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Autore: storiedellasera    06/05/2020    1 recensioni
Un’esperienza traumatica segna un ragazzino per il resto della sua vita
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando ero piccolo ho visto una cosa che mi ha terrorizzato a morte.
Il trauma derivato da quell’orrore non mi abbandona mai, neanche ora che sono un uomo adulto.
Ci sono giorni in cui riesco a rilassarmi... mentre altri giorni la paura torna a farsi più intensa.
Ho ascoltato il parere di molti dottori e mi hanno detto che i miei problemi sono tipici per chi ha sperimentato, specialmente durante l’infanzia, un grande terrore.

Tutti iniziò quando avevo dodici anni.
All’epoca frequentavo una scuola a pochissimi isolati da dove vivevo. I miei genitori mi permettevano, nei giorni di più caldi, di tornare a casa da solo.
Non dovevo attraversare nessuna strada: non appena uscito da scuola dovevo svoltare un angolo, superare quattro case ed ero giunto a destinazione.
Il quartiere era tranquillo e le persone erano amichevoli tra loro.

La prima delle quattro case era antica ma ben tenuta, con due piani e una soffitta.
Ricordo che aveva mura bianche, un piccolo giardino di pietra e grandi finestre. Da una di queste potevo sempre vedere l’anziana proprietaria di quella dimora.
Era una donna di circa settant’anni rimasta sola al mondo. Era minuta, con i capelli legati sempre in un impeccabile chignon, un lungo naso aquilino, numerose rughe e occhi grandi e glaciali.
Quegli occhi mi mettevano i brividi ogni volta che li vedevo ma non mi sarei mai permesso di esternare questo mio disagio.
Ogni giorno che uscivo di scuola trovavo  l’anziana affacciata alla solita finestra.
Era la finestra della sala.
Probabilmente quella donna non faceva altro che guardare la televisione tutto il tempo. Sta di fatto che tutte le volte che mi vedeva mi salutava agitando dolcemente la sua mano tremula.
Mi sorrideva con i suoi smaglianti denti (portava la dentiera) e mi fissava con i suoi occhi glaciali.

Tra tutti i bambini che uscivano di scuola, lei salutava solo me.
Mia madre mi spiegò che c’era un legame tra lei e la mia famiglia. Anni prima della mia nascita infatti l’anziana signora, che all’epoca era una donna forte e vitale, ha aiutato i miei genitori durante vari momenti di difficoltà avuti nel corso della loro vita.
Per mia madre quella donna era una sorta di zia e le voleva bene.

Un giorno, mentre uscivo da scuola, guardai in direzione della prima casa, pronto a ricevere il quotidiano saluto da parte dell’anziana.
Mi meravigliai nel vederla, sempre alla finestra, ma stava fissando qualcosa all’interno della casa.
Credetti che stesse guardando la televisione, magari aveva trovato una trasmissione che aveva completamente catturato la sua attenzione.
Poi, molto lentamente, iniziò a ruotare il capo verso di me.
C’era qualcosa di strano in quel movimento, qualcosa di innaturale. Sembrava rigida, non sorrideva e non muoveva gli occhi. Quando posò il suo sguardo su me mi sentii inspiegabilmente minuscolo e indifeso. Ebbi così tanta paura che per un momento smisi di sentire i rumori che mi circondavano: il chiacchiericcio dei passanti, le risate degli altri bambini, le auto per strada…
Gli occhi di quella donna mi costringevano a tenere il mio sguardo fisso su di lei.
Il mio istinto infatti mi diceva di prestarle la massima attenzione… di restare guardingo.
Lei poi alzò la mano e mi salutò. O forse dovrei dire che "provò a salutarmi".
Era come se non riuscisse a muovere bene la mano.
I suoi movimenti impacciati e incerti dell’arto mi suggerirono che l’anziana avesse dimenticato come si facesse il saluto e che lo stesse imparando tutto da capo.

Ricordo che affrettai il passo e tornai a casa.
Non dissi niente ai miei genitori, ero troppo turbato dalla stranezza di quell’evento.

Il giorno seguente uscii da scuola con un vago senso di inquietudine dentro di me.
Svoltai l’angolo e dovetti farmi forza per alzare lo sguardo verso la casa dell’anziana signora.
Lei era ancora lì, affacciata alla finestra.
Mi fissava con i suoi grandi occhi glaciali, anche questa volta senza sorridere. Alzò la mano per salutarmi: questa volta il suo gesto era più fluido ma sempre impacciato e incerto.

Nei giorni successivi le cose sembrarono migliorare.
La signora anziana riprese a sorridere e i suoi movimenti tornarono ad essere naturali, anche se lì trovavo ancora un po’ impacciati.
Pensai che, nei giorni passati, la donna non si era sentita bene e mi sentii malissimo per non aver allertato nessuno. Forse aveva bisogno di un medico e io non ho fatto nulla per aiutarla.
I sensi di colpa di divoravano dall’interno e forse fu proprio questo sentimento che mi spinse a compiere il gesto di cui ancora oggi mi pento.

