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Autore: FalbaLove    30/04/2020    1 recensioni
Passato
“Almeno promettimi che non è un addio” questa frase fece irrigidire l’uomo: Akai era prima di tutto un agente dell’FBI e non poteva farle promesse del genere, lei doveva saperlo meglio di molti altri.
“Principessa …” bisbigliò. Shiho scosse la testa con decisione capendo che queste sue parole gli stavano facendo molto più male di quanto Akai potesse sopportare.
“Non ti dimenticherò mai Dai Moroboshi” sussurrò perché nonostante tutto il passato restava passato.
Presente
“Non voglio ritrovarmi da sola” confessò con un sussurro la bambina.
“Io non ti lascerò mai” quelle parole però non ebbero l’effetto sperato e fecero rabbuiare la ramata.
“Vorrei poterti credere, ma non ci riesco” Shinichi aveva una famiglia, degli amici e una fidanzata: ci sarebbe stato del posto anche per lei?
Futuro
“Spero che questo non implichi che non avremo più altra occasione di rivederci” commentò allungando le gambe sotto al tavolo e sfiorandole leggermente i piedi. Lei sorrise divertita sentendo uno strano sentimento impossessarsi del suo cuore.
“Lo spero anche io” concluse lasciando che il suo volto si rispecchiasse in quegli occhi blu come il il mare.
Perché il tempo scorre in fretta e ben presto il futuro diventa presente.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai, Tooru Amuro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Questa storia si svolge in un ipotetico futuro in cui l’Organizzazione è stata sgominata]
 
Presente
Shinichi correva il più velocemente possibile mentre la brezza fresca gli solleticò le guancia accaldate.
 Le strade di Tokyo, a quell’ora, erano stracolme di gente e al famoso detective liceale non rimase che sbattere violentemente contro di loro per cercare di farsi spazio. A nulla valsero le lamentele delle persone con  le quali si scontrava visto che i suoi pensieri erano da tutt’altra parte.
Un amaro sorriso si dipinse sul suo giovane volto al ricordo di quando, ancora sotto le false fattezze di Conan, sfrecciava con il suo skateboard: non poteva crederci che fossero già passati sei mesi. Ora non sapeva neanche se avrebbe sopportato il suo peso e in più l’oggetto in questione si trovava proprio dove si stata dirigendo con così tanta fretta.
Quando finalmente i suoi occhi riconobbero la via tanto agognata la sua fronte sembrò rilassarsi mentre un deciso fiatone intaccò la sua velocità.
 
Silenzio.
Quella casa era immersa nel più completo silenzio.
Shinichi si guardò preoccupato tutt’intorno: l’ambiente familiare e ordinato era oramai una presenza fissa nella sua mente eppure mancava qualcosa,  o per meglio di qualcuno. Si morse nervosamente il labbro fino a farlo quasi sanguinare ricercando con gli occhi un qualsiasi indizio.
“Haibara!” quel nome gli fuoriuscì dalla bocca con un tono estremamente acuto dettato senza dubbio dalla preoccupazione. Tese un orecchio alla ricerca di una qualsiasi risposta, ma solo il ticchettio del vecchio orologio a cucù rimbombò nella sua mente.
“Haibara” continuò con meno decisione. La sua voce si perse tra le mura mentre il giovane studente si decise finalmente a salire le scale. Un rumore conosciuto, ma allo stesso tempo dilaniante, non sfuggì alla sua attenzione.
 
Ai strinse con ancora più forza il piccolo oggetto che teneva racchiuso nella mano destra fino a percepire chiaramente le unghie farsi spazio nella carne. Tremante si rannicchiò più che potette sotto al  lavandino facendo combaciare il suo collo scoperto con le fredde mattonelle. Mille pensieri attanagliavano la sua mente e istintivamente la scienziata si portò le dita alle tempie come a voler fermare il cervello che le stava scoppiando.
“Haibara” quel nome, il suo nome, non la scompose affatto, ma sembrò spingerla ancora di più nel baratro in cui stava sprofondando.
“Haibara” questa volta il tono era decisamente molto più deciso. I suoi occhi grigi e stanchi si aprirono a fatica e solo in quel momento la bambina ramata parve risvegliarsi dai suoi ragionamenti.
“Kudo?!” bisbigliò quasi con un sussulto. Lui, così alto rispetto a lei, le sorrise dolcemente serrando gli occhi.
“Mi dispiace averci messo così tanto” sibilò chinandosi davanti a lei e permettendole di scrutare il suo volto: nonostante gli evidenti sforzi che stava facendo il giovane per celare la sua preoccupazione le sue labbra lo tradirono tremando lievemente.
