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Autore: killer_joe    02/05/2020    4 recensioni
"Loki, con i polsi stretti da una catena che sarebbe stato in grado di distruggere senza nemmeno sforzarsi, rifletté sulla sua posizione: la sua anima gemella, che aveva cercato in lungo e in largo per tutto l'Yggdrasil, era un midgardiano; e Loki aveva appena invaso il suo pianeta."
FrostIron Soulmate!AU
SECONDA CLASSIFICATA al contest "The One About Soulmates" indetto da Soficoifiocchi (Deapotteriana) nel forum di EFP
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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More Withholding Than A Word

 

 

Quando vide il tatuaggio sul polso, trasalì.

Non fu orgoglioso del suono gutturale che gli scappò dalla gola ma, considerando le circostanze, fu incline a perdonarsi il suo attimo di confusione. Dopo più di mille anni di attesa, anni in cui si era convinto, ed era riuscito ad accettare, che l'universo non avesse previsto un'anima gemella per lui, finalmente aveva un tatuaggio.

Sulla pelle delicata del polso, scritta in inchiostro nero con una calligrafia un po' rozza ma comprensibile, c'era una frase. La prima frase che il suo soulmate gli avrebbe rivolto.

Fai la tua mossa, Reindeer games.

 

*

 

New York City, 2012

Aveva cercato in tutti i regni dell'Yggdrasil, ma della sua anima gemella nessuna traccia. Vanaheim era stata un buco nell'acqua anche se Loki aveva passato secoli sul pianeta, per perfezionare i suoi studi sul seidr. Nemmeno su Alfheim aveva avuto fortuna, nonostante avesse visitato tutti i nuovi nati nel giorno fatidico della comparsa del suo tatuaggio. Nidavellir teneva un registro delle nascite, e far visita a tutti i possibili candidati ad essere il suo soulmate era stato ancora più facile. Anche lì, tuttavia, nessun risultato.

Loki aveva tutte le intenzioni di fare più approfondite ricerche sulla sua anima gemella. Davvero. Solo che gli eventi degli ultimi anni l'avevano... deviato dal percorso.

Prima l'annuncio della coronazione di Thor a Re di Asgard, che l'aveva fatto uscire di senno dalla rabbia (e, ma non l'avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso, dalla gelosia). Poi, il suo piano per boicottare l'incoronazione e il coinvolgimento dei giganti di ghiaccio. A seguire l'esilio di Thor, la scoperta delle sue vere origini, il sonno di Odino, la sua temporanea reggenza e l'intero fiasco che ne era derivato.

E per finire, l'abisso.

Quindi sì, Loki poteva dire con cognizione di causa che trovare la sua anima gemella non era stata esattamente la priorità, negli ultimi tempi. Era stato abbastanza impegnato a cercare di rimanere vivo, e questo comportava portare un'armata di Chitauri al soldo di Thanos su Midgard.

Il piano che aveva delineato era abbastanza semplice, almeno nella mente del dio degli Inganni, e fino a quel momento era filato liscio come l'olio. Se non fosse stato per il nuovo arrivato provvisto di armatura, che aveva interrotto il corpo a corpo di Loki con il Soldato senza tempo. Loki si sarebbe aspettato tutto, quando aveva messo piede su Midgard; tutto tranne questo.

“Fai la tua mossa, Reindeer games”.

Loki, che raramente si trovava a corto di parole, si limitò ad alzare le mani nel segno internazionale di resa.

E tenne la bocca ben chiusa.

L'uomo di metallo non gli rivolse più la parola mentre il Soldato lo scortava a bordo del jet. Il biondo vestito da eroe nazionale e la sua anima gemella non sembravano andare molto d'accordo, nell'opinione di Loki, se si considerava lo scambio di battute taglienti che stava avvenendo davanti ai suoi occhi. Sembravano essersi dimenticati che a bordo assieme a loro c'era il nemico.

Certo la situazione non era delle migliori. Loki, con i polsi stretti da una catena che sarebbe stato in grado di distruggere senza nemmeno sforzarsi, rifletté sulla sua posizione: la sua anima gemella, che aveva cercato in lungo e in largo per tutto l'Yggdrasil, era un midgardiano; e Loki aveva appena invaso il suo pianeta. Il Dio dell'Inganno si fece i complimenti da solo per il suo tempismo perfetto.

