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Autore: Spoocky    10/05/2020    5 recensioni
Durante una piovosa sera d'autunno un detective londinese trova inaspettatamente una pista sul serial killer che lo aveva angosciato per mesi ma di cui si erano perse le tracce.
Dodicesima classificata al contest “Generi a catena” indetto da Dark Sider sul forum di EFP.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cari lettori benvenuti al mio primo tentativo di contest.
E' la prima volta che mi cimento con il noir e spero di non fare una figura troppo pessima. Il seguente racconto è un'opera di fantasia, i tratti di alcuni personaggi sono stati caratterizzati ironicamente ma non è mia intenzione offendere nessuno. 

Ringrazio Old Fashioned che ha postato genere e prompt per questo racconto.

Buona Lettura ^^

Era una sera cupa e piovosa, come solo gli autunni inglesi sanno esserlo.
Passeggiavo per Tachbrook Street ed ero quasi arrivato all’incrocio con la Churton quando due persone, un uomo e una donna di mezz’età, mi si avvicinarono sorridendo.
Erano vestiti eleganti ma con modestia, dall’assenza di cartelle e penne a sfera capii che non erano lì per farmi firmare una petizione. Non portavano segni distintivi di nessuna associazione in particolare ma sotto il braccio dell’uomo intravidi dei volantini colorati di sospetto contenuto religioso.
Non ho nulla contro la religione, purché siano gli altri a praticarla e non vengano ad imporla a me, di qualunque credo si tratti.
Non essendo in vena di litigare tentai di svicolare ma la donna riuscì a placcarmi, tagliandomi la strada con un sorriso mellifluo: “Buonasera, signore. Vorremmo chiederle cosa fa per essere felice nella vita.”
Cercando di non lasciar trapelare il veleno che mi era salito al cervello mi mantenni impassibile: “Di solito bevo. Lei?”
La mia risposta la colse di sorpresa. Il labbro inferiore comincio a tremarle come un budino su una lavatrice in centrifuga ma, con mia grande delusione, riuscì comunque ad incassare il colpo: “Ci sono altri modi, figliolo. Più costruttivi…”
Alzai un sopracciglio scettico: “Per esempio?”
“Per esempio potrebbe venire ad una delle nostre riunioni. Vede, noi crediamo che...”
Di norma sarei rimasto a fissarla in silenzio, lasciandomi scorrere addosso le sue parole come la pioggia sul cappotto, ma era ora di cena e volli tagliare corto: “Ognuno di noi ha bisogno di credere in qualcosa nella vita. Io credo che mi farò un’altra birra. Con permesso.”

Quella citazione è sempre stata il mio asso nella manica e anche quella volta dimostrò la sua efficacia.
La donna impallidì e divenne rigida come una tavola da bara.
Decisi di essere galantuomo ed allontanarmi senza infierire: le scivolai accanto e feci per tornare sui miei passi, ma l’uomo fu lesto ad infilarmi in tasca uno dei suoi volantini.
In un unico movimento gli afferrai il polso e ruotai su me stesso, facendogli perdere l’equilibrio e proiettandolo in una pozzanghera.
“Mi scusi, signore: pensavo stesse cercando di derubarmi. La prossima volta si fermi a riflettere prima di infilare le mani in tasca ad un ispettore al servizio di Sua Maestà.”
Senza ulteriori commenti mi defilai, lasciandomi alle spalle i due devoti sconcertati.

Ero all’altezza del London Bride Couture quanto m’accorsi che il famigerato opuscolo mi era rimasto in tasca. Per pura curiosità lo sfilai e quasi mi prese un colpo: di tutti i personaggi biblici e non, proprio Giona doveva capitarmi!
Di norma non sono superstizioso, ma penso che se per secoli i marinai lo hanno evocato come segno di malasorte un qualche motivo ci sarà pur stato. Il fatto che il profeta avesse uno strabismo pronunciato e che la barca alle sue spalle avesse la vela gonfia nonostante la pioggia fittizia fosse orientata nella direzione opposta non contribuirono al risollevarmi l’umore e provvidi a disfarmi del malaugurato orpello al primo bidone che trovai.
Mi vergogno ad ammetterlo ma mi fece sentire meglio, come se quel gesto avesse esorcizzato la cattiva sorte. E con passo allegro varcai la soglia del Constitution.
 


