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Autore: clairemonchelepausini    27/04/2020    0 recensioni
Tutto quello di cui avevano bisogno era del tempo, avevano dovuto ricorrersi senza mai trovarsi e stringersi.
Aspettavano un segno che sembrava non arrivare, attenzioni che venivano deviate e un amore che ritornava indietro.
Tutto quello di cui avevano bisogno era lì, davanti a loro ma erano troppo spaventati per rincorrerlo e prenderlo.
Bellamy e Clarke c’erano sempre stati l’uno per l’altro, si capivano senza bisogno delle parole, ed erano migliori se stavano insieme.
Questo sarebbe bastato? Sarebbero riusciti a dirsi quello che provavano?
Due persone che il destino aveva deciso di mettere alla prova, ma con la consapevolezza che indipendentemente dal tempo, dallo spazio o dalle situazioni sarebbero finiti per stare insieme, diretti l’uno nelle braccia dell’altro, nell’unico posto in cui avevano bisogno di rimanere.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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NOTE
Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento "Tana Libera Fill WEEK" a cura di We are out for prompt
Prompt/Traccia: #3, Bellamy/Clarke, "Non voglio che noi siamo di nuovo due sconosciuti." Di Glass Heart
 
 
 



 
 
E così Clarke se ne rimase in un angolo a osservarlo, era passato davvero troppo tempo per avere anche la sola presunzione che lei fosse importante, la metà di quanto lui lo fosse per lei.
Bellamy sentì il suo sguardo addosso, non aveva bisogno di voltarsi a guardarla, sapeva che fosse lei perché quel calore che sentiva solo Clarke riusciva a trasmetterglielo.
Echo continuava a parlare, lui annuiva distrattamente e quando fece scivolare la sua mano in quella del ragazzo, si scosse appena, fu impercettibile tanto che non lo notò nemmeno, ma lui si sentì in colpa. Ormai ci stava facendo l’abitudine, non poteva dire nulla e, seppure il cuore si spezzasse ogni volta che lo vedeva al suo fianco, ingoiò il nodo alla gola, girò le spalle e se ne andò.
«Ehi, Clarke sai che…» e, Madi iniziò a parlare a raffica, non si fermò quando il suo sguardo cambiò o, quando con mani nervose gliele poggiò sulle spalle e cercò di attirare la sua attenzione.
Vederla così felice non aveva eguali, in quei sei anni di solitudine aveva imparato molto, la sua vita dipendeva da quella della ragazzina e viceversa, ma essere là, con i suoi amici, sua madre e la sua famiglia… Beh, non poteva descriverlo.
«Mi stai ascoltando?» d’un tratto s’interruppe e domandò, Clarke rispose con un solo accenno della testa, non riusciva a parlare, ripensava ancora al modo in cui Echo e Bellamy si erano sfiorati, al modo in cui parlavano o si comportavano e a quello sguardo che prima era rivolto a lei.
Madi si rabbuiò, sperava che vedere tutti insieme le avrebbe permesso di avere un po’ di pace, la stessa che aveva cercato a lungo, ma persino lei non poteva schiacciare i demoni che la perseguitavano.
La ragazza volse lo sguardo alla gente nella stanza, si soffermò sui volti amici e lo cercò con gli occhi e non appena lo vide lo capì. Clarke si riscosse quando due piccole mani tenevano la propria e la stavano trascinando fuori, all’aperto a prendere quell’aria che sembrava mancarle.
«Perché l’hai fatto?» si trovò a chiedere la bionda con finto rimprovero, stava per replicare ma gli occhi di Madi si rispecchiarono in lei e seppe che anche lei aveva seguito il filo dei suoi pensieri.
«Lo so che è complicato, che non è come pensavi, ma abbiamo appena affrontato una lunga battaglia, siamo riusciti a sopravvivere, ancora una volta e non pensi che…», ma lei scuotè la testa, Clarke le poggiò le mani sulla spalla, poi alzò con l’indice e il pollice il suo mente affinché i loro occhi fossero sulla stessa lunghezza e parlò.
«Madi ti ho raccontato solo una parte della storia, pur se volessi e non sto dicendo questo, lui sta con Echo, siamo ben lontani da quello che eravamo prima e… Sì, non ci siamo mai incasinati prima perché dovremmo farlo adesso?»
«Perché adesso siete più forti, perché siete stati così lontani da sopravvivere l’uno senza l’altro e allo stesso tempo trovando la forza per l’altro. La vita vi ha anche diviso le strade, vi ha allontano più volte di quanto vi ha avvicinato, ma… Vi ha sempre riportato l’uno tra le braccia dell’altro» affermò la ragazzina che, con quel discorso avrebbe potuto fare tanto di cappello agli adulti. Alzò e abbassò lo sguardo, la stupiva ogni giorno di più, stava per aggiungere altro, ma non riuscì, Madi la guardò e la spinse a fare la prima mossa.
Non appena rientrò Clarke aveva deciso di camminare un po’, doveva schiarirsi le idee soprattutto cercava di togliersi dalla testa le parole di Madi che rimbombavano aggrovigliando i suoi pensieri.
Rimase ad ammirare il cielo stellato, il modo in cui il blu si mischiava con il nero o, il modo in cui le stelle si disponevano su quel manto come a raccontare una storia.
