Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ylpeis    10/05/2020    2 recensioni
[Riren] [Modern Au] [Menzione di Ragni]
Sente di essere allo stremo, la corazza dura inizia a cedere, i troppi scontri l'hanno segnato in maniera indelebile, innumerevoli cicatrici serpeggiano sul suo corpo che sente indebolirsi giorno dopo giorno, la vista è parziale e gli permette di distinguere solo alcune ombre nel buio che lo circonda.
Una vita spesa a cercare e poi quando si ritrova l'oggetto della sua ricerca di fronte, si rende conto che non potrebbe essere più irraggiungibile.
Però non si è mai dato per vinto e non succederà nemmeno questa volta.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo terzo. Diventa il tipo che ride ancora alle farfalle, dammi una casa dentro te fino all'ultimo grazie.

Un ruggito graffia l'aria, c'è odore di morte e distruzione ovunque, le mura sono in frantumi.
Dovunque si guardi c'è desolazione e macerie. L'unica figura che ancora si erge fiera è un titano dai capelli neri e dagli occhi smeraldini, sovrasta tutto e tutti. Urla, le mani si muovono frenetiche fra le ciocche corvine e graffiano la carne che continua a rigenerarsi, –cerca di scalfire la nuca, di aprire la carne.
«NON RIESCE A LIBERARSI!» Urla qualcuno.
«VADO IO!» Risponde senza esitazione una voce profonda, il peso della sua promessa si concretizza solo in quel momento.
I rampini si impiantano nella carne delle spalle, ma prima che possa atterrare viene afferrato a mezz'aria dalla mano del titano.

STUPIDO! FERMATI, COSA FAI!?” Un'altra voce risuona nell'aria fetida, un grido straziante e disperato.
«Eren, sono io!» Il tono calmo dell'uomo è tradito dallo sguardo allarmato, le lame sono piantate nella mano che comunque lo stringe senza pietà. “Perché sei venuto Capitano!? Devi lasciarmi morire, non merito–”
«Stupido gigante, mollami! EREN SO CHE SEI LÌ!» La folla attorno guarda la scena impotente, c'è chi si tappa le orecchie, chi gli occhi, solo un'altra figura dai capelli corvini cerca di avvicinarsi, troppo tardi.
Il titano osserva l'umano nelle sue mani spalanca le fauci e le serra sulla testa strappandola dal corpo, un urlo squarcia l'aria–

L'incubo è più violento dei precedenti, se ne rende conto quando la sua tana viene lanciata via da una manata del ragazzo, corre verso la testata del letto a tessere e subito diversi grumi rimangono intrappolati qua e là, ma a lui non interessano, deve cercare quello più grande.
Non fa in tempo ad individuarlo che qualcosa di più pericoloso attira la sua attenzione.
La porta della camera viene aperta e un uomo entra nella stanza, la debole luce della luna illumina il coltello che tiene in mano.
Decide di ignorare l'incubo e corre verso l'aggressore – Eren al sogno può sopravvivere.

Percorre i pochi metri che li separano con tutta la velocità che quel corpo malconcio di ragno gli permette, riesce a raggiungere l'estraneo e lasciandosi guidare dall'istinto affonda le zanne nella tenera carne del collo.
L'aggressore non tarda a reagire e urla, svegliando Eren di soprassalto, la distrazione però gli è fatale e non si accorge della mano che si avvicina pericolosa e che lo lancia via maledicendolo.


*

Quando riprende conoscenza è spaesato e si trova in un angolo impolverato, esausto.
Il corpo dolorante non risponde come dovrebbe: alcuni arti torti in angolazioni sbagliate e le zanne non si muovono, sente dolore dappertutto, persino respirare fa male, non riesce nemmeno a sospirare – avrebbe voluto passare più tempo con Eren, ma non gli è concesso, l'unica consolazione è il pensiero di saperlo sano e salvo.