“Grazie per essere venuto” replicò lei abbozzando un sorriso che però risultò molto più simile a una smorfia. Lui, di fronte a quel gesto, si lasciò andare a una forte risata che spazzò per un istante tutta l’angoscia che aleggiava in quel bagno. Ai si sentì più leggera.
“Allora ne sei veramente sicura?”  mormorò Shinichi riacquistando un certo decoro. Ai abbozzò un sorriso di fronte a quella domanda che lei stessa gli aveva riservato all’incirca sei mesi prima quando ancora la sua espressione preoccupata e seria poteva riflettersi sui suoi occhiali. Attentamente aprì la mano destra rivelando una piccola pillola blu e bianca.
“Sì” sospirò facendo finalmente incrociare i loro  occhi. Il liceale arrossì  lievemente davanti alla determinazione che la illuminava.
“Mi mancherà Ai Haibara” disse il giovane incrociando le braccia dietro alla testa con un gesto così poco da Shinichi, ma così tanto da Conan. Un debole sorriso si dipinse sul volto stanco e contrito della scienziata.
“Anche a me” rispose sincera scostando una ciocca ramata dalla fronte.
Passarono alcuni secondi nel più completo silenzio facendosi bastare  la presenza del corpo e del respiro dell’altro.
“Però” Ai alzò un sopracciglio interrogativa.
“Non vedo l’ora di conoscere Shiho Miyano” concluse il detective liceale lasciandosi sfuggire una espressione sorniona.
“Non penso che ti piacerà, è una tipa molto tosta che facilmente riuscirà a metterti i piedi in testa” commentò incrociando le corte braccia al petto e socchiudendo gli occhi grigi. Questo gesto però non le permise di constatare che finalmente i muscoli del suo migliore amico si erano rilassati.
“Allora non me la lascerò scappare”
Un ennesimo sospiro venne seguito da una manciata di secondi trascorsi nel più completo silenzio.
“La verità è che ho paura” Ai Haibara neanche si rese conto di star pronunciando quelle poche parole che scapparono veloci dalla sua bocca carnosa. Si portò istintivamente la mani sul volto: non aveva il coraggio di mostrargli il suo pianto, lacrime ricche di dolore e incertezze di fronte a quella nuova vita.
“Guardami” disse serio facendo scivolare la sua mano tra i suoi capelli ramati. A un qualsiasi sconosciuto sarebbe parsa  ambigua una scena come quella che si stava svolgendo tra il liceale e la bambina, ma la verità era tutt’altra.
“Non voglio ritrovarmi da sola” confessò con un sussurro la bambina alternando dei singhiozzi.
“Io non ti lascerò mai” quelle parole però non ebbero l’effetto sperato e fecero rabbuiare ulteriormente la ramata.
“Vorrei poterti credere, ma non ci riesco” Shinichi aveva una famiglia, degli amici e una fidanzata: ci sarebbe stato del posto anche per lei?
“Ti ho mai mentito?” la incalzò con il suo solito tono divertito che usava quando si trovava a disagio. Lei alzò gli occhi al cielo con un gesto tipico da Ai Haibara.
“Da dove inizio?”
Lui però non parlò, si limitò a trascinarla verso di sé con estrema facilità visto il suo esiguo peso. I loro sguardi nuovamente si incrociarono e la scienziata ebbe un tuffo al cuore.
“Però quella promessa l’ho mantenuta”
Lei si morse un labbro con forza fino a farlo sanguinare. Conan Edogawa c’era stato quando tutto era iniziato e quando tutto era finito e ancora oggi, a distanza di mesi, poteva scorgere il bambino occhialuto negli occhi del più famoso detective liceale di Tokyo.
“Io starò sempre al tuo fianco, Shiho” le sussurrò sincero.
“Non mi piace come pronunci il mio nome” di fronte a quel commento così privo di logica il giovane non riuscì a trattenere una fragorosa risata.
“Ti ci dovrai abituare”
 
 
Passato
Tutto era successo in un attimo: senza neanche accorgersene la porta di casa Kudo era stata spalancata con forza e ora Shuichi Akai si ritrovava una folta chioma ramata a solleticargli il viso mentre calde lacrime iniziarono a inumidirgli la maglia. Non disse niente, tra di loro non erano mai servite le parole, ma accolse quella tremante figura tra le sue braccia. Un dolce profumo gli solleticò il naso.
“Grazie” sussurrò tra i singhiozzi quella figura che l’agente dell’FBI non era affatto abituato a vedere così alta. Lui aumentò la stretta attorno alle sue spalle come se avesse paura che da un momento all’altro scomparisse, come se avesse paura che anche lei si dissolvesse per sempre dalla sua vita.
“Non vado da nessuna parte” sussurrò la giovane intuendo i cupi pensieri che attanagliavano la sua mente. Lui socchiuse gli occhi  non trattenendo un piccolo sorriso: tra di loro non erano mai servite le parole.