Avrebbe potuto collaborare con i midgardiani, magari spiegare loro che la minaccia, quella vera, si stava avvicinando al loro ignaro pianeta per raderlo al suolo. Avrebbe potuto far notare che lui, Loki, era solo una pedina di una guerra più grande di lui, e che questi fantomatici 'Vendicatori' di cui gli aveva parlato il piccolo falco non avrebbero retto mezzo minuto in un confronto con Thanos. Chissà se avrebbero creduto a Loki, vista la sua reputazione.

Mentre ponderava se valesse la pena fare un tentativo, alle sue orecchie arrivò il boato di un tuono che Loki conosceva fin troppo bene. Si guardò intorno, a disagio.

“Che succede? Spaventato da qualche tuono?” chiede il Soldato, beffardo. Loki si trattenne a stento dal rollare gli occhi al cielo; il midgardiano non sapeva a cosa stesse andando incontro.

“Non sono eccessivamente affezionato a ciò che ne segue” rispose sibillino, stando ben attento a rivolgere la sua risposta esclusivamente al Soldato. La sua anima gemella alzò un sopracciglio, incuriosito, ma non disse nulla. Un secondo dopo qualcosa di pesante atterrò direttamente sul tetto dell'aereo, e Loki esalò un sospiro sconfitto.

Con Thor nell'equazione le cose si sarebbero fatte più difficili del previsto.

 

Contrariamente al pessimismo di Loki, il suo piano era proseguito senza una variazione fino al gran finale. I midgardiani l'avevano rinchiuso nella gabbia progettata per la creatura e, non contenti, avevano tenuto suddetta creatura nello stesso veicolo. Loki non sapeva dire se si trattasse di incoscienza o di mera stupidità.

Ora, Loki era consapevole di essere una primadonna. Tuttavia era anche stato elogiato, più volte nel corso della sua lunga vita, per la sua arguzia e capacità strategica. Quindi lo sapeva anche lui che aprire il portale nel mezzo di New York City, sulla terrazza della torre di proprietà del suo soulmate, era il corrispettivo militare del colpirsi da soli in mezzo alle gambe. Mossa azzardata o meno, la realtà era che le priorità del dio erano cambiate; ora che aveva trovato la sua anima gemella conquistare Midgard e consegnare il Tesseract a Thanos non rientrava più nel programma.

Il suo soulmate era stato il primo a raggiungerlo, planando con uno sfoggio di teatralità sul tetto della sua torre a pochi metri da Loki. Il dio si trovò piacevolmente stupito dall'intelligenza della sua anima gemella: l'armatura con cui combatteva era un gioiello della tecnica, così come l'automazione della sua intera, maestosa, dimora. Anche Loki, che veniva da un pianeta completamente diverso da Midgard, aveva capito che Tony Stark era avanti anni luce rispetto al resto degli abitanti del suo mondo, tanto ammirato quanto incompreso. Un po' come Loki ad Asgard, in fondo. Anche Loki era una mina vagante nel mondo dorato degli Aesir, sempre diverso, sempre fuori posto. Alla luce delle ultime scoperte sulla sue origini, Loki non si stupiva del fatto che fosse sempre stato un caso anomalo nella corte di Odino. Forse un giorno sarebbe anche riuscito ad accettarlo. Ora che il destino l'aveva graziato di un'anima gemella, finalmente avrebbe trovato il suo posto nell'universo. Loki si concesse un sorriso.

Poi l'uomo di metallo scaricò i suoi repulsori alla massima potenza contro la barriera di energia a protezione del portale, riuscendo solo a creare una enorme esplosione.

Forse non così sveglio come sembrava.

Stark, visto che il tentativo di distruggere la macchina di Selvig era andato a vuoto, decise di cambiare tattica e atterrò sulla terrazza dell'attico. Loki, incuriosito, decise di seguirlo. I due mantennero il contatto visivo, mentre Loki si scervellava su come aprire il discorso. Considerando che si trattava delle prime parole che avrebbe pronunciato per la sua anima gemella... beh, voleva fare bella figura. Niente frasi banali o minacce di morte. Sperava che la frase che il suo soulmate portava scritta sulla pelle fosse qualcosa di unico, di straordinario. Qualcosa che fosse una frase che solo Loki avrebbe potuto pronunciare.

