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Autore: Daphne_07    06/05/2020    2 recensioni
Una Snily diversa per un pubblico diverso (in senso positivo eh eh). Stanca dei soliti luoghi comuni, ho deciso di ambientare la fanfiction nell'Ottocento. Inoltre ho compiuto una scelta abbastanza insolita: non esiste la magia, quindi aspettatevi uno scenario completamente stravolto. C'è il rating verde, poi credo che lo cambierò.
Dai primi due capitoli:
“Lilian! Questo non si addice ad una signorina!” Lilian Evans, 12 anni, era cresciuta sentendosi ripetere quella frase. Le dure parole della balia avevano da sempre accompagnato ogni suo gesto scomposto, sciocco o impacciato, limando il suo carattere esuberante e trasformandola in un’elegante, aristocratica ragazzina nobile. O, almeno, tentando di trasformarla. Tentando e fallendo.
...
Non poteva essere altri che lui. Occhi celesti, capelli biondi e sorriso smagliante, una fotocopia in miniatura del padre. James Potter. E Lilian si sentì inspiegabilmente attratta da quel ragazzino. Il suo cuore cominciò a fare le capriole, una sensazione frizzante la pervase. Trattenne il respiro: non aveva mai visto persona più bella.
...
-Ero solo un po’ curiosa…-
-Voi siete la più curiosa della contea, Miss Lilian, è cosa risaputa-
-Come osate?-
-Non ve la prendete, stavo lodando le vostre virtù- sul suo viso pallido si dipinse un sorrisetto sornione.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Lucius Malfoy, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Lilian, James e Severus
 

“Lilian! Questo non si addice ad una signorina!” Lilian Evans, 12 anni, era cresciuta sentendosi ripetere quella frase. Le dure parole della balia avevano da sempre accompagnato ogni suo gesto scomposto, sciocco o impacciato, limando il suo carattere esuberante e trasformandola in un’elegante, aristocratica ragazzina nobile. O, almeno, tentando di trasformarla. Tentando e fallendo.
Lilian era una bambina briosa e vivace. I suoi grandi occhi smeraldini parevano pietre preziose incastonate in un gioiello di perle, mentre i suoi capelli rossi, lasciati sciolti nonostante i rimproveri della balia, le danzavano allegri intorno al capo, simili ad una corona infuocata.
Tutto, in lei, ardeva come il camino delle locomotive: da Lilian scaturiva uno strano fascino, un fascino che ammaliava chiunque le stesse intorno, un fascino che risucchiava adulti e bambini, un fascino che l’aveva resa protagonista indiscussa della casata Evans. Lilian non si faceva domare facilmente: era impossibile assoggettarla alle severe regole imposte dalla madre, quella ragazzina risoluta non si sarebbe mai piegata alle fastidiose vessazioni dei suoi familiari. Lilian riteneva che la balia dicesse un mucchio di sciocchezze. Perché gli uomini vanno a caccia e le donne no? Perché le bambine devono imparare a cucire mentre i maschi possono già avere un cavallo? Non riusciva proprio a spiegarselo.
Nonostante il suo spirito libero e indomabile, Lilian aveva un’indole indubbiamente buona, empatica e gentile, cosa che la faceva spiccare tra le compagne. Solo Lilian aveva aiutato l’impacciato Peter Minus, il quartogenito bruttino dei Minus, ad andare a cavallo, totalmente incurante del suo aspetto.
Sì, Lilian avrebbe perso un rene pur di aiutare qualcuno: lei riusciva sempre a vedere la parte buona in chiunque, anche nei figli irriverenti della servitù. Svincolata dai banali dettami della società, quella ragazzina sarebbe stata capace di donare amore anche ad un criminale. La somma indifferenza che ostentava nei confronti di dicerie e pettegolezzi l’investiva di un’aura superiore, anche se la cosa poteva non essere apprezzata.
