Principe dei demoni
Banchi di fumo vagavano per
l’ambiente, rendendo meno
luminose le insegne rosse al neon. I divanetti di raso rosso ne erano
impregnati e anche la carta da parati marrone spento, che copriva le
pareti in
legno, puzzava di nicotina.
“Perciò
è vero, avete un ragazzo mezzo demone tra i giovani
che offrite” sussurrò Kakaroth. Spesse ciocche
more uscivano dal cappuccio nero
che indossava ed i suoi occhi brillavano gialli nella penombra.
La donna dall’altra parte
del bancone piegò di lato il capo
e sorrise. “Per quel genere di servizi devo prima chiedere al
direttore” gli rispose.
Kakaroth infilò le mani
nelle ampie tasche, nascondendo che
stava serrando un pugno così forte da far scricchiolare le
ossa.
“Lo chiami pure, io
aspetto” rispose con tono cordiale.
Guardò la donna allontanarsi con passo claudicante e
alzò lo sguardo, fissando
i lampadari di ottone sbiadito.
< Questo posto deve aver visto
tempi migliori. Se
scoprirò che è qui che tengono il mio principe,
però, ne vedranno di peggiori
>.
Sentì ridacchiare e
abbassò lo sguardo. Un uomo dalla pelle
candidissima, stretto da un vestito da geisha, gli si
avvicinò.
“Oh, lei
dev’essere l’ospite con i gusti insoliti”
soffiò.
Continuò a ridere con la bocca nascosta dalle dita
affusolate.
“Lei è il
direttore?” domandò Kakaroth.
L’albino piegò
di lato il capo, in un lungo mulinare di
capelli bianchi. “No, sono il fratello…
Nonché un’altra merce in vendita”.
Sporse in avanti il bacino, mentre i suoi occhi rossi brillavano.
“Abbiamo un
solo demone. Lo prese con sé mio padre, quando era lui il
direttore.
Però mio fratello ci tiene
a farle sapere che il costo sarà
più alto”. Indicò una fotografia che
ritraeva un altro giovane dalla pelle
pallidissima, però aveva giacca e cravatta neri ed
un’espressione mafiosa sul
volto.
Kakaroth lo interrogò:
“Perché ha mandato
‘te’?”.
Freezer mostrò i denti
candidi.
“Sono parte del prodotto.
Essendo parecchio recalcitrante ci
vuole qualcuno che se ne occupi” soffiò.
< Questa è
un’altra vittima. Non si merita di morire
quando farò saltare questo posto con tutti i maledetti al
suo interno >
pensò.
“Mia sorella Bulma
è in macchina. Potete chiedere a lei per
i soldi” rispose.
La vecchia, che si era nuovamente
avvicinata, si sfregò le
mani. < La conosco di nomina, è una miliardaria!
Potremo gonfiare ancora il
prezzo > si disse. “Vado ad avvertire il direttore che
avete trovato un
accordo” sussurrò, guardando un paio di volte
l’ultima porta del corridoio.
Kakaroth aspettò che
entrambi si fossero allontanati e si
diresse verso quella stanza con passo spedito. Si guardò
intorno e l’aprì,
infilandosi dentro.
L’ambiente era illuminato
dalla luce della luna che filtrava
da un’alta finestra circolare, con delle decorazioni in legno
chiaro.
Kakaroth sentì il fiato
mancargli mentre notava un ragazzino
seduto di terra, con le ginocchia piegate e le gambe aperte, sottili e
lisce.
Indossava un kimono viola che gli
lasciava scoperte le
spalle, il suo corpo era minuto e glabro.
“Lei è un
cliente?” domandò con voce femminea. Aveva degli
alti capelli a fiamma neri, dai riflessi vermigli, e delle alte corna
color
ebano.
Kakaroth gli si avvicinò.
Il giovinetto lo guardò
col labbro sporto, aveva un occhio
coperto da una benda nera, ma che lasciava intravedere una profonda
cicatrice
sul suo viso aguzzo.
Kakaroth
s’inginocchiò vicino a lui.
“Sì”
bisbigliò. < Si potrebbe anche dire così
visto che è
quello per cui mi sono spacciato > pensò.
Il giovane fece un ghigno e socchiuse
l’occhio sano,
truccato di rosso.
“Allora può
andare a farsi fottere” ringhiò.
Kakaroth sorrise e lo
abbracciò, stringendolo a sé,
mormorando: “Finalmente vi ho trovato, vostra
altezza”.
“Cos…”
biasciò Vegeta.
Kakaroth si sfilò il
cappuccio mostrando la propria
impalcatura di corna, anche se in parte segate. Si sfilò la
giacca e gliela
mise sulle spalle.
“Sono
venuto per
salvarla, principe” sussurrò.
Vegeta si raggomitolò tra
le sue braccia, tremando e chiuse
l’unico occhio, ansimando.
“Dimmi che questo non
è un sogno” mormorò, pregandolo.
Kakaroth lo cullò.
““Io sono come
voi, della stessa razza. Mi occuperò io di
voi” promise.
****
Vegeta stava raggomitolato su se
stesso, tremando.
“Non mi piace essere
toccato” ringhiò, serrando gli occhi.
Arrossì notando che la giovane davanti a lui lo fissava,
sorridendogli.
Bulma sussurrò:
“Devo curarti. Sei ricoperto di abrasioni e
segni di morsi”.
Vegeta serrò gli occhi.
“Umphf”
borbottò.
< Vorrei avere il fegato di
dirle che è una cosa normale
quando ti fottono a sangue, ma mi viene da vomitare al solo pensiero.
Non voglio ferire così a
fondo il mio orgoglio > pensò,
serrando gli occhi.
Bulma continuò a passargli
le mani sul corpo, spalmandogli
la crema, il più giovane ingoiò un gemito dovuto
dal bruciore e avvertì la
testa girare.
< Deve aver sofferto
così tanto. Kakaroth è stato
fortunato dall’essere adottato da mio padre quando era
piccolo > pensò.