O forse avrebbe potuto cominciare con delle sentite scuse, vista l'espressione di rancore e fastidio dipinta sulla faccia di Stark. Loki non poteva certo biasimarlo, considerando tutti i casini che aveva combinato dal momento in cui aveva messo piede sul suolo midgardiano. Ma Loki... Loki, dio dell'Inganno, non aveva molta esperienza nell'esprimere dispiacere. Trovare le parole giuste per giustificare un'invasione sarebbe stato un compito arduo.

Decise di mantenere il silenzio stampa. Stark, logorroico com'era, avrebbe parlato anche per lui.

“Drink?”

Loki alzò un sopracciglio, ma si limitò a negare con un cenno del capo. Stava cercando di prendere tempo? Stark gli chiese se fosse sicuro, ma era chiaro che non gli interessava una risposta. Il suo soulmate si versò un whiskey on the rock, posizionandosi a sorseggiarlo dietro il mobile bar.

“Dunque, sono qui per minacciarti”.

Loki alzò entrambe le sopracciglia, scettico. Tony Stark, tranquillo e sereno in abiti civili con un bicchiere di alcol in mano, sembrava tutto meno che minaccioso. Avrebbe dovuto tenere addosso l'armatura per risultare convincente.

“No, davvero, minaccio. Magari ti sembra di aver già vinto, ma qualcuno da temere c'è. I Vendicatori”.

Loki sperò che il linguaggio non verbale fosse sufficiente ad esprimere la sua totale indifferenza di fronte a quella informazione. Stark si fermò ad osservarlo, forse aspettandosi una replica, ma Loki non avrebbe degnato quell'affermazione con una risposta.

“Ci facciamo chiamare così, già. Una specie di squadra, gli 'eroi più forti della Terra' o qualcosa di simile”.

Sì, Loki li aveva conosciuti. Dire che non ne era rimasto impressionato era un eufemismo.

“Ci mettiamo un po' a riscaldarci, te lo concedo” proseguì Stark, che non appariva minimamente sconcertato dal mutismo del suo interlocutore, “ma facciamo la conta dei presenti, mh? Tuo fratello, il semidio; un supersoldato, una leggenda vivente che vive nella leggenda; un uomo con grossi problemi a gestire la rabbia...”.

Stark andò avanti con l'elenco dei membri del gruppo che avrebbe dovuto, nei sogni più remoti dei midgardiani, sconfiggere un'armata di migliaia di Chitauri, e nel mentre indossò dei braccialetti metallici, magari convinto che Loki non se ne fosse accorto. Il dio, per un istante, intrattenne l'idea di proseguire con l'invasione giusto per dimostrare a quegli incapaci che non avevano speranze di uscirne vivi da un conflitto aperto con le truppe di Thanos. Poi si ricordò che il midgardiano arrogante che gli stava davanti era la sua anima gemella e che distruggere la sua città non era esattamente l'idea più romantica di primo appuntamento. Senza contare che il suo soulmate non avrebbe avuto grandi speranze di sopravvivere all'attacco, data la sua vena di incoscienza. No, quest'invasione andava interrotta il prima possibile.

Loki si affacciò alla enorme vetrata che dava sul panorama mozzafiato di New York City. La sua anima gemella aveva casa in uno dei palazzi più alti di Manhattan, come a sfoggiare il proprio status sociale con ogni mezzo a disposizione. Erano davvero fatti l'uno per l'altro, lui e Stark: sfrontati, arroganti e con un'intelligenza fuori dalla media. Chissà se anche Stark, in cuor suo, stava tracciando i paralleli tra le loro personalità. Sicuramente, nel caso avesse indugiato, ne sarebbe rimasto disgustato. Loki non era mai stato capace di fare una buona prima impressione.

“Magari non riusciremo a salvare la Terra. Ma stai certo che la vendicheremo”.

Il suo soulmate continuava a parlare, forse per dare un'apparenza di fronte unito davanti all'emergenza quando invece, e Loki lo poteva vedere, i midgardiani si stavano sgretolando sotto il peso della pressione. O forse la ragione era un'altra, perché Stark sembrava avere un timore dell'horror vacui di portata preoccupante.

