Capitolo terzo. Diventa il tipo che ride ancora alle farfalle, dammi una casa dentro te fino all'ultimo grazie.
“Un
ruggito graffia l'aria, c'è odore di morte e distruzione
ovunque, le
mura sono in frantumi.
Dovunque si guardi c'è
desolazione e macerie. L'unica figura che ancora si erge fiera
è un
titano dai capelli neri e dagli occhi smeraldini, sovrasta tutto e
tutti. Urla, le mani si muovono frenetiche fra le ciocche corvine e
graffiano la carne che continua a rigenerarsi, –cerca di
scalfire
la nuca, di aprire la carne.
«NON RIESCE A
LIBERARSI!» Urla qualcuno.
«VADO IO!» Risponde
senza esitazione una voce profonda, il peso della sua promessa si
concretizza solo in quel momento.
I rampini si impiantano
nella carne delle spalle, ma prima che possa atterrare viene
afferrato a mezz'aria dalla mano del titano.
“STUPIDO! FERMATI, COSA
FAI!?” Un'altra voce risuona nell'aria fetida, un grido
straziante
e disperato.
«Eren, sono io!» Il
tono calmo dell'uomo è tradito dallo sguardo allarmato, le
lame sono
piantate nella mano che comunque lo stringe senza pietà.
“Perché
sei venuto Capitano!? Devi lasciarmi morire, non
merito–”
«Stupido gigante,
mollami! EREN SO CHE SEI LÌ!» La folla attorno
guarda la scena
impotente, c'è chi si tappa le orecchie, chi gli occhi, solo
un'altra figura dai capelli corvini cerca di avvicinarsi, troppo
tardi.
Il titano osserva l'umano
nelle sue mani spalanca le fauci e le serra sulla testa strappandola
dal corpo, un urlo squarcia l'aria–
L'incubo
è più violento dei
precedenti, se ne rende conto quando la sua tana viene lanciata via
da una manata del ragazzo, corre verso la testata del letto a tessere
e subito diversi grumi rimangono intrappolati qua e là, ma a
lui non
interessano, deve cercare quello più grande.
Non fa in tempo ad individuarlo che
qualcosa di più pericoloso attira la sua attenzione.
La porta della camera viene aperta e un
uomo entra nella stanza, la debole luce della luna illumina il
coltello che tiene in mano.
Decide di ignorare l'incubo e corre
verso l'aggressore – Eren al sogno può
sopravvivere.
Percorre
i pochi metri che li separano
con tutta la velocità che quel corpo malconcio di ragno gli
permette, riesce a raggiungere l'estraneo e lasciandosi guidare
dall'istinto affonda le zanne nella tenera carne del collo.
L'aggressore non tarda a reagire e
urla, svegliando Eren di soprassalto, la distrazione però
gli è
fatale e non si accorge della mano che si avvicina pericolosa e che
lo lancia via maledicendolo.
*
Quando
riprende conoscenza è spaesato
e si trova in un angolo impolverato, esausto.
Il corpo dolorante non risponde come
dovrebbe: alcuni arti torti in angolazioni sbagliate e le zanne non
si muovono, sente dolore dappertutto, persino respirare fa male, non
riesce nemmeno a sospirare – avrebbe voluto passare
più tempo con
Eren, ma non gli è concesso, l'unica consolazione
è il pensiero di
saperlo sano e salvo.
Cerca di stropicciarsi gli occhi, ma non riesce comunque a metterlo a fuoco, impreca e maledice quel ladro maledetto, non può nemmeno andarsene col viso di Eren impresso nella mente.
«Non lasciarmi ti prego»
“Non
voglio lasciarti” Prova ad alzare una zampetta, prega almeno
per
quella consolazione e ci riesce, non può vederlo ma ne sente
il
calore. «Non andartene ti prego, ti ho appena
ritrovato». Delle
stille salate gli bagnano il corpo malconcio, quell'idiota sta
piangendo per lui, il pensiero lo riempie di gioia e gli strazia il
cuore al tempo stesso.
“Non piangere,
non valgo le tue
lacrime” Il ragazzo lo sorregge come il più
prezioso dei tesori,
almeno può andarsene avvolto dal suo calore.
