Nome
(EFP e Forum): _camus_ / Pain
au chocolat
Titolo: L’incrocio
Pacchetto
scelto: Gli amanti
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Rating: Verde
Fandom: Naruto
Note:
Complice la gran quantità di tempo libero a
disposizione, ho deciso di cimentarmi con un nuovo contest, stavolta
organizzato
da _Vintage_ e intitolato “Tarocchi narranti”.
I
vari pacchetti disponibili – ognuno corrispondente a
una carta dei tarocchi – prevedevano tutti un prompt e una frase da
utilizzare
obbligatoriamente; quello da me scelto – “Gli amanti” – comprendeva il
prompt
“Attrazione” e la citazione dello scrittore Antoine de Saint-Exupery “Amare
non
è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Fatte
le doverose (?) premesse, vi lascio a “Vicolo
cieco”, primo capitolo de “L’incrocio”; come sempre, vi aspetto
dabbasso per
eventuali chiarimenti e spiegazioni!
L’incrocio
[…]
e da cent’anni nella penombra
corro
dietro a te.
Nazim
Hikmet
I.
Vicolo cieco
Soltanto
chi abbia avuto
a che fare con l’aria immobile e asfissiante di Suna, con le umide
lande di
Kiri o col perenne rigore del Paese del Ferro può davvero
rendersi conto
di quanto sia dolce l’estate, a Konoha.
Di
giorno ci si
può riparare dalla calura rifugiandosi all’ombra del bosco, dove
le fronde
verdissime lasciano filtrare i raggi solari quel tanto che basta a
illuminare
la via; di notte, invece, giunge dalla costa lontana un refolo gentile
che
culla il sonno degli abitanti come una nenia sussurrata a mezza voce.
Per
riscoprirlo Sasuke
aveva dovuto viaggiare molto, attraversando a piedi le zone
più inospitali
e impervie delle cinque grandi terre ninja; si era sforzato di
dimenticare
così a lungo e così intensamente che, negli anni, gran parte
dei suoi
ricordi aveva finito per sbiadire dietro a una spessa patina scura.
In
quel momento, però,
le luci dondolanti del Villaggio della Foglia stese sotto di lui gli
stavano
riportando alla memoria immagini mai davvero sopite: figure di visi
amati
incorniciati da folti capelli neri, profili di una casa elegante col
portico in
legno e pannelli dipinti che, nei mesi più caldi, venivano tenuti
aperti
perfino di notte.
La
sontuosa dimora di
Fugaku Uchiha era laggiù da qualche parte, a languire
nel buio
di un quartiere disabitato da decenni; la sua, invece, si
stagliava
nitida sul ciglio di una delle nuove strade del paese, leggermente
discosta
dagli altri edifici.
Era
stato Naruto a
insistere perché Sasuke e Sakura acquistassero una casa dove
poter vivere
insieme dopo il matrimonio.
«Non
potete
continuare ad abitare in due posti diversi. Siete sposati, che
cavolo!»
aveva esclamato, la mano destra a grattarsi la nuca e un sorriso
imbarazzato
sul volto; poi, in risposta al suo sguardo tagliente, era tornato
improvvisamente serio: «Abbiamo dei precisi doveri nei loro
confronti
adesso, Sas’ke. È nostra responsabilità prenderci cura di Hinata e
Sakura».
Dinanzi
alla ferma presa
di posizione del futuro Hokage – ineluttabile, come tutte le sue
risoluzioni –
Sasuke non aveva potuto far altro che rimanere in silenzio e
accettare, benché
entrambi già sapessero che, in quella casa, lui ci avrebbe vissuto
davvero
molto poco.
Si
era trovato del tutto
impreparato ad affrontare una cosa del genere, così lontana dal mondo
di
combattimenti, astio e morte che conosceva.
Non
era pronto,
all’epoca, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Avendo
trascorso gran
parte della propria esistenza a pianificare vendette e a rifuggire
qualsiasi
sentimento che non fosse l’odio, pensare al “futuro” non era mai
rientrato tra
le sue priorità; in verità, aveva sempre creduto che sarebbe morto
presto, ucciso
in battaglia o giustiziato per tradimento.
L’idea
di costruirsi una
famiglia tutta sua non gli era passata per la testa neppure una volta
conclusa
la guerra, allorquando, a dispetto di ogni pronostico, si era
ritrovato
miracolosamente vivo e graziato da tutti i crimini commessi; soltanto
le
inaspettate nozze tra Naruto e Hinata Hyuuga avevano suggerito a
Sasuke che il
matrimonio avrebbe dovuto essere anche il suo
destino.