La macchina di Selvig era quasi pronta ad entrare in funzione, l'energia del Tesseract già in espansione per sostenere l'apertura di un portale fino ad una galassia lontana anni luce. Loki sapeva come fermarlo, Selvig non era stato furbo come pensava. Sarebbe bastato trafiggere il campo di energia con lo scettro e il portale si sarebbe chiuso su se stesso, vietando l'accesso ai Chitauri. E poi, cosa? Thanos non si sarebbe rassegnato, anzi, perdere non solo la gemma dello spazio ma anche quella della mente l'avrebbe mandato su tutte le furie, spingendolo ad annientare senza pietà l'intera Midgard. E con lei Tony Stark. No, Loki non l'avrebbe permesso.

C'era un'unica soluzione a quel pasticcio, e per quanto Loki si sforzasse di trovare una via alternativa c'era ormai troppo poco tempo per pianificare. L'esito non lo elettrizzava, ma non aveva scelta: doveva prendere il Tesseract e sparire da Midgard, lasciando sufficienti tracce di energia da invogliare Thanos – e the Other – ad inseguirlo per tutto l'Yggdrasil e poi fuori, nello spazio sconosciuto. E infine, dopo una lunga caccia al topo, sparire sul serio. Come non fosse mai esistito.

Forse stava riponendo un po' troppa fiducia sul suo seidr, considerando che il Titano era uno degli esseri più potenti dell'universo, ma ci avrebbe pensato in un momento più opportuno. Ora doveva agire, e in fretta.

“Uhm, non che mi interessi, per inciso, ma perché te ne stai lì zitto e buono? Fino a qualche ora fa non ti si riusciva a tappare la bocca”.

Loki voltò la testa quel tanto che bastava a dare a Stark uno sguardo in tralice da sopra la spalla. L'eroe si era avvicinato e ora si trovava a meno di due metri da lui, sui polsi i bracciali di metallo che sicuramente erano la sua arma scelta per combattere Loki. La sua anima gemella. Non che Stark ne fosse consapevole, ovviamente. Il dio si prese qualche secondo per osservare il suo soulmate, la persona che aveva atteso per migliaia di anni, e cercato per altri quarantadue, consapevole che poteva essere la prima e ultima volta che si sarebbero incontrati. Sì, perché c'erano altissime probabilità che Loki sarebbe presto deceduto ad opera di un titano pazzo di un amore malato. E anche se fosse riuscito, miracolosamente, a far perdere le sue tracce, chissà quanti anni sarebbero passati. La vita dei midgardiani era come un battito di ciglia per gli Aesir, cento anni veloci quanto un minuto. Stark era ancora relativamente giovane per Midgard, ma sarebbe vissuto al più altri cinquant'anni, sessanta al massimo. Loki non era certo di riuscire a liberarsi di Thanos così facilmente.

Loki guardò Tony Stark, dalla testa ai piedi e poi ancora, una seconda e una terza volta, dipingendo l'immagine della sua anima gemella nelle retine, deciso a ricordare ogni minuscolo particolare della sua figura. Le spalle ampie, il torace muscoloso e quello strano cerchio luminoso che aveva nel petto e che rilasciava un'energia simile a quella del Tesseract. Il suo viso dai tratti piacevoli, e i suoi occhi scuri e profondi. Gli sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, il suo soulmate, ogni aspetto del suo carattere, ogni qualità e ogni difetto. Avrebbe voluto svegliarsi accanto a lui la mattina, e condividere piccoli momenti di quotidianità assieme alla persona che gli era stata destinata fin dall'inizio. Ma erano tempi difficili, e si sarebbe dovuto accontentare di averlo incontrato.

E Stark? Da quanto tempo stava cercando la sua anima gemella? Aveva passato, come Loki, notti insonni a chiedersi dove si trovasse, cosa stesse facendo, a cosa stesse pensando? Anche lui aveva sognato di incontrarsi, di conoscersi e di capirsi nel profondo, come è possibile solo tra soulmates? Aveva tracciato anche lui, nella solitudine, le linee scure del suo tatuaggio, simbolo di un legame impossibile da spezzare? Loki non lo sapeva. Ma sapeva che dire a Tony Stark che lui, Loki, era la sua anima gemella, per poi sparire e non farsi più vivo, sarebbe stata una mossa crudele. Meglio lasciare Stark all'oscuro. Meglio lasciarlo morire con la delusione di non aver mai incontrato la persona a lui destinata, piuttosto di un abbandono che avrebbe avuto l'amaro retrogusto del rifiuto.

