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Autore: _camus_    10/05/2020    11 recensioni
Stabilizzarsi, mettere radici – costruire legami.
Per compiacere le malelingue che lo seguivano ovunque andasse, per amor di apparenza.
Per il bene di Naruto.

Arrivati a un crocevia, non è facile scegliere quale direzione intraprendere.
Ci sono strade prive di sbocco, protese sul niente; strade che ripiegano vanamente su loro stesse, riportandoti sempre al medesimo punto; strade lungo cui camminare in due, ma senza toccarsi – come quella del dovere.
- Quinta classificata al contest "Tarocchi Narranti" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP -
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la serie
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Vicolo cieco

Nome (EFP e Forum): _camus_ / Pain au chocolat

Titolo: L’incrocio

Pacchetto scelto: Gli amanti

Genere: AngstIntrospettivoSentimentale

Rating: Verde

Fandom: Naruto

Note: Complice la gran quantità di tempo libero a disposizione, ho deciso di cimentarmi con un nuovo contest, stavolta organizzato da _Vintage_ e intitolato “Tarocchi narranti”.

I vari pacchetti disponibili – ognuno corrispondente a una carta dei tarocchi – prevedevano tutti un prompt e una frase da utilizzare obbligatoriamente; quello da me scelto – “Gli amanti” – comprendeva il prompt “Attrazione” e la citazione dello scrittore Antoine de Saint-Exupery “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.

Fatte le doverose (?) premesse, vi lascio a “Vicolo cieco”, primo capitolo de “L’incrocio”; come sempre, vi aspetto dabbasso per eventuali chiarimenti e spiegazioni!

 



L’incrocio

 

 

 

[…] e da cent’anni nella penombra

corro dietro a te.

Nazim Hikmet

 

 

 

 

I. Vicolo cieco

 



Soltanto chi abbia avuto a che fare con l’aria immobile e asfissiante di Suna, con le umide lande di Kiri o col perenne rigore del Paese del Ferro può davvero rendersi conto di quanto sia dolce l’estate, a Konoha.

Di giorno ci si può riparare dalla calura rifugiandosi all’ombra del bosco, dove le fronde verdissime lasciano filtrare i raggi solari quel tanto che basta a illuminare la via; di notte, invece, giunge dalla costa lontana un refolo gentile che culla il sonno degli abitanti come una nenia sussurrata a mezza voce.

Per riscoprirlo Sasuke aveva dovuto viaggiare molto, attraversando a piedi le zone più inospitali e impervie delle cinque grandi terre ninja; si era sforzato di dimenticare così a lungo e così intensamente che, negli anni, gran parte dei suoi ricordi aveva finito per sbiadire dietro a una spessa patina scura.

In quel momento, però, le luci dondolanti del Villaggio della Foglia stese sotto di lui gli stavano riportando alla memoria immagini mai davvero sopite: figure di visi amati incorniciati da folti capelli neri, profili di una casa elegante col portico in legno e pannelli dipinti che, nei mesi più caldi, venivano tenuti aperti perfino di notte.

La sontuosa dimora di Fugaku Uchiha era laggiù da qualche parte, a languire nel buio di un quartiere disabitato da decenni; la sua, invece, si stagliava nitida sul ciglio di una delle nuove strade del paese, leggermente discosta dagli altri edifici.

Era stato Naruto a insistere perché Sasuke e Sakura acquistassero una casa dove poter vivere insieme dopo il matrimonio.

«Non potete continuare ad abitare in due posti diversi. Siete sposati, che cavolo!» aveva esclamato, la mano destra a grattarsi la nuca e un sorriso imbarazzato sul volto; poi, in risposta al suo sguardo tagliente, era tornato improvvisamente serio: «Abbiamo dei precisi doveri nei loro confronti adesso, Sas’ke. È nostra responsabilità prenderci cura di Hinata e Sakura».   

Dinanzi alla ferma presa di posizione del futuro Hokage – ineluttabile, come tutte le sue risoluzioni – Sasuke non aveva potuto far altro che rimanere in silenzio e accettare, benché entrambi già sapessero che, in quella casa, lui ci avrebbe vissuto davvero molto poco.

Si era trovato del tutto impreparato ad affrontare una cosa del genere, così lontana dal mondo di combattimenti, astio e morte che conosceva.

Non era pronto, all’epoca, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.

Avendo trascorso gran parte della propria esistenza a pianificare vendette e a rifuggire qualsiasi sentimento che non fosse l’odio, pensare al “futuro” non era mai rientrato tra le sue priorità; in verità, aveva sempre creduto che sarebbe morto presto, ucciso in battaglia o giustiziato per tradimento.

