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Autore: Estethell    01/05/2020    0 recensioni
Nori è un ladro che ruba agli ubriachi, approfittando della loro stato alterato. Una notte incontra un nano ubriaco che sembra avere un interesse particolare per lui. È l'inizio di una quasi amicizia che non ha futuro, ma nonostante le apparenze loro ci credono ancora. E quando una serie di eventi li avvicina maggiormente, iniziano a chiedersi quale sia la linea sottile tra amicizia improbabile e amore impossibile.
Oppure: Come Nori conosce un Bofur ubriaco e inizia a incontrarlo ogni sera per rubare i suoi soldi e chiacchierare con lui, fino a quando una serie speciale di eventi li porta a unirsi alla compagnia di Thorin e iniziare la loro "amicizia"
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Bilbo Baggins, Bofur, Nori, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Era una placida notte di fine autunno, una di quelle serate dove i primi freddi dell’inverno mordevano la pelle e scuotevano pigramente le barbe. Nori, appollaiato sul tetto di una casa, inspirò pesantemente l’aria fredda e gradevole, emettendo un sospiro compiaciuto. Gli piaceva l’inverno, aveva sempre trovato molto gratificante fermarsi davanti il calore di un camino con una buona bevanda calda in mano, riscaldandosi e cullandosi nel piacere. Peccato che non avesse un camino, e le uniche volte che riusciva davvero a scaldarsi era quando entrava nelle varie locande disseminate per Belegost. Ma nonostante ciò, il nano color zenzero continuava ad amare la stagione fredda, soprattutto perché con tutti gli strati di vestiti che la gente era costretta a indossare rubare era relativamente facile.

Lentamente si alzò in piedi, guardandosi intorno. Si trovava su uno dei tantissimi tetti delle case di Belegost, un agglomerato di edifici costruiti sia nella pietra che con la pietra, che si ammassavano l’uno sull’altro creando spazi strettissimi in cui entrare o facili passaggi sui tetti da praticare. Nori doveva ammetterlo, quella colonia era il paradiso di ogni malvivente con tutti quei vicoli, quei passaggi senza uscita, nascondigli dove sfuggire dalle guardie. Era davvero il posto ideale dove vivere e dove praticare il loro discutibile mestiere che, per quanto fosse disprezzato, riempiva generosamente le tasche del nano senza troppo sforzo.

Da dove si trovava ora, non sembrava esserci guardie di pattuglia per le strade, o almeno troppo vicine. Con un balzo, atterrò su un altro tetto e iniziò a muoversi furtivamente, cercando di non fare alcun rumore. L’ultima cosa che voleva era allarmare qualche inquilino e attirare l’attenzione delle guardie. Perché se Belegost era ormai avvezza alla criminalità, soprattutto quella notturna, anche i cittadini lo erano ed erano più che preparati a rispondere ad essa. Nori ancora ricordava i lividi che aveva ricevuto quando, atterrando su un tetto, era scivolato ed era caduto vicino un gruppo di nani, che riconoscendolo subito come un ladro avevano cercato di linciarlo e farlo arrestare. Fortunatamente, il nano color zenzero era piuttosto veloce e agile, e riuscì a sfuggire alla furia della folla.

Mentre avanzava di tetto in tetto, passi felpati e movimenti veloci, iniziò a vedere le luci del suo obbiettivo: una locanda.
Nori non era quel genere di ladro grezzo e approssimativo che afferrava le persone, le gettava in un vicolo minacciandole di morte e le spogliava di ogni avere, tirando qualche pugno qua e là per puro divertimento. No, lui era un tipo più subdolo e raffinato, in grado di rubare senza essere visto, e soprattutto in grado di mascherare il misfatto. La sua tecnica, ormai perfezionata negli anni, era unica e finora rimasta infallibile; prendeva generalmente di mira gli ubriachi che uscivano dalla taverna, si avvicinava di soppiatto a loro e gli sfilava il borsello dei soldi, prendeva la maggior parte del bottino rimettendo a posto il borsello con solo qualche spiccio. Così facendo, Nori si assicurava un buon guadagno e il giorno dopo la povera vittima invece di essere stata derubata credeva di aver speso quasi tutto nel bere e nel gioco.
Era semplicemente geniale.