“Okay, io ti ho detto quello che volevo dirti. Ora, non so... combattiamo? Voglio dire, sei tu il cattivo qui e lungi da me volerti insegnare come fare la tua parte, eh, però a questo punto dovresti incazzarti di brutto e cercare di farmi molto male. Così, solo un'idea”.

Stark parlava troppo, era un dato di fatto. Loki lo fulminò con uno sguardo a metà tra il sarcastico e l'infastidito, sperando che bastasse a passare il semplice concetto di 'chiudere la bocca'. Poi, con passo deciso, uscì sul terrazzo.

“Ohi, ma dove stai andando? Jarvis, il Mark VII se non ti dispiace... no, alle cromature ci penseremo dopo! Ora dobbiamo fermare l'alieno fuori di testa dal distruggere la Terra, è diventata quella la priorità” continuò a blaterare Stark, mentre l'armatura si materializzava dal nulla attorno alla sua figura. Era una invenzione impressionante, Loki doveva ammetterlo. Un altro indizio del fatto che non si sarebbe annoiato con la sua anima gemella, se ne avesse avuto l'occasione.

Giunto davanti al marchingegno di Selvig, Loki non perse tempo. Con un colpo deciso dello scettro attivò la gemma della mente, incastonata all'apice, e infilzò il campo di energia. Il Tesseract e la gemma della mente, parti diverse della stessa materia, entrarono subito in collisione, emanando una straordinaria quantità di energia che illuminò l'intera terrazza della torre. Stark, poco lontano da Loki, fece un verso eccitato davanti al fenomeno, sicuramente desideroso di studiarne ogni causa ed effetto. Loki invece attese con pazienza che l'energia si estinguesse per poi agguantare il Tesseract. Il portale era chiuso, l'invasione interrotta. O meglio, solo procrastinata. Adesso doveva mettere in atto la seconda fase del suo piano suicida, e il dio dell'inganno ammise a se stesso, in uno sfogo di onestà, che se ne stava già pentendo senza nemmeno aver iniziato.

“Woah, e quello cos'era? Cosa diavolo hai fatto? Ehi, Rock of Ages, non so cosa tu stia pianificando ma devi almeno dirmi come ci sei riuscito! Pensavo che la bacchetta del destino che hai lì fosse buona solo per fare il lavaggio del cervello... Ma libera energia? Qual è la fonte?”

Forse era meglio cominciare da Alfheim, gli elfi erano più che capaci di difendere i loro confini. Qualche traccia del suo passaggio, l'energia del Tesseract sarebbe stata più che sufficiente, e poi una nuova destinazione. Svartalheim era una buona alternativa, una landa desolata su cui Thanos non avrebbe avuto effetti collaterali. Anche Muspellheim andava considerata, i giganti di fuoco avrebbero ridotto il numero di Chitauri senza nemmeno sforzarsi.

“Che poi ho una domanda su quel cubo blu che ti stai stringendo al petto come fosse tuo figlio. Io e Banner, sai, il gigante verde, siamo riusciti a tracciarlo, e non è stato facile, però ancora non abbiamo capito come funziona. Ha troppe frequenze, è diverso da ogni fonte di energia presente sulla terra!”.

Poi sarebbe dovuto uscire dall'Yggdrasil. Niente di più facile, con il potere del Tesseract, ma Thanos avrebbe sentito subito l'energia della gemma. Gli sarebbe stato alle calcagna nel giro di pochi minuti, non avrebbe avuto un attimo di respiro. E cos'aveva Stark da parlare così tanto?

“Che tipo di energia c'è sul pianeta dorato da dove vieni, mh? Cosa fa funzionare il cubo blu?”.

Loki, sovrappensiero, non diede alla domanda di Stark grande importanza.

“È magia”.