Ero uscito da scuola e, come sempre, volsi il mio sguardo verso la casa della signora.
Lei era sempre lì, affacciata alla finestra. Mi sorrideva, mi fissava ma, invece di salutarmi, con la mano mi faceva segno di entrare in casa sua.
Mi indicava la sua porta e poi mi faceva segno di avvicinarmi.
Io scossi la testa e gli indicai che sarei dritto nella mia abitazione… e così feci.
Anche nei due giorni seguenti la signora mi invitò a entrare in casa sua: con i suoi movimenti (quasi incerti) della mano e i suoi occhi fissi su di me che mai muoveva.

Ma il giorno dopo accadde l’orrore.
Voltandomi, come di consuetudine, verso la sua casa, vidi l’anziana signora che mi indicava ancora una volta la porta della sua casa. Era aperta.
Una signora della sua età non dovrebbe lasciare aperta la porta della sua casa.
Lo so che mi trovavo in un quartiere rispettabile ma non si è mai troppo sicuri. Mi avvicinai alla porta per chiuderla e in quel momento pensai che forse l’anziana signora aveva bisogno di qualcosa.
Forse stava male e io non volevo ignorare i suoi (presunti) malori una seconda volta.
Così, spinto dall’ingenuità e dalla curiosità che solo un bambino può avere, entrai nella sua casa.
Quanto fui stupido.

Capii fin da subito che c’era qualcosa di strano.
L’interno della casa era avvolto da un’inquietante penombra. Scarsa era la luce che proveniva da fuori e tutti i lampadari erano spenti.
Ma ciò che mi stava realmente terrorizzando in quel momento era un terribile tanfo che non avevo mai percepito in vita mia. Riempiva la casa e mi impediva di respirare.
Iniziai a sentirmi minacciato.
Immerso in un silenzio irreale mi avvicinai lentamente alla sala, lì dove l’anziana donna mi attendeva.
La paura mi irrigidiva le gambe e mi faceva formicolare le spalle e la testa.
La porta della sala era aperta ma ogni fibra del mio essere mi supplicava di non guardare al suo interno.

Feci appena capolino e, quando scorsi l’anziana seduta nel suo solito angolo della sala, riuscii a vederLo.
Il terrore si impossessò di me.
Con la forza che solo la paura può infondere a un essere umano, mi voltai di scatto e iniziai a scappare.
Mentre correvo verso l’uscita, sentii dei rumori alle mie spalle.
Erano dei tonfi sordi farsi sempre più vicini. Capii solo più tardi che erano i rumori di passi di qualcosa che mi stava inseguendo.
Sperimentai la più orrenda delle disperazioni quando una folata di vento entrò in casa e chiuse la porta da cui ero entrato.
Urlai mentre mi lanciavo contro il pomello.
Aprii la porta e mi gettai verso l’esterno. Non ricordo i dettagli della mia fuga ma i passanti giurarono di vedermi sfrecciare fuori dalla casa con così tanta foga da ritrovarmi in un attimo per strada.
Un auto dovette sterzare per non investirmi e per un soffio evitò di impattare contro un lampione.
Le prime persone che vennero in mio soccorso mi ritrovarono inginocchiato nel bel mezzo della strada, pallido come un cadavere, con gli occhi ruotati all’interno e la bava alla bocca.
Deliravo suoni senza senso e piangevo.
Ero impazzito per la paura.

Qualche ora più tardi, il cadavere dell’anziana signora fu portato fuori dalla sua abitazione, in un sacco scuro, e messo in ambulanza.
Secondo i medici era morta diversi giorni fa per una insufficienza respiratoria.

Quando, diversi giorni dopo, trovai la forza per rivivere i miei ricordi, raccontai ai miei genitori e amici quello che mi era accaduto e ciò che avevo visto nella casa insieme all’anziana signora.
Chiunque abbia ascoltato la mia storia mi ha sempre risposto che mi sono immaginato ogni cosa. Forse hanno ragione, del resto ero solo un bambino suggestionato da una tetra atmosfera.
Ad ogni modo sono rimasto traumatizzato e questa paura non mi dà alcuna tregua.
Che sia stata tutta un’illusione o crudele realtà, la mia esperienza mi ha segnato per il resto dei miei giorni.
Perché quando mi affacciai in quella maledettissima sala, il cadavere dell’anziana signora, seduta all’angolo della stanza, mi fissava e mi faceva segno di avvicinarmi a lei.
Dietro di se, confusa con la sua ombra, c’era un’oscura figura vagamente umana che muoveva il cadavere come se fosse una macabra marionetta... una marionetta dai movimenti fluidi e appena incerti.
Mi guardava con grandi occhi e ghignando mi mostrava una fila di denti aguzzi.
Il suo sguardo mi comunicò quanto fosse affamato e quanto fosse emozionato all’idea di aver attirato un bambino in trappola.
Lui era lì per me.
Era lì in agguato.

   
 
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