L’Arte
della Magia
“Non
sono capace.” La Sultanina batté i piedi sul
pavimento, facendo saltare via
qualche tessera del prezioso mosaico che lo decorava. “Non
voglio continuare la
lezione.”
Sospirando, No’ona Sethra posò le mani sul tavolo.
“Vostra Altezza non è più
una bambina: quando sarete Sultana avrete bisogno di conoscere
l’arte della
magia.”
“La magia da sola non serve a governare un regno: lo hai
sempre detto, No’ona,
eppure continui a opprimermi con queste lezioni inutili!”
Scocciata, la Sultanina
si lasciò cadere sui cuscini ricamati. “Se avessi
il talento di mia madre sarebbe
diverso, ma non lo avrò mai. Non mi servirà a
nulla imparare a memoria
incantesimi che riesco a far funzionare solo in parte o per nulla.
Dovresti
insegnarmi qualcosa di più utile, come le lingue straniere o
la tattica
militare.”
“Per quelle cose ci sono già altri
insegnanti.”
“Esatto.” La ragazza raddrizzò la
schiena. “Quindi potresti anche andartene:
sei qui solo perché piaci a mia madre, che è
convinta che tu sia in grado di
fare emergere il talento anche in chi non ce l’ha. Ovviamente
si sbaglia.”
Sethra trattenne l’impulso di prendere a schiaffi la sua
allieva – un impulso
che le veniva parecchie volte al giorno. “Nessuno
può dire di non avere talento
magico,” replicò a denti stretti,
“perché la magia è parte di tutto:
è nelle
parole, nelle piante, nell’aria che respiriamo.”
“Di certo non dentro di me.”
“Se Vostra Altezza si impegnasse di più nello
studio…”
“Basta così!” La Sultanina si
alzò e si diresse verso la porta. “Non intendo
continuare con queste stupide lezioni: credi che non abbia mai visto
mia madre
praticare la magia? Lei sa tessere incantesimi come se fosse la cosa
più
naturale del mondo perché il suo talento è
immenso. Se io avessi anche solo un
decimo di quel che ha lei sarei già riuscita a combinare
qualcosa in
quest’aula, invece no. Non ha senso andare avanti.”
Stava per uscire quando la mano di Sethra le piombò sulla
spalla, bloccandola.
“Credete davvero che quello della Sultana sia un talento
innato?” Le domandò
seccamente.
“Sì.”
“Venite con me.” Senza badare al cerimoniale,
Sethra afferrò la Sultanina per
un braccio e la trascinò lungo gli stretti corridoi del
palazzo, fino a
raggiungere un portone di legno traforato.
“Non possiamo entrare qui!” Si dibatté
la Sultanina. “Questi sono gli
appartamenti privati di mia madre: nemmeno io
posso…” La voce le morì in gola
vedendo che Sethra estraeva dalla tasca della tunica una piccola chiave
e la
infilava nella serratura. “Perché hai quella
chiave? Chi te l’ha data?”
“Non sono affari vostri.”
Si ritrovarono in un giardino dove le siepi cariche di fiori formavano
sentieri
che portavano a decine di porte e cancelli diversi. Sethra ne
imboccò uno senza
esitazioni, con la Sultanina che faticava a starle dietro.
Arrivarono infine a una piccola porta in ferro battuto.
“Guardate attraverso la serratura”
ordinò Sethra.
“Se ci scoprono le nostre teste cadranno sotto
l’ascia del boia entro stasera”
sussurrò la Sultanina, ma obbedì, curiosa
nonostante la paura. “Ma… è mia
madre!”
Riusciva a vedere solo una parte della stanza al di là della
porta: sua madre
era in piedi davanti a un lungo tavolo coperto di libri, codici,
pergamene,
tutti aperti e ammassati in confusione. La Sultana era molto diversa da
come
sua figlia l’aveva sempre vista: le vesti raffinate e i
capelli erano in
disordine, sembrava scoraggiata e sfogliava pagine su pagine, ripetendo
frasi e
muovendo le mani senza che succedesse nulla.