«Sai,
quel nome che avevo in mente– ero io a non volerlo
pronunciare» Si
asciuga una lacrima, ma molte altre gli bagnano il viso quando
riprende a parlare «– non volevo chiamarti
per paura di rendere concreta la tua
mancanza, quando in realtà sei sempre stato al mio
fianco».
Raccoglie
tutte le forze che gli sono rimaste: vuole sentire il suo nome uscire
almeno una volta dalle sue labbra.
«Sei
uno stupido Levi, la mia esistenza non è mai valsa la
tua» Ora può
andarsene in pace, spera solo che gli venga concessa un'altra
possibilità. “Arrivederci Eren”
«Levi»
Gli sente mormorare un'ultima volta prima ti ripiombare nel buio
più
totale.
Non è
più buio intorno a lui, la debole luce dell'aurora illumina
il
paesaggio desolato attorno a lui, una figura gli si avvicina,
è una
donna.
La
osserva mentre gli si accuccia di fronte, raccoglie della sabbia e
gliela passa sugli occhi e poi sul corpo, dopo essersi spolverata i
granelli da dosso si rialza. Gli porge la mano e poi tutto sparisce.
Per un
momento gli sembra di essere più leggero dell'aria e poi
sente il
proprio peso amplificato milioni di volte, sente freddo e una
presenza calda accanto.
Prova
ad aprire gli occhi mentre si appropria di quel corpo,
la testa sembra scoppiargli e un leggero senso di nausea lo obbligano
a fermarsi e a respirare.
Allunga
un arto verso quel calore invitante, sente delle dita alla sua
estremità – una mano
– ed
è in quel momento che ne afferra un'altra, grande, calda,
dalle dita
forti e risponde con quanta forza ha in corpo.
«Levi–» Sentendo di nuovo il suo nome
gira la testa intorpidita,
riesce ad aprire gli occhi e incontra quello sguardo che
riconoscerebbe tra mille: due brillanti oceani incastonati su di un
viso baciato dal sole, contornato da soffici capelli castani.
Schiarisce
la gola secca e chiama quel nome che tanto gli è mancato
poter
pronunciare. «E– ren».
Il
ragazzo lo tocca incerto, deglutisce rumorosamente e boccheggia
incredulo quando con una mano riesce ad accarezzargli il petto e con
l'altro braccio gli cinge il busto. Continua a mormorare una serie
infinita di «Sei vivo» «Sei tu»
e il suo nome ancora e ancora;
affonda la testa nell'incavo del suo collo per annusare pelle,
capelli, tutto ciò che fa di Levi di nuovo umano.
«Sono
qui» Replica ricambiando l'abbraccio. «Sono qui e
non andrò via»
Si aggrappa alle spalle del compagno, ricambiando con quanta forza ha
in corpo, vuole sentirlo più vicino, ha bisogno di saperlo
al sicuro
fra le sue braccia. «Sono vivo» Conferma certo
più che mai
A quelle
parole il ragazzo scoppia in lacrime, l'abbraccio è
disordinato e
violento, si afferrano con tutto ciò che hanno a
disposizione.
«Non
lasciarmi mai più» – Gli chiede fra un
singulto e l'altro, la
mano risale dalla schiena e lo afferra per la testa avvicinandolo
maggiormente. «Mai più» Risponde con
sicurezza.
«Prometti»
Ordina, la voce di Eren rotta dai singhiozzi.
Lo
allontana quel tanto che basta per permettere ai loro sguardi di
incrociarsi «Eren prometto di non abbandonarti mai
più» Cerca di
rassicurarlo.
«E di
non sacrificarti mai più» Sgrana gli occhi a
questa richiesta –
«Promettilo».
Eren
potrebbe chiedergli qualunque cosa, ma non questo. «Non
posso»
Esala rifuggendo lo sguardo.
«Levi»
Lo supplica, gli accarezza il viso con una mano per attirarne
l'attenzione. «Ti scongiuro Levi, non posso perderti
ancora»
Afferra
la mano accarezzandola con le labbra – «Ed
è proprio per questo
che lo farò altre mille volte se necessario».
