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Autore: Isabelle_Mavis    05/05/2020    1 recensioni
-Significa che sono tuo, per sempre- disse Embry, guardandomi dritto negli occhi.
Fu come se una mano invisibile stesse grattando contro il fondo della mia anima.
-Mio, per sempre- ripetei, come in trance.
Embry annuì, distogliendo lo sguardo e indirizzandolo verso il cielo. Si ritrovò a dover stringere un po' gli occhi, a causa del sole.
-Potrei essere qualsiasi cosa per te. Qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno-
La stessa mano invisibile di prima ora si era spostata verso lo stomaco, afferrandolo e attorcigliandolo.
Embry tornò a guardarmi, questa volta con le sopracciglia aggrottate, come se dovesse faticare per trovare le parole giuste per esprimersi.
-Un fratello, un protettore, un amico...-
La mano viaggiò verso il cuore, stritolandolo.
Embry si chinò verso di me, il suo viso a un soffio dal mio.
-... Un'amante- mi sussurrò.
La mano salì ancora e si fermò una volta arrivata alle corde vocali, che strappò senza esitazione.
Aprii leggermente la bocca per parlare, ma non avevo niente da dire. Gli occhi di Embry si erano mangiati tutte le mie parole. Due pozzi scuri che ardevano di quella stessa fiamma che animava tutti i lupi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Embry Call, Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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Prologo dell'inizio e della fine

Aprii gli occhi, ritrovandomi catapultata dall'oscurità delle mie palpebre a quella del bosco in cui mi trovavo. 
Le foglie secche scricchiolarono quando mi alzai in piedi. I miei vestiti avevano assorbito l'umidità del terriccio. Mi sforzai di ricordare come fossi finita lì, ma nella mia mente albergava il vuoto totale. 
Mi guardai intorno. 
Non ero a La Push.
Lo capii dall'ostilità con cui i rami degli alberi sembravano pronti a graffiarmi, a catturarmi. 
Non ero a casa mia. 

Sussultai quando sentii lo schiocco di alcuni rametti spezzati, alle mie spalle. L'ansia e la paura mi sussurravano di scappare via, ma c'era qualcosa dentro di me che mi suggeriva di stare immobile. 
Istinto. 
Lo stesso istinto di un cervo braccato da un puma. 
L'istinto della preda contro il predatore. 
Sapevo che se mi fossi mossa, sarei morta. Era irrazionale e senza logica, ma lo sapevo. Lo percepivo. 
Il mio tentativo di camuffarmi tra le ombre risultò vano, perché delle dita mi toccarono una spalla. Una carezza delicata quanto il volo di una farfalla. Feci del mio meglio per non trasalire, ma non potei nulla per la pelle d'oca che mi venne. Stavo sudando freddo. Il cuore mi batteva così forte che ero pronta a giurare che mi sarebbe scappato via dalla gabbia toracica. Quando l'uomo, perché ero sicura si trattasse di un uomo, si avvicinò tanto da annusarmi i capelli, il mio autocontrollo venne meno, si sbriciolò. In una frazione di secondo decisi che valeva la pena tentare la fuga. Tanto sarei morta ugualmente. 

Con uno scatto repentino mi strappai dalla sua presa quel tanto che bastava per permettermi di scappare. Comandai alle mie gambe di sforzarsi al massimo, ma non sentivo nessuno alle mie spalle. Non mi stava inseguendo. 
E fu quando mi fermai a riprendere fiato che compresi di aver commesso un errore che mi sarebbe costata la vita. La mia fuga aveva attivato il suo istinto da predatore durante una caccia. L'uomo mi aveva lasciata andare per divertirsi di più. Feci appena in tempo a chiedermi che razza di creatura fosse quella che aveva deciso di porre fine alla mia esistenza, quando una morsa di ferro mi stritolò, soffocandomi senza che potessi combattere o urlare aiuto. Il dolore era così intenso che fui costretta a chiudere gli occhi, senza fiato. Qualcosa di appuntito mi sfiorò il collo. Ero pronta a morire, non c'era niente che potessi fare per evitarlo. 

Poi un ululato squarciò il silenzio inquietante del bosco.
Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere un grosso animale correre nella mia direzione. Ero sicura che fosse venuto a salvarmi, sebbene non ci fosse un motivo valido che potesse dimostrarlo. Il predatore alle mie spalle mi spinse via con violenza. Sbattei la testa contro il tronco di un albero e questa volta urlai. La vista mi si appannò, ma fui comunque in grado di scorgere un lupo, nero quanto le tenebre che lo avvolgevano, che si avventava sul mio aggressore, mordendo qualsiasi parte del corpo gli capitasse a tiro. L'uomo, che fino a qualche minuto prima si gustava trionfante la mia morte, in quel momento stava cercando di difendersi come meglio poteva, soffiando come un gatto. 
Cercai di fare forza sulle braccia per alzarmi, ma sentivo di star diventando sempre più debole e meno lucida ogni secondo che passava. Guardai un'ultima volta in direzione del grosso lupo, rendendomi conto che aveva affondato le zanne nel collo del mostro, staccandogli la testa. Avrei voluto ringraziarlo per avermi salvato la vita, ma tutto ciò che uscii dalle mie labbra tremanti fu un grido di terrore. 
L'uomo aveva la testa rivolta verso di me, gli occhi ancora aperti. 
Erano rossi come il sangue. 

Poi fu il buio, di nuovo. 

   
 
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