Magia potente, antica, che avrebbe dovuto sfruttare per salvarsi la pelle. Per ora il modo migliore era saltare da un pianeta all'altro, usando le strade 'alternative' che conosceva. Il suo seidr l'avrebbe tenuto nascosto, almeno per il momento.

“C... Cos'hai detto?”

Loki si riscosse dai propri pensieri, stupito dal tono insolito della voce di Stark. L'uomo lo stava guardando con occhi spalancati e l'aria spregiudicata, a tratti menefreghista, con cui si atteggiava abitualmente era scomparsa. Ora Stark era impallidito, e stava aprendo e chiudendo le labbra nella migliore imitazione di un pesce. Strano. Cosa era successo di così sconvolgente da meritare una reazione tanto...

Oh.

L'aveva detto ad alta voce, vero?

Fantastico.

Forse avrebbe dovuto impiegare cinque minuti del suo tempo – del suo preziosissimo tempo da cui dipendeva la sopravvivenza dell'Yggdrasil – per fornire una spiegazione. Per ammettere le sue colpe. Per dire alla sua anima gemella che non era lui il problema, e che se avesse potuto sarebbe rimasto.

L'espressione di puro orrore sul viso di Stark gli fece morire le parole in gola.

Era il momento di sparire.

 

*


Arkansas, 2015

“Qualche novità su Reindeer games?”

Il brusio dei motori del quinjet era un suono rilassante, per quanto potesse sembrare strano. Tony, stravaccato sul sedile, si godeva il viaggio nel più totale relax. Non era comune, per lui, chiedere un passaggio per raggiungere il luogo delle missioni, di solito preferiva volare per conto suo con l'armatura. Quel giorno, però, aveva un secondo fine.

“No, Man of Iron, nessuna notizia. Nostro padre ha inviato più di un centinaio di nobili guerrieri asgardiani su ogni regno conosciuto per cercarlo, purtroppo senza risultati”.

A vedere il faccino da cane bastonato di Thor sembrava che stessero cercando un bambino scomparso, non un pericoloso criminale ricercato per delitti contro tre diversi pianeti. Anche se, per spezzare una lancia a favore del dio del Tuono, Loki rimaneva comunque suo fratello minore, anche se adottato. Doveva pur contare qualcosa.

“A me basterebbe la certezza di non dover più vedere la sua brutta faccia. Se si limita a visite sporadiche alla mamma può anche rimanere AWOL, per quanto mi riguarda” sputò Clint, con una smorfia disgustata a deformargli le linee del viso. Se possibile, l'espressione di Thor si fece ancora più mesta. Steve gli diede una pacca sulla spalla, come sempre empatico fino alla nausea.

La Loki-mania era scoppiata qualche mese prima, quando nel caveau di Odino erano comparse – magicamente – due gemme dell'infinito: spazio e mente, quelle stesse gemme che, quasi tre anni prima, erano sparite insieme a Loki. Per il popolo degli alieni-vichinghi questo voleva dire una sola cosa: Loki era tornato e voleva vendetta.

Peccato che, dopo quel tiro mancino con cui il dio degli Inganni sembrava voler dire 'posso entrare e uscire da qui come e quando voglio' in faccia al Padre degli dei, non c'era stato nemmeno un sussurro da parte di Reindeer games, che sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Per la seconda volta.

Reindeer games... Tony avrebbe riso, se non gli fosse venuto da piangere. Era la prima frase con cui l'aveva apostrofato, e sicuramente a nessun altro sarebbe mai venuto in mente di affibbiare a Loki, un dio e un principe, un nomignolo simile. A guardarsi indietro, il silenzio ostinato di Loki era un indizio chiaro come il sole. Idiota. Non aveva nemmeno sospettato.

Tony si massaggiò il polso, coperto dalla banda rosso fuoco che portava da quando aveva memoria. Non era uso a mostrare il suo tatuaggio, non ne aveva mai avuto occasione. D'altronde la frase, scritta in elegante corsivo, sembrava quasi una presa in giro. I genitori di Tony gli avevano assicurato che avrebbe trovato il suo soulmate in giovane età; e come dar loro torto? Nessuno, se non un bambino, avrebbe mai spiegato un fenomeno ricorrendo alla magia. Quando però Tony era ormai un giovane adulto, e a quel tempo i suoi genitori non c'erano più da un pezzo, si era trovato perplesso davanti alle prime parole della sua anima gemella. Aveva provato a parlare con un numero assurdo di prestidigitatori nella speranza di sentire la agognata frase, ma senza fortuna. Poi aveva deciso che avrebbe atteso che fosse il suo soulmate a trovarlo.