La stanchezza prende il sopravvento: è arrivato il momento di smettere di combattere, ma non vuole. Non vuole arrendersi dopo aver lottato tanto, è egoista e vuole solo Eren. «Strongest?» Il suo nome lo raggiunge da lontano distraendolo dal suo dolore, il tono preoccupato, affannato. Non merita tutta quella premura.
Prova inutilmente ad alzarsi. “È davvero arrivata la fine” – augura tutto il bene di questo e dei prossimi mondi ad Eren, non gli importa di aver perso di nuovo la vita per lui, se dovesse succedere di nuovo lo rifarebbe con orgoglio – «STRONGEST!? DAI VIENI FUORI» La voce di Eren si fa più vicina, lo sente rovistare ovunque, ribaltare mobili poi ad un certo punto ne intravede il viso, anche se sfocato.
Cerca di stropicciarsi gli occhi, ma non riesce comunque a metterlo a fuoco, impreca e maledice quel ladro maledetto, non può nemmeno andarsene col viso di Eren impresso nella mente.

«Non lasciarmi ti prego» “Non voglio lasciarti” Prova ad alzare una zampetta, prega almeno per quella consolazione e ci riesce, non può vederlo ma ne sente il calore. «Non andartene ti prego, ti ho appena ritrovato». Delle stille salate gli bagnano il corpo malconcio, quell'idiota sta piangendo per lui, il pensiero lo riempie di gioia e gli strazia il cuore al tempo stesso.
Non piangere, non valgo le tue lacrime” Il ragazzo lo sorregge come il più prezioso dei tesori, almeno può andarsene avvolto dal suo calore.
«Sai, quel nome che avevo in mente– ero io a non volerlo pronunciare» Si asciuga una lacrima, ma molte altre gli bagnano il viso quando riprende a parlare «– non volevo chiamar
ti per paura di rendere concreta la tua mancanza, quando in realtà sei sempre stato al mio fianco».
Raccoglie tutte le forze che gli sono rimaste: vuole sentire il suo nome uscire almeno una volta dalle sue labbra.
«Sei uno stupido Levi, la mia esistenza non è mai valsa la tua» Ora può andarsene in pace, spera solo che gli venga concessa un'altra possibilità. “Arrivederci Eren”
«Levi» Gli sente mormorare un'ultima volta prima ti ripiombare nel buio più totale.

Non è più buio intorno a lui, la debole luce dell'aurora illumina il paesaggio desolato attorno a lui, una figura gli si avvicina, è una donna.
La osserva mentre gli si accuccia di fronte, raccoglie della sabbia e gliela passa sugli occhi e poi sul corpo, dopo essersi spolverata i granelli da dosso si rialza. Gli porge la mano e poi tutto sparisce.
Per un momento gli sembra di essere più leggero dell'aria e poi sente il proprio peso amplificato milioni di volte, sente freddo e una presenza calda accanto.
Prova ad aprire gli occhi mentre si appropria di quel corpo, la testa sembra scoppiargli e un leggero senso di nausea lo obbligano a fermarsi e a respirare.
Allunga un arto verso quel calore invitante, sente delle dita alla sua estremità – una
mano – ed è in quel momento che ne afferra un'altra, grande, calda, dalle dita forti e risponde con quanta forza ha in corpo.
«Levi–» Sentendo di nuovo il suo nome gira la testa intorpidita, riesce ad aprire gli occhi e incontra quello sguardo che riconoscerebbe tra mille: due brillanti oceani incastonati su di un viso baciato dal sole, contornato da soffici capelli castani.
Schiarisce la gola secca e chiama quel nome che tanto gli è mancato poter pronunciare. «E– ren».

