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Autore: Flos Ignis    02/05/2020    2 recensioni
Soulmate!AU, Modern!AU
In un mondo moderno, dove la prima cosa che viene detta dalla propria soulmate è incisa sul corpo, come potrebbero essersi conosciuti Alec e Magnus? L'unica cosa certa è che loro due si ritroveranno sempre, in ogni mondo.
Dal testo:
Inutile negarlo: il suo viaggio intorno al mondo era stato anche un tentativo disperato di cercare la persona a lui destinata dopo il disastro avvenuto con quella sociopatica della sua ex. Forse si trovava in un'altra parte del mondo, per questo non si erano ancora incontrati, così aveva pensato di rimediare e visitare tutti i luoghi in cui lo portava il cuore, sperando ogni volta che fosse quello giusto.
Ma non lo era mai.
E ora si trovava di nuovo in America, un po' più rassegnato ma anche più sereno, in pace con se stesso. Aveva fatto tutto il possibile, e se ancora non aveva incontrato quella persona, forse allora il destino aveva altro in serbo per loro.
“Storia partecipante al contest "The one about Soulmates" indetto da Soficoifiocchi (DeaPotteriana) sul forum di EFP. “
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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-La fase di atterraggio è stata completata con successo. Ringraziamo i gentili passeggeri di aver scelto la nostra compagnia, siete pregati di lasciare ordinatamente i vostri posti. Buon proseguimento di giornata!-

Scendere dall'aereo era stata un'esperienza strana, quasi surreale: quella che l'elegante uomo scuro e abbronzato stava respirando era l'aria di New York, la città in cui era cresciuto, eppure non profumava affatto di casa. Sapeva di cose perdute, di nostalgia e del dolore fantasma di chi è stato ferito troppo in profondità per dimenticare, anche dopo anni di lontananza dalla fonte di quella sofferenza.

Magnus Bane, reporter trentenne di origini indonesiane ma educazione americana, aveva trascorso quasi tre anni lontano da New York per esplorare le meraviglie che il mondo aveva da offrirgli: aveva vissuto esperienze al limite dell'incredibile e conosciuto genti, usanze e civiltà talmente disparate che a un certo punto era arrivato quasi a credere che non fosse poi una così buona idea tornare in patria.

Eppure eccolo di nuovo lì, nella metropoli in cui aveva vissuto da quando era appena nato, con nella sua memoria ricordi indelebili di luoghi mozzafiato che aveva avuto la fortuna di visitare e di culture talmente diverse tra loro da non poterle ricordare tutte. Il bagaglio emotivo che si era creato in quegli anni a spasso per il mondo era persino più voluminoso della marea di valigie che aveva accumulato per il ritorno - e i suoi bagagli erano strabordanti di abiti e souvenir di ogni foggia e provenienza. Per qualche arcana ragione, Magnus proprio non riusciva a resistere dal comprare continuamente tutto quello che gli piaceva. E aveva un gusto piuttosto eclettico, lui.

La sua curiosità e una buona dose di spirito d'avventura l'avevano reso un vagabondo piuttosto a lungo ed era contento di avere un lavoro che potesse svolgere da ogni parte del mondo, questo gli aveva concesso un agio che molti non potevano permettersi. 

Ma da qualche parte, tra le dune del freddo deserto del Gobi e i templi tibetani, aveva avuto il sentore di dover tornare indietro e aveva sempre seguito il suo istinto, perché iniziare a fare diversamente alla bellezza di ventotto anni?

Rinvigorito dallo stesso brivido di aspettativa che lo aveva convinto a prenotare l'aereo di ritorno, prese un profondo respiro mentre si lasciava definitivamente alle spalle viaggi e avventure. Se lo sentiva nelle ossa, sarebbe successo qualcosa di bello quel giorno: il ritorno della sua scintillante persona nella città più cosmopolita del mondo non poteva certo passare inosservato!

Andò a recuperare i suoi bagagli, canticchiando allegramente, il suo animo più sollevato e l'aria che profumava già un po' più di casa.




Quella mattina Catarina, la sua storica amica d'infanzia, avrebbe voluto andare a prenderlo di persona in aeroporto per dargli il bentornato, ma purtroppo c'era stata un'emergenza al pronto soccorso in cui lavorava come infermiera e non avrebbe fatto in tempo, perciò gli aveva promesso che per farsi perdonare quella sera lo avrebbe accompagnato alla scoperta dei migliori bar che erano sorti da quando se ne era andato.

