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Autore: Nina Ninetta    11/05/2020    2 recensioni
Le vite di Draco Malfoy e quella di suo figlio Scorpius sono minacciate dai pochi Mangiamorte rimasti liberi dopo la disfatta di Voldemort. Per proteggere Scorpius, Draco chiede il supporto del Primo Ministro della Magia Harry Potter, il quale decide di affidare al suo Auror migliore quella missione: la sua amica Hermione Granger. Hermione ha già un piano: nascondere Draco Malfoy nel suo mondo Babbano.
Nona classificata al Contest "Tarocchi Narranti" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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3.
E…

 
 
Ciò che inizialmente Draco sentì fu lo sciabordio delle onde del lago. Era quasi sprofondato nella sabbia scura e densa, la bacchetta ancora salda nella mano destra. Alle sue spalle si ergeva imponente la casa dove si recava da ragazzo con la sua famiglia per le vacanze estive. E, soprattutto, dove aveva trascorso gli ultimi mesi di agonia di Astoria. Da quando sua moglie era morta non ci aveva più messo piede, eppure era stato il primo luogo che gli era venuto in mente per rifugiarsi da Greyback e i suoi scagnozzi. Poi le urla di Hermione lo destarono da quei ricordi. La cercò con lo sguardo, la chiamò non vedendola, quindi si issò sulle gambe non proprio ferme, scivolando un paio di volte, temendo che i Mangiamorte li avessero seguiti fin là. Lasciandosi guidare dalla voce dell’Auror la trovò raggomitolata su sé stessa ai piedi dei pini che si ergevano sul lato sinistro dell’abitazione. Si inginocchiò al suo fianco, senza capire bene cosa le prendesse, perché urlasse in quel modo, per Merlino! Ma sollevato di non scorgere i nemici nei pressi. Passandole una mano sotto al collo la voltò verso di lui. Hermione aveva il viso bagnato dalla lacrime, si mordeva il labbro inferiore fino a farlo sanguinare per evitare di gridare, quando poi il dolore era troppo forte lo lasciava andare e riprendeva a mordersi.
«Dannazione Granger, che cos’hai?» Draco cercava di tenere il viso puntato verso il suo quando lei provava ad allontanarlo. Soffriva tantissimo e temette che fosse vittima di una maledizione oscura, poi biascicò due parole.
«Il piede? Come il piede?» Ripeté lui, facendo scendere lo sguardo fin sugli arti inferiori e capì: la caviglia destra era in una posizione innaturale, completamente piegata verso l’esterno a formare una specie di macabro angolo retto. Si era spaccata durante la smaterializzazione, forse per afferrare la sua bacchetta la caviglia era come rimasta indietro, separata dal resto del corpo e quello era il risultato.
Un uccello volò sopra le loro teste, Draco trasalì, dalla pineta si sentivano strani rumori, dovevano spostarsi all’interno della casa prima che accadesse l’irreparabile. Osservò la ragazza, il taglio sul labbro inferiore era diventato più profondo e adesso il rivolo di sangue le aveva macchiato anche il mento.
«Forza Granger, dobbiamo metterci al riparo» sospirò e si mise la bacchetta fra i denti, poi si portò un braccio di Hermione sulla propria spalla mentre le passava l’altra mano nell’incavo delle ginocchia, ma quando si mise in piedi lei urlò di dolore e affondò le unghie nella sua pelle. Le lacrime gli bagnarono la base del collo, lo maledisse e lo scongiurò di metterla giù, faceva troppo male. Dopo quei pochi metri, che parvero non finire mai per entrambi, entrarono in casa. L’aria all’interno era piatta, non si udiva nulla, esclusi i singhiozzi convulsi dell’Auror. Draco l’adagiò sul divano – lo stesso divano dove Astoria aveva chiesto di essere seduta quando l’aveva portata lì. Tutto in quella casa gli parlava di lei, ma non era quello il momento per lasciarsi andare a sentimentalismi o ricordi tristi. Tre Mangiamorte erano sulle loro tracce ed Hermione soffriva le pene dell’inferno. Sforzandosi di tenere lontano quei pensieri le sistemò un cuscino sotto alla testa, ormai il corpo della ragazza era scosso da spasmi, talvolta violenti, che la facevano tremare tutta. Era bagnata di sudore, quasi sicuramente per colpa della temperatura che cominciava a salire. Draco Malfoy non sapeva bene cosa fare, era lei quella che aveva avuto idee brillanti finora, ma qualcosa doveva inventarsi. Si inginocchiò e le voltò il viso verso il suo, parlandole a pochi centimetri:
«Granger, cosa posso fare? Dimmi cosa ti serve».