«La
tua scelta di
prendere le distanze dal villaggio per scongiurare eventuali mire
sui poteri
oculari del Rinnegan e dello Sharingan è stata sicuramente
apprezzabile, ma
nell’attuale momento di pace tale precauzione appare ormai
superflua. Di
contro, è innegabile che a seguito della Quarta Guerra Ninja
Naruto sia
diventato estremamente popolare in ogni Paese: siamo convinti che
la
credibilità della sua figura ne risentirebbe, se il suo compagno
più fidato –
per giunta, ex nukenin – non stabilizzasse la propria posizione
all’interno di
Konoha, continuando ad agire come una mina vagante pronta
ad esplodere».
Stabilizzarsi.
Mettere
radici.
Costruire legami.
Per
compiacere le
malelingue che lo seguivano ovunque andasse, per amor di apparenza.
«Per
il bene di Naruto».
Ed
ecco che, appena
tornato dall’ennesima missione in mezzo al nulla, ora si ritrovava a
guardare
dall’alto un’anonima villetta a schiera il cui unico tratto distintivo
era il
ventaglio Uchiha disegnato sopra la porta d’ingresso: piuttosto che
continuare
a portarselo impresso sulla schiena aveva preferito dipingerlo sul
muro, in un
posto dove non pesasse tanto da incurvargli di nuovo le spalle.
Gli
bastarono pochi
attimi per raggiungere il giardino posteriore, delimitato da una
staccionata
tinta di fresco – probabile opera di quel Sai, artista da strapazzo.
La
finestra della camera
da letto era leggermente dischiusa: sottili tende di lino bianco
danzavano sui
vetri come fantasmi evanescenti nella notte blu.
Sasuke
spiccò un balzo
sul davanzale, in un movimento meno agile del consueto che, per un
attimo,
rischiò di minare il suo altrimenti perfetto equilibrio; anche se non
l’avrebbe
mai ammesso, non si era ancora abituato del tutto a fare a meno del
braccio
sinistro.
La
stanza era illuminata
soltanto dal fioco chiarore proveniente dall’esterno, ma l’oscurità per
lui
non aveva mai rappresentato un problema; nonostante il buio, infatti,
riusciva perfettamente a distinguere la figura di Sakura distesa sul
letto.
A
giudicare
dall’espressione serena del volto – assai differente da quella
lievemente
imbarazzata che di solito gli rivolgeva –, sua moglie stava dormendo
sonni
tranquilli; aveva la faccia parzialmente affondata nel cuscino e le
mani
poggiate sul ventre ancora piatto.
L’aveva
appreso appena
un mese addietro, grazie a una nota di Kakashi posta a margine del suo
rapporto
debitamente vidimato.
“Ps:
Sakura è incinta. Congratulazioni!”
Che
la formalità non
rientrasse tra i punti forti del Sesto Hokage era ormai di dominio
pubblico,
dunque Uchiha non si era stupito troppo per il mezzo di comunicazione
utilizzato; ciò che l’aveva spiacevolmente sconvolto, semmai, era
stata la sua
totale assenza di emozioni alla notizia.
Nessun
fremito gli aveva
scosso le mani; nessun pensiero, bello o brutto che fosse, gli aveva
attraversato la mente: una volta letto il visto si era semplicemente
limitato
ad appallottolarlo e inghiottirlo, così come prescritto dal protocollo
per le
informazioni secretate.
Non
aveva provato nulla allora, nulla provava adesso – se non orrore, al
pensiero che il figlio avrebbe ereditato il suo cognome e i suoi
stessi sciagurati
occhi rossi.
Eppure
non c’era niente
che non andasse, in Sakura: era bella, lo era sempre stata. Persino da
ragazzina, con le sue forme acerbe e quell’atteggiamento petulante che
gli dava
sui nervi.
Aveva
i capelli dello
stesso colore di certe albe serene, e gambe tanto lunghe da sembrare
infinite;
vi era, in lei, una determinazione sopita che esplodeva accecante non
appena
venivano minacciate le sue stelle fisse – Konoha. I compagni di una
vita. E lui
stesso.
Sasuke,
a suo modo, le
voleva bene: conservava bei ricordi dei tempi del team 7, che Sakura
aveva
contributo a rendere tali, e le era grato per la sua incondizionata,
imperitura
dedizione.
Tuttavia,
a differenza
di qualcun altro, la ragazza non era mai stata capace di
accendere
il suo interesse; dopo aver lasciato la Foglia per raggiungere
Orochimaru, la
figura della compagna si era velocemente ridotta all’immagine sfocata
di un
universo che aveva dapprima ripudiato, e poi giurato di distruggere.
Di
quel mondo ormai
perduto soltanto un volto aveva continuato imperterrito a deturpare il
buio
quasi perfetto della sua follia; un volto – ben diverso da quello
della
Haruno – che non aveva mai smesso di attrarlo
verso cieli più
limpidi, in direzione ostinata e contraria rispetto alla via di sangue
da lui
intrapresa.