Magnus non si era offeso ovviamente, ma lungi da lui l'idea di rifiutare un giro - o dieci - di bevute in compagnia della sua cara amica dopo tanto tempo, perciò non aveva protestato minimamente alla sua proposta. 

E poi, bar significava alcolici. E l'alcool faceva ubriacare le persone. E gli ubriachi non avevano freni inibitori, solitamente.

E uomini senza freni inibitori significano un ritorno con i fuochi d'artificio per il sottoscritto.

Invece di eccitarlo, per un attimo quel pensiero lo riempì di rassegnazione. 

Da tempo aveva rinunciato a trovare il vero amore, l'ultima sua relazione era finita con Camille, con cui intratteneva una relazione da quasi due anni, che varcava la soglia del suo appartamento per non metterci mai più piede, facendo al contempo a brandelli il cuore dell'uomo. Tre giorni dopo aveva trovato un accordo con il capo della rivista di moda per cui scriveva e aveva comprato un biglietto di sola andata con destinazione Dubai, dove si era fermato per quasi due settimane prima di ripartire per Giacarta, e poi ancora ovunque lo portasse il cuore.




Era semplice a quel mondo riconoscere la propria anima gemella: la prima frase che ti sarebbe stata rivolta dalla propria metà sarebbe apparsa sul corpo con un inchiostro indelebile alla vigilia della maturità. Anche se Magnus rimaneva deluso ogni volta dalle parole sbagliate, relazione dopo relazione aveva continuato a provarci: in attesa della propria metà, perché negarsi del tutto l'amore?

Camille però era stata diversa: aveva compreso molto prima della loro reale rottura che la crudele modella dagli occhi di ghiaccio non sarebbe stata la donna della sua vita: da quella bocca di rosa potevano uscire solo parole dolci come il miele capaci di uccidere più di un veleno, non c'era possibilità alcuna che lei potesse pronunciare parole come quelle incise con un inchiostro più nero della notte proprio sul suo cuore, piene di timidezza e premura. 

Lei era stata troppo malsana, troppo sottilmente crudele, semplicemente troppo: dalle sue prime parole non avrebbe dovuto comprendere solo che non sarebbe stata la persona destinata a lui, ma che lei non fosse portata per l'amore stesso... ma questo, l'aveva capito troppo tardi, quando ormai era completamente incastrato nella sua rete. Erano serviti gli sforzi congiunti dei suoi amici per tirarlo fuori dal giro di amicizie pericolose a cui la modella lo aveva introdotto, ed era riuscito a uscirne solo perché le pasticche illegali che una sera le aveva trovato addosso gli avevano fatto gelare il sangue. L'aveva cacciata di casa e lei gli aveva sorriso beffarda, non tentando nemmeno di fingere che le importasse qualcosa di aver perso l'amore e la stima di quello che chiamava compagno da più di venti mesi.

Fu allora che capì due cose: di doversi allontanare da lei, lasciando il Paese stesso se necessario - cosa che aveva fatto alla fine- e che, anche se non aveva ancora trovato chi gli avrebbe detto quelle esatte parole, desiderava davvero essere amato da una persona in grado di provare i sentimenti che le avrebbero messe in moto: affetto, premura, dolcezza.

Forse stava fantasticando troppo per una frase troppo breve, ma lui sentiva che era questo che celavano. Non aveva già detto di essere una persona istintiva? Era apparsa poco prima del suo diciassettesimo compleanno, un po' in anticipo sulla media, dalla sera alla mattina semplicemente si era incisa sulla pelle la prima cosa che gli avrebbe detto la sua anima gemella, la persona destinata a completarlo e amarlo come nessun altro al mondo avrebbe mai potuto fare. E da quel giorno, ogni volta che la vedeva un sorriso tenero gli fioriva sulle labbra, anche se gli anni gli avevano aggiunto una sfumatura di tristezza e mancanza.

Ogni relazione che iniziava sapendo che sarebbe finita demoralizzava sempre un po' di più Magnus. Ci provava lo stesso, si impegnava per far funzionare le cose, perché sapeva che non tutti avevano la fortuna di incontrare la propria anima gemella: e se lui fosse stato uno di quelli?