Si fermarono così, in quel gesto desiderato e tenero, per un manciata di tempo incalcolabile mentre il mondo attorno a loro continuò a scorrere veloce. Poi finalmente giunse il momento in cui i loro sguardi si scontrarono ed entrambi percepirono un chiaro tuffo al cuore.
Akai passò dolcemente i capelli ramati tra le dita callose.
“È bello rivederti, principessa” sussurrò con voce seria e ferma. Osservava attento il suo corpo finalmente da donna e il suo viso privo di qualsiasi segno fanciullesco. La preferiva così? Neanche lui lo sapeva.
Le sue guancie, di fronte a quello stupido soprannome, si dipinsero di rosso scarlatto mentre la figura di un giovane sborone dai lunghi capelli corvini ed un inusuale capello di lana si sovrappose al volto stanco e provato dell’agente dell’FBI. Lo preferiva così? Non seppe rispondere.
Le dita tremanti di Shiho si posarono senza esitazione sul suo volto spigoloso e segnato dalle sofferenze: lui non fece opposizione, ma ricercò sicuro la sua mano stringendola con forza. Una piccola smorfia di sofferenza si dipinse su volto adulto della ragazza e lui immediatamente lasciò quella presa. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva avuto un contatto del genere e si sentiva spaesato di fronte a quel corpo così fragile. La scienziata però non lo lasciò scappare e con sicurezza gli sfiorò i polpastrelli. L’uomo rimase sorpreso, ma si limitò a strizzare gli occhi lasciandosi sfuggire un sorriso divertito sicuramente poco consono per un agente del suo calibro. Continuò a fissarla con decisione come volesse imprimere nella sua memoria ogni suo dettaglio, conscio che il suo viso nella sua mente si stava confondendo e mischiando con quello di una persona che non aveva mai abbandonato i suoi sogni. Lei abbozzò un sorriso dimostrando l’età che da sempre aveva cercato di celare.
“Grazie per tutto quello che hai fatto per me” la sincerità  della Myano scalfì il cuore da troppo tempo trascurato dell’agente dell’FBI.
Akai sapeva benissimo che quelle parole celava una altra verità.
Si guardarono nuovamente negli occhi per alcuni istanti abituandosi al profumo e al torpore dell’altro: il tempo intorno a loro continuava a trascorrere veloce, ma a loro sembrò non importare. Poi, istintivamente, i respiri si fecero sempre più vicini fino a costringerli a sfiorarsi i nasi a vicenda. Ma non erano soli, entrambi lo sapevano bene: una donna dai lunghi capelli castani e dai luminosi occhi azzurri si mescolò nelle loro menti e tra i loro ricordi regalando un oscuro sentimento che attanagliò i loro cuori. Nessuno dei due riuscì a capire realmente che cosa fosse, ma se si fossero spinti oltre sapevano che non li avrebbe mai più abbandonati.
 
 
Futuro
Una pioggia battente fece assumere a Tooru Amuro una espressione preoccupata: fissò con insistenza le nuvole farsi sempre più scure e imponenti passandosi tra le mani lo straccio umido per i piatti. Un forte odore di bagnato gli fece storcere le labbra.
-Tooru?- il giovane cameriere sotto copertura girò di scatto la testa incontrando il volto accaldato di Azusa. Lei si passò quasi imbarazzata le mani tra i capelli arruffati e spettinati.
-Dovrei andare un attimo in magazzino, potresti occuparti tu dei clienti?- sospirò senza nascondere una certa stanchezza nel tono di voce. Il ragazzo annuì regalandole un grande sorriso e percepì un leggero sollievo dipingersi sul volto della collega. Appena la ragazza lo lasciò solo i suoi occhi azzurri ebbero il tempo di ispezione il piccolo Cafè Poirot. Sospirò sollevato constatando che, a causa della forte pioggia battente, il locale era praticamente deserto. Appoggiò svogliato il mento sulla mano asciugandosi alcune goccioline di sudore che scorrevano veloci sulle sue tempie. Nonostante i principali membri dell’Organizzazione fossero stati catturati il suo compito era tutt’altro che finito. Alzò le spalle non nascondendo una smorfia divertita: doveva ammettere che però la nuova realtà che si era creato come cameriere del Cafè Poirot  e apprendista del famoso detective Goro non gli dispiaceva poi così tanto. E poi il grido disperato di fronte all’evidente sconfitta di Gin continuava a solleticargli la mente.
In quel momento la porta del locale si aprì facendo tintinnare la campanella. Come un automa si sporse sul bancone per afferrare il taccuino delle ordinazioni, ma la nuova figura non si diresse verso di lui preferendo invece un angolo del locale. Una espressione scocciata e leggermente irritata si dipinse sulla sua pelle scura. Con lo sguardo seguì le microscopiche goccioline che lo sconosciuto aveva lasciato a terra.