Hermione non rispose, aprì gli occhi, erano velati, il ragazzo si chiese se fosse cosciente.
«Granger…» la chiamò piano, «aiutami» le scostò i capelli incollati alle guance e poggiò la fronte contro la sua.
«La… mia… bacchetta… ».
Già, la sua bacchetta. Era rimasta nel bosco, forse il muro di fuoco l’aveva addirittura bruciata. Lui scosse il capo e lei socchiuse le palpebre per un attimo.
«Il dolore è… troppo… grande» continuava a sudare, sembrava far fatica perfino per respirare e parlare.
Il dolore, ma certo! Innanzitutto era quello che doveva sedare e probabilmente in casa aveva qualcosa che faceva al caso loro. Si alzò, con nuova enfasi, ma Hermione lo trattenne per una mano, anche il colorito pareva scemare dal suo viso. Tornò a inginocchiarsi per passarle nuovamente la mano sul volto grigiastro:
«Fidati Granger. Fidati». Le lasciò un energico e durevole bacio sulle labbra, quindi si allontanò.
Hermione rimase sospesa in una sorta di limbo per un tempo imprecisato. Aveva un gran caldo, era come se il suo corpo stesse bruciando dall’interno, eppure continuava a tremare scossa da brividi incontrollati. Le era rimasto impresso il senso di sollievo che aveva provato quando Draco aveva adagiato il palmo fresco sulla sua pelle, poi era accaduto qualcosa di inspiegabile: l’aveva baciata. Ma forse quello era stato solo l’effetto del disorientamento dovuto al dolore.
Draco Malfoy tornò con una boccetta di vetro, attraverso una vista velata lo osservò mentre si lasciava cadere un paio di compresse nella mano e le spiegava che erano di sua madre, Narcissa, la quale aveva sempre sofferto di insonnia. Diceva che era stata la stessa professoressa Sprite a fornirgliele dopo la guerra contro Voldemort. Hermione le ingoiò senza capire realmente cosa stesse farneticando Draco, lo vedeva solo muovere le labbra. Socchiuse gli occhi e li riaprì, sbatté le palpebre un paio di volte, provò di nuovo quella sensazione di frescura e benessere sulla pelle del viso, poi il buio.
 
Fu risvegliata dallo scricchiolare della legna nel camino acceso. Si sentiva stordita, non riconosceva quella casa né tantomeno la coperta che teneva addosso e quasi sobbalzò quando notò il simbolo della casata dei Malfoy ricamata al centro del plaid. Si puntellò sulle mani, provò una piccola fitta che partiva dalla caviglia fino a risalirle lungo la gamba e scostò la coperta. Il jeans era male tagliato fin sotto il ginocchio destro, la caviglia e il piede erano fasciati. Lentamente i ricordi tornarono ad affacciarsi nella memoria: la fuga dalla sua casa babbana; la lotta con i Mangiamorte nella foresta; il serpente di fuoco; la smaterializzazione; il dolore lancinante e Draco Malfoy che le parlava piano, adagio, vicinissimo. Quest’ultimo era seduto sul pavimento, la schiena nuda contro il divano, le ginocchia tirate al petto e la testa reclinata in avanti sostenuta dalle braccia. Dormiva. Di fronte a lui il camino scoppiettava mentre una camicia bianca era sospesa nell’aria, sicuramente messa lì ad asciugare.
Hermione provò a muoversi, ma una nuova e più profonda fitta le fece cambiare idea. 
«Malfoy» lo chiamò, eppure lui non si mosse. «Ehi, Malfoy!» Niente. «Svegliati, accidenti!» Lo scosse per una spalla e lui scattò in piedi, con la bacchetta già pronta a schiantare chiunque avesse fatto irruzione.