L’idea di costruirsi una famiglia tutta sua non gli era passata per la testa neppure una volta conclusa la guerra, allorquando, a dispetto di ogni pronostico, si era ritrovato miracolosamente vivo e graziato da tutti i crimini commessi; soltanto le inaspettate nozze tra Naruto e Hinata Hyuuga avevano suggerito a Sasuke che il matrimonio avrebbe dovuto essere anche il suo destino.

«La tua scelta di prendere le distanze dal villaggio per scongiurare eventuali mire sui poteri oculari del Rinnegan e dello Sharingan è stata sicuramente apprezzabile, ma nell’attuale momento di pace tale precauzione appare ormai superflua. Di contro, è innegabile che a seguito della Quarta Guerra Ninja Naruto sia diventato estremamente popolare in ogni Paese: siamo convinti che la credibilità della sua figura ne risentirebbe, se il suo compagno più fidato – per giunta, ex nukenin – non stabilizzasse la propria posizione all’interno di Konoha, continuando ad agire come una mina vagante pronta ad esplodere».

Stabilizzarsi.

Mettere radici.

Costruire legami.

Per compiacere le malelingue che lo seguivano ovunque andasse, per amor di apparenza.

«Per il bene di Naruto».

Ed ecco che, appena tornato dall’ennesima missione in mezzo al nulla, ora si ritrovava a guardare dall’alto un’anonima villetta a schiera il cui unico tratto distintivo era il ventaglio Uchiha disegnato sopra la porta d’ingresso: piuttosto che continuare a portarselo impresso sulla schiena aveva preferito dipingerlo sul muro, in un posto dove non pesasse tanto da incurvargli di nuovo le spalle.

Gli bastarono pochi attimi per raggiungere il giardino posteriore, delimitato da una staccionata tinta di fresco – probabile opera di quel Sai, artista da strapazzo.

La finestra della camera da letto era leggermente dischiusa: sottili tende di lino bianco danzavano sui vetri come fantasmi evanescenti nella notte blu.

Sasuke spiccò un balzo sul davanzale, in un movimento meno agile del consueto che, per un attimo, rischiò di minare il suo altrimenti perfetto equilibrio; anche se non l’avrebbe mai ammesso, non si era ancora abituato del tutto a fare a meno del braccio sinistro.

La stanza era illuminata soltanto dal fioco chiarore proveniente dall’esterno, ma l’oscurità per lui non aveva mai rappresentato un problema; nonostante il buio, infatti, riusciva perfettamente a distinguere la figura di Sakura distesa sul letto.

A giudicare dall’espressione serena del volto – assai differente da quella lievemente imbarazzata che di solito gli rivolgeva –, sua moglie stava dormendo sonni tranquilli; aveva la faccia parzialmente affondata nel cuscino e le mani poggiate sul ventre ancora piatto.

L’aveva appreso appena un mese addietro, grazie a una nota di Kakashi posta a margine del suo rapporto debitamente vidimato.

“Ps: Sakura è incinta. Congratulazioni!”

Che la formalità non rientrasse tra i punti forti del Sesto Hokage era ormai di dominio pubblico, dunque Uchiha non si era stupito troppo per il mezzo di comunicazione utilizzato; ciò che l’aveva spiacevolmente sconvolto, semmai, era stata la sua totale assenza di emozioni alla notizia.

Nessun fremito gli aveva scosso le mani; nessun pensiero, bello o brutto che fosse, gli aveva attraversato la mente: una volta letto il visto si era semplicemente limitato ad appallottolarlo e inghiottirlo, così come prescritto dal protocollo per le informazioni secretate. Non aveva provato nulla allora, nulla provava adesso – se non orrore, al pensiero che il figlio avrebbe ereditato il suo cognome e i suoi stessi sciagurati occhi rossi.

Eppure non c’era niente che non andasse, in Sakura: era bella, lo era sempre stata. Persino da ragazzina, con le sue forme acerbe e quell’atteggiamento petulante che gli dava sui nervi.

Aveva i capelli dello stesso colore di certe albe serene, e gambe tanto lunghe da sembrare infinite; vi era, in lei, una determinazione sopita che esplodeva accecante non appena venivano minacciate le sue stelle fisse – Konoha. I compagni di una vita. E lui stesso.

Sasuke, a suo modo, le voleva bene: conservava bei ricordi dei tempi del team 7, che Sakura aveva contributo a rendere tali, e le era grato per la sua incondizionata, imperitura dedizione.

Tuttavia, a differenza di qualcun altro, la ragazza non era mai stata capace di accendere il suo interesse; dopo aver lasciato la Foglia per raggiungere Orochimaru, la figura della compagna si era velocemente ridotta all’immagine sfocata di un universo che aveva dapprima ripudiato, e poi giurato di distruggere.