Si procurava di che vivere con questo metodo da molti decenni ormai, vantandosi di essere stato catturato e imprigionato pochissime volte. In realtà il capitano delle guardie Dwalin lo aveva beccato in flagrante un’infinità di volte, ma era quasi sempre riuscito a darsela a gambe. E le volte che finiva in cella, riusciva sempre in qualche modo ad evadere.

Si accovacciò sul tetto di una casa poco distante dalla locanda presa di mira, un posto piuttosto squallido in un quartiere altrettanto orrendo. Era una di quelle zone di periferia dove vivevano i nani più poveri della colonia, gente che viveva quasi di stenti con lavori miserabili o semplicemente con famiglie così numerose che nemmeno l’oro di Erebor avrebbe potuto risollevarli. In più, quel particolare quartiere si trovava vicino le miniere della città, dove ogni giorno brulicava una moltitudine di nani a lavoro o semplicemente in cerca di occupazione.

In effetti Nori non aveva alcun diritto di giudicare quella gente e il loro stile di vita, ma si ritrovò comunque ad arricciare il naso quando un gruppo di nani completamente ricoperti di chissà quale scoria da miniera, con i picconi in spalla, si avvicinò alla porta della locanda ed entrò. Non proveniva da una famiglia nobile, anzi la sua famiglia era piuttosto disastrata e per questo era stato quasi costretto a darsi alla malavita e al furto, ma ancora c’erano alcuni mestieri che proprio non sopportava. E lavorare in miniera era uno di quelli.

“Così degradante” Si ritrovò a sussurrare mentre si guardava nuovamente intorno per studiare il campo su cui avrebbe agito. Ancora nessuna guardia in giro - che serata fortunata! – e la strada era scarsamente illuminata offrendo molti punti bui dove avrebbe potuto agire.
L’unica cosa da fare adesso era aspettare qualche ignara vittima.

L’attesa non durò molto e prima della mezzanotte Nori riuscì a borseggiare con successo due nani pesantemente ubriachi, uno dei quali gli aveva quasi vomitato addosso in un impeto di nausea. Semplicemente disgustoso.
Anche lui era un amante della birra e delle bevute, come ogni nano del resto, ma ridursi in quel modo era a dir poco vergognoso. Alcuni individui non sapevano cos’era la dignità.

Poco tempo dopo la mezzanotte dalla taverna uscì un altro povero malcapitato, anche questo pesantemente ubriaco a giudicare dal suo andamento barcollante e dalle improbabili canzoni che urlava a squarciagola. Indossava un bizzarro quanto ridicolo cappello e portava in spalla un grosso piccone, simile a quelli degli altri minatori.
Un’altra povera anima a cui alleggerire le tasche.

Come sempre, Nori si calò velocemente giù dal tetto, il più silenziosamente possibile, e si affiancò al nano ubriaco, tenendosi sempre qualche passo dietro di lui nella penombra per non essere visto. Ma da quello che aveva potuto notare, quel nano non avrebbe visto nemmeno un olifante a pochi passi da lui.

“There’s an inn, a merry old inn, beneath an old green hill… (parole biascicate e incomprensibili) … on night to drink his fill!”

Oh Mahal proteggilo!
Ma la cosa più fastidiosa non era il palese lamento di morte in cui quel nano stava riducendo quella simpatica canzone, quanto il fatto che stesse girando su sé stesso, barcollando ovunque e trascinandosi vicino il muro della casa. Così facendo era quasi impossibile rendersi invisibili e derubarlo.
Perciò Nori decise di cambiare tattica.

Smise semplicemente di nascondersi alle spalle del nano e lo afferrò con una mano sulla spalla libera. Il nano sobbalzò immediatamente e si girò di scatto, andando quasi ad accasciarsi sul muro per essersi sbilanciato così velocemente.