Il ragazzo lo tocca incerto, deglutisce rumorosamente e boccheggia incredulo quando con una mano riesce ad accarezzargli il petto e con l'altro braccio gli cinge il busto. Continua a mormorare una serie infinita di «Sei vivo» «Sei tu» e il suo nome ancora e ancora; affonda la testa nell'incavo del suo collo per annusare pelle, capelli, tutto ciò che fa di Levi di nuovo umano.
«Sono qui» Replica ricambiando l'abbraccio. «Sono qui e non andrò via» Si aggrappa alle spalle del compagno, ricambiando con quanta forza ha in corpo, vuole sentirlo più vicino, ha bisogno di saperlo al sicuro fra le sue braccia. «Sono vivo» Conferma certo più che mai
A quelle parole il ragazzo scoppia in lacrime, l'abbraccio è disordinato e violento, si afferrano con tutto ciò che hanno a disposizione.
«Non lasciarmi mai più» – Gli chiede fra un singulto e l'altro, la mano risale dalla schiena e lo afferra per la testa avvicinandolo maggiormente. «Mai più» Risponde con sicurezza.
«Prometti» Ordina, la voce di Eren rotta dai singhiozzi.
Lo allontana quel tanto che basta per permettere ai loro sguardi di incrociarsi «Eren prometto di non abbandonarti mai più» Cerca di rassicurarlo.
«E di non sacrificarti mai più» Sgrana gli occhi a questa richiesta – «Promettilo».
Eren potrebbe chiedergli qualunque cosa, ma non questo. «Non posso» Esala rifuggendo lo sguardo.
«Levi» Lo supplica, gli accarezza il viso con una mano per attirarne l'attenzione. «Ti scongiuro Levi, non posso perderti ancora»
Afferra la mano accarezzandola con le labbra – «Ed è proprio per questo che lo farò altre mille volte se necessario».
Non è il tipo da fare promesse che non ha intenzione di mantenere e non si aspetta niente di diverso dell'occhiata traversa con cui lo fulmina di rimando, ora è Eren a rimanere senza parole, prova a replicare ma riesce solo a digrignare i denti. Vorrebbe sorridere e baciare quella smorfia così tanto da Eren.
Ciò che non si aspetta però sono le dita che affondano nei capelli fino a graffiargli la cute, si sente tirare verso il minore con forza e le fronti si scontrano. «Ti odio» – gli esala a fior di labbra prima di appropriarsene con un bacio profondo e doloroso.
Levi alza il busto riprendendo in parte il controllo della situazione senza mai interrompere il contatto, la furia di Eren si placa per un momento e prendono fiato, approfitta della calma del minore e ne morde le labbra piene – il contatto si fa di nuovo violento e scoordinato, ci sono troppi denti e troppa saliva e troppa poca aria, ma non importa,
Geme il nome del compagno ancora e ancora, se ne è privato per troppo tempo e ora non riesce a farne più a meno – e lo stesso fa Eren abusando del suo fra un bacio e l'altro.

Non sa di preciso quando hanno abbandonato il pavimento e sono finiti fra le lenzuola del letto, i ricordi di alcune ore prima completamente svaniti nel nulla, problemi per un altro momento e luogo.
Ora ci sono lui ed Eren che si cercano febbrilmente a vicenda, le mani non riescono a stare ferme in un solo punto, ha bisogno di sentirlo sotto le sue mani, di sentirne le carni vive e pulsanti ed Eren ha lo stesso bisogno, per tanto sono stati così vicini eppure così lontani.
Un gemito più alto di Eren segna il punto di non ritorno, Levi lascia affondare le dita nel corpo voluttuoso del compagno, non ha bisogno di altre conferme quando sente il minore inseguire quel contatto con tutto se stesso.

Con una spinta fluida e per niente gentile torna a respirare nel compagno, il suo calore lo avvolge lo fa tornare a vivere, vorrebbe assaporare quel momento, ma il suo corpo umano non riesce a stare fermo, le gambe si muovono frenetiche cercando un contatto maggiore con Eren che geme e pretende di più, ordina, supplica e reclama e lui asseconda quelle richieste dandogli tutto se stesso.
Affonda con movimenti sempre più rapidi, le mani ovunque sulla pelle olivastra e calda, la bocca si appropria di tutto ciò che ha di fronte, prima con un bacio su di un pettorale, poi con un morso su un capezzolo e continuando così facendo cantare il corpo sopra di sé.
Le ossa del bacino del minore sbattono con forza contro le sue, quel rapporto è intenso e fa male ma è l'unico modo che hanno per saziarsi, schiocchi umidi di carne contro carne si uniscono ai gemiti rumorosi in una sinfonia fatta amore e passione.
Non riesce ad avvisarlo quando viene, e il compagno lo segue cercandone le labbra, aggrappandosi a spalle e capo per un altro bacio doloroso, bagnato, necessario – liberandosi contro il suo corpo.