-Ciao- disse lui avvicinandosi con il suo solito sorriso gentile. Il suo interlocutore però non alzò gli occhi e continuò a fissare assorto il paesaggio grigio e umido fuori dalla grande finestra. Amuro  alzò un sopracciglio pronto a doversi rapportare con un cliente difficile, ma man mano che si stava avvicinando alla strana figura i capelli ramati e ordinatamente acconciati catturano la sua attenzione.
-Posso avere il menù?- borbottò quella senza degnarlo di uno sguardo. Il ragazzo, di fronte a quel tono gelido e acido, riconobbe immediatamente da chi provenisse. Con sguardo attento analizzò la figura decisamente troppo cresciuta mentre un sorriso divertito si dipinse sul suo volto: ma allora l’aveva presa anche lei.
-Certo- mormorò con fare gentile per nulla turbato dal suo modo di fare. Lei si passò veloce una mano tra i capelli iniziando a sfogliare le pagine usurate. Rei Furuya aveva avuto un ruolo chiave nella distruzione dell’Organizzazione Nera eppure, per non far saltare la sua copertura, il suo nome non era saltato agli onori della cronaca. Un volto occhialuto e fanciullesco si mischiò nella sua mente con quello di un borioso detective liceale. Era stato lui, Silver Bullet, a pregarlo di non svelare la sua vera identità a quella preziosa creatura. La piccola Ai Haibara, che lui preferiva chiamare ancora Sherry, non aveva neanche la più pallida idea di quante cose le avesse celato quel furbo marmocchio.
-Allora che posso portarti?- disse appoggiando le braccia sul tavolino. Lei non si mosse continuando a tenere fissi i suoi occhi grigi sulle varie figure.
-Un caffè nero, grazie- un sorriso divertito si balenò sul suo volto ambrato: nonostante fosse tornata adulta non aveva perso i suoi gusti.
-Agli ordini, capo- il suo tono da sbruffone non scalfì minimamente la ragazza che continuò a non rivolgergli neanche uno sguardo. Amuro assottigliò gli occhi: anche il suo orribile caratteraccio non era sparito.
 
-Ecco a te- quelle poche parole risvegliarono Shiho dai suoi pensieri e Rei la vide sussultare.
-Scusa, non volevo spaventarti- disse mentre lei afferrò saldamente la tazza bollente tra le sue mani. Lo sguardo indagatore di Amuro si soffermò sui vestiti maschili che la ragazza stava indossando riconoscendo lo stile inconfondibile del giovane Kudo. Allora non era da molto che aveva preso l’antidoto.
-Potresti smetterla di fissarmi?- il suo tono tagliente tradì il suo viso angelico. Shiho soffiò con attenzione su quella bevanda scura e bollente beandosi del vapore che le solleticò il naso e le gote.
-Non ti ho mai vista da queste parti, sei per caso nuova?- la interpellò il giovane sedendosi senza preavviso sulla sedia affianco alla sua. Lei non si mosse, ma si limitò a sorseggiare il caffè.
-Mi sembra che ti paghino per lavorare- replicò seccata lasciando trasparire una smorfia infastidita. Il biondo sbadigliò sonoramente.
-Se avessi alzato lo sguardo avresti notato che il locale è vuoto- Shiho alzò gli occhi al cielo decisamente irritata. Aveva da sempre percepito una strana sensazione provenire da quel curioso cameriere eppure Shinichi le aveva giurato che non faceva assolutamente parte dell’Organizzazione, ma nonostante fosse stata sgomita la ramata non si sentiva ancora totalmente al sicuro.
-E comunque non hai ancora risposto alla mia domanda- la incalzò. La ragazza poggiò comodamente la schiena contro lo schienale della sedia ed accavallò le gambe in modo elegante.
.-Mi sono appena trasferita- sibilò portando nuovamente la tazzina a contatto con le labbra. Era talmente tanto infastidita dalla sua presenza che non si era neanche resa conto che il giovane cameriere non le aveva portata la usuale bustina di zucchero come sapesse alla perfezione i suoi gusti.
-Tokyo ha sempre bisogno di ragazze nuove e carine come te- Amuro era sicuramente un ragazzo di bel aspetto e questo complimento avrebbe innescato una reazione imbarazzata in molte ragazze, ma in Shiho questa sua affermazione aveva solo alimentato il disturbo che provava nell’averlo così vicino. A lei non importava affatto delle sue inutili parole, la sua mente era decisamente da un’altra parte.