“Oh, ciao amico, che bella serata vero? Vuoi qualcosa? Oh, ma siete in due, e siete incredibilmente uguali! Siete gemelli?” Disse con la bocca impastata e sgranando gli occhi velati dall’alcol.

Nori si ritrovò a ridacchiare alla moltitudine di domande sciocche del nano.

“Ciao, si! Vedi io e mio fratello siamo gemelli e ci stavamo chiedendo dove potresti aver nascosto le tue monete. Sai per una scommessa tra fratelli, s’intende!” Disse mentre sfoderava il suo più disarmante sorriso falso.

Il nano rimase alcuni secondi a osservarlo abbindolato, come se la sua mente stesse elaborando chissà quale pensiero articolato, fissandolo con uno sguardo inebetito e un sorriso sciocco sul volto. Ma almeno il nano color zenzero ebbe il tempo di osservarlo più da vicino. Quello che sembrava essere un minatore non aveva la tipica barba folta e intrecciata di quasi tutti i nani di Belegost. Al suo posto invece c’era un piccolo pizzetto sul mento e due lunghi e ridicoli baffi arricciati, qualcosa di veramente inusuale per la loro razza. Inoltre, portava i capelli intrecciati in tre semplici trecce, due delle quali erano assurdamente tirate all’insù sotto quel buffo e sciatto cappello. Era vestito con dei panni piuttosto semplici e logori, una sciarpa che aveva visto giorni migliori attorno al collo.
Nori rimase discretamente deluso nell’osservarlo, come avrebbe potuto un disgraziato del genere avere anche una singola moneta di valore addosso? Aveva la tipica faccia di quei beoni che spendevano tutta la loro paga giornaliera in boccali di birra, inoltre non sembrava neanche lontanamente intelligente. Ma almeno non era troppo sgradevole allo sguardo.

Come per magia, il suddetto nano si ridestò dai suoi pensieri e con un largo sorriso iniziò a frugarsi nelle tasche.

“Ma certo, una scommessa! Ho anch’io un fratello sai, e anche molto grosso… (parole incomprensibili) … provare a scommettere con lui! Ah, eccolo qua!”

Tirò fuori da una tasca della tunica un piccolo borsello tristemente sgonfio e lo mostrò trionfante al suo interlocutore. Nori lo arraffò velocemente e lo aprì curiosando all’interno.

“Ahah simpatico, adesso ci sono due borselli!” Esclamò il minatore ondeggiando sul posto.

Come aveva previsto, il borsello conteneva non più di quattro monete, tre d’argento e una di rame. Lanciando un’occhiata veloce al minatore davanti a sé, Nori fece scivolare tre delle quattro monete nella manica della sua tunica con un movimento preciso e veloce, lasciandone soltanto una d’argento al suo interno. Non pensava che quell’ubriacone avrebbe potuto anche solo immaginare cosa stesse facendo, ma la prudenza non era mai troppa. Con un sorriso gentile chiuse nuovamente il borsello e lo restituì alla sua vittima.

“Grazie amico, a quanto pare ho perso. Beh, buona nottata!” Disse girando su sé stesso e allontanandosi velocemente.

Il minatore rimase immobile con il borsello in mano a guardare la strada ormai vuota con uno sguardo fisso e distante. Poi all’improvviso si riscosse e un grande sorriso si allargò sul suo volto.

“Bei capelli!” Esclamò ricominciando a ondeggiare per la strada diretto verso casa.

 

OoOoOoOoOoO

 

Il giorno dopo, Nori stava contando il bottino di quella nottata nel suo nascondiglio ricavato da un piccolo buco nella roccia viva. L’entrata era nascosta dal muro di una grossa casa a più piani, e non abbastanza grande da permettere a chiunque di entrare. Ma Nori non era un nano particolarmente corpulento, anzi nel suo lavoro era necessario essere leggeri e molto flessibili, svelti e silenziosi, e non pieni di muscoli come le guardie cittadine. Una volta entrati nel buco, si apriva un’ampia caverna che Nori aveva provveduto ad ampliare scavando la roccia e a rendere confortevole. Non che avesse bisogno di chissà quale comodità, ma un letto asciutto, un piccolo mobile per nascondere i suoi pochi averi e qualche candela per fare luce erano necessari.