Rimangono così l'uno dentro l'altro, Levi non smette di accarezzare il compagno nemmeno un momento tracciando sentieri infiniti su quel corpo che gli è mancato più di ogni altra cosa.
Eren non si sposta e si accoccola contro il suo petto, le mani di Levi appoggiate alle sue cosce allenate, è fastidiosa la sensazione di umido che sente contemporaneamente sul petto e fra le natiche di Eren contro le sue cosce, ma non gli importa, non adesso che si sono ritrovati.
Senza mai allontanarlo afferra le lenzuola portandole sopra al corpo del compagno, abbracciandolo.
«Non ti odio» – gli mormora il ragazzo contro il collo riprendendo a tempestarlo di baci leggeri. «Mi sei mancato»
«Anche tu moccioso» Il ragazzo si ferma leccando il collo prima di afferrarne la tenera carne tra i denti per poi dare un morso non proprio delicato. «Ahia».
«Non sono un moccioso».
«Lo so, sei il mio moccioso» La risposta sembra piacergli di più e lo premia con altri baci e carezze, ogni tanto lo sente inghiottire uno sbadiglio.
«Dormi, è stata una nottata difficile» Le ciocche morbide gli solleticano una guancia quando nega con la testa «No». Mormora testardo. «Non voglio perderti ancora».
Prende ad accarezzargli i capelli con le dita e a mormorargli rassicurazioni per accompagnarlo nel sonno «Non me ne andrò» – «Ti proteggerò io» Il ragazzo prova a farlo smettere ma dopo un po' soccombe alla stanchezza, i respiri si fanno più lunghi e i muscoli si rilassano.
Lui comunque non smette di coccolarselo, è altrettanto stanco, ma ha sofferto troppo nell'averlo così vicino ed irraggiungibile in quei mesi, poterne saggiare il calore sulla propria pelle, respirarne l'odore a pieni polmoni, sentirlo vivo e al sicuro.
Le dita percorrono i muscoli e tutti gli angoli di quel corpo che conosce a memoria dalla vita precedente e che non ha mai dimenticato, non riesce a trattenersi nonostante la paura di svegliarlo.
La bocca continua a mormorare promesse d'amore cullando il ragazzo in un sonno ancor più profondo, il viso disteso, felice e rilassato.

*

La mattina arriva troppo presto, un fastidioso raggio di sole si fa strada oltre le persiane e lo colpisce sulle palpebre obbligandolo a svegliarsi, si guarda attorno spaesato prima di ricordare tutto.
È di nuovo umano, ha un'altra possibilità.
«Buongiorno» Fa appena in tempo a vedere l'ombra del compagno che con bacio gli toglie il fiato, Eren prende posto sul suo bacino allacciandogli le braccia al collo e tempestandogli il viso di baci. «Buongiorno» Replica divertito col fiato corto.
Un leggero aroma di menta gli stuzzica il naso, l'occhiata incuriosita strappa una risata al minore. «Ricordo la tua passione per l'igiene orale e mi sono già lavato i denti».
A quell'ammissione si fionda sulle labbra fresche. «Se non è amore questo» Mormora portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio e perdendosi negli oceani di fronte a sé, un leggero rossore scalda il viso del ragazzo che boccheggia, forse sorpreso dalla leggerezza di quella frase. Certo prima non si è mai lasciato andare a certe smancerie, ma dopo una vita passata a cercarlo sotto forma di ragno non gli importa più, ed è meglio che Eren ci si abitui.

Il ragazzo seduto a cavalcioni preme su tutti i punti più sensibili, ricordandogli tutti i bisogni fisici di un essere umano, e per quanto vorrebbe godersi il momento il suo corpo ha la precedenza. «Uhm Eren, devo pisciare» Una risata, un bacio e finalmente raggiunge il bagno.
«Ti ho messo un cambio sul letto, se vuoi farti una doccia– sai già dove trovare il resto, intanto preparo la colazione».