Sposare
Sakura era stata
la scelta più facile, il modo più sicuro di adempiere a ciò che il
mondo si
aspettava dal redento braccio destro di Naruto Uzumaki: nient’altro
che questo.
Sasuke
le voleva bene,
sì, ma non l’amava; la cosa peggiore, tuttavia, era la quieta
rassegnazione con
cui lei l’aveva accettato.
«Le
alte sfere del villaggio hanno lasciato intendere che, oltre a
quello
di Naruto, vedrebbero di buon occhio anche un mio eventuale
matrimonio».
«E
da quando ti importa di ciò che pensa la gente, Sasuke-kun?»
Prima
di rispondere Sasuke aveva abbassato la testa, visibilmente a
disagio: «Da quando ciò che faccio – o non faccio – potrebbe
danneggiare la
reputazione di quel cretino».
«Adesso
capisco la ragione di questo incontro: stavi pensando a me, neh?»
La
rapidità con cui era giunta alla conclusione non lo aveva affatto
sorpreso: la stupidità non rientrava di certo fra i difetti che a
Sakura si
potevano rimproverare.
«Esatto.
Sarebbe la scelta migliore».
Sakura
era rimasta zitta, gli occhi apparentemente persi sulla linea
dell’orizzonte e le spalle rigide appoggiate alla panchina.
Non
sapendo come interpretare quel silenzio, lui aveva proseguito: «Se
tu
rifiutassi, lo capirei. So di non meritarmi nulla, e-»
«Non
dire altro. Accetto».
Nel
dirlo, il suo sguardo – ora fisso in quello di Sasuke – si era
acceso
di una luce nuova, e tuttavia meno brillante di quanto sarebbe
stato legittimo
attendersi.
«Ne
sei sicura, Sakura? Non credo di poter ricambiare i tuoi
sentimenti».
A
quel punto, la ragazza si era presa il volto fra le mani per un
lunghissimo momento; poi, lentamente, aveva cominciato a parlare:
«C’è un
vecchio detto, che recita: “Amare
non è guardarsi
l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Io
ho sempre guardato a te, Sasuke-kun. Sempre, anche da prima di
entrare a
far parte del team 7.
Ho
mosso i miei primi passi nel mondo degli shinobi seguendo i tuoi;
ho
tarato le mie scelte in base a ciò che tu dicevi,
benché la tua attenzione fosse perennemente
rivolta altrove.
Dopo
che hai lasciato Konoha, non ho trascorso giorno senza
rimproverarmi
di non essere riuscita a trattenerti: mi sono allenata duramente
per
fortificarmi, ripetendo a me stessa che non avrei più commesso un
errore del
genere.
È
stato a Oto, quando ho visto i tuoi occhi scurissimi animarsi
appena
soltanto alla vista di Naruto, che ho iniziato a capire ciò che
soltanto adesso
mi è completamente chiaro: anche se abbiamo percorso insieme
alcuni tratti dello
stesso sentiero, non c’è mai stata coincidenza tra i nostri
orizzonti.
In
tutti questi anni io
ho fissato unicamente la tua schiena, mentre tu, beh… tu
fissavi Naruto».
Di
fronte a tale lapidaria constatazione l’Uchiha avrebbe voluto
poter
replicare con sdegno che no, non era vero niente; che si trattava
di una delle
sue solite fantasie, buona soltanto per quell’abominevole fumetto
al quale
Kakashi era tanto affezionato.
Ma
a che pro continuare a prendersi in giro da solo?
Rammentava
fin troppo bene l’episodio menzionato dalla ragazza,
l’inspiegabile
smania di avvicinarsi a
Naruto che, per un
attimo, aveva preso il sopravvento sul suo desiderio di toglierlo
di mezzo.
Ogni
volta che Uzumaki gli si era improvvisamente parato dinanzi c’era
sempre stato qualcosa che aveva impedito a Sasuke di ucciderlo lì
su due piedi,
senza dargli il tempo di toccarlo in
qualche
modo – che fosse con una parola, un gesto, oppure uno
sguardo.
Come
non fare il paragone con gli eventi successivi al suo scontro con
Danzo,
allorquando nessuna esitazione l’aveva frenato dal tentare di
trafiggere il
cuore di Sakura con un kunai?
Sarebbe
stato ipocrita negare l’evidenza e, benché avesse avuto ottimi
maestri da cui apprendere, Sasuke non eccelleva nell’arte della
dissimulazione;
aveva quindi evitato di rispondere, scaricando la propria
frustrazione in un
movimento convulso della mano – l’unica che gli era rimasta.
«Non
mi illudo di
riuscire a farti innamorare di me grazie a chissà quale dote,
Sasuke-kun: ci ho
rinunciato molto tempo fa. Ma se sposarti a queste condizioni è
l’unico modo
che ho per esserti finalmente utile,
ebbene, non mi
tirerò indietro. Sarò tua moglie».