Era così immersa in quella visione, frastornata in quello che voleva o, ciò che provava da non accorgersi dei passi avvicinarsi e una figura mettersi appena poco dietro di lei.
Clarke si riscosse, quel tanto che le bastò da sentire la sua presenza, non serviva voltarsi, aveva conosciuto il suo profumo, lo stesso che era rimasto sulla maglia che aveva stretto per sei anni.
Bellamy fece ancora qualche passo avanti, il suo cuore batteva all’impazzata, le mani fremevano per sfiorarla e fermarsi a cingerle la vita e le labbra, quelle che spesso lei mordicchiava per nervosismo erano le stesse che voleva baciare.
Lei sospirò, afflosciò le spalle sperando di smorzare l’agitazione e il nervosismo, ma non fece altro che permettere al suo corpo di sfiorare il petto forte e muscoloso di Bellamy.
Lui si sporse verso il suo orecchio dando a Clarke ancora una volta l’opportunità di sentire la sua fragranza, di spingere il petto contro le proprie spalle e quando un lieve sospiro le sfiorò l’orecchio, si sentì persa.
«Non voglio che noi siamo di nuovo due sconosciuti» sussurrò lentamente lui, senza scomporsi e scandendo bene le parole dimostrandole che non era da sola ad avere il cuore in subbuglio, la testa piena di pensieri e quelle emozioni cui non riusciva ad assegnare nome, sentendosi colpevole per il solo fatto di provarle.
I brividi la pervasero, il suo corpo s’irrigidì allo stesso modo cui si rilassò, sentirlo così vicino le mandava in tilt il cervello, la faceva smettere di respirare, le accelerava i battiti del cuore e le sue guance si coloravano di un rosa accesso.
«Non potremmo mai esserlo» schiarendosi la gola e con voce stridula ammise, ma quell’affermazione non gli bastava, glielo lesse nello sguardo, eppure non riusciva a trovare qualcosa di più giusto da dire.
«Ma io vedo come ti allontani e…»
«Ed è giusto così, non siamo più da soli e ci sono altri due persone che dipendono da noi, quindi…» strascicò lei le ultime parole, cercò ci parlare chiara, sicura ma la sua voce s’incrinò e la tradì.
«Dobbiamo fare finta di conoscerci appena, di non avere una grande storia alle spalle e che… le cose non sono così dannatamente complicate?» chiese Bellamy con voce dura, con il cuore che le doleva per lo sforzo di nascondere l’emozione che stava provando.
Clarke si girò, non poteva più continuare quella conversazione senza guardarlo negli occhi, anche se avrebbe peggiorato le cose e sarebbe finita con il suo cuore che si stringeva ancora di più in una morsa e alzava le barriere che l’avevano protetta dal trovarselo spezzato.
«Bellamy…» sussurrò, ma lui lo guardò, interruppe ciò che stava per dire e con un dito poggiato sulle sue labbra, la costrinse ad ascoltarlo.
«No, Clarke. Ho passato sei anni a sentirmi in colpa, a odiarmi per averti lasciato indietro a… ad aver messo la mia vita prima della tua. Sì, le cose sono cambiate, non avrei mai immaginato che tu fossi viva e sì, sto con Echo, ma lo sappiamo entrambi che nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati non c’era nessun’altra battaglia che avremmo perso se non quella con noi stessi» e si fermò per osservarla, per cercare di capire se quella ragazza con cui aveva condiviso più di una vita fosse la stessa che aveva riempito le sue notti buie e l’aveva protetto dal dolore.
«Bellamy io capisco tutto quello che vuoi dire, so qual è il nostro passato, quello che abbiamo vissuto, ma…»
«No, proprio non capisci Clarke» convenne lui lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e poi passandosi le mani distrattamente tra i capelli.
«Siamo stati un noi ancor prima che lo capissimo, abbiamo rafforzato quel termine più volte di quanto vorrei anche solo ammettere e tutte le volte che agivamo per un io o un tu, non è mai davvero esistito. Ogni cosa fatta, ogni gesto compiuto, ogni battaglia affrontate quel noi diventava più forte fino a quando non ci ha portato proprio dove dovevamo essere. Qui» e buttò fuori quelle parole con ansia, tensione e sollievo, soprattutto perché appena si soffermò a vedere i suoi occhi lucidi capì che per lei era lo stesso che, non erano mai esistiti come due entità separate, ma erano sempre stati una sola cosa.
Clarke nascose il viso nell’incavo del suo collo, si permise di lasciarsi andare e pianse stringendo a sé quell’uomo che aveva accompagnato quegli anni di solitudine, che la capiva più di quanto fosse in grado di fare lei stessa e… quella persona che la faceva sentire parte di qualcosa di più grande e importante.
Non dissero nessun’altra parola, tutto si fermò quando rimasero abbracciati sotto un cielo stellato, ma seppure non sarebbe stato pronunciato quella sera, era nato un noi diverso.
Forse non sarebbero stati pronti ad affrontarlo, sarebbero caduti più volte di quanto sarebbero stati in grado di alzarsi, eppure quel sorriso che comparve sui lori visi, sull’espressione e sulle labbra stava indicando che c’erano. Sì, c’erano ma insieme.




 
   
 
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