Spargendo la refurtiva davanti a sé, iniziò a contare le monete con occhi brillanti. La nottata era stata molto proficua, aveva preso di mira più locande nel suo “giro di caccia” e aveva rapinato almeno una decina di persone. Certo, con alcune non era stato facile e una era quasi riuscito a beccarlo, ma per fortuna le sue abilità da ladro lo avevano salvato dall’essere percosso per bene.

Alla fine, si ritrovò davanti tredici monete luccicanti, due delle quali erano d’oro e sette d’argento, le altre quattro erano di un rame opaco. Erano più di una paga giornaliera nella maggior parte delle gilde della colonia. Nori prese una di quelle monete rossicce e se la rigirò tra le dita, facendola vorticare sopra le nocche con fare disinvolto. Era una delle tre monete che aveva sottratto a quell’idiota con il cappello strano davanti la locanda nel quartiere delle miniere, quel tipo a cui era riuscito a fregare i soldi davanti gli occhi.

Nori sospirò abbassando le spalle e posando la moneta tra le altre. Magari tutti i suoi obbiettivi fossero così stupidi da farsi fregare i soldi sotto al naso, così adesso sarebbe certamente ricco, soddisfatto e fuori dal giro. Invece era ancora costretto a rubare, perché non sapeva fare altro, e perché non aveva la volontà di imparare un mestiere onesto. Nonostante tutti i pericoli e gli inconvenienti, rubare garantiva una buona rendita.
E quei soldi servivano non solo a lui ma a tutta la sua famiglia, specialmente a Ori che stava ancora affrontando gli studi per diventare uno scriba. Dori poteva accusare i suoi soldi di essere sporchi quanto voleva, ma erano pur sempre soldi ed erano costanti, mentre Dori non sempre riusciva a garantire un guadagno fisso alla famiglia.

Ah, la sua famiglia.
Pensarci faceva sempre nascere un senso di oppressione nel suo stomaco, seguito da un senso di nausea. Era meglio non farlo, non voleva rovinarsi la giornata fin dalle prime ore (anche se era pomeriggio inoltrato, ma per una persona notturna come lui era come se fosse prima mattina), non quando doveva prepararsi per un’altra nottata di lavoro.

Infilò una mano in una delle innumerevoli tasche che aveva cucito nella sua tunica, tirando fuori una mappa della città piuttosto usata.
Aprendola a terra, rivelò ai suoi occhi un intricato sistema di puntini, linee rette, incroci e quadrati, molti dei quali cerchiati con il nero del carbone. Quelli erano i simboli che indicavano le varie locande dove il ladro poteva colpire, secondo gli accordi presi con l’organizzazione dei ladri della città. Incredibilmente, anche i malviventi erano organizzati secondo una struttura gerarchica che ricordava molto le corporazioni di gilda dei mestieri onesti. Nori si trovava discretamente in alto in quella piramide malavitosa grazie alle sue buone abilità da ladro.

Lentamente studiò il percorso che avrebbe fatto quella notte, tracciando con un dito linee invisibili sulla carta e mormorando tra sé. Il percorso che avrebbe fatto quella notte lo avrebbe portato a colpire locande diverse da quelle della notte precedente, ma a metà del percorso avrebbe ripreso di mira la locanda dei minatori. Certo, non era saggio lavorare per più notti sullo stesso obbiettivo, ma i minatori tendevano a ubriacarsi pesantemente perciò era sempre un affare sicuro rubare lì.

Chiuse velocemente la mappa e la infilò nella tunica, per poi sistemare i soldi in un sacchetto e nasconderli in una cavità nella roccia coperta dal piccolo mobile. Dopodiché si preparò per lasciare il rifugio e iniziare il lavoro.

Spero che anche stasera di incontrare idioti ubriachi come quel tipo col cappello si ritrovò a pensare tra sé.

Il ricordo del sorriso sciocco e dell’espressione così innocente e genuina di quel minatore lo fece sorridere e scuotere la testa con fare ironico.

   
 
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