Non è
il tipo da fare promesse che non ha intenzione di mantenere e non si
aspetta niente di diverso dell'occhiata traversa con cui lo fulmina
di rimando, ora è Eren a rimanere senza parole, prova a
replicare ma
riesce solo a digrignare i denti. Vorrebbe sorridere e baciare quella
smorfia così tanto da Eren.
Ciò che
non si aspetta però sono le dita che affondano nei capelli
fino a
graffiargli la cute, si sente tirare verso il minore con forza e le
fronti si scontrano. «Ti odio» – gli
esala a fior di labbra prima
di appropriarsene con un bacio profondo e doloroso.
Levi
alza il busto riprendendo in parte il controllo della situazione
senza mai interrompere il contatto, la furia di Eren si placa per un
momento e prendono fiato, approfitta della calma del minore e ne
morde le labbra piene – il contatto si fa di nuovo violento e
scoordinato, ci sono troppi denti e troppa saliva e troppa poca aria,
ma non importa,
Geme il
nome del compagno ancora e ancora, se ne è privato per
troppo tempo
e ora non riesce a farne più a meno – e lo stesso
fa Eren abusando
del suo fra un bacio e l'altro.
Non
sa
di preciso quando hanno abbandonato il pavimento e sono finiti fra le
lenzuola del letto, i ricordi di alcune ore prima completamente
svaniti nel nulla, problemi per un altro momento e luogo.
Ora ci
sono lui ed Eren che si cercano febbrilmente a vicenda, le mani non
riescono a stare ferme in un solo punto, ha bisogno di sentirlo sotto
le sue mani, di sentirne le carni vive e pulsanti ed Eren ha lo
stesso bisogno, per tanto sono stati così vicini eppure
così
lontani.
Un gemito più alto di Eren segna il
punto di non ritorno, Levi lascia affondare le dita nel corpo
voluttuoso del compagno, non ha bisogno di altre conferme quando
sente il minore inseguire quel contatto con tutto se stesso.
Con
una spinta fluida e per niente gentile torna a respirare nel
compagno, il suo calore lo avvolge lo fa tornare a vivere, vorrebbe
assaporare quel momento, ma il suo corpo umano non riesce a stare
fermo, le gambe si muovono frenetiche cercando un contatto maggiore
con Eren che geme e
pretende di più, ordina, supplica e reclama e lui asseconda
quelle
richieste dandogli tutto se stesso.
Affonda
con movimenti sempre più rapidi, le mani ovunque sulla pelle
olivastra e calda, la bocca si appropria di tutto ciò che ha
di
fronte, prima con un bacio su di un pettorale, poi con un morso su un
capezzolo e continuando così facendo cantare il corpo sopra
di sé.
Le ossa del bacino del minore sbattono con forza contro le sue, quel
rapporto è intenso e fa male ma è l'unico modo
che hanno per
saziarsi, schiocchi umidi di carne contro carne si uniscono ai gemiti
rumorosi in una sinfonia fatta amore e passione.
Non
riesce ad avvisarlo quando viene, e il compagno lo segue cercandone
le labbra, aggrappandosi a spalle e capo per un altro bacio doloroso,
bagnato, necessario – liberandosi contro il suo corpo.
Rimangono
così l'uno dentro l'altro, Levi non smette di accarezzare il
compagno nemmeno un momento tracciando sentieri infiniti su quel
corpo che gli è mancato più di ogni altra cosa.
Eren non
si sposta e si accoccola contro il suo petto, le mani di Levi
appoggiate alle sue cosce allenate, è fastidiosa la
sensazione di
umido che sente contemporaneamente sul petto e fra le natiche di Eren
contro le sue cosce, ma non gli importa, non adesso che si sono
ritrovati.
Senza
mai allontanarlo afferra le lenzuola portandole sopra al corpo del
compagno, abbracciandolo.
«Non ti
odio» – gli mormora il ragazzo contro il collo
riprendendo a
tempestarlo di baci leggeri. «Mi sei mancato»
«Anche
tu moccioso» Il ragazzo si ferma leccando il collo prima di
afferrarne la tenera carne tra i denti per poi dare un morso non
proprio delicato. «Ahia».
«Non
sono un moccioso».