Di quel mondo ormai perduto soltanto un volto aveva continuato imperterrito a deturpare il buio quasi perfetto della sua follia; un volto – ben diverso da quello della Haruno – che non aveva mai smesso di attrarlo verso cieli più limpidi, in direzione ostinata e contraria rispetto alla via di sangue da lui intrapresa.

Sposare Sakura era stata la scelta più facile, il modo più sicuro di adempiere a ciò che il mondo si aspettava dal redento braccio destro di Naruto Uzumaki: nient’altro che questo.

Sasuke le voleva bene, sì, ma non l’amava; la cosa peggiore, tuttavia, era la quieta rassegnazione con cui lei l’aveva accettato.

«Le alte sfere del villaggio hanno lasciato intendere che, oltre a quello di Naruto, vedrebbero di buon occhio anche un mio eventuale matrimonio».

«E da quando ti importa di ciò che pensa la gente, Sasuke-kun?»

Prima di rispondere Sasuke aveva abbassato la testa, visibilmente a disagio: «Da quando ciò che faccio – o non faccio – potrebbe danneggiare la reputazione di quel cretino».

«Adesso capisco la ragione di questo incontro: stavi pensando a me, neh?»

La rapidità con cui era giunta alla conclusione non lo aveva affatto sorpreso: la stupidità non rientrava di certo fra i difetti che a Sakura si potevano rimproverare.

«Esatto. Sarebbe la scelta migliore».

Sakura era rimasta zitta, gli occhi apparentemente persi sulla linea dell’orizzonte e le spalle rigide appoggiate alla panchina.

Non sapendo come interpretare quel silenzio, lui aveva proseguito: «Se tu rifiutassi, lo capirei. So di non meritarmi nulla, e-»

«Non dire altro. Accetto».

Nel dirlo, il suo sguardo – ora fisso in quello di Sasuke – si era acceso di una luce nuova, e tuttavia meno brillante di quanto sarebbe stato legittimo attendersi.

«Ne sei sicura, Sakura? Non credo di poter ricambiare i tuoi sentimenti».

A quel punto, la ragazza si era presa il volto fra le mani per un lunghissimo momento; poi, lentamente, aveva cominciato a parlare: «C’è un vecchio detto, che recita: “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.

Io ho sempre guardato a te, Sasuke-kun. Sempre, anche da prima di entrare a far parte del team 7. Ho mosso i miei primi passi nel mondo degli shinobi seguendo i tuoi; ho tarato le mie scelte in base a ciò che tu dicevi, benché la tua attenzione fosse perennemente rivolta altrove.

Dopo che hai lasciato Konoha, non ho trascorso giorno senza rimproverarmi di non essere riuscita a trattenerti: mi sono allenata duramente per fortificarmi, ripetendo a me stessa che non avrei più commesso un errore del genere.

È stato a Oto, quando ho visto i tuoi occhi scurissimi animarsi appena soltanto alla vista di Naruto, che ho iniziato a capire ciò che soltanto adesso mi è completamente chiaro: anche se abbiamo percorso insieme alcuni tratti dello stesso sentiero, non c’è mai stata coincidenza tra i nostri orizzonti. In tutti questi anni io ho fissato unicamente la tua schiena, mentre tu, beh… tu fissavi Naruto».

Di fronte a tale lapidaria constatazione l’Uchiha avrebbe voluto poter replicare con sdegno che no, non era vero niente; che si trattava di una delle sue solite fantasie, buona soltanto per quell’abominevole fumetto al quale Kakashi era tanto affezionato.

Ma a che pro continuare a prendersi in giro da solo?

Rammentava fin troppo bene l’episodio menzionato dalla ragazza, l’inspiegabile smania di avvicinarsi a Naruto che, per un attimo, aveva preso il sopravvento sul suo desiderio di toglierlo di mezzo.

Ogni volta che Uzumaki gli si era improvvisamente parato dinanzi c’era sempre stato qualcosa che aveva impedito a Sasuke di ucciderlo lì su due piedi, senza dargli il tempo di toccarlo in qualche modo – che fosse con una parola, un gesto, oppure uno sguardo.   

Come non fare il paragone con gli eventi successivi al suo scontro con Danzo, allorquando nessuna esitazione l’aveva frenato dal tentare di trafiggere il cuore di Sakura con un kunai?

Sarebbe stato ipocrita negare l’evidenza e, benché avesse avuto ottimi maestri da cui apprendere, Sasuke non eccelleva nell’arte della dissimulazione; aveva quindi evitato di rispondere, scaricando la propria frustrazione in un movimento convulso della mano – l’unica che gli era rimasta.