Il cameriere si stiracchiò assottigliando lo sguardo: l’aveva subito intuito, c’era qualcosa che attanagliava i pensieri della giovane e non le permetteva di partecipare pienamente a quella discussione.
-Non penso ti paghino per fare il cascamorto con le clienti- tagliò corto lei allontanando la tazzina oramai vuota. Amuro sorrise divertito: tutti all’Organizzazione sapevano il rapporto che aveva legato Gin con la piccola scienziata eppure il giovane agente si era sempre domandato cosa avesse mai potuto avere una giovane del genere per attirare così tanto morbosamente quel pazzo di Gin. Ora, che se la ritrovava davanti, non aveva più dubbi.
-Fammi passare- tagliò corto la scienziata alzandosi di scatto. Il gesto fu talmente rapido e repentino che fece scendere leggermente la maglia troppo grande e maschile che stava indossando svelando una spalla candida: Amuro trasalì osservando la profonda cicatrice che creava un orrido contrasto con quel pallore. Lei però non ci fece caso e preferì dirigersi verso la porta in fretta e furia.
-A presto piccola  Sherry- ma le sue parole vennero brutalmente sovrastate dal forte scosciare della pioggia.
 
 
Passato
“Ciao principessa” le sue parole scalfiscono il cuore di Shiho come fossero un proiettile.
La ragazza, nonostante tutto, rimase immobile, con le braccia tese lungo i fianchi e un respiro affannato che mal celava la tristezza che pian piano stava crescendo dentro di lei. Non aveva il coraggio di pronunciare niente, di guardarlo perché temeva di crollare. Per fortuna il silenzio ingombrate che si era creato tra di loro venne spazzato via da una voce lontana che incominciò ad annunciare l’apertura del gate. Akai strinse con forza tra le mani il manico della valigia. I suoi occhi verdi e brillanti si levarono oltre quella gracile figura davanti a lui e osservarono per l’ultima volta sua sorella che lo stava guardando immobile senza reprimere le lacrime.
“Devo andare” mormorò a denti stretti ritornando con lo sguardo sui mossi capelli ramati. Lei annuì impercettibilmente serrando i pugni. Akai si lasciò sfuggire un sospiro: avrebbe voluto che lo guardasse almeno per quell’ultima volta, ma sapeva che Shiho odiava mostrarsi debole e vulnerabile anche davanti a lui.
“Devo andare” ripeté con voce calda e roca quasi a voler scandire il tempo che inesorabilmente passava. L’agente dell’FBI si lasciò sfuggire un debole sorriso percependo il rumore delle lacrime della giovane scienziata scontrarsi con il freddo pavimento. Sapeva benissimo che quello sarebbe potuto essere un addio tra di loro e non avrebbe permesso, non di nuovo, di lasciare così una Myano. Si avvicinò sicuro, riempiendo quello che ad entrambi sembrava un abisso, e la stinse tra le sue braccia: era così piccola e tremante che temette di farle del male, ma lei non oppose alcune resistenza.
“Mi mancherai” le sussurrò lasciando che il suo respiro le solleticasse l’orecchio. Lei abbozzò un sorriso cercando di reprimere le lacrime che si stavano facendo sempre più insistenti.
“Non andare” bisbigliò Shiho a fior di labbra rivelando quello che da troppo tempo avrebbe voluto dirgli.
“Non posso, lo sai” il suo tono era talmente serio e deciso che per un secondo Shiho si pentì di avergli detto quelle poche parole.
“Almeno promettimi che non è un addio” nuovamente questa frase fece irrigidire l’uomo: Akai era prima di tutto un agente dell’FBI e non poteva farle promesse del genere, lei doveva saperlo meglio di molti altri.
“Principessa …” bisbigliò lasciando che le sue labbra si increspassero in una smorfia di dolore. Shiho scosse la testa con decisione capendo che queste sue parole gli stavano facendo molto più male di quanto Akai potesse sopportare.
Non ti dimenticherò mai Dai Moroboshisussurrò perché nonostante tutto il passato restava passato.


 
 
 
 
Presente
Delle gambe magre e slanciate percorsero velocemente i lunghi corridoi dell’aeroporto di Tokyo. Attorno a quella giovane regnava la più completa frenesia eppure la ragazza sembrò completamente estraniata da quello che la circondava, troppo immersa nei suoi pensieri.
“Shiho!” il corpo delle ramata venne percorso da brividi, ma iniziò ad aumentare il passo. Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto come se sapesse già che quel momento sarebbe arrivato.
“Haibara!” questo nome, che da così tanto tempo non udiva più, la fece finalmente fermare. Una mano calda avvolse con forza il suo polso costringendola a girarsi.
“Pensavi veramente di andartene così? Pensavi veramente di poter scappare in questo modo?” il tono di voce del ragazzo è tagliante, pieno di un odio che però Shiho non riesce a non biasimare. Provò a scuotere la spalla, ma il suo interlocutore non aveva alcuna intenzione di lasciarla.