Quando esce dal bagno per vestirsi una moltitudine di aromi gli annebbiano i sensi, si veste velocemente e raggiunge la cucina dove trova la tavola apparecchiata con un pasto degno di un re, il ragazzo è di spalle e sta finendo di tostare alcune fette di pane. «Non so cosa preferivi così ho fatto un po' di–» Non gli lascia finire la frase, lo raggiunge ed Eren si lascia maneggiare senza opporre resistenza sempre col sorriso sulle labbra, sorriso che divora con l'ennesimo bacio. «C'è abbastanza cibo per un reggimento, ci pensiamo dopo al resto del pane».
Quando si siedono sul lato opposto del tavolo vede appoggiata la sua ex tana. «So che è sporca, ma devo fare l'abitudine a non avere più il mio amico nei paraggi, porta pazienza per un po'». Si limita a scrollare le spalle e ad iniziare a mangiare, se fa piacere ad Eren lui non ha nulla da replicare.

Da un morso ad una fetta di pane con marmellata, un'ondata di sapori gli annebbiano i sensi, la dolcezza della confettura mista alla croccantezza del pane lo fanno mugugnare di piacere «È buonissima!».
La sua reazione esagerata suscita una risata nel ragazzo «Fragole, non credo che tu le abbia mai assaggiate prima, era un frutto per i nobili» – non gli interessa la storia del frutto, avvicina la fetta di pane al viso del ragazzo «Assaggia».
«Ma so già com'è–».
«Non mi interessa, mangia» – Non sa nemmeno lui da dove gli venga quella richiesta, però quando Eren ride e addenta comunque la fetta di pane si sente meglio. «Hai ragione–» Concorda senza smettere di masticare, lui e il suo maledetto vizio di parlare a bocca piena «–è molto più buona del solito! Oh quasi dimenticavo!» Con un bacio zuccherino sulla guancia si alza per prendere il loro tè e porgergli una tazza.
L'aria profumata di tè e agrumi, il calore di Eren al suo fianco, i suoi vestiti addosso, le mani intrecciate, sono tutte cose che con gli anni finiranno col dare per scontate, come è già successo nella vita precedente, ma si ripromette di celebrarle ogni giorno finché avrà vita.
Eren è ignaro di quei pensieri, ma il modo in cui si appoggia alla sua spalla, in cui cerca di approfondire il contatto gli fa capire che sta provando la stessa cosa.

*

La mattinata prosegue tranquilla quando il telefono di Eren prende a suonare con insistenza: è la centrale di polizia per la denuncia dell'aggressione della notte precedente, il suo ritorno alla forma umana e il ritrovarsi dopo tanto tempo li hanno completamente distratti dal fattaccio della notte precedente.
Viene dato un appuntamento al ragazzo con l'ora e il giorno in cui dovrà presentarsi in centrale per riconoscere l'aggressore, gli confermano che è salvo grazie ad un ragno, senza il suo intervento sarebbe stato di sicuro ucciso nel sonno. «Le consiglio comunque di disinfestare l'appartamento, quella razza è piuttosto pericolosa, è stato molto fortunato visto come sono evolute le cose, fossi in lei non tenterei di nuovo la sorte».
Quella raccomandazione gli fa storcere il naso, Eren riesce a zittirlo prima che replichi seccato che non avrebbe mai potuto fare un errore simile. Quando chiude la chiamata il minore scoppia a ridere. «Sei impossibile Levi! Non possono sapere che avevo il mio ragno da guardia personale!»
«Tsk».

Sono accoccolati l'uno tra le braccia dell'altro sul divano quando vengono disturbati nuovamente, il campanello dell'appartamento suona in maniera isterica, e ancor prima che Eren possa avere il tempo di alzarsi dei colpi frenetici violentano la porta. «Arrivo! Arrivo!– Aspetta qui» Gli mormora a fior di labbra rubandogli un altro bacio «Così non andrò in astinenza» Commenta poi senza mai smettere di sorridere per poi tornare ad imprecare contro gli ospiti indesiderati. «Se sei tu Zeke puoi anche andare a fanculo».
«EREN!?» La voce squillante della madre li raggiunge da oltre la porta, il ragazzo si pietrifica e lo guarda – preoccupato? «Forza apri prima che butti giù la porta» Eren si morde un labbro, sembra combattuto per qualcosa «Scusami Levi» e fa come detto.
Non capisce quelle scuse finché non
la vede.