«Lo so,
sei il mio moccioso» La risposta sembra piacergli di
più e lo
premia con altri baci e carezze, ogni tanto lo sente inghiottire uno
sbadiglio.
«Dormi,
è stata una nottata difficile» Le ciocche morbide
gli solleticano
una guancia quando nega con la testa «No». Mormora
testardo. «Non
voglio perderti ancora».
Prende
ad accarezzargli i capelli con le dita e a mormorargli rassicurazioni
per accompagnarlo nel sonno «Non me ne
andrò» – «Ti
proteggerò
io» Il ragazzo prova a farlo smettere ma dopo un po' soccombe
alla
stanchezza, i respiri si fanno più lunghi e i muscoli si
rilassano.
Lui
comunque non smette di coccolarselo, è altrettanto stanco,
ma ha
sofferto troppo nell'averlo così vicino ed irraggiungibile
in quei
mesi, poterne saggiare il calore sulla propria pelle, respirarne
l'odore a pieni polmoni, sentirlo vivo e al sicuro.
Le dita
percorrono i muscoli e tutti gli angoli di quel corpo che conosce a
memoria dalla vita precedente e che non ha mai dimenticato, non
riesce a trattenersi nonostante la paura di svegliarlo.
La bocca
continua a mormorare promesse d'amore cullando il ragazzo in un sonno
ancor più profondo, il viso disteso, felice e rilassato.
*
La
mattina arriva troppo presto, un fastidioso raggio di sole si fa
strada oltre le persiane e lo colpisce sulle palpebre obbligandolo a
svegliarsi, si guarda attorno spaesato prima di ricordare tutto.
È di
nuovo umano, ha un'altra possibilità.
«Buongiorno»
Fa appena in tempo a vedere l'ombra del compagno che con bacio gli
toglie il fiato, Eren prende posto sul suo bacino allacciandogli le
braccia al collo e tempestandogli il viso di baci.
«Buongiorno»
Replica divertito col fiato corto.
Un
leggero aroma di menta gli stuzzica il naso, l'occhiata incuriosita
strappa una risata al minore. «Ricordo la tua passione per
l'igiene
orale e mi sono già lavato i denti».
A
quell'ammissione si fionda sulle labbra fresche. «Se non
è amore
questo» Mormora portando una ciocca di capelli dietro
l'orecchio e
perdendosi negli oceani di fronte a sé, un leggero rossore
scalda il
viso del ragazzo che boccheggia, forse sorpreso dalla leggerezza di
quella frase. Certo prima non
si è mai lasciato andare a certe smancerie, ma dopo una vita
passata
a cercarlo sotto forma di ragno non gli importa più, ed
è meglio
che Eren ci si abitui.
Il
ragazzo seduto a cavalcioni preme su tutti i punti più
sensibili,
ricordandogli tutti i bisogni fisici di un essere umano, e per quanto
vorrebbe godersi il momento il suo corpo ha la precedenza.
«Uhm
Eren, devo pisciare» Una risata, un bacio e finalmente
raggiunge il
bagno.
«Ti ho
messo un cambio sul letto, se vuoi farti una doccia– sai
già dove
trovare il resto, intanto preparo la colazione».
Quando
esce dal bagno per vestirsi una moltitudine di aromi gli annebbiano i
sensi, si veste velocemente e raggiunge la cucina dove trova la
tavola apparecchiata con un pasto degno di un re, il ragazzo
è di
spalle e sta finendo di tostare alcune fette di pane. «Non so
cosa
preferivi così ho fatto un po' di–» Non
gli lascia finire la
frase, lo raggiunge ed Eren si lascia maneggiare senza opporre
resistenza sempre col sorriso sulle labbra, sorriso che divora con
l'ennesimo bacio. «C'è abbastanza cibo per un
reggimento, ci
pensiamo dopo al resto del pane».
Quando
si siedono sul lato opposto del tavolo vede appoggiata la sua ex
tana. «So che è sporca, ma devo fare l'abitudine a
non avere più
il mio amico nei paraggi, porta pazienza per un po'». Si
limita a
scrollare le spalle e ad iniziare a mangiare, se fa piacere ad Eren
lui non ha nulla da replicare.