Il pensiero era sufficiente a deprimerlo, anche se solo per poco; poi si rimboccava le maniche, mandava un pensiero alla persona all'altro capo della sua anima affinché si facesse trovare, ma nel frattempo si faceva forza e si dedicava alle persone che avevano catturato il suo cuore in quel momento.

Inutile negarlo: il suo viaggio intorno al mondo era stato anche un tentativo disperato di cercare la persona a lui destinata dopo il disastro avvenuto con quella sociopatica della sua ex. Forse si trovava in un'altra parte del mondo, per questo non si erano ancora incontrati, così aveva pensato di rimediare e visitare tutti i luoghi in cui lo portava il cuore, sperando ogni volta che fosse quello giusto.

Ma non lo era mai.

E ora si trovava di nuovo in America, un po' più rassegnato ma anche più sereno, in pace con se stesso. Aveva fatto tutto il possibile, e se ancora non aveva incontrato quella persona, forse allora il destino aveva altro in serbo per loro.




Una volta recuperati i suoi bagagli, si mise a riflettere sul modo migliore per convincere Catarina ad accompagnarlo in qualche locale per ballare quella sera, magari avrebbe aspettato di farla bere un po' per farle ammorbidire quella sua ferrea etica morale che le impediva di lasciarsi andare completamente ai piaceri della vita... quando si mise in moto una serie di circostanze alquanto ridicole, ma sono sempre questo genere di imprevisti a cambiare la direzione che ha preso la vita, a volte dandole una piccola smossa.

Ma Magnus Bane, noto per essere un edonista eccentrico con più ex amanti che abiti - ed era tutto dire -, più che una smossa si prese un energico spintone che l'avrebbe condotto nel profondo di se stesso alla scoperta di quella parte di sè che da sempre gli era mancata.

L'imprevisto che aveva appena travolto la sua persona come uno tsunami -anche fisicamente, considerando che gli era andato a sbattere contro a tutta velocità facendo cadere entrambi a terra- aveva la forma di un giovane uomo, ma il reporter non riusciva a capire altro, dato che aveva sbattuto la testa per terra e l'altro aveva la faccia praticamente seppellita all'altezza del suo stomaco, mentre respirava affannosamente sulla sua maglia leggera.

Magnus ebbe un brivido involontario, quella era una zona piuttosto sensibile del suo corpo.

Mentre cercavano di districare il groviglio di arti che avevano creato in meno di mezzo secondo, anche per colpa di alcuni vestiti usciti dalla sua valigia preferita che era scoppiata a causa dell'urto con il pavimento, tra un'imprecazione e l'altra ci fu un momento in cui i loro occhi si incrociarono e tutto si fermò.

Lo tsunami che mi ha appena investito è davvero bellissimo.

Intorno a loro il mondo continuava a essere rumoroso e caotico, ma per Magnus non esisteva più niente che avesse importanza, non quando aveva un giovane adone quasi spalmato addosso a lui.

Era decisamente giovane, aveva i tratti del volto marcati che conservavano però una certa grazia innocente accentuata dai capelli neri come le notti di novilunio, mentre la pelle era talmente pallida da sembrare l'immacolata tela di un pittore. Magnus si era sempre considerato un artista e la pelle bianca del collo che il giovane moretto aveva esposto senza volerlo, tendendosi verso di lui per recuperare l'equilibrio, praticamente stava urlando per essere marchiata.

Magnus sarebbe stato più che felice di porre rimedio allo scempio di una simile meravigliosa tela lasciata intatta. O meglio... quasi del tutto intatta.

Quello è un tatuaggio?

Non poteva esserne sicuro dato che l'aveva intravisto per poco, e il colletto alto del maglione scuro che indossava quel bel giovanotto ora copriva di nuovo quella deliziosa porzione di pelle che avrebbe tanto voluto assaggiare.

Il ragazzo riuscì a districarsi del tutto e iniziò ad accarezzarsi un gomito, che probabilmente aveva sbattuto a terra: lo vide trattenere una smorfia di dolore mentre si alzava, stringendo le labbra appena rosate, ma carnose e lucide e piene di piccoli taglietti, ora che le guardava meglio e-

Per Lilith, cosa non farei a quelle labbra.