«ODDIO EREN SEI VIVO!! Quando Erwin mi ha chiamato per dirmi dell'aggressione stavo per morire, perché non mi hai chiamato? Come stai? Oh tesoro mio» Non riesce a muovere un muscolo per paura di essere notato, la quattrocchi è sua madre!?
La madre aracnofobica è lei?! Non ha dubbi, la donna è inconfondibile, stessi capelli castani raccolti in una disordinata coda alta – forse li ha tormentati per la preoccupazione. Non ha gli occhiali da vista, ma è in tutto e per tutto lei, la voce squillante, le mille parole al minuto, le reazioni esagerate.
«Mamma sto bene vieni, accomodati prima che ti venga un infarto». Eren cerca di smorzare la tensione ma la donna non demorde e gli afferra le spalle e appoggiando la fronte sulla spalla del giovane. «Prima il ragno, ora l'aggressione, ti prego torna a casa, ti prego fallo per me, il mondo non è–» – «MAMMA! Vieni siediti, sono vivo, sto bene, stai tranquilla, e mmh–» Eren si gira nella sua direzione cercando le parole per presentarlo, la madre è ancora in stato di shock e non ha occhi se non per il figlio. «A proposito del ragno –» Inizia incerto, a quella frase la castana scatta sull'attenti.
«Che c'è? Il ragno ti ha fatto male!? Se è così–».
Basta, non ne può più di vedere quella pazza sbraitare, prima la tranquillizzano e prima possono tornare a recuperare tutto il tempo perso. «Oh ma taci un po' quattrocchi» La sua voce fa piombare la stanza nel silenzio più assoluto, Hanji alza lo sguardo di scatto incredula, per poi cercare conferma nel figlio – suona malissimo come titolo – che si limita ad annuire.
«Mamma, guarda chi mi ha salvato ieri sera».
Hanji si alza dalla sedia e gli va incontro, è più adulta di prima, ma di certo non più matura.
«Levi» È un sussurro, gli occhi le si inondano di lacrime e in un attimo se la trova avvinghiata al collo a piangere come una fontana, chiamando il suo nome all'infinito. «Non ci posso credere, ma guardati! Oh Levi! Ma che fai qui? Come ti ha trovato Eren? Oh ma aspetta che ti veda Erwin! Ti abbiamo cercato così tanto!». Ricambia l'abbraccio – dopo tanto tempo glielo deve –, anche se non può competere con quello della vecchia amica. «Hey se allenti un po' la presa forse riesco a vivere ancora un paio di giorno».
A quella frase si allontana un po', piange e ride, si asciuga gli occhi con una mano per poi imprecare per le lenti a contatto. «Sei davvero tu».
Lui si limita ad annuire di nuovo. «Sono davvero io»

Eren si assenta per fare un po' di lavori in giardino, è una banale scusa per lasciargli un po' di tempo da soli e gliene è grato, la stretta di mano e l'occhiata affettuosa che si scambiano quando si salutano non sfugge all'occhio attento della donna e Levi sa che le deve delle spiegazioni.
«Inizio io, ho meno cose da dire» Decide di prendere la parola, Hanji lo guarda perplessa «Tu–madre di Eren!? Io ho solo alcuni anni da ragno da raccontarti».
In poco tempo le spiega della sua vita come ragno, spiegandole che era lui il mostro che l'ha quasi assalita quel famoso giorno e che non avrebbe mai fatto del male ad Eren, sottolinea quel dettaglio con un'occhiata traversa che fa scoppiare a ridere la donna. «Donna di malafede»
Infine le racconta della notte precedente, dell'aggressore e del suo desiderio di proteggere Eren – prova, inutilmente, a tenere un tono neutro e disinteressato, per non far trapelare troppo del suo reale rapporto con Eren – «– ed è così che alla fine mi ha riconosciuto, l'ultima cosa che ricordo è di aver sentito il mio nome e poi di essermi risvegliato umano»
Quando conclude il racconto Hanji si sta asciugando altre lacrime mentre si tormenta un labbro. «Oh Levi, grazie! Ti sarò eternamente debitrice!» Questa era una risposta che non si aspettava di certo. «Hai protetto e salvato Eren, grazie di cuore».
«Lo rifarei ancora, ma il moccioso non vuole».
Suscita una debole risata nella donna, che comunque non riesce a smettere di piangere. «E puoi biasimarlo? Ti ha già perso una volta, ha rischiato di perderti di nuovo, Levi, sei importante per lui, più di quello che potrò mai essere io– non guardarmi in quel modo, ci credevate degli stupidi?» Ignora in commento bevendo un sorso d'acqua e lascia cadere il discorso deviandolo su un altro argomento che gli preme.
«Chi è il fortunato? Eren dovrà pur avere un padre» Inaspettatamente la vede avvampare, boccheggiare per un momento e poi riprendere il controllo. «Non è come credi»

