e poggiarono dei piccoli mazzolini di fiori sparsi, raccolti proprio dal piccolo.
Lui scosse la testa, sorrise e finì di affettare la frutta quando alzò di nuovo gli occhi e li vide stavolta distesi sul prato ad ammirare le stelle, ancora non riusciva a credere alla facilità con cui Ronald si era adattato alla situazione o, al modo in cui si era attaccato a Regina o, al fatto che iniziava a dire in giro che lui aveva un fratello più grande.
Portò fuori il cesto di pic nic, sistemò gli ultimi dettagli che gli parvero fuori posto e poi con mani scaltre prese il telefono dalla tasca dei jeans, inviò un messaggio a Regina e attese.
Lei non stava più nella pelle, non vedeva l’ora di tornare a casa, più di una volta in quella giornata aveva provato a sbirciare Robin usando la magia ma era stata ammonita dalle amiche, Emma l’avrebbe anche lasciata andare, ma il cuore romantico di Mary Margaret la costrinse all’attesa.
Si alzò in piedi appena vide Regina materializzarsi davanti a sé, corse verso di lei quando il suo sguardo si fece bianco, la sua espressione impallidì e il cuore si fermò.
 
“Stava piangendo?” si domandò mentalmente, dandosi dello stupido per aver organizzato tutto senza chiedersi se fosse ciò che voleva anche lei.
 
Sì, erano proprio lacrime quelle che scendevano dal suo viso, ma era felice per tutto quello che vide, non riuscì a ricacciarle indietro o a nasconderle quando Robin con un balzo fu da lei e si strinse nell’incavo del suo collo.
«E’… è perfetto» balbettò Regina, asciugandosi le lacrime, ricomponendosi e poi guardando l’uomo che si trovava davanti.
«Non ho fatto tutto da solo» ammise, indicando i loro figli che se ne stavano su una coperta poco più distante della loro a osservare le stelle.
Si sentiva Henry che stesse raccontando qualcosa a Ronald e lui che continuava a fargli domande, che sorrideva e poi si soffermava a osservarlo stupito della grinta di quel bambino, gli ricorda un po’ lui da piccolo.
C’erano voluti degli anni, eppure se guardava indietro tutte le prove superate, le barriere abbattute e le maledizioni affrontate non erano nulla paragonate a ciò che stava vivendo in quel momento.
Ogni gesto compiuto era destinato a portarla a quel momento, con la sua famiglia e il suo lieto fine.
 
 
 
 
 
 
   
 
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