Ma a mozzargli il fiato a metà strada tra gola e diaframma furono soprattutto i suoi occhi, il vero pezzo forte di quel volto già di per sè fin troppo tentatore nella sua purezza. Le ciglia scure e folte adornavano un paio di occhi dal taglio leggermente obliquo con la delicatezza e la cura che avrebbe voluto riservargli anche Magnus stesso, ma per ora poteva limitarsi ad ammirare l'Ottava Meraviglia del Mondo.

Perché, che Versace e Valentino gliela mandassero buona, un azzurro così splendido non l'aveva mai visto racchiuso in un semplice paio di iridi. Quel giovane era improvvisamente arrossito adorabilmente sotto il suo sguardo intenso, cominciando persino ad aprire e chiudere la bocca senza emettere un suono, tentanto con ogni probabilità di porgergli delle scuse per averlo investito con tanta foga. Magnus pensò che sarebbe stato volentieri travolto ancora e ancora con un tale impeto se proveniva da quel ragazzo mozzafiato, che pareva avesse racchiuso ogni singola sfumatura di azzurro e blu nei suoi occhi.

Avendolo ancora così vicino, potè notare il contorno più scuro, quasi color cobalto, che divideva l'iride dalla sclera bianca, mentre vicino alle pupille, che continuavano a contrarsi in segno di irrequietezza, erano talmente chiari da sembrare azzurro pastello; nel mezzo si rincorrevano tutte le gradazioni di tono intermedie, come se un pittore maldestro avesse preso i colori del cielo e del mare e li avesse riversati un po' a casaccio in quelle iridi, creando inconsapevolmente la sua opera suprema.

-Per Lilith, sei la persona più attraente che abbia mai visto!-

Quella frase gli era sfuggita di bocca senza che il suo cervello desse il permesso per pronunciarla, ma quando vide le pupille del ragazzo contrarsi per lasciare ancora più spazio all'iride e le sue guance pallide diventare scarlatte, pensò che ne fosse assolutamente valsa la pena.

Il brivido piacevole che provò a quella vista non gli fece notare la mano dell'altro, che aveva artigliato di scatto con le sue lunghe dita pallide l'avambraccio sinistro, emettendo un verso strozzato. Sorpresa? Dolore? Magnus non l'avrebbe saputo dire nemmeno se l'avesse notato, ma era troppo occupato ad ammirare quel bel viso per sentire un suono tanto lieve in mezzo alla cacofonia della grande area degli arrivi internazionali.

-Da quale sogno sei uscito fuori, bel ragazzo?-

L'altro arrossì ancora di più, distogliendo lo sguardo.

No! Tornate a guardarmi, occhi stupendi!

Non rispose né tornò a guardarlo, ma gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi, mantenendo il volto leggermente abbassato, impedendogli di continuare a studiargli il viso come avrebbe voluto e procurandogli un piccolo moto di dispiacere per questo.

Accettò comunque l'aiuto offertogli, così da poter avere una scusa per toccare quel ragazzo che incarnava ogni sua più segreta fantasia.

Moro.

Alto quasi quanto lui, a occhio e croce, ora che poteva osservarlo comodamente faccia a faccia.

Pelle lattea, ma che si arrossava deliziosamente per l'imbarazzo. Chissà che tonalità avrebbe raggiunto, in altre circostanze...

Muscoloso, secondo quanto aveva verificato mentre erano aggrovigliati per terra tastando quasi per sbaglio qua e là - aveva un adone dai bicipiti indecentemente erotici addosso, denunciatelo.

E occhi dell'azzurro più spettacolare che avesse mai visto.

Questo ragazzo è l'incarnazione di tutti i miei ideali supremi di bellezza. Praticamente è il mio sogno erotico in carne e ossa!

Ad aggiungersi alla lista mentale di motivi per trattenersi un po' con quella meraviglia d'uomo si aggiunse la piacevole sensazione che gli dava percepire la sua pelle. Occhi Blu gli aveva stretto la mano con decisione per aiutarlo ad alzarsi e quel palmo pieno di calli e cicatrici che sfregava leggermente sulla sua mano mentre lo tirava in piedi gli aveva fatto venire in mente pensieri piuttosto sconvenienti.

Tipo, dove altro avrebbe voluto sentire quella benedetta mano, così calda e ruvida, ma dal tocco delicato.