«Granger!» Sembrava meravigliato di vederla lì, con i capelli mossi e scompigliati e il viso sporco di terra gli ricordò per un attimo la ragazzina di Hogwarts.
«Dove siamo?» Gli domandò e lui, in tutta risposta, si sedette pesantemente sul divano.
«È la casa delle vacanze» evitò di dirle che era anche la casa dove era morta sua moglie.
«L’hai incantata con la magia di protezione?».
«Certo Granger, per chi mi hai preso, per un pivello?».
«La mia bacchetta è andata persa?».
«Si» ammise lui.
Per un po’ nessuno dei due parlò, si limitarono a fissare il fuoco vivo e ardente, il suo calore rassicurante.
«Dobbiamo chiedere aiuto a Potter» disse Draco all’improvviso.
«Aiuto?».
«I Mangiamorte potrebbero trovarci da un momento all’altro. Conoscono questo posto, ci sono stati spesso in passato… » Malfoy lasciò cadere lì la frase, facendo intendere appunto il periodo del Signore Oscuro. «E questa volta non avremmo scampo».
«Dobbiamo solo aspettare, magari non ci troveranno. Non hai lasciato tracce magiche come quando siamo scappati da casa mia».
«Non è questo Granger!» Draco la guardò. «Hai una caviglia spaccata, sei senza bacchetta e così debole da non reggerti in piedi. Come pensi possa difenderci io solo contro quei tre?».
Difenderci?
«Io non… » Hermione scosse il capo. Capiva perfettamente il ragionamento di Draco, era lui a non comprendere il proprio disagio. Chiedere aiuto a Harry avrebbe significato ammettere la sconfitta, soprattutto avrebbe dato a Ron l’occasione per farlo sentire dalla parte della ragione quando le aveva detto di lasciar perdere il ruolo di Auror. Suo marito avrebbe potuto avanzare pretese e alla fine, umiliata, avrebbe accettato di rimanere a casa a sfornare torte di carote e crescere figli.
«Non è una sconfitta, Granger» Draco parve leggerle nella mente – e forse l’aveva fatto, ciò le fece venir voglia di piangere, si sentiva mortificata su più fronti. «Non vuoi tornare a casa da Rose e Hugo?».
Certo che voleva riabbracciare i suoi bambini, che domande! Però tornare a casa significava anche tornare alla quotidianità, significava accantonare quell’avventura e tutto ciò che ne era scaturito: i pensieri, i timori, le domande, i sentimenti…
Draco Malfoy si alzò, alla luce del camino la pelle glabra del torso pareva di cera. Lo vide ondeggiare la bacchetta a mezz’aria e bisbigliare:
«Expecto Patronum». Un corvo fatto della stessa sostanza delle nuvole comparve nella stanza, volteggiò sopra le loro teste e quindi volò via, oltrepassando i vetri chiusi delle finestre. Hermione lo osservò fin quando poté, sapeva che sarebbe volato fin dentro l’ufficio del Primo Ministro a portare il messaggio di aiuto di Draco.
«Non cambierà niente» lo sentì dire senza guardarla. «Se lo vuoi».
 
Trascorsero alcuni giorni di totale calma. Hermione dormiva la maggior parte del tempo a causa delle pillole che prendeva dalla riserva di Narcissa per placare il dolore alla caviglia, altrimenti insopportabile. Dolore che si acuiva soprattutto quando Draco la medicava e cambiava le bende. Una volta gli chiese dove avesse imparato quegli incantesimi di cura e lui, con il suo solito fare altezzoso, le aveva risposto che se credeva di essere l’unica ad aver studiato da autodidatta si sbagliava di grosso. Inoltre, molti degli incantesimi che conosceva glieli aveva insegnati sua zia Bellatrix, la quale sosteneva che un buon mago non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno. A volte Hermione pareva dimenticarsi del suo passato, ritrovandosi quindi a osservarlo e a domandarsi cosa avesse provato un ragazzino costretto a uccidere un proprio professore – Silente – per superare quella specie di rito di iniziazione e diventare così un Mangiamorte a tutti gli effetti.