Il suo cuore puro era un riverbero incessante di ilarità e spensieratezza, nulla avrebbe potuto distorcere la dolce visione che aveva lei del mondo. Non le importava di quello che borbottava sua madre o delle compagnie altolocate di Petunia, Lilian era diversa: lei era libera. Incontaminata dalle credenze malevole che si erano diffuse a Cokeworth, indifferente alle cattiverie che giravano in merito a qualche famiglia dei quartieri poveri. Nulla avrebbe potuto smuoverla, trasformarla in un essere senza spirito come Petunia: Lilian restava un giglio, un fiore casto e terso. Lei non sarebbe diventata l’ennesima pecora nel gregge delle pecore, lei non avrebbe accettato la retina ai capelli, il vestitino lungo fino ai piedi e la sella da cavallerizza: no, lei si sarebbe ribellata, non le importava un accidente del suo rango sociale, degli amichetti ipocriti che sua madre la obbligava a frequentare e del tè alle cinque.
Così finiva un pomeriggio soleggiato a Cokeworth, una contea verdeggiante nei pressi di Londra. Era il Luglio del 1815, i fiori si riempivano di petali variopinti, gli alberi in cortile sfoggiavano chiome maestose e le nuvole spumeggiavano allegre nel cielo limpido. Il sole estivo, pregno di una luce calda e abbagliante, pareva riversare tutto il suo splendore sulla villa degli Evans: la loro casa possente troneggiava incontrastata su una collinetta, vicina alle abitazioni dei Lupin, dei Black e degli Smith. Villa Evans era composta da lunghe travi bianche, ampie terrazze e tetti spioventi. La casa era circondata da grandi giardini ben curati. In mezzo alle siepi si snodava un sentierino di terra rossiccia, una viuzza che conduceva a Villa Lupin. Il sentiero era fiancheggiato da tanti olmi (“Il sentiero degli olmi”, si chiamava), tutti accalcati ai margini della stradina. Le loro chiome si intersecavano sempre più, gli olmi a destra intrecciavano rami e foglie con gli olmi a sinistra, creando una specie di portico ombroso.
Lilian amava Villa Evans. Era la sua casa, un posto meraviglioso in un paese -Lilian si sforzava di vederlo così- a sua volta meraviglioso.
La ragazzina stava seduta in veranda, Dolly e Lucy (le sue bambole) a tenerle compagnia. Margot le aveva detto, con quella sua vocina isterica e fastidiosa, che avrebbe dovuto assolutamente mettersi uno scialle. Bah, Lily non voleva mettersi lo scialle, non sentiva affatto freddo. Aveva sempre sostenuto delle lotte sfiancanti con Margot, la tata sua e di Petunia, e mai ne era uscita sconfitta. Lilian era incredibilmente perseverante quando si trattava di opporsi a Margot, sua nemica primordiale, e nemmeno tutti gli scialli del mondo l’avrebbero intimorita.
Udiva un lieve tintinnare di posate provenire dalla cucina, evidentemente la servitù stava apparecchiando per la cena. Ma perché tutto doveva essere così complesso? Lilian avrebbe mangiato con piacere un tozzo di pane ed una fetta di prosciutto, se le fosse stato permesso. Lei era per le cose semplici: uno spuntino leggero da sgranocchiare al tramonto. Eppure no, bisognava scegliere la posata giusta, non poggiare i gomiti sul tavolo, lisciarsi la gonna, indossare il tovagliolo, mangiare lentamente il cibo, non chiedere mai il bis, non masticare con la bocca aperta e via dicendo.
-Lilian, è pronto!- la richiamò Margot, il grembiule candido e i capelli impeccabilmente raccolti in uno chignon austero. Lilian si alzò di malavoglia e prese posto a tavola.
-Le hai lavate le mani, Lilian?- chiese sua madre, gli occhi indagatrici e il naso leggermente arricciato.
-Sì- mentì Lilian.                                                                                                                                           
-Non è vero, non se le è lavate, ha detto una bugia!- si intromise Petunia, una ragazzina sui dodici anni dal viso spigoloso.