O ancora, se le piccole cicatrici sulle nocche erano limitate a quella porzione di pelle o ne avesse altre da scoprire su quel corpo che avrebbe tanto voluto ammirare per sapere se era all'altezza di un volto tanto sublime, ma dubitava fortemente di restare deluso. Madre Natura non poteva essere tanto stronza da mettere un volto del genere su un corpo meno che perfetto.

Magnus si sentì la gola riarsa, perciò si leccò le labbra, un guizzo di lussuria sfuggito al suo controllo si manifestò come un lampo nei suoi occhi verdi e dorati, ma l'altro parve non accorgersene fortunatamente.

-Stai bene? Non ti sei fatto male, vero?- Magnus gli pose la nuova domanda con un pizzico di preoccupazione, temendo di essere stato la rovina di una tale meraviglia. Non se lo sarebbe mai perdonato.

Alla fine il ragazzo parve ritrovare un filo di fiato, sufficiente a rivolgergli per la prima volta la parola. Anche se ancora non lo sapeva, il tono basso e avvolgente che Magnus avrebbe ascoltato si sarebbe scolpito per sempre nel suo cuore, portandogli il sorriso anche nei momenti più cupi.

-Sto b-bene, ti ringrazio molto... s-sono mortificato, non volevo travolgerti così, va tutto b-bene? Ti giuro che di solito non sono così maldestro!-

-Sto meravigliosamente, fiorellino, puoi travolgermi tutte le volte che vuoi.- praticamente fece le fusa, continuando a tener stretta quella mano che voleva allontanarsi insieme al suo proprietario, evidentemente a disagio per il tempo trascorso a contatto l'uno con l'altro.

Aveva nuovamente parlato senza filtri, ignorando il campanello trillante nel suo cervello che gli diceva che qualcosa avrebbe dovuto attirare la sua attenzione all'istante. Ma cosa? 

E poi, tutto fu chiaro. 

Sto b-bene, ti ringrazio molto... s-sono mortificato, non volevo travolgerti così, va tutto b-bene? Ti giuro che di solito non sono così maldestro!

Quelle parole erano le stesse che aveva incise sul cuore da quasi dodici anni. Gli si bloccò il respiro in gola: possibile che l'avesse trovato, proprio ora che si era quasi rassegnato a un destino avverso? 

Poteva essere davvero quel ragazzo la sua perfetta metà?


*****


Alec Lightwood, poliziotto fresco di accademia, non si sarebbe certo aspettato di trovarsi in una situazione tanto incredibile quando era uscito di casa nemmeno un'ora prima. Il sole era sorto come ogni altro giorno, lui si era alzato alle sue prime luci come sempre e, seguendo la sua solita routine, era arrivata l'ora dell'unica cosa che pensava avrebbe reso quella giornata migliore delle precedenti: la sua cara sorella sarebbe tornata dopo due settimane passate a sfilare per le passerelle di Parigi e lui sarebbe andato a prenderla, avrebbero passato insieme le poche ore che lo separavano dal suo turno pomeridiano alla centrale di polizia per poi ritrovarsi la sera nell'appartamento che condividevano.

E invece aveva avuto difficoltà a trovare parcheggio e si era messo a correre per recuperare il tempo perduto, travolgendo un povero passante ignaro. Si sarebbe prontamente scusato per poi scordarsene in un battito di ciglia se l'affascinante sconosciuto non fosse stato... beh, per l'appunto, indicibilmente affascinante. Ci aveva messo un attimo di troppo a riprendere il controllo del suo corpo, tenuto al suo posto dal paio di occhi più magnetici che avesse mai visto, tempo sufficiente all'uomo per squadrarlo da capo a piedi e inchiodarlo poi al suolo ancora di più con poche parole.

Per Lilith, sei la persona più attraente che abbia mai visto!

E quelle parole, per l'angelo! Lo shock lo aveva fatto avvampare e impallidire contemporaneamente, perché non poteva sbagliarsi: erano quelle che portava come un marchio sul braccio sinistro, che corse ad artigliare per ancorarsi a una realtà che si faceva assurda di secondo in secondo sempre di più.

I suoi fratelli l'avevano preso in giro per settimane quando avevano visto cosa gli avrebbe detto la sua anima gemella al loro primo incontro, non c'era possibilità alcuna che si fosse sbagliato.