Da un
morso ad una fetta di pane con marmellata, un'ondata di sapori gli
annebbiano i sensi, la dolcezza della confettura mista alla
croccantezza del pane lo fanno mugugnare di piacere
«È
buonissima!».
La sua
reazione esagerata suscita una risata nel ragazzo «Fragole,
non
credo che tu le abbia mai assaggiate prima, era un frutto per i
nobili» – non gli interessa la storia del frutto,
avvicina la
fetta di pane al viso del ragazzo «Assaggia».
«Ma so
già com'è–».
«Non mi
interessa, mangia» – Non sa nemmeno lui da dove gli
venga quella
richiesta, però quando Eren ride e addenta comunque la fetta
di pane
si sente meglio. «Hai ragione–» Concorda
senza smettere di
masticare, lui e il suo maledetto vizio di parlare a bocca piena
«–è
molto più buona del solito! Oh quasi dimenticavo!»
Con un bacio
zuccherino sulla guancia si alza per prendere il loro tè e
porgergli
una tazza.
L'aria
profumata di tè e agrumi, il calore di Eren al suo fianco, i
suoi
vestiti addosso, le mani intrecciate, sono tutte cose che con gli
anni finiranno col dare per scontate, come è già
successo nella
vita precedente, ma si ripromette di celebrarle ogni giorno
finché
avrà vita.
Eren è
ignaro di quei pensieri, ma il modo in cui si appoggia alla sua
spalla, in cui cerca di approfondire il contatto gli fa capire che
sta provando la stessa cosa.
*
La
mattinata prosegue tranquilla quando il telefono di Eren prende a
suonare con insistenza: è la centrale di polizia per la
denuncia
dell'aggressione della notte precedente, il suo ritorno alla forma
umana e il ritrovarsi dopo tanto tempo li hanno completamente
distratti dal fattaccio della notte precedente.
Viene
dato un appuntamento al ragazzo con l'ora e il giorno in cui
dovrà
presentarsi in centrale per riconoscere l'aggressore, gli confermano
che è salvo grazie ad un ragno, senza il suo intervento
sarebbe
stato di sicuro ucciso nel sonno. «Le consiglio comunque di
disinfestare l'appartamento, quella razza è piuttosto
pericolosa, è
stato molto fortunato visto come sono evolute le cose, fossi in lei
non tenterei di nuovo la sorte».
Quella
raccomandazione gli fa storcere il naso, Eren riesce a zittirlo prima
che replichi seccato che non avrebbe mai potuto fare un errore
simile. Quando chiude la chiamata il minore scoppia a ridere.
«Sei
impossibile Levi! Non possono sapere che avevo il mio ragno da
guardia personale!»
«Tsk».
Sono
accoccolati l'uno tra le braccia dell'altro sul divano quando vengono
disturbati nuovamente, il campanello dell'appartamento suona in
maniera isterica, e ancor prima che Eren possa avere il tempo di
alzarsi dei colpi frenetici violentano la porta. «Arrivo!
Arrivo!–
Aspetta qui» Gli mormora a fior di labbra rubandogli un altro
bacio
«Così non andrò in astinenza»
Commenta poi senza mai smettere di
sorridere per poi tornare ad imprecare contro gli ospiti
indesiderati. «Se sei tu Zeke puoi anche andare a
fanculo».
«EREN!?»
La voce squillante della madre li raggiunge da oltre la porta, il
ragazzo si pietrifica e lo guarda – preoccupato?
«Forza apri prima che butti giù la
porta» Eren si morde un labbro,
sembra combattuto per qualcosa «Scusami Levi» e fa
come detto.
Non
capisce quelle scuse finché non la vede.
«ODDIO
EREN SEI VIVO!! Quando Erwin mi ha chiamato per dirmi
dell'aggressione stavo per morire, perché non mi hai
chiamato? Come
stai? Oh tesoro mio» Non riesce a muovere un muscolo per
paura di
essere notato, la quattrocchi è
sua madre!?
La madre
aracnofobica è lei?! Non ha dubbi, la donna è
inconfondibile,
stessi capelli castani raccolti in una disordinata coda alta
–
forse li ha tormentati per la preoccupazione. Non ha gli occhiali da
vista, ma è in tutto e per tutto lei, la voce squillante, le
mille
parole al minuto, le reazioni esagerate.