Oramai sicuri che il Patronus evocato da Draco fosse sparito nel nulla, senza giungere a destinazione, un pomeriggio si scatenò l’inferno. Greyback, Travers e Rowle li avevano trovati, non si sa bene come, e si erano disposti su tre latri della casa, minacciandoli di bruciarli vivi se il figlio di Lucius non si fosse consegnato di sua spontanea volontà.
«Dannazione!» Draco aveva digrignato i denti per la rabbia, ciò che più temeva si era avverato e da solo non avrebbe mai potuto tener testa a quei tre. «Dov’è finito quell’idiota di Potter?». Gli incantesimi di protezione avrebbero dato loro un po’ di vantaggio, ma se non fossero giunti i soccorsi erano spacciati. Dovevano temporeggiare, non c’era altro da fare.
Udirono i tre uomini all’esterno invocare in contemporanea una magia di elemento fuoco. Alte fiamme circondarono la casa, qualche finestra esplose.
Hermione si issò sulla gamba sinistra, una fitta acuta le attraversò quella destra simile a una scossa elettrica. Perse l’equilibrio e sarebbe caduta se Draco non l’avesse sorretta, con un braccio intorno al collo cominciarono a salire le scale verso i piani superiori.
«Dobbiamo raggiungere il tetto, una volta lì ci arrangeremo come possiamo. Sperando che quegli sfigati dei tuoi amici vengano a salvarti, Granger».   
Il fumo era penetrato attraverso i vetri infranti, il fuoco stava già divampando nelle camere da letto del primo piano. Draco la lasciò e le disse di proseguire da sola, mentre lui cercava di far indietreggiare le fiamme che parevano cercarli per attorniarli. Hermione si aggrappò al corrimano e saltellando su una sola gamba si sforzò di salire quanto più in fretta poteva, ma non era semplice. Cominciava a credere seriamente che il Patronus di Draco si fosse perso per strada, o forse era stato intercettato dai Mangiamorte?
Sarebbero morti. O peggio.
Finalmente raggiunsero l’ultimo piano e letteralmente si gettarono sul terrazzo, respirando a pieni polmoni l’aria pulita. Le voci gracchianti dei nemici provenivano da lontano, sovrastate dal fuoco che avvampava e distruggeva l’intera abitazione. Draco Malfoy aveva già tentato più volte di Smaterializzarsi, senza risultato. Con tutta probabilità quei tre avevano lanciato un incantesimo per evitarlo. Sorreggendo Hermione si lasciarono scivolare con la schiena contro l’unica parete non ancora minacciata dalle fiamme, ossia quella a est. Presero fiato, seduti spalla contro spalla, mentre il fuoco avanzava minaccioso. Sapevano che prima o poi li avrebbe raggiunti.
«Che brutta fine!» Disse Draco, il viso sudato e sporco di fumo.
«Non possiamo arrenderci, Malfoy! Deve esserci un modo… » Hermione si guardò attorno, studiando l’ambiente e ciò che la circondava. Facendo leva sulle braccia si affacciò oltre il parapetto. Era alto, sicuramente, ma se si fossero lanciati avrebbero potuto attutire il colpo…
«Arrenditi Granger, devi imparare a lasciare andare quando non ci sono più speranze».
«Potremmo lanciarci da qui».
«Non sei contenta di morire con un Malfoy? Sempre meglio di quella nullità di un Weasley».
«Malfoy, non cambierai mai!».
La voce di Harry Potter ebbe un effetto terapeutico su di loro, come una medicina potente che riporta alla vita.
«Harry!» Per la felicità Hermione si mosse verso l’amico, dimenticandosi della caviglia malandata, sarebbe caduta se di nuovo Draco non l’avesse afferrata. Proprio in quel momento Ron fece capolino sul terrazzo, il viso rosso e l’apprensione nella voce.