«Non mi illudo di riuscire a farti innamorare di me grazie a chissà quale dote, Sasuke-kun: ci ho rinunciato molto tempo fa. Ma se sposarti a queste condizioni è l’unico modo che ho per esserti finalmente utile, ebbene, non mi tirerò indietro. Sarò tua moglie».

Si erano uniti in matrimonio nella primavera dell’anno precedente, a seguito di una semplice cerimonia alla quale avevano preso parte solo pochi intimi – al contrario di quanto avvenuto per la Hyuuga e Naruto, il cui sposalizio era stato celebrato in maniera monumentale.

Manco a dirlo, lo scemo aveva sfoggiato il sorriso più ampio di tutti; talmente ampio, in effetti, da risultare addirittura forzato.

Conoscendolo come le sue tasche, Sasuke sapeva bene che le emozioni di Uzumaki partivano anzitutto dagli occhi, per poi espandersi a macchia d’olio perfino oltre il volto; in quella occasione, invece, l’azzurro delle sue iridi era apparso insolitamente cupo, quasi fosse oscurato da pensieri troppo pesanti perché un soggetto così limpido potesse riuscire a mascherarli completamente.

Il turbamento del futuro Nanadaime assomigliava molto a quello che, tempo addietro, aveva spinto Uchiha a disertarne le nozze; ciò che lui trovava così evidente era tuttavia passato inosservato al resto dei presenti, sposa compresa: Sakura, bianca e radiosa nel suo kimono di seta, aveva infatti abbracciato il proprio migliore amico col medesimo viso disteso che ora mostrava nel sonno.

Sasuke fece per varcare la finestra ed entrare finalmente nella camera da letto, quando qualcosa lo trattenne; improvviso come il guizzo di una scintilla tra le braci, il filo di chakra l’aveva toccato per poi svanire subito dopo, lasciando nell’aria un vago sentore arancione che sembrava volerlo avocare a sé con gentile ma, al contempo, decisa persistenza.

Sporse appena la testa all’esterno, aguzzando la vista verso nord.

Eccettuato il fioco barlume dei lampioni, l’unica luce a rischiarare i volti di pietra proveniva dal Palazzo dell’Hokage; nonostante l’ora tarda, Kakashi doveva essere ancora in ufficio – quasi certamente in compagnia di un poco entusiasta Naruto, a cui era stato caldamente suggerito di iniziare a far pratica.

Probabilmente quest’ultimo aveva percepito la sua presenza a Konoha e, adesso, lo stava chiamando.

Lo shinobi rivolse ancora un’occhiata alla schiena della moglie, giratasi nel frattempo dall’altra parte: nulla ne turbava il dolce movimento delle spalle, scandito dal ritmo regolare del suo respiro.  

«Scusa, Sakura. Sarà per la prossima volta» pensò, prima di scivolare nuovamente fra le ombre della notte.




 .


 

 

Note dell’autore

Come anticipato poco sopra, eccomi qui!

La storia è ambientata nel periodo successivo alla fine della Quarta Guerra Ninja; Sasuke, terminato il suo viaggio di espiazione, ha già avviato la missione volta a reperire le tracce di Kaguya, mentre Naruto si sta preparando a prendere il posto di Kakashi quale Settimo Hokage.

In questa sede l’avvertimento “What if?”, più che agli eventi in sé per sé, si riferisce piuttosto alle dinamiche relazionali e psicologiche intercorrenti fra i personaggi: personalmente, ritengo che le coppie formatesi nella parte conclusiva di Naruto Shippuden – e stabilizzatesi definitivamente in Boruto – non abbiano molto fondamento logico ed emotivo, ma è solo una mia interpretazione.

Stesso dicasi per l’atteggiamento vagamente bigotto che ho addossato agli organi di vertice di Konoha: all’indomani del conflitto, ho immaginato che la società della Foglia fosse ancora permeata di un certo grado di conservatorismo, nonché dalla convinzione che  valori quali quelli del matrimonio e della famiglia siano assolutamente fondamentali e imprescindibili – specie per chi aspiri a ricoprire il ruolo di Hokage.

Con riguardo agli aspetti più “tecnici”, mentre l’utilizzo del corsivo vorrebbe servire a rafforzare un concetto o un pensiero di natura più personale, il grassetto corsivo indica invece flash-back et similia.

Probabilmente lo saprete già, ma io lo preciso lo stesso:

- “Suna” e “Kiri” indicano, rispettivamente, il Villaggio della Sabbia e il Villaggio della Nebbia;

- “Chidori” è il corrispondente giapponese dell’italianizzato “Mille falchi”;

- “Nanaidame”, invece, sta per “Settimo (Hokage)”.

 



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(© elyxyz)

 

 

   
 
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