Era così, dunque? All'improvviso sbatteva contro uno sconosciuto, e quello era l'amore della sua vita?

Non ci stava, assolutamente no. 

Lui era un poliziotto, voleva diventare un detective della omicidi perché amava scoprire la verità oltre a punire i cattivi, ma che logica c'era nella verità che gli si era appena presentata? Come poteva semplicemente accettarla? Lui amava organizzare la sua vita con meticolosità e precisione, non aveva mai prestato attenzione all'unico tra i suoi tatuaggi che non aveva scelto lui stesso di avere.

Ingenuamente, aveva pensato che non se ne sarebbe mai dovuto preoccupare perché non aveva mai attivamente cercato di trovare quella che tutti chiamavano "soulmate". Aveva l'amore della sua famiglia e il dovere di proteggere le persone, la sua vita era già abbastanza piena così. Cosa se ne sarebbe fatto dell'amore?

E poi, lui con le persone era completamente negato. Uno qualunque dei suoi tre fratelli avrebbe confermato a occhi chiusi questo dato di fatto.

Alec distolse lo sguardo, cercando di sconfiggere il potere calamitante che quell'uomo esercitava su di lui, fallendo miseramente.

Quando percepì di nuovo quanto gli veniva detto fece appena in tempo a cogliere il tono interrogativo e la preoccupazione di quella voce roca e sensuale, e non riuscì a tacere, strappato dai suoi pensieri da quel canto di sirena.

-Sto b-bene, ti ringrazio molto... s-sono mortificato, non volevo travolgerti così, va tutto b-bene? Ti giuro che di solito non sono così maldestro!-

Fu allora che capì di aver commesso un errore fatale: se lui aveva appena incontrato la sua anima gemella, era anche vero il contrario.

E se lo sguardo scioccato del suo interlocutore significava quello che credeva, ne aveva appena avuto la prova.


*****


Si erano trovati, erano insieme finalmente: come poteva non aver notato l'improvvisa integrità della sua anima?

Dopo aver parlato però la sua metà predestinata sembrò farsi prendere dal panico, girando la testa a destra e a sinistra, come a nascondersi dall'enormità di quell'evento. L'istinto di fuggire era evidente nei suoi bellissimi occhi, nonostante fosse evidente che cercasse di contenere il panico con un contegno lodevole. Magnus lo capiva, anche lui era terrorizzato, ma non poteva permettere che tutto andasse a rotoli per colpa della paura, non quando c'era così tanto in palio.

-Sono contento che sia tutto a posto...Mi scusi ancora, ero di fretta e...-

-Dammi del tu, ti prego, pasticcino.- 

L'aveva trovato, era lì, davanti a lui: non poteva lasciarlo andare proprio ora, anche se il panico stava logorando i nervi di entrambi non era proprio il momento adatto per lasciarsi andare all'istinto di fuggire.

L'altro si accigliò, assumendo inconsapevolmente un'espressione ancora più sexy secondo gli standard di Magnus.

-Non mi piacciono questi nomignoli, non sono una ragazzina.-

-Dimmi il tuo nome allora.-

-Perché dovrei farlo?- lo guardò con una certa diffidenza, perciò Magnus decise di sfoggiare tutte le sue doti migliori. Doveva assolutamente conoscere il nome di quel ragazzo o si sarebbe tormentato per l'eternità.

Per il momento sembrava voler ignorare la questione dell'essere anime gemelle e lo avrebbe rispettato. D'altronde, non si conoscevano affatto.

Cosa a cui avrebbe rimediato molto presto.

-Perché mi hai sbattuto a terra al nostro primo incontro, il minimo che potresti fare è dirmi il tuo nome e accettare di bere un caffè con me, non ti pare, biscottino?- gli fece un occhiolino esagerato, facendolo avvampare tanto che per un secondo temette di aver esagerato, ma l'altro poi gli sorrise timidamente, tirando su solo un angolo della bocca, grato perché Magnus aveva stemperato la tensione senza nominare l'elefante rosa in mezzo a loro.

Però continuava a cercare di allontanarsi.