-Lilian, una signorina non tocca le posate con le mani lerce!- la riprese Scarlett, sua madre. Lily proruppe in uno sbuffo sonoro: perché ce l’avevano tutti con lei? Perché Petunia non poteva stare zitta? Lilian era sì buona con gli altri, ma questo non le impediva di diventare un diavoletto: come ho già spiegato, Lilian non poteva essere definita una signorina, e questo spesso causava delle controversie in famiglia. Diciamo che era troppo “avanti con i tempi”, e una cosa del genere non veniva vista di buon occhio.
-Lilian, muoviti, che tra poco abbiamo ospiti. Viene mio fratello a cena- Lilian solitamente odiava le serate in cui venivano gli ospiti: tutte le persone che entravano in casa sua erano immancabilmente noiose. Di solito arrivavano i pezzi grossi di Cokeworth, gente boriosa straripante di storie nostalgiche, ma quella sera tutto sarebbe stato diverso: suo zio, Abram Potter, era un uomo incredibilmente simpatico.
Quando Lilian ritornò a tavola, suo zio era già tra di loro. Le sorrise, cortese.                                                              
-Ma buonasera, Lilian! Ti fai sempre più grande!-  La ragazzina, come sempre, rimase catturata da quegli occhi vispi.  
-Ciao, zio!- e gli gettò le braccia al collo.
-Lilian!- la richiamò sua madre, mortificata per un gesto a tal punto confidenziale.
-Lasciala fare, Scarlett. Sono pur sempre suo zio - l’uomo rivolse a Lilian un sorrisetto complice. La ragazzina si sedette al suo posto e iniziò a mangiare, rallegrata da quella presenza.
-E così, quando intendi portare a termine l’acquisto?- chiese a suo padre.
-Abbastanza velocemente. Io e Scarlett abbiamo pensato di velocizzare le trattative, infondo, senza offesa, converrai anche tu che si tratta solo di due cavalli-
-Due cavalli vincenti. Credimi, non ho mai visto due bestie così possenti- disse lo zio Potter, leggermente piccato per quella constatazione.
-No, no, non volevo metterlo in dubbio. Tutti i tuoi cavalli sono eccellenti, ecco perché abbiamo deciso di acquistarli da te-
-Ottimo, ottimo… Senti, stavo pensando ad una cosa. Domani io e mia moglie teniamo una merenda a villa Potter, e ci piacerebbe se anche voi partecipaste. Non ho ancora presentato alle bambine mio figlio James, e questo è imperdonabile: si tratta pur sempre del loro cugino- Lilian non aveva mai visto James, ma, pensò, suo cugino doveva essere un tipo in gamba: con un padre del genere, l’unica cosa che poteva venir fuori era un ragazzino spassoso.
-Va bene, mi sembra un’ottima idea- A cena finita, Abram Potter salutò tutti (Lilian in modo più caloroso) ed uscì dalla porta.
Il giorno seguente, Lilian venne svegliata da Margot.                                   
-Veloce, veloce, alzatevi- Portava con sé il vassoio della colazione.
-Mangiate tutto, che poi alla festa starete a digiuno- Lilian odiava questa regola assurda: perché le ragazze non potevano rimpinzarsi alle merende? Le merende erano fatte apposta per rimpinzarsi! Per Margot era disdicevole che una signorina mangiasse tanto in pubblico, e ogni mattina erano battaglie per farle ingoiare una focaccina in più.
-Margot! Se mangio tanto adesso non avrò più appetito questo pomeriggio!- protestò, imbronciata.
-Questo è il senso di una colazione abbondante! Le signorine in pubblico devono mangiare come uccellini! Miss Petunia ha svuotato il vassoio, e vedrai che lei non farà cattiva figura dai Potter! Lei sì che troverà marito- Uff, Margot insisteva sempre con la questione del marito. Se sposarsi significava rinunciare a libertà, divertimenti e merende abbondanti, allora Lilian non si sarebbe sposata. Cosa ci avrebbe rimediato? Un anellino al dito e un marito tedioso sulle croste.
-E io allora non mi sposerò!- sentenziò, incrociando le braccia.
-Voi non sapete quello che dite! Portereste grande disonore alla vostra famiglia. Lilian Evans non diverrà zitella!-
-Te lo dico io…- bofonchiò Lilian. Margot aprì il suo armadio e iniziò ad ispezionare attentamente ogni vestito, alla ricerca dell’abito adeguato.