“Come hai potuto fare una cosa del genere a me?” l’instabilità della sua voce bastò a sgretolare il muro che la ramata si era costruita. Quando finalmente i loro sguardi si incontrarono anche l’ultima mattonella cadde a terra. Shiho non rispose, ma strinse con più forza il biglietto di sola andata per l’Inghilterra che aveva tra le mani come a ricordare a se stessa il motivo per cui si trovava lì.
“Mi dispiace Shinichi, ma lo sai che non sono brava con gli addii” biasciò percependo la gola farsi sempre più secca. In cuor suo la ramata sperava che realmente il giovane si bevesse quella bugia.
“Bugiarda” quella parola le aveva fatto male, ma non lo diede a vedere.
“Ti prego torna da Ran” mormorò a fior di labbra la giovane: i suoi occhi grigi ritornarono a fissare la figura stravolta della ragazza poco lontano da loro. Shiho percepì i muscoli irrigidirsi mentre lo sguardo della giovane Mouri li guardava attento.
Ran non era stupida, non lo era mai stata, e da quando la giovane Myano era entrata nella loro vita aveva osservato in silenzio la ramata crearsi sempre più spazio all’interno della esistenza dell’uomo che amava. Ma Ran non era cattiva e provava davvero del dolore in quel momento nel veder scomparire così in silenzio e furtivamente quella strana ragazza che oramai faceva parte di loro.
“Perché? Perché sei venuto Shinichi?” le sue parole le uscirono quasi forzate come se volesse spazzare via quel silenzio  doloroso che aleggiava tra di loro.
“Perché non voglio e non posso lasciarti andare” esclamò con rabbia Shinichi stringendo ancora più forte la sua mano sul pallido polso della scienziata. Shiho inspirò addolorata: era per questo che non gli aveva detto niente del lavoro a Londra, era per questo che gli aveva tenuto nascosta la sua partenza. La verità era che Shiho Myano aveva fatto soffrire per colpa sua già troppe persone e per una volta voleva farsi solo lei carico di tutta questa sofferenza.
“Devo farlo”
“Perché?” la sua domanda risultò dura e spigolosa, ma non sembrò scalfire minimamente il volto tirato della scienziata. Socchiuse gli occhi grigi a fatica: lo sapeva benissimo che nonostante tutto lui avrebbe scoperto la sua partenza, sapeva benissimo che avrebbe dovuto affrontarlo eppure non immaginava minimamente che avrebbe fatto così male.
“È la scelta più giusta” questa risposta però non gli sarebbe bastata, non più, non ora.
“Come puoi dire così? Come puoi lasciare il dottore Agasa, i Detective Boys e me?”il detective pronunciò quell’ultima parola con tono impacciato e con occhi afflitti che fecero intenerire ulteriormente la giovane Myano.
“Pensavo fossimo la tua famiglia” continuò Shinichi serrando le labbra e assumendo una espressione così simile a quella imbronciata che il piccolo Conan assumeva ogni qual volta bisognasse risolvere un caso.
Già Conan, la ragazza aggrottò le sopracciglia pensando da quanto tempo non sentisse più venir pronunciato quel nome. Per i primi mesi, quando sentiva di essere Ai Haibara nel corpo di Shiho Myano, aveva ricercato nei gesti più blandi del suo migliore amico quelli del bambino che le aveva rapito il cuore. Shiho se l’era domandato spesso cosa avesse provato per lui e facilmente era arrivata a una risposta che forse aveva fatto troppo male. Ma quello che aveva davanti a lei era Shinichi Kudo e poco lontano da loro li seguiva con lo sguardo la sua fidanzata, l’amore della sua vita. Socchiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un piccolo tremolio delle labbra: aveva ricercato con così tanta bramosia un posto nella vita di quel ragazzo che non si era accorta di quanto le fosse stretto.
“Lo siete” sussurrò increspando le labbra carnose in una smorfia.
“E lo sarete per sempre, ma Tokyo ora non è più il posto” disse senza enfasi. La scienziata avrebbe voluto con tutto il cuore che quell’addio fosse stato semplice, ma sapeva benissimo che con lui niente lo era mai stato.
“Mi mancherai” quelle parole non riuscirono a non riaccendere un sorriso che per troppo tempo le loro labbra avevano dimenticato.
“Anche tu, Shinichi” percepì chiaramente la presa del ragazzo farsi meno forte sul suo bianco polso. Per un secondo entrambi pregarono che quel gesto non si sciogliesse perché sembrava rappresentare l’ultimo legame tra i due, ma poi le loro pelli furono quasi costrette a lasciarsi.
