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Autore: Freya_Melyor    01/05/2020    9 recensioni
~ Seconda classificata e vincitrice del premio "Magico Natale" per la miglior atmosfera natalizia al contest "A Christmas Novel" indetto da Pampa313 sul forum di EFP ~
~ Quinta classificata al contest "Seasons Die One After Another" indetto da Laila_Dahl sul Forum EFP ~
Natale e famiglia. Natale è famiglia.
Questi i pensieri di Marian, eterna innamorata della festa più "buona" dell'anno, quella capace di emozionare, far sognare e sperare grazie alla sua intramontabile magia.
Dal testo:
"[...] Eppure, per quanto la fantasia le galoppasse, si rendeva ben conto che di persone come lei ne erano rimaste poche. Tanti la reputavano sognatrice, forse anche troppo, ma non le importava: mantenere integre le tradizione, il fascino e la magia del Natale – così come i genitori le avevano insegnato fin da bambina – era il suo unico scopo e avrebbe fatto di tutto per riuscirci, per respirare anno dopo anno l'aria fremente, elettrica e dolciastra che novembre lasciava in eredità a dicembre. [...]"
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All I want for Christmas is...



Tanti consideravano novembre brutto, freddo, piovoso e sfortunato, ma a Marian piaceva; non solo perché era il mese in cui era nata, ma anche e soprattutto perché era il mese dell'attesa, quello in cui vedeva il fermento prendere vita e crescere negli animi della gente e della città.
Ogni anno, passata la prima decade novembrina, cominciava di già a percepire nell'aria un'adrenalina frenetica, quel tipo di adrenalina che mette una strana ansia addosso, che affretta il tempo e rende più intenso il timore di non riuscire a terminare i preparativi prefissati per l'arrivo delle feste.
In quel periodo il clima pungente le sembrava impregnarsi dell'aroma dolciastro dei bastoncini di zucchero, le vetrine dei negozi colorarsi di speranza e bontà, la gente divenire più cordiale e maggiormente propensa alla buona educazione. La città, infine, s'illuminava di una miriade di lucciole che rendevano l'atmosfera magica; e, nonostante fossero le stesse luminarie di sempre, ogni anno le pareva portassero buone nuove, rallegrando lo spirito che in quel mese invernale tanto allegro poi non era.
Adorava passeggiare per i viali addobbati, perdersi nelle mille e più sfaccettature dei colori e dei giochi di luce; le piaceva immaginare che quello fosse un regalo, il regalo che il cielo faceva ai tristi mortali per ricordar loro quanto bella potesse essere la vita se solo non fossero stati così ciechi da guardarla senza vederla realmente.
Eppure, per quanto la fantasia le galoppasse, si rendeva ben conto che di persone come lei ne erano rimaste poche. Tanti la reputavano sognatrice, forse anche troppo, ma non le importava: mantenere integre le tradizioni, il fascino e la magia del Natale – così come i genitori le avevano insegnato fin da bambina – era il suo unico scopo e avrebbe fatto di tutto per riuscirci, per respirare anno dopo anno l'aria fremente, elettrica e dolciastra che novembre lasciava in eredità a dicembre.

 
~


Il Natale le era sempre piaciuto fin da che aveva memoria; era stata e continuava a essere la sua festività preferita, quella in cui si concedeva di ritornare bambina nonostante l'infanzia l'avesse abbandonata ormai da parecchio tempo.
Ricordava ancora con gioia quel 25 dicembre di vent'anni prima, quando sotto l'albero non aveva trovato alcun pacco ma una busta da lettere tempestata di porporina argentea: una lettera indirizzata a lei da parte di “Babbo Natale – Via delle Nevi 25 – Polo Nord”, il cui francobollo consisteva nel disegno di un candido paesaggio innevato. Babbo Natale le scriveva che non aveva potuto portarle il proiettore che voleva perché parecchi bambini in tutto il mondo avevano richiesto lo stesso dono e le sue scorte si erano dunque esaurite, ma le lasciava un buono-regalo in modo che potesse andare insieme ai genitori a comprare ciò che desiderava. La parte più bella della lettera però, quella che ricordava con maggior entusiasmo, era quella in cui Babbo Natale le diceva che era stata una brava bambina e che, se avesse continuato a comportarsi bene, un giorno lo avrebbe affiancato insieme agli elfi nel suo magico laboratorio.
Negli anni Marian custodì gelosamente la lettera e, una volta cresciuta, si rese conto di come la madre (brillante artefice di quell'escamotage) si fosse adoperata per non lasciarla con l'amaro in bocca e la delusione negli occhi.
In realtà quello fu per Marian il regalo più bello che potesse mai ricevere: sapere che un giorno avrebbe personalmente visto il luogo più straordinario del mondo!