Inizia a raccontargli della sua carriera come psichiatra infantile, e di come durante il suo appuntamento settimanale presso l'orfanotrofio cittadino fosse incappata in Eren, aveva cinque anni all'epoca – i suoi occhioni brillanti, la sua mente fantasiosa – quando ha incontrato per la prima volta era rimasto orfano in seguito ad un incidente stradale.
Il bambino se ne stava isolato, ci mise un po' di tempo ad ottenere dei risultati, solo quando un giorno le confidò di sentirsi meno solo in sua compagnia prese la decisione di portarselo a casa – «Volevo dargli quell'infanzia che gli sarebbe stata negata anche in questa vita» Lo sguardo raggiunge la porta. «È diventato come un figlio per me, non avrei potuto avere più fortuna come madre!». L'orgoglio e le emozioni che prova si riflettono nei suoi occhi, sospira un momento prima di continuare il racconto.
La pratica è stata lunga, lei era considerata troppo giovane e come aggravante era anche single, infatti, in parte – è merito di Erwin se alla fine le hanno concesso l'adozione, a quanto pare il bastardo manipolatore si è fatto un nome anche in questo tempo, ed è riuscito ad agevolarle tutta l'adozione: aveva sette anni quando Eren Jaeger–Zoe è diventato legalmente suo figlio, ha cercato di dargli tutto ciò che poteva desiderare.
Piano piano i ricordi riaffiorarono e solo durante l'adolescenza la riconobbe, c'erano molte persone ancora in ombra, a cui non riusciva a dare un volto, ma non lui.
«Ti ha cercato in ogni momento, hai sempre abitato nei suoi sogni, ti chiamava eroe e amico, crescendo poi la tua presenza ha assunto un altro peso e dai suoi racconti ho capito tutto».
Levi cerca di mantenere un'espressione neutra, ma quei dettagli gli scaldando il cuore, si schiarisce la voce e devia il discorso di nuovo – suscitanto l'ennesima risata.

Non sono pronto per parlare della mia relazione – con te soprattutto!” – tutta la storia gli fa venire in mente un dettaglio non indifferente. «E Zeke? L'ha chiamato fratello–»
«Si sono ritrovati al college, Zeke è suo fratello biologico anche in questa vita – Eren è frutto del secondo matrimonio di suo padre – non c'è mai stato rancore fra i due fratelli e hanno deciso di tenersi in contatto, personalmente credo che sia stata una buona idea da parte di entrambi– hai altre domande?».
«Erwin?».
«Erwin ha fatto carriera come avvocato, è il più influente della città, è lui che ha dato la possibilità ad Eren di vivere in questa proprietà in cambio di manutenzione e lavori vari, è la sua residenza estiva– quando Eren ti farà fare il giro turistico capirai».

Sta per fare un'altra domanda quando lo sguardo di Hanji si fa serio. «Levi ora ascoltami, per ora farò finta di niente con Eren, gli lascerò credere di non aver notato» – Con un gesto indica verso il suo collo e solo in quel momento nota i vari morsi testimoni della notte precedente. «Sei il mio migliore amico, sei altrettanto importante per lui e lo rispetto, ma se ti azzardi a mancargli di rispetto, a ferirlo, o a fargli del male, anche solo senza prendere le dovute precauzioni prima del sesso, giuro su Ymir e tutto ciò che le è caro che te la farò pagare, quanto è vero che a suo tempo l'ho pregata di farvi avere la vostra giustizia».
E in quel momento il cerchio si chiude, quella frase che l'ha accompagnato nel buio – «Tu?»
Hanji sospira grattandosi il capo «Diciamo che non presi molto bene la vostra morte, e col senno di poi minacciare una divinità era una scelta un po' azzardata, però eccoci qua in un modo o nell'altro».