Shiho alzò la mano sicura accarezzando la guancia arrossata del ragazzo che socchiuse debolmente gli occhi beandosi di quel contatto: gli occhi grigi e attenti percepirono un sussulto scuotere il corpo di Ran, ma questo gesto era così jmportante per entrambi che non ci badò. Poi, senza proferire alcun’altra parole, la sua mano si allontanò dal giovane tornando a stringere la maniglia della valigia.
“Shiho” il suo nome pronunciato da lui bloccò nuovamente la sua camminata.
“Spero che prima o poi Tokyo ritorni ad essere il tuo posto”
“Anche io”
E fu così che inevitabilmente anche il  presente divenne passato.
 
 
Futuro
Shiho alzò sbuffando il capo rivolgendolo verso il cielo: grossi goccioloni le bagnarono la frangia facendola rabbrividire. Nonostante Londra si preparasse all’inizio dei primi mesi estivi l’uggioso clima che la caratterizzata non si decideva ad abbandonarla. Irritata la ragazza scostò la manica del suo cappotto osservando l’orologio: corrucciò la fronte rendendosi conto che era estremamente in ritardo. I suoi occhi grigi analizzarono attentamente le vie della capitale inglese che anche quella mattina erano gremite di gente. Si morse debolmente un labbro scarlatto maledicendosi per non aver portato con sé un ombrello. Come aveva potuto, dopo aver trascorso quasi un anno in quella città, fare un errore del genere?
E come se non bastasse quella non era neanche una giornata qualsiasi perché, non curante del fatto che fosse il suo giorno libero, aveva un mucchio di lavoro da svolgere in laboratorio.
Il vento pungente penetrò facilmente sotto al cappotto scatenando un incontrollato tremolio che le fece ulteriormente capire quanto rimanere a casa sarebbe stata la scelta più giusta. La pioggia intanto iniziò a farsi sempre più insistente e il piccolo riparo che la ramata si era ritagliata risultò completamente inutile. Accennando una piccola corsetta la scienziata entrò nel primo bar possibile: si strofinò le mani infreddolite rallegrandosi nel notare che fortunatamente era praticamente vuoto. Velocemente si diresse verso il tavolo libero posizionato in un angolo.
“Cosa posso portarti?” una voce allegra e marcata da un forte accento scozzese la costrinse ad alzare lo sguardo.
“Un caffè nero” sussurrò il più cordialmente possibile mentre la cameriera annuì regalandole il suo più grande sorriso. Shiho poté, una volta nuovamente sola, riservare la sua più completa attenzione alle strade affollate e bagnate della città che oramai considerava casa. Sorrise compiaciuta constatando che aveva avuto una buona idea nel cercare riparo in quel luogo perché la pioggia batteva sempre più forte e come se non bastasse si era alzato anche un terribile vento. Londra era la città che sin da piccola aveva sempre agognato eppure in momenti come quelli rimpiangeva la sua soleggiata e calda Tokyo. Al ricordo di quel luogo una smorfia amara si dipinse sul suo volto ancora contornato da goccioline di pioggia.
“Ecco a te, capo” una voce, decisamente diversa e più mascolina rispetto a quella precedente, venne accompagnata dalla tazzina di bevanda fumante che il cameriere lasciò sul tavolino su cui la scienziata si stava appoggiando. Ancora troppo presa dai suoi pensieri la ragazza si limitò a sorridere debolmente sperando che questo suo gesto bastasse come ringraziamento verso quel cameriere. Mantenendo lo sguardo fissò sulla strada limitrofa al locale allungò una mano per afferrare il piattino e avvicinò la tazzina, ma qualcosa colpì la sua attenzione. Stranamente la solita bustina di zucchero non era presente nonostante lei non avesse specificato di non volerla.
“Caffè nero senza zucchero, giusto?” di scatto la ragazza si voltò mentre quella voce le parve sempre più familiare. Tooru Amuro la fissava con sguardo sornione mentre piccole gocce di pioggia rigavano le sue tempie.
“Cosa ci fai tu qui?” domandò con tono troppo tagliente che subito si pentì di aver pronunciato. Il suo interlocutore però risultò quasi divertirsi di fronte a questa sua frase e senza aspettare un suo invito si sedette davanti a lei.
“Ci siamo per caso già visti?” sibilò schioccando le labbra. Shiho inarcò la schiena rendendosi conto che effettivamente sotto le spoglie di Shiho si erano incontrati solo una volta molto tempo prima.
“Shiho Myano” si presentò allungando una mano ferma e decisa verso di lui. Il ragazzo alzò un sopracciglio quasi deluso di questo suo gesto senza notare un lieve luccichio che aveva fatto brillare i grigi occhi della sua interlocutrice.