E l'aveva trovato, eccome se l'aveva trovato. Era arrivato con una sorpresa.

Tony lo ammetteva, era rimasto sconvolto dal scoprire che la sua anima gemella, l'altra metà di sé, era un alieno psicopatico con tendenze omicide. Per un istante si era chiesto se avrebbero mai trovato un punto d'incontro tra loro. Si era chiesto se lo volesse davvero, un punto di incontro, e nella foga del momento si era anche dato una risposta negativa.

Ma poi Loki se n'era andato, senza una parola, senza una spiegazione. E quello... quello aveva fatto male.

Poteva capirlo, se analizzava la cosa in modo razionale. Loki era un alieno dalla prospettiva di vita di circa cinquemila anni - sempre che non si facesse ammazzare nel frattempo vista la sua capacità di trovare nuovi nemici ovunque mettesse piede. Un alieno che considerava la razza umana inferiore, alla stregua di formiche. Doveva essere stato uno shock, per lui, scoprire che la sua anima gemella era un mero, insulso midgardiano.

Però avrebbe almeno potuto degnarsi di dirgli in faccia che non voleva avere nulla a che fare con Tony. Gli avrebbe dato un senso di chiusura, il trampolino di lancio per un nuovo inizio. Invece Tony si trovava tra le mani una frase borbottata in un momento di disattenzione e una sensazione di perdita che lo faceva sentire vuoto dentro. Con buona pace delle storie strappalacrime e dei 'e vissero per sempre felici e contenti'.

Avere un soulmate faceva schifo.

“Siamo in posizione. Pronti all'atterraggio”.

Natasha li aveva portati nel bel mezzo del nulla, dove a sentire Fury era ubicata la base di alcuni dei peggiori membri dell'Hydra. A Tony la notizia non faceva né caldo né freddo, un criminale vale l'altro, ma per Capsicle era una questione personale. Di fatto, tanto personale da essersi preso la briga di tirarli tutti giù dal letto in piena notte (si, le sei di mattina è ancora notte, grazie molte Steve) e caricarli uno per uno sul quinjet. Per poi passare le tre ore successive a delineare nei minimi dettagli lo scrupoloso piano di azione che aveva concepito durante la notte. Tony aveva smesso di ascoltare al '… e facciamo irruzione'. Visto il record personale delle missioni dei vendicatori, dal momento dell'irruzione sarebbe stato il caos. Con tanti saluti ai piani di Rogers.

“D'accordo. Tutti pronti, seguite il piano”. Sì, come no. Continua a sperare, Capsicle.

Quasi a dargli ragione, il piano di Steve non durò nemmeno fino all'irruzione. Sembrava quasi che l'Hydra li stesse aspettando perché, appena raggiunta l'area della fantomatica base, li attendeva un imboscata.

Tony, impegnato in una sfida senza esclusione di colpi con un tizio che sembrava fatto d'acciaio, non aveva notato il proiettile al vibranio che gli avevano sparato addosso. Lo vide con la coda dell'occhio e ne calcolò la traiettoria, accorgendosi con rammarico che si sarebbe impiantato nel costato. Socchiuse gli occhi, attendendo un dolore atroce che non arrivò mai. Quando guardò per la seconda volta nella stessa direzione non solo il proiettile era sparito ma il cecchino, convenientemente nascosto dietro al muro in cemento della base, era stato messo a tappeto. Ucciso, notò Tony, con uno squarcio netto alla base del collo che gli aveva reciso la carotide. Una ferita da arma da taglio. Un pugnale.

Con rinnovato entusiasmo Iron man si voltò verso il suo avversario e lo mise a tappeto con una scarica dei repulsori direttamente in faccia. Poi si librò a mezz'aria e fece fuoco sul gruppo, dimezzando il numero di agenti dell'Hydra. Sapendo che gli altri se la sarebbero cavata da soli prese velocità e svoltò dietro al muro, lontano dalla zona della battaglia.