-Il fatto è che sono di fretta, sono venuto a prendere mia sorella e ormai dovrebbe...-

-ALEC!-

Ben presto alla voce venne associata una figura minuta dai lunghi capelli lisci e corvini che saltò sulle spalle di Alec - era un diminutivo? Di quale nome? -, il quale riuscì ad afferrare la ragazza dietro le ginocchia per evitarle una rovinosa caduta.

Lei gli schioccò un bacio sulla guancia, lasciandogli il segno del rossetto color ciliegia che indossava come unico tocco di colore nella sua mise in bianco e nero che le stava divinamente, rendendo giustizia ad un corpo che, Magnus ne era certo, nascondeva un caratterino pepato da non sottovalutare nonostante la bassa statura.

-Isabelle Sophia Lightwood! Quante volte ti ho detto di non fare queste scene esagerate? E se ci fossero stati mamma e papà?- il moretto ora aveva spostato tutta la sua attenzione sulla ragazza che non sembrava volerne sapere di scendere dalla sua schiena, rendendo un po' difficoltosa la conversazione per il ragazzo che dovette contorcere il collo per cercare di guardarla in viso.

Ho già detto che quel collo istiga pensieri piuttosto sconci, sì? Con tutti i muscoli tesi e la vena così in rilievo poggiarci sopra la bocca sarebbe un piacere indescrivibile. E sì, quello è decisamente un tatuaggio... Mhm, sexy.

-Taci, fratellone, non fare il noioso! Sono appena tornata e la prima cosa che fai dopo due settimane senza la mia fulgida presenza è farmi la predica? Sei cattivo!-

Lei mise su un broncetto adorabile, che evidentemente ebbe presa sul ragazzo, sul fratello, dato che lui rilassò l'espressione di rimprovero per regalarle un delicato sorriso che gli illuminò lo sguardo in una maniera tale da ritenere illegale in almeno mezzo continente per quanto lo rendeva irresistibile.

Fratello. Lui l'aveva chiamata "Isabelle Sophia Lightwood", quindi il suo nome era...

Alec Lightwood. Bingo.

-Hai ragione, Izzy. Bentornata a casa.-

La mise giù piano, adocchiando con disapprovazione e palese confusione i tacchi da dieci centimetri che la sorella indossava, senza per questo riuscire a eguagliarlo, infatti per salutarlo come si deve dovette comunque alzarsi sulle punte per allacciargli le braccia al collo.

Fu in quel momento che lei lo notò, o meglio, che si accorse di uno sconosciuto dall'aspetto stravagante vicino al fratello, noto e comprovato misantropo e disabile sociale.

Lo guardò con un pizzico di perplessità, sembrava volesse chiedergli con lo sguardo chi fosse e se rimaneva lì per qualche motivo in particolare o se fosse solo un povero pazzo che fissava gente sconosciuta.

Sentendo un'istintiva simpatia per quella forza della natura formato ragazza -con uno spiccato senso della moda tra l'altro, non tutte potevano permettersi di indossare dei tacchi Jimmy Choo con tanta disinvoltura- fece un palese gesto verso il fratello di lei, guardandolo esplicitamente ora che lui non poteva vederlo avendo il volto nascosto tra i capelli della sorella.

Sorella che, e qui Magnus si fece un appunto mentale di trovare il modo di ringraziare adeguatamente, gli venne in aiuto con un piccolo ghigno malizioso in volto. 

-Alexander Gideon Lightwood, hai perso le buone maniere in queste settimane? Non mi presenti lo splendore di uomo che è qui con te?-

Alexander. Gli stava molto meglio rispetto a quel diminutivo con cui l'aveva apostrofato la ragazza, che pur affettuoso non trasmetteva la stessa forza e autorità del nome completo.

L'altro parve ricordarsi solo allora di aver investito quello che si era poi rivelato la sua anima gemella; lo guardò scusandosi con gli occhi e pregandolo in silenzio di non fare parola di quello che avevano appena scoperto davanti alla sorella, per poi tornare a fronteggiarla.

-Izzy, non ho perso le buone maniere, semplicemente quando mi sei saltata addosso stavo facendo le mie scuse per essere andato addosso al signore.-

Magnus fece una smorfia infastidita per essere stato definito "signore", ma soprattutto perché l'altro stava evidentemente cercando di sfuggirgli.

Non lo avrebbe permesso. Lo cercava da troppo tempo perché potesse farselo sfuggire dalle dita così facilmente.