Ricordava poi il Natale di qualche anno dopo passato a casa degli zii, quando la sera del 24 dicembre arrivò un uomo vestito di rosso con la barba bianca che però, per i suoi gusti, era troppo magro per essere Babbo Natale. Di fatti, nell'unica foto che scattarono a lei e al cuginetto seduti sulle ginocchia dell'impostore, venne immortalato tutto il disappunto che provò per quel bugiardo che, ne era sicura, aveva rubato l'identità del suo amato beniamino. Intanto, nella candida ingenuità dei dieci anni, si domandava come fosse possibile che gli adulti non si accorgessero affatto dell'inganno.
E poi, con meno gioia, ricordava il giorno in cui venne a sapere che Babbo Natale non esisteva.
Era abbastanza grandicella rispetto ai propri coetanei che già da un po' avevano scoperto la verità, ma – a dispetto dell'età – lei viveva nel suo mondo ingenuo e colorato, e la mamma, che le aveva trasmesso la capacità di sognare fantasiosamente, pianse insieme a lei quando fu infine costretta a rivelarle la realtà. Subito dopo, però, le disse che Babbo Natale poteva continuare a vivere nel suo immaginario, nel suo cuore e nei suoi pensieri, nelle sue parole e nella magia che quella lieta festa si portava dietro. Solo perché non si trattava di una persona in carne e ossa, non significava che non potesse esistere sul serio; d'altronde non lo aveva mai visto neanche prima, quando ancora la dura concretezza non l'aveva strappata all'infanzia per catapultarla nel mondo reale... e se il mondo in quel modo le sembrava incolore, poteva sempre renderlo speranzoso con una pennellata di verde, pieno d'amore con un tocco di rosso e impreziosirlo con rifiniture dorate!
Insomma, se aveva passato una felice infanzia, anche quando alcune verità arrivarono a turbarle l'animo e a farle vacillare certezze fino a quel momento indiscusse, era stato merito della madre che, come lei, non aveva mai smesso di credere.
E così avrebbe fatto anche Marian, quando e se fosse divenuta genitore, crescendo i propri figli in un mondo spensierato, pregno dei loro colori preferiti, anche se ciò avesse significato vedere renne volanti dal naso rosso e pupazzi di neve canterini.