Il leggero bussare alla porta li distrae dal discorso. «Mamma?»
«Vieni pure Eren, grazie per la pazienza» Il ragazzo entra con un'espressione combattuta in viso, si schiarisce la voce prima di parlare. «Chi è il signore alla macchina?»
A quella domanda Hanji donna avvampa. «Uhm Eren, siediti, accidenti, Levi non avermene».
Senza ribattere Eren prende una sedia e gli si siede vicino, subito le mani si trovano, entrambi la guardano curiosi.
«Eren ricordi che ti ho raccontato di quell'uomo con cui mi frequento da un po'? Il detective–»
Gli occhi di Eren si illuminano «È lui!? Mamma sono così felice per te!».
Quando le si addolcisce lo sguardo e il viso le si imporpora, Levi capisce di non essere ancora pronto per questa nuova Hanji.
«Mi farebbe piacere presentartelo visto che la nostra storia sta diventando seria, sei stato molto rispettoso della mia vita privata ma mi sembra arrivato il momento di farvi conoscere» Mormora un altro scusa nella sua direzione ed esce a chiamare l'uomo.

«Sono contento che si stia sistemando, ha fatto tanti sacrifici per me! Se lo merita!» Esala Eren appoggiando la testa alla sua spalla, lui inizia ad accarezzargli la schiena con movimenti circolari. Inizia a pensare che per Hanji possa essere stato uguale vederlo infatuato nella vita precedente, ha Eren al suo fianco, qualunque cosa voglia fare la quattrocchi avrà tutto il suo appoggio.
Fa in tempo a depositare un bacio leggero sulla testa castana che la porta viene aperta di nuovo.
«Eren – Levi, vi presento Kenny, il mio fidanzato» Gira la testa di colpo verso la porta, le mani raggiungono la cintura in maniera inconscia alla ricerca delle spade. «Kenny!?»
Eppure è davvero lui, il volto un po' più pulito, un po' meno ghignante, in generale un po' più presentabile, però è lui.
«Hey nipote, continui ad assomigliare ad una quindicenne».
No, questo proprio non potrà mai accettarlo, Hanji suocera è ok, Kenny suocero? Nemmeno un po'.
«Scusatemi vado a cagare» Proclama alzandosi e dirigendosi verso il bagno della camera da letto.
Dietro di sé sente le leggere risate della sua nuova famiglia, quella di Eren le sovrasta tutte, ci vorrà del tempo, ma per il suo moccioso è disposto a sopportare anche questo.

«Levi?» La voce di Eren lo raggiunge, apre la porta per farlo entrare, rimane colpito dalla brillantezza dei suoi occhi, i capelli sciolti e disordinati, non resiste e lo bacia di nuovo.
«E poi mi chiedi di non sacrificarmi più» Gli mormora ad un soffio.
Le mani di Eren tremano per le risate che cerca di trattenere. «Affronteremo quei due insieme» Gli risponde col sorriso sulle labbra.
Insieme” – Perché quel ragazzo è sempre così perfetto? «Ti amo Eren».
La sua risposta è un bacio dal sapore di zucchero e menta, seguito dalle urla di
sua suocera che li supplica di aspettare che vadano via e lo sbuffo divertito di suo suocero – «L'ho detto che sembra ancora un'adolescente in crisi ormonale» Registra il commento da lontano, lo manderà a fanculo dopo, l'importante è che abbia Eren, tutto il resto non conta.

Note dell'autrice.

I titoli dei tre capitoli sono tratti dalle canzoni "Pan" e "Music" dei Nightwish, se non le conoscete vi consiglio caldamente di ascoltarle.
Grazie a chi ha seguito la storia, alla prossima.
Ylpeis.

   
 
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