«Mamma
sto bene vieni, accomodati prima che ti venga un infarto».
Eren
cerca di smorzare la tensione ma la donna non demorde e gli afferra
le spalle e appoggiando la fronte sulla spalla del giovane.
«Prima
il ragno, ora l'aggressione, ti prego torna a casa, ti prego fallo
per me, il mondo non è–» –
«MAMMA! Vieni siediti, sono vivo,
sto bene, stai tranquilla, e mmh–» Eren si gira
nella sua
direzione cercando le parole per presentarlo, la madre
è ancora in stato di shock e non ha occhi se non per il
figlio. «A
proposito del ragno –» Inizia incerto, a quella
frase la castana
scatta sull'attenti.
«Che
c'è? Il ragno ti ha fatto male!? Se è
così–».
Basta,
non ne può più di vedere quella pazza sbraitare,
prima la
tranquillizzano e prima possono tornare a recuperare tutto il tempo
perso. «Oh ma taci un po' quattrocchi» La sua voce
fa piombare la
stanza nel silenzio più assoluto, Hanji alza lo sguardo di
scatto
incredula, per poi cercare conferma nel figlio –
suona malissimo come titolo – che si limita ad annuire.
«Mamma,
guarda chi mi ha salvato ieri sera».
Hanji
si alza dalla sedia e gli va incontro, è più
adulta di prima,
ma di certo non più matura.
«Levi»
È un sussurro, gli occhi le si inondano di lacrime e in un
attimo se
la trova avvinghiata al collo a piangere come una fontana, chiamando
il suo nome all'infinito. «Non ci posso credere, ma guardati!
Oh
Levi! Ma che fai qui? Come ti ha trovato Eren? Oh ma aspetta che ti
veda Erwin! Ti abbiamo cercato così tanto!».
Ricambia l'abbraccio –
dopo tanto tempo glielo deve –, anche se non può
competere con
quello della vecchia amica. «Hey se allenti un po' la presa
forse
riesco a vivere ancora un paio di giorno».
A quella
frase si allontana un po', piange e ride, si asciuga gli occhi con
una mano per poi imprecare per le lenti a contatto. «Sei
davvero
tu».
Lui si
limita ad annuire di nuovo. «Sono davvero io»
Eren si
assenta per fare un po' di lavori in giardino, è una banale
scusa
per lasciargli un po' di tempo da soli e gliene è grato, la
stretta
di mano e l'occhiata affettuosa che si scambiano quando si salutano
non sfugge all'occhio attento della donna e Levi sa che le deve delle
spiegazioni.
«Inizio
io, ho meno cose da dire» Decide di prendere la parola, Hanji
lo
guarda perplessa «Tu–madre di Eren!? Io ho solo
alcuni anni da
ragno da raccontarti».
In
poco tempo le spiega della sua vita come ragno, spiegandole che era
lui il mostro che l'ha
quasi assalita quel famoso giorno e che non avrebbe mai fatto del
male ad Eren, sottolinea quel dettaglio con un'occhiata traversa che
fa scoppiare a ridere la donna. «Donna di malafede»
Infine
le racconta della notte precedente, dell'aggressore e del suo
desiderio di proteggere Eren – prova, inutilmente, a tenere
un tono
neutro e disinteressato, per non far trapelare troppo del suo reale
rapporto con Eren – «– ed è
così che alla fine mi ha
riconosciuto, l'ultima cosa che ricordo è di aver sentito il
mio
nome e poi di essermi risvegliato umano»
Quando
conclude il racconto Hanji si sta asciugando altre lacrime mentre si
tormenta un labbro. «Oh Levi, grazie! Ti sarò
eternamente
debitrice!» Questa era una risposta che non si aspettava di
certo.
«Hai protetto e salvato Eren, grazie di cuore».
«Lo
rifarei ancora, ma il moccioso non vuole».