 
~


Era la sera della Vigilia di Natale e, come di consueto, tutta la famiglia si era riunita a casa dei genitori di Marian. La cena era stata deliziosa e abbondante come solo una cena festiva poteva essere; eppure, nonostante la pancia piena e l'abbiocco che inevitabilmente cominciava a calare, si mantennero tutti vispi per la messa di mezzanotte.
Diventando grande, oltre alla magica visione natalizia dei bambini, Marian aveva preso coscienza anche di quella religiosa. La funzione notturna le piaceva molto più rispetto a quella che si teneva il mattino seguente: le pareva che ascoltare quella messa, aspettando insieme agli altri fedeli che le lancette scoccassero la mezzanotte, fosse più intimo e raccolto poiché ad assistere vi era meno gente; per tale motivo il silenzio risultava maggiormente rispettoso e sacro, trepido d'attesa proprio come lo era per lei quel periodo. Tutti aspettavano che le campane suonassero a festa, annunciando la nascita di Gesù Bambino, e che le luci – dapprima soffuse – illuminassero a giorno la chiesa. Adorava il momento in cui il Bambinello veniva posto sull'altare principale e amava intonare il tipico canto natalizio che non mancava un solo anno di farla commuovere, riportandole alla memoria i ricordi dell'infanzia, quelli in cui la nonna le aveva pazientemente insegnato le strofe.
Per lei il Natale significava amore, semplicità, bontà e soprattutto famiglia.
La sé ragazzina, come tutti i bambini, sarebbe rimasta male nel non ricevere un pacco da scartare il 25 mattina; ma la sé adulta e matura non desiderava altro che serenità e armonia, conscia di quanto una famiglia unita e amorevole fosse l'unico regalo che – di quei tempi – davvero contasse.
C'era una cosa, però, che Marian desiderava da tutta la vita; l'unico dono che avrebbe sempre voluto ricevere ma che, per quanto tangibile, non si poteva in alcun modo comprare: la neve.
Ogni anno, terminata la messa, sperava ardentemente di uscir fuori e trovare dinnanzi agli occhi lo spettacolo della piazza innevata, immacolata dal candore dei fiocchi che, placidi e silenziosi, imbiancavano ogni cosa. Ciononostante, benché fosse il suo più grande desiderio, in ventisette anni di vita non le era ancora stato esaudito; ma Marian non disperava, non si abbatteva affatto, consapevole che – prima o poi – qualcuno da lassù l'avrebbe accontentata.
Quand'anche quell'anno, terminata la messa, nessuna coltre bianca l'attese fuori dalla chiesa, Marian tirò un tranquillo sospiro e, intrecciando le proprie dita a quelle di suo marito Filippo, s'incamminò pacatamente verso casa.
Il freddo dicembrino era pungente, frizzava nell'aria solleticandole il naso. Neanche l'ombra di un fiocco all'orizzonte, ma lei si sentiva felice... felice come non lo era mai stata. Per quel Natale le pareva di aver già ricevuto un regalo: non aveva la più pallida idea di cosa fosse, eppure la sola sensazione di beatitudine che provava consisteva di per sé in un grande dono.
Un sorriso le illuminò il volto dai lineamenti rilassati e gli occhi le scintillarono gioiosi mentre si voltò a guardare Filippo che, a sua volta, sorrideva felice; istintivamente entrambi rafforzarono la presa sulla mano dell'altro, racchiudendo in quel semplice gesto tutto il sentimento che li univa.
Quando infine giunsero a casa, si infilarono nel letto avvolgendosi in un silenzioso quanto eloquente abbraccio: stringendola da dietro, Filippo le baciò affettuosamente la chioma che odorava di pan di zenzero, mentre, cingendole i fianchi, le carezzò il ventre con una dolcezza che a Marian parve tutta nuova.
Adorava rannicchiarsi contro il petto del marito, contro quel corpo che emanava calore e che la faceva sentire protetta: la sensazione di riparo che Filippo le dava le era sempre piaciuta, capace di rassicurarla anche solo con uno sguardo colmo di tutto l'amore che provava per lei.
In quei momenti, mentre si lasciava cullare dalle forti e tenere braccia del marito, sognava a occhi aperti prima di abbandonarsi a Morfeo.
Quando quella notte si addormentò, Marian non sapeva ancora che le immagini che il dormiveglia le proiettava tutte le sere sarebbero divenute reali. Non sapeva ancora che effettivamente c'era un motivo se percepiva le carezze del marito più delicate del solito, quasi avessero voluto fungere da scudo per proteggere il più prezioso fra i tesori: la vita che ella custodiva dentro di sé; una vita che sarebbe divenuta molto più preziosa della propria, della cui esistenza avrebbe scoperto solamente il mattino seguente. Non sapeva ancora che la gioia, per Filippo, sarebbe stata tale da farlo piangere e ridere al contempo, incapace di smettere, mentre la prendeva in braccio per farla volteggiare in aria.
Non sapeva ancora che durante il pranzo al quale avrebbe preso parte tutta la famiglia – sia la propria che quella di suo marito – la contentezza sarebbe stata così grande che, non stando più nella pelle, avrebbero annunciato la bella notizia, scatenando così ulteriori lacrime di felicità e commozione nei futuri nonni e zii.
Non sapeva ancora che, finalmente, avrebbe potuto portare avanti le tradizioni proprio come aveva sempre desiderato, insegnando ai propri figli ad attendere il Natale con immensa festosità.
Avrebbe raccontato loro dell'omone vestito di rosso con la barba bianca, glielo avrebbe fatto conoscere tramite il bicchiere di latte vuoto e i biscotti mangiucchiati lasciati sotto l'albero, attraverso letterine scintillanti e parole d'incoraggiamento.
Avrebbe parlato loro dell'umile Bambino Gesù, adagiato in una mangiatoia, riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello, bagnato dalla luce della stella più brillante di tutto il firmamento.
Avrebbe pianto insieme a loro quando, raggiunta la consapevolezza, sarebbero stati catapultati nel mondo reale; ma, come sua madre fece con lei, li avrebbe esortati a continuare a credere.
Soprattutto, avrebbe insegnato ai propri figli il valore della famiglia, del bene e del rispetto reciproco; l'importanza dell'esserci sempre gli uni per gli altri, tanto nei momenti belli quanto e specialmente in quelli brutti.
Non poteva ancora saperlo, ma quello sarebbe stato solamente il primo di molti altri nuovi Natali vissuti insieme ai propri familiari, circondata dall'affetto delle persone che più amava e che più l'amavano, protetta dal sentimento incondizionato che Filippo nutriva per lei e che lei ricambiava con la stessa intensità, riscaldata dall'abbraccio dei propri cari riuniti tutti intorno allo stesso tavolo per festeggiare insieme la ricorrenza più felice dell'anno, quella da lei tanto prediletta; quella che, prima da mamma e successivamente da nonna, avrebbe insegnato ad amare a figli e nipoti.
E mentre Marian era stretta a Filippo, serenamente e profondamente addormentata fra le sue braccia, timidi fiocchi cominciarono a scendere leggiadri dal cielo; e la luna, alta e splendente, non mancò di riflettere e accentuare il candore del bianco che, con grazia, ricopriva ogni cosa, rendendo lo scenario estremamente magico e natalizio.
Sì, quello sarebbe stato un Natale davvero speciale per Marian, per la famiglia che già aveva e per quella che stava per creare insieme a suo marito. Ma questo non poteva saperlo, non ancora!