-Ecco, mettetevi questo qui verde: tutti gli altri erano troppo scollati, dobbiamo sistemare il vostro guardaroba-
-Ma… è lunghissimo, non riuscirò a correre!-
-Voi non dovete correre, infatti- Margot agguantò un busto e aiutò Lilian ad indossarlo, stringendo al massimo tutte le stringhe e incitandola a trattenere il respiro. Il busto era terribile, soprattutto quando glielo infilava Margot: Lilian per poco non riusciva più a respirare, quel tessuto rigido e sagomato le impediva di saltellare come avrebbe voluto. Come ultima cosa Margot le mise il vestitino verde. Si intonava perfettamente con gli occhi di Lilian, ma questo lei non l’avrebbe notato: non si era mai concentrata sul proprio aspetto, lasciando gli abbinamenti al caso e indossando solo ciò che la faceva sentire comoda. Sfortunatamente quell’abito la stringeva in più punti e quasi la faceva soffocare dal caldo, quindi per Lilian non era altro che problemi.
 
La carrozza arrivò a Villa Potter in pochi minuti. La casa era molto alta, e i mattoni rossastri che componevano i muri facevano un netto contrasto con le tettoie bianche. Superato il cancello all’entrata, un lungo viale di ciottoli conduceva fino alla villa. Gli invitati chiacchieravano giulivi, sparsi a gruppetti di tre o quattro per il cortile. Gli Evans scesero dalla carrozza, sorpassarono il portone d’ingresso e si ritrovarono nel vestibolo della casa. Una grande scalinata di marmo conduceva ai piani superiori, mentre più avanti si poteva chiaramente scorgere una sala da ballo.
-Benvenuti!- li accolse lo zio Adam. Petunia si limitò ad un sorrisetto di convenienza, mentre Lilian, come sempre, gli gettò le braccia al collo.
-Andate, bambine- le congedò lo zio.
-State con le vostre amichette!- raccomandò loro Scarlett. Lilian fece finta di seguire Petunia, poi, una volta che sua madre smise di sorvegliarla a distanza, si allontanò dalla sorella e cominciò ad esplorare quei grandi giardini. Si trattava di un ricevimento a dir poco maestoso, ma era risaputo che i Potter fossero gente ricca. Fortunatamente lo zio Adams non si vantava delle sue finanze, e questa era la cosa che Lilian preferiva di lui.
Lilian stava vagando tra un tavolo imbandito e l’altro quando lo vide. Non poteva essere altri che lui. Occhi celesti, capelli biondi e sorriso smagliante, una fotocopia in miniatura del padre. James Potter. E Lilian si sentì inspiegabilmente attratta da quel ragazzino. Il suo cuore cominciò a fare le capriole, una sensazione frizzante la pervase. Trattenne il respiro: non aveva mai visto persona più bella. Ad un certo punto James si passò la mano destra tra i capelli fluenti, i raggi del sole fecero scintillare quella chioma dorata. Mentre Lilian era in contemplazione, James si voltò verso di lei e la salutò. La ragazzina divenne di porpora, le sue guance di porcellana assunsero il colorito della terracotta.
-Miss Lilian?- chiese, facendo bella mostra dei suoi denti d’avorio. Lilian incespicò nelle sue stesse parole.
-Mi chiamo James, sono vostro cugino- ammiccò. Oh, che creatura meravigliosa!
-Lilian Evans, piacere- riuscì ad articolare lei.
-Non c’è bisogno che mi diciate il vostro nome: credetemi, lo conoscevo già- fece l’occhiolino. Lilian si sentì morire. Era così che funzionava l’amore a prima vista? Di solito lei non si lasciava fuorviare dalle apparenze, non dava mai peso all’aspetto esteriore e imparava ad amare quello interiore, ma per James Potter era diverso. Il suo visino angelico l’aveva rapita, quei modi accattivanti si erano conquistati anima e corpo di Lilian. Era come stata trafitta da un colpo di fulmine, qualcosa di divino le suggerì che James era un bravo ragazzo. Sì, indubbiamente un bravo ragazzo. Ormai era fatta, Lilian non sarebbe riuscita a dimenticarlo: si sa, l’amore è una strada a senso unico. Non puoi tornare indietro e non puoi neanche sapere dove stai andando. Semplicemente, ti lasci guidare dall’istinto.