-Mi presento: sono Magnus Bane e questo affascinante giovanotto per la fretta di venire a prenderti mi ha scaraventato a terra finendomi addosso.­- gli fece un occhiolino malizioso al quale l'altro rispose arrossendo ancora un poco e distogliendo lo sguardo, cercando un modo per andarsene il prima possibile.

Izzy parve capirlo perché strinse con una certa forza il polso del fratello, guardandolo con un'aria autoritaria che strideva in modo quasi fastidioso con quella corporatura minuta.

-Fammi capire bene, hai rischiato di ferire un tale bell'uomo e nemmeno gli offri il caffè per scusarti? Ma insomma Alec, che fine hanno fatto le buone maniere? Se ci fossero stati mamma e papà?

E se la soddisfazione con cui diede quella stoccata finale fece alzare gli occhi al cielo al fratello, Magnus le fece un breve ma sentito applauso, perché di quella ragazza non sapeva praticamente nulla ma già aveva tutta la sua stima.

-Era esattamente quello che gli stavo dicendo poco prima che arrivassi... Isabelle, giusto? Un nome bellissimo per una fanciulla altrettanto stupenda. Ma spero non ti offenderai se ti dico che al momento sei solo la mia seconda Lightwood preferita.-

Alexander arrossì come un pomodoro maturo, perché per quanto ingenuo fosse quella frase era davvero inequivocabile persino per lui.

Izzy sorrise, confermandogli con tono sereno di non essersi minimamente offesa...

-...ma potrei cambiare idea se non ti trascini questa palla al piede del mio fratellone al bar dell'areoporto, mi ci vorrà un po' per raggiungervi: ho un sacco di bagagli e scegliere a quale bel fusto affidarli per farmi dare una mano è sempre difficile. Per stavolta avevo deciso di tornare subito a casa, per questo Alec è venuto a prendermi, ma posso concedervi una mezz'ora senza la mia fantastica presenza.-

Detto questo voltò i tacchi facendo volteggiare i lunghi capelli neri, incamminandosi.

Poi parve ripensarci, perché tornò indietro e diede una pacca sulla spalla a Magnus, che la guardò incuriosito e poi leggermente spaventato per l'espressione che si fece venire lei in volto piantandogli le unghie nella carne.

-Se tra mezz'ora non ti trovo con Alec esattamente dove ho detto, con lui fisicamente e moralmente tutto intero, non ci sarà inferno in cui non ti inseguirò per fartela pagare, Magnus Bane.-

Poi tornò a sorridere, ignorando i sudori freddi di Magnus e il tremendo imbarazzo del fratello.

-Certo, se i danni fisici fossero dovuti a certe attività... potrei anche decidere di soprassedere, ma solo in quel caso. A dopo!-

Dopodichè sparì, lasciandoli soli.

-Dunque... un caffè?- il reporter decise di lanciare una fune di salvataggio al ragazzo, che alla frase maliziosa della sorella aveva rischiato seriamente l'autocombustione per quanto era diventato rosso.

Alexander aprì la bocca un paio di volte, parve sul punto di scappare a gambe levate al seguito della sorella, ma poi lo guardò negli occhi e sembrò acquisire un po' di coraggio, quello sufficiente e soffiare un flebile "va bene" prima di riabbassare il volto, infilando le mani nelle tasche dei jeans neri e sformati che indossava.

Insieme al maglione e agli anfibi ai piedi aveva creato un look total-black che solitamente Magnus non apprezzava -e infatti non si sarebbe mai messo nulla del genere-, ma che su quel ragazzo trovava in qualche modo invitante.

Si avvicinò a lui, premendo con il palmo della mano sulla schiena di Alexander per portarlo più vicino a sè. Il più piccolo sussultò a quel contatto, ma non si sottrasse, già più calmo all'idea che gli fosse stata chiesta compagnia solo per un semplice caffè.

Da così vicino, Magnus potè annusare il suo profumo: shampoo al sandalo e sapone neutro per il bucato. Era un mix mai sentito, ma per qualche motivo per Magnus quello assunse subito il significato di casa, quel luogo -persona- di cui era andato in cerca tanto a lungo e che, finalmente, aveva trovato.

Sarebbe stato il caffè più piacevole della sua vita, ne era certo.



 
  
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