Una porzione abbondante di pasticcio d’agnello con piselli e carote, annaffiato da una pinta abbondante di Pale Ale, mi rimise in pace con il mondo e mi fece quasi dimenticare il pessimo incontro di poco prima.
Decisi di trattenermi per un po’ in quello che consideravo il mio angolino nel locale e sfilai dalla tasca interna del soprabito un’edizione economica di Duello sul Mar Ionio di Patrick O’Brian. Fin da ragazzino ho sempre adorato i romanzi su Jack Aubrey ma quello è senza dubbio il mio preferito: un concentrato di suspense, azione, storia e imbarcazioni. Insomma, quanto di meglio possa desiderare di leggere un nostalgico dell’Età della Vela. L’unica cosa positiva del mio pur breve ricovero in ospedale era stata poter ricominciare da capo la saga in santa pace.

L’atmosfera del locale, i cui interni erano arredati in modo da ricordare la cabina di un veliero e da cimeli della USS Constitution (che poi, perché nel centro di Londra si trovi un locale dedicato ad una fregata americana anziché ad una delle nostre non sono ancora riuscito a capirlo) conciliava la lettura e mi trattenni per un’ora abbondante dopo aver spazzolato quanto avevo nel piatto.
Quando i partecipanti al torneo amatoriale di freccette e gli appassionati di slot cominciarono a produrre un livello di decibel incompatibile con la mia omeostasi misi il segnalibro al punto in cui ero arrivato, mi alzai discretamente e pagai il conto.
Uscendo mi accorsi che aveva iniziato a piovigginare e benedissi chiunque avesse progettato il mio cappotto con una tasca interna: io posso anche infradiciarmi fino al midollo ma i miei libri devono sempre essere assolutamente al sicuro.
Come d’abitudine, sollevai il bavero ed incassai la testa fra le spalle per proteggermi la nuca. Con le mani ben infilate nelle tasche stavo dirigendomi verso casa quando qualcosa d’inaspettato attirò la mia attenzione.

In una delle stradine laterali vicino ai giardini Longmoore esisteva la bottega di un fruttivendolo che conoscevo solo perché qualche buontempone aveva scritto con una bomboletta  “Amo le carote” su un muro laterale, forse in riferimento all’omosessualità – vera o presunta non si seppe mai – del proprietario.
Quella sera non fu il graffito ad attrarre la mia attenzione, bensì lo stato in cui versava il negozio: la vetrina era stata sfondata, le cassette di ortaggi erano state sfracellate e svuotate: in tutto il perimetro non vi era traccia di un singolo vegetale.
Esclusi un’improvvisa carestia e, data la presenza di un minimarket e diversi fast food nelle vicinanze, anche il passaggio di qualcuno con un attacco di fame incontrollabile. Un dettaglio inaspettato mi permise di capire cosa fosse successo in realtà.
Del cadavere mi accorsi dopo, quando arrivarono i miei colleghi. A colpirmi fu la particolare disposizione delle macerie: i frammenti delle casse strappate dagli espositori erano stati posizionati per formare la scritta “Liberi tutti!”.

Riconobbi subito quella firma e con un brivido afferrai il cellulare per contattare il mio partner.
Il congedo per malattia aveva del tutto distorto il mio senso del tempo e provai un attimo di rimorso quando sentii la sua voce impastata dal sonno: “Che succede, Jack? Condividi la posizione via messaggio: tempo di vestirmi e ti vengo a prendere.”
“Mi spiace disturbarti, Tom. No, non mi sono perso. E’ qualcosa di più grave.”
“Non sarai di nuovo in Pronto Soccorso, spero?”
“No. Sono davanti al fruttivendolo di Longmoore e ho bisogno urgente di rinforzi. Lui è tornato.”
“Chi è lui? Cioè: quale dei tanti.”
“Il Fruttariano, Tom! Il Fruttariano è tornato!”
In un nanosecondo il mio collega si svegliò del tutto: “Merda! Ne sei sicuro?”
“Assolutamente. Devi venire subito! E porta tutti quelli che puoi!”

Il buon vecchio Tom chiuse la chiamata senza neanche rispondere ma sapevo che si sarebbe precipitato da me non appena avesse infilato i calzoni. Non mi restava che attendere il suo arrivo.
Badando a non inquinare in alcun modo la scena, mi riparai sotto la tettoia del negozio per non bagnarmi inutilmente.
L’attesa mi fornì il pretesto per rimuginare su quanto accaduto.