-Lilian!- improvvisamente sua sorella la raggiunse.
-Mamma ha detto di non allontanarci!- la rimbeccò, facendo una smorfia altezzosa.
-Voi siete Miss Petunia, vero?- chiese James, passandosi tra le mani un orologio da taschino.
-Già. È d’oro quello?- James fece oscillare l’orologio davanti agli occhi di Petunia, poi disse: -Certo che lo è, cosa credevi? Sono un Potter, noi abbiamo solo il meglio- Nei suoi occhi celesti balenò un lampo di arroganza. Non era possibile che James, il suo James, fosse borioso. No, che cosa inconcepibile! Lilian doveva aver sentito male. Ah, l’amore.
-James!- un ragazzino dai folti capelli neri lo raggiunse correndo. Quello era Sirius Black, il padre suo e di Lilian erano abbastanza amici.
-James! Lo sai che c’è Mocciosus? Tuo padre deve aver invitato anche la sua famiglia!- Gli occhi di James si colorarono di perfidia, ma Lilian preferì credere di non aver visto.
-Che cos’è Mocciosus?- chiese Petunia.
-Non ve ne preoccupate, signorina- James tornò cortese e si allontanò con Sirius.
-Muoviti, Lilian, andiamo- la richiamò Petunia. Lilian eppure non riusciva a scollare gli occhi di dosso a James. Qualcosa di potentissimo la traeva a lui, non poteva separarsene, non così in fretta.
-Io vado, ti raggiungo dopo- disse Lilian, lo sguardo perso in quel puntino dorato che era ormai la chioma di James.
-Ma cosa fai? La mamma…- Il cervello di Lilian escluse automaticamente quei suoni fastidiosi. La ragazzina si sollevò leggermente la gonnella e cominciò a correre sulla scia di James, intenzionata a vederlo ancora una volta. Lui e Black sgusciarono in mezzo ad un nugolo di invitati, alla ricerca di qualcuno in particolare. Poi, finalmente, si fermarono. Si appostarono dietro un albero, attendendo eccitati qualcuno che stava passando. Si trattava di un ragazzino con lunghi capelli neri e unticci, avrà avuto sui quattordici anni. Teneva il capo reclinato, ma ciononostante il suo portamento era quasi maestoso: sicuramente apparteneva a qualche famiglia abbiente e smorfiosa.
Black, improvvisamente, tese una gamba, e il ragazzino misterioso ci inciampò dentro. Poi Black e James scapparono un attimo prima di essere riconosciuti.
Come aveva potuto James, il suo James, fare una cosa del genere? Lilian era basita, sconvolta.
Beh, di sicuro quel tipo se lo meritava. Esisteva per forza una ragione! Mocciosus, se questo era un nome esotico, doveva assolutamente essere insopportabile. James non faceva dispetti a casaccio, ne era più che certa!
Il ragazzino si rimise in piedi velocemente. Si guardò intorno, preoccupato che qualcuno di indiscreto avesse osservato la scena. Lilian, finalmente, riuscì a vederlo in faccia. Sotto a quell’ammasso aggrovigliato di capelli corvini si nascondeva un viso pallido e affilato. Il ragazzino aveva un naso leggermente adunco, ma la cosa che colpì Lilian furono i suoi occhi: neri come la notte, profondi come un pozzo. Quelle macchie di pece parevano un portale oscuro per qualche mondo tenebroso. Il suo era uno sguardo acuto, penetrante, con delle sfumature di truce odio nei confronti di chi gli aveva giocato quel brutto scherzo.
Puntò i suoi occhi gelidi in quelli della ragazzina, Lilian si sentì rabbrividire. Lui non parlò, si limitò a squadrarla attentamente, quell’aria calcolatrice gli dava un che di superbo.