“Rei Furuya” rispose con uno strano tono corrucciando la fronte.
“Allora Rei lo fai spesso?” all’udire quella domanda il biondo la fissò con insistenza non capendo dove volesse andare a parare. La ramata però sembrò non farci troppo caso di questa sua eccessiva attenzione e si passò una mano tra gli umidi capelli.
“Cosa?” bofonchiò incrociando le braccia dietro la testa. Nonostante fosse uno stimato agente della polizia nazionale giapponese non riuscì a reprimere una nota di insoddisfazione per quel loro secondo incontro. L’aveva immagino tante volte e conoscendo il carattere peperino e scontroso, ma allo stesso tempo molto affascinante, di quella preziosa ragazza si sarebbe aspettato tutt’altra cosa.
“Importunare le povere ragazze nei bar” continuò con una certa allusione che però non venne colta dal ragazzo. Lentamente la scienziata si portò la tazzina bollente alle labbra assaporando un primo sorso di quella bevanda afrodisiaca.
“Non capisco a cosa tu stia alludendo, io ci lavoro qui”
“Bugiardo” ribatté lei socchiudendo gli occhi.
“A parte che hai un terribile accento inglese che mal riesce a coprire quello giapponese e poi tu non sei un cameriere” quelle parole fecero fremere di eccitazione il biondo che si allungò sul tavolo permettendo ai suoi occhi blu di ispezionare meglio il viso rilassato della sua interlocutrice.
“E come fai a dirlo?” domandò con un certo tono di sfida. La ramata sospirò vistosamente come ad indicare che si stava annoiando.
“Perché spero che in questi anni tu sia riuscito a fare un minimo di carriera, giusto Tooru Amuro?” commentò lasciando finalmente che i loro sguardi si incontrassero. Un ampia sorriso si dipinse sulla pelle ambrata del giovane mentre, a fatica, la ragazza riuscì a trattenere una espressione divertita.
“Non pensavo mi avessi riconosciuto” confessò passandosi un dito sulle labbra. Lei alzò stizzita gli occhi al cielo.
“Io non ti facevo così stupido” ribatté piccante cosa che aumentò ancora di più l’ilarità in Rei.
“Vedo con piacere che sei rimasta acida come una volta” lei alzò le spalle sorseggiando nuovamente la sua bevanda.
“È bello rivederti” confessò estremamente a suo agio il biondo permettendo alla sua schiena di appoggiarsi al sedile del divanetto. Il sorriso di circostanza di quella ragazza lo infastidiva, ma decise di non darlo a vedere. Lei schioccò le labbra come a voler ignorare queste sue ultime parole.
“Allora cosa ci fai qui?” domandò il ragazzo. La ramata, a malavoglia, riportò il suo sguardo sul volto del suo interlocutore non lasciando trasparire alcuna emozione.
“Lavoro” rispose secca come a voler stroncare qualsiasi discorso sul nascere. Rei si strofinò le mani senza rendersi conto che la piccola Myano aveva appena iniziato a giocare.
“E tu?”
“Io sono qui in vacanza” mentì il ragazzo non sapendo ancora a che punto potesse spingersi.
“Bugiardo” Tooru Amuro non lo diede a vedere, ma udire nuovamente questa parola venir pronunciata dalle sue labbra carnose riscosse le sue stanche membra. Passarono alcuni secondi nel più completo silenzio mentre il giovane scrutava attento ogni singolo movimento di Shiho e lei, da parte sua, continuava a sorseggiare il caffè oramai non più bollente.
“Ti offendi se ti confesso che questo giochetto sta iniziando a stancarmi, Bourbon?”
“Non pensavo che sapessi”
“Ho sempre saputo tutto, non sono così stupida come a Shinichi piace pensare” quel nome, che da troppo tempo più non pronunciava, le provocò una fitta al cuore che fece immediatamente rabbuiare i suoi occhi cosa che non sfuggì al suo interlocutore.
“E comunque anche io sono contenta di vederti” sussurrò cercando quasi di celare queste sue parole dietro la tazzina.
“Non ti ho mai ringraziato per tutto quello che hai fatto” ci tenne ad aggiungere prima che Rei si facesse strane idee. Lui però, di fronte a questa sua confessione, iniziò a ridere sguaiatamente attirando l’attenzione dei pochi clienti presenti in quel bar.
“Spero che questo non implichi che non avremo più altra occasione di rivederci” commentò allungando le gambe sotto al tavolo e sfiorandole leggermente i piedi.  Lei sorrise divertita sentendo uno strano sentimento impossessarsi del suo cuore.
“Lo spero anche io” concluse lasciando che il suo volto si rispecchiasse in quegli occhi blu come il mare.
Perché il tempo scorre in fretta e ben presto il futuro diventa presente.
   
 
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