Si
erano uniti in
matrimonio nella primavera dell’anno precedente, a seguito di una
semplice
cerimonia alla quale avevano preso parte solo pochi intimi – al
contrario di
quanto avvenuto per la Hyuuga e Naruto, il cui sposalizio era stato
celebrato
in maniera monumentale.
Manco
a dirlo, lo scemo
aveva sfoggiato il sorriso più ampio di tutti; talmente ampio, in
effetti, da
risultare addirittura forzato.
Conoscendolo
come le sue
tasche, Sasuke sapeva bene che le emozioni di Uzumaki partivano
anzitutto dagli
occhi, per poi espandersi a macchia d’olio perfino oltre il volto; in
quella
occasione, invece, l’azzurro delle sue iridi era apparso insolitamente
cupo,
quasi fosse oscurato da pensieri troppo pesanti perché un soggetto
così limpido
potesse riuscire a mascherarli completamente.
Il
turbamento del futuro
Nanadaime assomigliava molto a quello che, tempo addietro, aveva
spinto Uchiha
a disertarne le nozze; ciò che lui trovava così evidente era tuttavia
passato
inosservato al resto dei presenti, sposa compresa: Sakura, bianca e
radiosa nel
suo kimono di seta, aveva infatti abbracciato il proprio migliore
amico col medesimo
viso disteso che ora mostrava nel sonno.
Sasuke
fece per varcare
la finestra ed entrare finalmente nella camera da letto, quando
qualcosa lo
trattenne; improvviso come il guizzo di una scintilla tra le braci, il
filo di
chakra l’aveva toccato per poi svanire subito dopo, lasciando
nell’aria un vago
sentore arancione che sembrava volerlo avocare a sé
con
gentile ma, al contempo, decisa persistenza.
Sporse
appena la testa
all’esterno, aguzzando la vista verso nord.
Eccettuato
il fioco
barlume dei lampioni, l’unica luce a rischiarare i volti di pietra
proveniva
dal Palazzo dell’Hokage; nonostante l’ora tarda, Kakashi doveva essere
ancora
in ufficio – quasi certamente in compagnia di un poco entusiasta
Naruto, a cui era
stato caldamente suggerito di iniziare a far pratica.
Probabilmente
quest’ultimo
aveva percepito la sua presenza a Konoha e, adesso, lo stava chiamando.
Lo
shinobi rivolse
ancora un’occhiata alla schiena della moglie, giratasi nel frattempo
dall’altra
parte: nulla ne turbava il dolce movimento delle spalle, scandito dal
ritmo
regolare del suo respiro.
«Scusa,
Sakura. Sarà
per la prossima volta» pensò, prima di scivolare nuovamente fra
le ombre
della notte.
Note
dell’autore
Come
anticipato poco sopra, eccomi qui!
La
storia è ambientata nel periodo successivo alla fine della Quarta Guerra
Ninja; Sasuke, terminato il suo viaggio di espiazione, ha già avviato la
missione volta a reperire le tracce di Kaguya, mentre Naruto si sta
preparando a prendere il posto di Kakashi quale Settimo Hokage.
In
questa sede l’avvertimento “What if?”, più che agli eventi in sé per sé,
si riferisce piuttosto alle dinamiche relazionali e psicologiche
intercorrenti fra i personaggi: personalmente, ritengo che le coppie
formatesi nella parte conclusiva di Naruto Shippuden – e stabilizzatesi
definitivamente in Boruto – non abbiano molto fondamento logico ed
emotivo, ma è solo una mia interpretazione.
Stesso
dicasi per l’atteggiamento vagamente bigotto che ho addossato agli
organi di vertice di Konoha: all’indomani del conflitto, ho immaginato
che la società della Foglia fosse ancora permeata di un certo grado di
conservatorismo, nonché dalla convinzione che
valori quali quelli del matrimonio e della famiglia siano
assolutamente fondamentali e imprescindibili – specie per chi aspiri a
ricoprire il ruolo di Hokage.
Con
riguardo agli aspetti più “tecnici”, mentre l’utilizzo del corsivo
vorrebbe servire a rafforzare un concetto o un pensiero di natura più
personale, il grassetto corsivo indica invece flash-back et similia.
Probabilmente
lo saprete già, ma io lo preciso lo stesso:
-
“Suna” e “Kiri” indicano, rispettivamente, il Villaggio della Sabbia e
il Villaggio della Nebbia;
-
“Chidori” è il corrispondente giapponese dell’italianizzato “Mille
falchi”;
- “Nanaidame”, invece, sta per “Settimo
(Hokage)”.
Campagna
di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni. Farai felice milioni di
scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
(©
elyxyz)