-Dannato Potter… stupidi marmocchi…- mormorò. Lilian sgranò gli occhi, oltraggiata: come si era permesso di dire una cosa simile?
Drizzò la schiena, imperiosa, e rivolse a Mocciosus uno sguardo traboccante di sdegno. Di sicuro Lilian non mancava di coraggio, e le sembrò opportuno sfoderare un po’ della sua rinomata combattività.
-James Potter non è un marmocchio stupido!- lo riprese.
-Vedo che anche voi ci siete cascata- il ragazzino sollevò un sopracciglio, scettico, e si diede ad un ghigno amaro.
-Che intendete?- chiese Lilian, le mani serrate sui fianchi.
-Intendo che voi vedrete solo ciò che volete vedere. Non capirete mai quanto James Potter sia marcio dentro, anche se la sua ipocrisia vi sventola sotto il naso. Non siete la prima e non sarete l’ultima- disse aspramente. Quelle parole franche la sconvolsero, Lilian si sentì offesa ed umiliata. Erano menzogne!
Il ragazzino le diede le spalle, apparentemente privo di ogni emozione che non fosse astio o risentimento.
Poteva Mocciosus essere davvero così odioso? Lilian non avrebbe dovuto fermarsi a quelle fredde apparenze. Per James, il suo James, era un conto. Lilian sapeva che lui fosse buono, l’aveva intuito, ma per gli altri tutto restava immutato: sosteneva ferreamente i suoi sacri ideali, e, indipendentemente dal carattere schivo e frigido di quel ragazzino, Lilian si prefisse l’obbiettivo di diventare sua amica. Dietro quella maschera di indifferenza si nascondeva un’altra persona, e Lilian avrebbe aiutato Mocciosus a mostrarsi davvero. Certo, sarebbe stato un compito difficile, ma… per lei non era certò una novità.
Non le importava che quel ragazzino fosse impopolare o meno, Lilian avrebbe frequentato anche un venditore di stracci! Il suo temperamento aggressivo rappresentava un ostacolo, ma lei non si scoraggiava davanti a nulla. Mai.
Lilian lo rincorse e gli sfiorò una spalla. Lui si girò di scatto, la faccia di un gatto scottato.
-Che volete?- chiese, infastidito.
-Vi chiamate Mocciosus, vero?- Lilian aveva pronunciato quella parola con le migliori intenzioni, ma il ragazzino assunse lo stesso un cipiglio incollerito. Si erse in tutta la sua statura e adocchiò Lilian, minaccioso.
-Ho fatto qualcosa di sbagliato?- chiese lei, intenzionata a non lasciarsi spaventare.
-Ve l’ha detto Potter, vero?- ringhiò, il viso pallido incrinato in una smorfia di odio.
-Non è il vostro nome?-
-Assolutamente no! Cosa credevate?- chiese, stizzito.
-Pensavo che vi chiamaste così, non sto scherzando!- si giustificò Lilian.
-Bah, irlandesi…- bofonchiò il ragazzino misterioso. Lilian si colorò di rabbia, eppure non disse niente: sarebbe stato infruttuoso lanciarsi in un’altra discussione, e il suo obbiettivo era quello di farselo amico.
-E va bene, come vi chiamate?-
-Piton- sputò lui. Pronunciò il suo nome come un qualcosa di spregevole.
-Il nome di battesimo?- chiese Lilian, lo sguardo indagatore.
-Severus, ma non sono cristiano-
-Va bene, non vi giudico. Ah, io sono Lilian Evans- lei gli porse la mano, un sorriso amichevole stampato sul volto candido.
Piton parve soppesare attentamente quel gesto confidenziale, poi, con cautela, ricambiò il saluto.
E fu così che tutto iniziò.
 
Ciao! Che ve ne pare come primo capitolo? Spero di essere riuscita a descrivere bene il carattere di Lilian. Ahhh e poi un'altra cosa: il prossimo aggiornamento arriverà quando questo capitolo cinque recensioni raggiungerà (che fa anche rima)! Ci si vede!!!
Daphne_07
   
 
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