Era iniziato tutto con una serie di atti vandalici e piccoli furtarelli: una graziosa vecchina di Camden aveva trovato il suo prospero melograno spogliato di tutti i frutti, uno scapolo di Battersea era stato derubato dei peperoni che coltivava sul balcone, ad una famiglia di Fulham avevano tolto le zucche dall’orto e una donna di Brixton si era vista spogliare un prezioso pesco arrivato direttamente dalla Cina.
Poi erano iniziate le scritte offensive, scritte a pennarello sui manifesti di diversi mercati di prodotti freschi in ogni angolo della città. Avevamo intuito che si trattasse sempre dello stesso delinquente ma non riuscivamo a riscontrare alcuna logica nelle sue azioni se non che al centro di tutte c’erano dei vegetali e per questo lo avevamo soprannominato “Il Fruttariano”.

Nei suoi messaggi deliranti, scritti con una grafia a malapena comprensibile, il Fruttariano denunciava le drammatiche condizioni di vita in cui, secondo lui, erano ridotti i vegetali e ne pretendeva la liberazione immediata. Ogni messaggio terminava con l’imperativo “Liberi tutti!” che comparve come firma in ciascuno dei suoi numerosi delitti.

Quando il suo fascicolo era arrivato sulla mia scrivania non gli avevo dato troppa importanza: io e Tom ci occupavamo di terroristi, narcotrafficanti e pluriomicidi. Il Fruttariano ci era sembrato un individuo strambo, sicuramente squilibrato ma nel complesso innocuo.
Poi però iniziò l’escalation.


Ignorato dalle Forze dell’Ordine il Fruttariano si era ringalluzzito e aveva iniziato ad ampliare il suo raggio d’azione. Prima aveva fatto irruzione in una serra, forzando il lucchetto e sottraendo tutte le zucchine che vi erano conservate. Poi si era introdotto in una stazione di servizio e aveva rubato un camion che trasportava pomodori approfittando della distrazione del guidatore, che era sceso per una tazza di tè.
Il rimorchio venne ritrovato, i pomodori no.
A quel punto iniziarono gli omicidi.

I primi ad essere colpiti furono i fattori fuori città, i cui pozzi erano stati avvelenati con la cicuta.
Poi fruttivendoli, cuochi di ristoranti vegani e infine un ordigno artigianale piazzato sotto una bancarella ad un mercato ortofrutticolo, che aveva mietuto ben cinque vittime.
Da quel momento il Fruttariano divenne la mia ossessione: avevo smesso di uscire, mangiavo senza appetito e solo perché Tom mi costringeva a farlo, dormivo poco e male, spesso trascorrevo intere nottate in ufficio a lambiccarmi il cervello.
Niente di quel caso tornava: ogni indizio sembrava suggerire che si trattasse di un sociopatico disorganizzato eppure aveva sufficiente lucidità per non lasciare tracce che potessero ricondurre a lui.
Quando vandalizzava un cartellone si premurava anche di citare me e Tom. Ci chiamava “Schiavi del sistema”, “Assassini di bietole”, “Sterminatori di fragole” e nomignoli simili.
Il fatto che detestassi le bietole fin dalla prima infanzia e che Tom fosse allergico alle fragole doveva essergli sfuggito ma questo ci dava sicurezza: voleva dire che stava solo fingendo di conoscerci.


Ero talmente preso dal caso da trascurare la mia salute. Non mi ero neppure accorto dei segni precursori dell’appendicite, e mai più sarei andato a pensare una cosa simile se non mi fosse successa, fino a quando non mi accasciai a terra sulla scena di un crimine e Tom dovette chiamare l’ambulanza per farmi venire a prendere.
Quando giunsi al Pronto Soccorso ero già in peritonite e dovettero operarmi d’urgenza.

Alle due settimane di ricovero il mio capo fece seguire un mese e mezzo di congedo per malattia. Minacciò anche di impormi un’ordinanza restrittiva qualora mi fossi avvicinato all’ufficio in quel periodo.
Non fu necessario: la batosta che avevo preso si era rivelata un deterrente più che sufficiente.
Del resto Tom continuava a lavorare al caso del Fruttariano e sapevo che, se ci fossero stati aggiornamenti, me li avrebbe comunicati.
E invece nulla: il Fruttariano se n’era rimasto tranquillo per tutto quel tempo.
Fino a quella sera, la vigilia del mio rientro al lavoro.



Note:

Il Constitution e le strade citate esistono davvero e si trovano a Londra.
Patrick O'Brian è il mio scrittore preferito e non potevo esimermi dal citarlo.
Il negozio di fruttivendolo con la scritta "Amo le carote" esiste ma non si trova in Inghilterra. Molti dei furti attribuiti al Fruttariano si sono realmente verificati e sono rintracciabili nella cronaca. 


 
  
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