Suscita
una debole risata nella donna, che comunque non riesce a smettere di
piangere. «E puoi biasimarlo? Ti ha già perso una
volta, ha
rischiato di perderti di nuovo, Levi, sei importante per lui,
più di
quello che potrò mai essere io– non guardarmi in
quel modo, ci
credevate degli stupidi?» Ignora in commento bevendo un sorso
d'acqua e lascia cadere il discorso deviandolo su un altro argomento
che gli preme.
«Chi è
il fortunato? Eren dovrà pur avere un padre»
Inaspettatamente la
vede avvampare, boccheggiare per un momento e poi riprendere il
controllo. «Non è come credi»
Inizia a
raccontargli della sua carriera come psichiatra infantile, e di come
durante il suo appuntamento settimanale presso l'orfanotrofio
cittadino fosse incappata in Eren, aveva cinque anni all'epoca
– i
suoi occhioni brillanti, la sua mente fantasiosa – quando ha
incontrato per la prima volta era rimasto orfano in seguito ad un
incidente stradale.
Il
bambino se ne stava isolato, ci mise un po' di tempo ad ottenere dei
risultati, solo quando un giorno le confidò di sentirsi meno
solo in
sua compagnia prese la decisione di portarselo a casa –
«Volevo
dargli quell'infanzia che gli sarebbe stata negata anche in questa
vita» Lo sguardo raggiunge la porta. «È
diventato come un figlio
per me, non avrei potuto avere più fortuna come
madre!». L'orgoglio
e le emozioni che prova si riflettono nei suoi occhi, sospira un
momento prima di continuare il racconto.
La
pratica è stata lunga, lei era considerata troppo giovane e
come
aggravante era anche single, infatti, in parte – è
merito di Erwin
se alla fine le hanno concesso l'adozione, a quanto pare il bastardo
manipolatore si è fatto un nome anche in questo tempo, ed
è
riuscito ad agevolarle tutta l'adozione: aveva sette anni quando Eren
Jaeger–Zoe è diventato legalmente suo figlio, ha
cercato di dargli
tutto ciò che poteva desiderare.
Piano
piano i ricordi riaffiorarono e solo durante l'adolescenza la
riconobbe, c'erano molte persone ancora in ombra, a cui non riusciva
a dare un volto, ma non lui.
«Ti
ha cercato in ogni momento, hai sempre abitato nei suoi sogni, ti
chiamava eroe e amico,
crescendo poi la tua presenza ha assunto un altro peso e dai suoi
racconti ho capito tutto».
Levi cerca di mantenere un'espressione
neutra, ma quei dettagli gli scaldando il cuore, si schiarisce la
voce e devia il discorso di nuovo – suscitanto l'ennesima
risata.
“Non
sono pronto per parlare della mia relazione – con te
soprattutto!”
– tutta la storia gli fa venire in mente un dettaglio non
indifferente. «E Zeke? L'ha chiamato
fratello–»
«Si
sono ritrovati al college, Zeke è suo fratello biologico
anche in
questa vita – Eren è frutto del secondo matrimonio
di suo padre –
non c'è mai stato rancore fra i due fratelli e hanno deciso
di
tenersi in contatto, personalmente credo che sia stata una buona idea
da parte di entrambi– hai altre domande?».
«Erwin?».
«Erwin
ha fatto carriera come avvocato, è il più
influente della città, è
lui che ha dato la possibilità ad Eren di vivere in questa
proprietà
in cambio di manutenzione e lavori vari, è la sua residenza
estiva–
quando Eren ti farà fare il giro turistico
capirai».
Sta per
fare un'altra domanda quando lo sguardo di Hanji si fa serio.
«Levi
ora ascoltami, per ora farò finta di niente con Eren, gli
lascerò
credere di non aver notato» – Con un gesto indica
verso il suo
collo e solo in quel momento nota i vari morsi testimoni della notte
precedente. «Sei il mio migliore amico, sei altrettanto
importante
per lui e lo rispetto, ma se ti azzardi a mancargli di rispetto, a
ferirlo, o a fargli del male, anche solo senza prendere le dovute
precauzioni prima del sesso, giuro su Ymir e tutto ciò che
le è
caro che te la farò pagare, quanto è vero che a
suo tempo l'ho
pregata di farvi avere la vostra giustizia».