Sarebbe stato bene per lui essere lì ad aspettarlo.

Lo trovò poco lontano, comodamente appoggiato con la schiena al muro della base. Aveva i capelli più corti rispetto a New York, e sembrava in salute. La pelle del viso era bianca ma non emaciata e i vestiti che indossava, in stile intellettuale indie molto terrestre, cadevano su una figura snella ma tonica. Sembrava un'altra persona.

Tony atterrò davanti a lui, ad un metro di distanza, e alzò la visiera. Loki, che fino a quel momento pareva perso in contemplazione del cielo estivo, spostò le sue iridi smeraldo su di lui. Le labbra sottili si stirarono in un sorriso sghembo.

“Allora sei vivo”.

Di tutte le recriminazioni che aveva preparato, di tutti gli insulti che aveva pensato di urlargli addosso, le prime parole che sfuggirono dalla bocca di Tony furono invece la sintesi del timore che l'aveva tormentato per tre anni. Timore che il suo soulmate potesse morire senza nemmeno avergli rivolto la parola.

“Mmh, vivo e vegeto. Anche tu, ma non grazie ai tuoi riflessi. E nemmeno grazie ai famigerati vendicatori”.

Il tono blando avrebbe potuto fregarlo, ma era impossibile non notare la scintilla di malizioso sarcasmo che brillava negli occhi di Loki. Lo stava prendendo per il culo, quel figlio di buona-donna.

“Ci mettiamo un po' a riscaldarci, ma i risultati si vedono. Almeno nove volte su dieci, croce sul cuore”.

“Non oserei affermare il contrario”.

Rimasero a studiarsi per qualche minuto, in un silenzio carico di pensieri non detti e dubbi irrisolti. La tensione era palpabile, ma non spiacevole. Era dieci volte meglio del vuoto incolmabile dell'assenza.

“Te ne sei andato senza nemmeno darmi un'occasione”.

Era quanto di più vicino ad una confessione, e Tony non avrebbe detto nient'altro sull'argomento. In cuor suo sperava che Loki avesse capito quanto l'aveva ferito. Sperava che Loki ne fosse dispiaciuto. Sperava che non fosse venuto solo per dargli quel senso di conclusione che cercava. Tony non voleva essere costretto a voltare pagina.

“Lo so. Avevo un compito importante da portare a termine”.

Almeno non era un chiaro 'grazie ma non sono interessato'. Però ancora non spiegava nulla. Tony aveva bisogno di certezze, cristo santo, era chiedere tanto?

“È stata una bastardata”.

A Loki scappò un sorriso divertito, mentre faceva un cenno di assenso con il capo. Almeno ne era consapevole, era una conquista.

“E adesso? Tu sei un criminale ricercato” commentò Tony, cercando lo sguardo smeraldino del suo interlocutore. Aveva degli occhi magnetici, e Tony si lasciò ingabbiare dalla profondità di quelle iridi con una sorta di innocente incoscienza, come se le parole che aveva pronunciato lui stesso non avessero una portata così grave come sembrava. Loki annuì di nuovo, mentre con lo sguardo cercava qualcosa negli occhi di Tony. L'uomo si lasciò osservare, senza interrompere il contatto visivo.

“Vuoi che me ne vada?”

Domanda semplice, quasi scontata. Quello che lasciò Tony spiazzato fu il sottotono di onestà con cui Loki, dio dell'Inganno, l'aveva formulata. Sì o no, la scelta era di Tony. E Loki l'avrebbe rispettata, qualunque essa fosse. Sarebbe rimasto perché lo voleva come anima gemella. Se ne sarebbe andato se Tony non avesse voluto avere nulla a che fare con lui.

“Non provarci nemmeno. Se sparisci di nuovo ti ammazzo”.

Strano fenomeno, i soulmates. Tony non vedeva l'ora di studiarlo più da vicino.

 

Before the day I meet you, life was so unkind.
But you are the key for my
peace of mind

 

Aretha Frankling
(You Make Me Feel Like) A Natural Woman

 

Ciao a tutti/e!
Grazie per aver letto, e grazie a chiunque lascerà un commento.

Alla prossima
killer_joe

 

   
 
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