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Autore: gabryTheGift    10/05/2020    2 recensioni
Un mio sfogo, nero su bianco, su un passato di cui ancora vengo colpevolizzata
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ha detto che ho troppa rabbia.
Mi ha detto che sono intollerante alla gente.
Mi ha detto che odio le persone.
Mi ha detto che è solo colpa mia, come sempre.
Perché la gente ama dimenticare, lo fa facilmente… e alla fine non posso farne una colpa proprio a lei.
Dimenticare è la cosa più facile da fare, la soluzione più indolore che esista.
E quindi, come sempre, è colpa mia.

Come ama ripetermi, non dovrei portarmi nel petto tutto questo rancore.
Ma lei ha dimenticato cosa ho vissuto, cosa quelle persone che lei tanto ama hanno detto di me.
Come quelle persone mi hanno fatta sentire.
Una nullità. Solo quello, sempre.

Fin da quando ero una bambina amavano ricordarmi che non ero abbastanza, che ero troppo strana.
Timida.
Riservata.
Taciturna.

Era difficile per loro parlare con me, non guardarmi con derisione, non guardarmi con disprezzo o semplicemente ignorarmi, quando ero nella stessa stanza con loro.

Mi sono chiesta tante volte perché in loro facessi nascere tanto risentimento, tanta voglia di ferirmi, di farmi sentire di troppo.
Mi hanno fatta sentire brutta, sbagliata. Mi hanno fatto credere che nessuno potesse volermi bene.
Mi hanno fatta sentire irrilevante, invisibile.
Elogiavano chi mi stava accanto poi posavano gli occhi su di me e ridevano.

Quando sono diventata adolescente hanno cominciato a scansarmi, ad evitarmi… semplicemente.
Ho sofferto così tanto, molto di più in quel periodo.
Mi facevano sentire sporca, mi facevano credere di non essere degna nemmeno di ricevere il loro saluto.
Mi umiliavano e cercavano di denigrarmi davanti ai miei amici.
Sempre, sempre, continuamente.
Non amavano perdere nessuna occasione per ferirmi.

Io? Io tacevo.
Rimanevo immobile ma cercavo di portare sul mio viso uno sguardo fiero, perché non volevo che vedessero il mio dolore.
Non volevo che vedessero come riuscissero a toccarmi, non volevo dare a nessuno di loro la soddisfazione di far trapelare dal mio viso le ferite che mi infliggevano.
Non volevo che capissero che non avrei mai dimenticato quei momenti.

Oggi sono quasi convinta che il mio sguardo spronava loro ad accanirsi, a tentare di trovare nuove parole, nuovi gesti per scalfire la mia finta indifferenza. Volevano veder sgretolare la mia maschera davanti ai loro occhi.
Non so perché lo volessero.
Infondo, non l’ho mai capito veramente.

Forse per gelosia, perché uno di loro, a differenza di tutti gli altri, mi amava immensamente.
Mi voleva bene, davvero.
Ed io gliene volevo tanto, troppo.
Anche oggi che non posso più vederlo l’affetto per lui è ancora qui, immutato nel mio cuore.

Sono stata con lui per quasi tutta la mia vita e loro non hanno mai creduto possibile che la mia devozione fosse frutto dell’amore e non del denaro. Credevano che ricompensasse la mia compagnia con del denaro che lui non ha mai nemmeno posseduto.

Non hanno mai creduto nell’affetto sincero.
Probabilmente non credono che possa esistere una pura e semplice forma d’amore.

L’amore, l’affetto, che quell’uomo grande e fiero mi donava, è ancora qui, dentro di me, a dispetto di tutto e tutti.
Lui è ancora la mia roccia e darei tutta la mia vita per poterlo rivedere, anche solo per pochi minuti.
Se ci penso ,effettivamente, io sono più ricca di loro: sono stata amata in modo pulito e ho amato in egual misura.
Loro non sapranno mai cosa vuol dire amare il proprio dolore.

E lui sapeva tutto.
Sapeva come mi trattavano come mi facessero sentire.
Una volta, quando mi lasciarono sola, quando mi ignorarono davanti a lui, mi prese la mano e commosso mi chiese perché mi trattassero così. Piansi anch’io, perché odiavo vederlo soffrire a causa mia, a causa della sua paura di lasciarmi sola.

Gli dissi che non era un problema, che la cosa più importante era che lui rimanesse accanto a me.
Tutto è durato una manciata di secondi.
Secondi che sono stati interrotti da uno di loro.
Tuttavia, ebbe pietà di noi e rispetto del nostro momento.
Ci vide vicini, con le mie mani strette nelle sue, e tornò da dov’era venuto.
Quella è stata l’unica volta che ha avuto un gesto gentile nei miei confronti.

Anche lei sapeva tutto ma non ha mai creduto alle mie parole, per essere precisi non ha mai voluto vederle le mie parole.
Per lei era solo colpa mia, perché ero troppo permalosa, perché loro volevano solo cancellare la mia timidezza.
Lei, che rideva con loro quando mi prendevano in giro, quando mi umiliavano.

Ho cercato di dirle quanto certe cose mi ferissero, mi rispondeva sempre che era il loro modo di scherzare.
Anche coprire il mio viso con una coperta perché troppo brutto era il loro modo di scherzare.

Peccato che fossero scherzi riservati solo a me.

Dopo poco ho capito che, per quanto mi amasse, contro la sua famiglia non avrei mai vinto.
Davanti a loro avrei avuto sempre torto.
Io sarei venuta sempre dopo.

Oggi come ieri.

Anche se ha più consapevolezza di ciò che mi hanno fatto, di base, è sempre e comunque colpa mia.

È colpa mia perché non ho mai capito il loro carattere.
È colpa mia perché me la prendevo troppo.
È colpa mia perché sono solita dare ancora troppo peso alle parole, ai gesti, agli sguardi.

È sempre colpa mia.

Ma non gliene faccio una colpa: lei li ama e non riesce ad accettare che mi abbiano voluto far del male di proposito.

Forse è vero che è solo colpa mia. Alcune volte lo penso.
Ho un grande bagaglio di odio e rancore, un bagaglio che non lascio mai a casa.
E nessuno ha voglia di chiedersi perché sia così, perché oggi non riesco a provare nient’altro che risentimento.
Io credo fortemente che la gente abbia solo cura di voler ferire il prossimo e che in ogni azione non ci sia nulla di pulito.

Loro mi hanno fatta sentire sporca a causa del mio fisico, del mio seno, e sono cose che lasciano il segno nella mente e nel corpo di una ragazzina.
Oggi per loro sono troppo magra, ho una lingua troppo tagliente, sono troppo indipendente, leggo troppo e sono troppo libera.
Dovrei sistemarmi e trovare un uomo, sono troppo ambiziosa e per loro non dovrei esserlo.

Vogliono ancora farmi sentire sbagliata.

Ma ormai sono adulta e non ho più voglia di proteggere nessuno con i miei silenzi.
Rispondo sempre alle loro provocazioni.
Alcune volte è più difficile, il dolore sale a galla facilmente, ma io non sto più zitta.

Adesso mi difendo ed ogni volta mi dico che non abbasserò mai più la testa.

Mi ha detto che è colpa mia.
Ormai ci sono abituata.
Tuttavia, ogni volta, la coltellata è sempre la stessa.

 

  
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