E in
quel momento il cerchio si chiude, quella frase che l'ha accompagnato
nel buio – «Tu?»
Hanji
sospira grattandosi il capo «Diciamo che non presi molto bene
la
vostra morte, e col senno di poi minacciare una divinità era
una
scelta un po' azzardata, però eccoci qua in un modo o
nell'altro».
Il
leggero bussare alla porta li distrae dal discorso.
«Mamma?»
«Vieni
pure Eren, grazie per la pazienza» Il ragazzo entra con
un'espressione combattuta in viso, si schiarisce la voce prima di
parlare. «Chi è il signore alla
macchina?»
A quella
domanda Hanji donna avvampa. «Uhm Eren, siediti, accidenti,
Levi non
avermene».
Senza
ribattere Eren prende una sedia e gli si siede vicino, subito le mani
si trovano, entrambi la guardano curiosi.
«Eren
ricordi che ti ho raccontato di quell'uomo con cui mi frequento da un
po'? Il detective–»
Gli
occhi di Eren si illuminano «È lui!? Mamma sono
così felice per
te!».
Quando
le si addolcisce lo sguardo e il viso le si imporpora, Levi capisce
di non essere ancora pronto per questa nuova Hanji.
«Mi
farebbe piacere presentartelo visto che la nostra storia sta
diventando seria, sei stato molto rispettoso della mia vita privata
ma mi sembra arrivato il momento di farvi conoscere» Mormora
un
altro scusa nella sua direzione ed esce a chiamare l'uomo.
«Sono
contento che si stia sistemando, ha fatto tanti sacrifici per me! Se
lo merita!» Esala Eren appoggiando la testa alla sua spalla,
lui
inizia ad accarezzargli la schiena con movimenti circolari. Inizia a
pensare che per Hanji possa essere stato uguale vederlo infatuato
nella vita precedente, ha Eren al suo fianco, qualunque cosa voglia
fare la quattrocchi avrà tutto il suo appoggio.
Fa in
tempo a depositare un bacio leggero sulla testa castana che la porta
viene aperta di nuovo.
«Eren –
Levi, vi presento Kenny, il mio fidanzato» Gira la testa di
colpo
verso la porta, le mani raggiungono la cintura in maniera inconscia
alla ricerca delle spade. «Kenny!?»
Eppure è
davvero lui, il volto un po' più pulito, un po' meno
ghignante, in
generale un po' più presentabile, però
è lui.
«Hey
nipote, continui ad assomigliare ad una quindicenne».
No,
questo proprio non potrà mai accettarlo, Hanji suocera
è ok, Kenny
suocero? Nemmeno un po'.
«Scusatemi
vado a cagare» Proclama alzandosi e dirigendosi verso il
bagno della
camera da letto.
Dietro
di sé sente le leggere risate della sua nuova famiglia,
quella di
Eren le sovrasta tutte, ci vorrà del tempo, ma per il suo
moccioso è
disposto a sopportare anche questo.
«Levi?»
La voce di Eren lo raggiunge, apre la porta per farlo entrare, rimane
colpito dalla brillantezza dei suoi occhi, i capelli sciolti e
disordinati, non resiste e lo bacia di nuovo.
«E poi
mi chiedi di non sacrificarmi più» Gli mormora ad
un soffio.
Le mani
di Eren tremano per le risate che cerca di trattenere.
«Affronteremo
quei due insieme» Gli risponde col sorriso sulle labbra.
“Insieme”
– Perché quel ragazzo è sempre
così perfetto? «Ti amo Eren».
La
sua risposta è un bacio dal sapore di zucchero e menta,
seguito
dalle urla di sua
suocera che li
supplica di aspettare che vadano via e lo sbuffo divertito di suo
suocero
– «L'ho detto che
sembra ancora un'adolescente in crisi ormonale» Registra il
commento
da lontano, lo manderà a fanculo dopo, l'importante
è che abbia
Eren, tutto il resto non conta.
Note dell'autrice.
I
titoli dei tre capitoli sono tratti dalle canzoni "Pan" e "Music" dei
Nightwish, se non le conoscete vi consiglio caldamente di ascoltarle.
Grazie a chi ha seguito la storia, alla prossima.
Ylpeis.