Alla fine si sedette, tenendo la testa tra le mani.
“Cosa sta facendo? Non capisco.” La Sultanina
guardò No’ona Sethra, che da
parte sua aveva appoggiato la schiena contro la porta e si era seduta a
guardare il giardino.
“Vostra madre è chiusa qui da tre giorni: sta
cercando un modo di fermare la
siccità nelle regioni settentrionali.”
“Stai mentendo: a mia madre basta uno schiocco delle dita per
fare una cosa
così semplice. E poi, potrebbe benissimo risolvere ordinando
la costruzione di
dighe o di pozzi.”
“Un buon ragionamento,” ammise Sethra,
“peccato che per costruire una diga
serva molto tempo: i contadini del nord non sopravvivranno
all’estate senza
acqua. Guardate ancora.”
La Sultanina riportò gli occhi alla serratura: “Si
è rialzata e ha
ricominciato. Nessun risultato. Si risiede… sta
piangendo?”
“Eppure non smette di provare, vero?”
“Ma è stupido!” Sedendosi accanto a
Sethra, la ragazza scosse la testa. “E’
solo una perdita di tempo: se non ci riesce dovrebbe
smettere.”
“Vostra madre è sempre stata testarda.”
Sethra fissò il pezzo di cielo sopra il
giardino: le nuvole si inseguivano tra loro come dei bambini.
“Quando iniziò a
studiare la magia fu subito chiaro che sarebbe stato più
facile estrarre acqua
dalla sabbia che far uscire un incantesimo da lei. Non riusciva a
pronunciare
correttamente neppure una parola.”
“Impossibile.”
“Volevo lasciare l’incarico: avevo paura che, non
vedendo risultati, la Sultana
vostra nonna decidesse di condannarmi a morte. Ma vostra madre
continuava a
provare, giorno e notte, finché non riuscì a
eseguire il suo primo incantesimo,
la levitazione di un sasso. Ci mise più di un
anno.”
La Sultanina era sbalordita. “Perfino io sono riuscita a far
levitare un sasso
in qualche settimana!” Fissò Sethra:
“Non capisco.”
“A volte dobbiamo continuare a fare quello che non sappiamo
se vogliamo
imparare come farlo: vostra madre per un anno intero ha provato
quell’incantesimo in tutti i modi possibili, sbagliando fino
a quando non
riuscì a capire dove stava l’errore. Gli errori,
dovrei dire.” Sethra sorrise.
“Vedete, Vostra Altezza, come molte altre cose nella vita, la
magia è una
questione di volontà. Nessuno avrebbe detto che la Sultana
sarebbe diventata la
maga più potente di questa generazione, a meno di osservare
con quanta tenacia
si dedicasse a essa.”
“Stai dicendo che perfino io potrei diventare come mia
madre?” La Sultanina
sembrava ancora scettica.
“Voi siete ancora più testarda di vostra madre: se
invece di lamentarvi vi
impegnerete a fondo non ho dubbi che finirete per superarla.”
Si udì un tuono in lontananza, seguito da molti altri.
“Sembra che la Sultana ce l’abbia fatta, di
nuovo.” Sethra
rise piano: non importava quanti anni
fossero passati, a ogni incantesimo riuscito poteva vedere di nuovo il
viso
radioso della Sultana mentre faceva galleggiare il sassolino
nell’aula. “Meglio
che torniamo nelle vostre stanze, Altezza: l’arte della magia
si pratica meglio
all’asciutto.”
N.d.A.
La storia partecipa al contest "Tarocchi Narranti" indetto da _Vintage_
su EFP Forum.
Il pacchetto scelto era:
L'imperatrice
Prompt: Forza di volontà
Frase: Cerco sempre di fare ciò che non sono capace di fare,
per imparare come farlo (Picasso)