NdA:
Rubo solo un momentino per comunicare una cosuccia alla cara Laila_Dahl che ha dato vita al contest meraviglioso cui partecipa questa OneShot.
Ho letteralmente adorato il pacchetto scelto: Natale e famiglia sono due cose che amo, delle quali non potrei fare a meno e che, secondo la mia personale opinione, camminano di pari passo.
Ciò che dovevo fare era scrivere una storia fluff che avesse come tema il Natale in famiglia.
Ecco, ho scritto e riscritto la OneShot mille volte, tolto, aggiunto e modificato pezzi, ma alla fine tornavo sempre sulle stesse parole... parole che per me racchiudono un profondo significato. E niente, mi sono arresa a loro!
Ho voluto raccontare di un Natale in famiglia descrivendolo più che altro a livello di sensazioni, evocando ricordi ed emozioni suscitati nella protagonista, per la quale il Natale è famiglia: la famiglia che l'ha cresciuta (quella d'origine), la famiglia che l'ha accolta (quella del marito) e la famiglia che sta per costruire insieme al suo sposo.
Forse le mie righe non rispecchieranno ciò che Laila_Dahl si aspettava. In realtà non rispecchiano neanche ciò che io mi aspettavo di scrivere quando ho deciso di partecipare, ma sicuramente riflettono ciò che sento. Per cui, anche se probabilmente sono andata fuori tema, non importa. Va benissimo così. È stato davvero emozionante lasciare che ciò che provo nei confronti di questa festa, della famiglia e di entrambe le cose unite, uscisse fuori e prendesse vita!
Grazie a tutti per la pazienza.

 

   
 
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