«Hermione!» Corse verso la moglie e l’abbracciò sotto lo sguardo beffardo di Draco. La ragazza gli lanciò un’occhiata fugace e con fermezza si allontanò da Ron. Nel frattempo anche Harry Potter li aveva raggiunti:
«Mi dispiace se vi abbiamo fatto aspettare» disse, «in realtà eravamo appostati intorno alla casa da giorni, in attesa che Greyback e i suoi tirapiedi cadessero nella trappola». Le fiamme intanto cominciavano a ritirarsi. «Abbiamo fatto in modo che sapessero dove vi trovaste e come previsto si sono precipitati qui, ma hanno trovato una bella sorpresa ad attenderli. Andiamo».
Si smaterializzarono e raggiunsero l’ingresso della casa, ormai ridotta a uno scheletro bruciacchiato e ancora fumante. Greyback, Travers e Rowle erano in ginocchio con polsi e caviglie legate, intorno a loro una schiera di Auror con le bacchette pronte in caso uno dei tre avesse anche solo aperto bocca.
«Portateli ad Azkaban» ordinò il Primo Ministro e un attimo dopo gli Auror e i prigionieri sparirono nel nulla.
Per qualche secondo nessuno parlò, si udiva solo lo sciabordio delle onde del lago e un fruscio sommesso di foglie. Poi Draco Malfoy tese una mano ad Harry Potter, il quale gliela strinse, entrambi seri.
«Cosa farai adesso, Draco?».
«Riabbraccerò Scorpius, poi si vedrà».
«Ricordati che fra gli Auror c’è sempre posto» continuò Harry, ma il giovane Malfoy non rispose e rivolgendosi a Ron le labbra si distesero in un sorriso canzonatorio:
«Mister Lenticchia ti conviene portare tua moglie al San Mungo, ha una caviglia spaccata».
«So perfettamente cosa fare, non ho bisogno che me lo dici* tu!».
[*errore verbale voluto]
Draco rise, facendo irritare ancor di più Ron Weasley. Hermione, sempre aggrappata a suo marito, tentò di fare un passo in avanti quando Draco spostò lo sguardo su di lei. Di nuovo ebbe la sensazione che i suoi occhi, dello stesso colore ferrigno del lago, la oltrepassassero da parte a parte.
«Stammi bene, Granger».
«Draco…» ma lui era già andato via, sparito nel nulla.
 

***

Qualche settimana dopo

 
Il Ballo del Ceppo era una tradizione sempre cara al mondo magico. Quell’anno si tenne in una Hogwarts imbiancata e illuminata da candele sospese e luminarie dai colori caldi, avvolgenti.
Quando Hermione Granger entrò nella sala da ballo le parve di essere stata catapultata indietro nel tempo, decine di anni prima, quando sfilò al braccio di Viktor Krum, sotto lo sguardo invidioso delle coetanee. Essere lì, da sola, senza accompagnatore, la fece sentire dannatamente inadatta e fuori luogo, cominciò a pensare di aver sbagliato ad accettare l’invito della McGranitt. Un cameriere le porse un bicchiere pieno di bollicine, lei lo accettò volentieri, sperando che fosse alcolico. Si guardò attorno, qualche conoscente la salutò da lontano, lei ricambiò educatamente, poi intravide Harry e si sentì sollevata. Fece un paio di passi in avanti, ma quando notò al fianco dell’amico un ciuffo rosso si fermò, interdetta sul da farsi. Potter sollevò una mano, sorridendole, quindi Ron si voltò indietro e il viso gli si illuminò in un sorriso smagliante. Hermione però fece dietro-front e si confuse nella folla, rifugiandosi sul terrazzo. Adesso era davvero convinta di aver fatto una stronzata presenziando al ballo, accidenti!
Ingurgitò la bevanda, era alcolica, grazie a Merlino!
«Spero per te che sia fortuna liquida».
Hermione si volse di scatto nell’angolo in fondo, quasi al buio, notò una figura alta ed esile, vestita di nero (come di consueto). Lanciò un’ultima occhiata all’interno della sala, accertandosi che né Ron né Harry l’avessero seguita, quindi si avvicinò alla balaustra.
«Draco Malfoy» recitò.
«Hermione Granger».
Si fissarono per un attimo, poi si sorrisero.
«Allora? È fortuna liquida?» Domandò lui indicando con un cenno del capo il calice vuoto che la ragazza ancora reggeva.
«Purtroppo no» rispose Hermione lasciando andare il bicchiere che sospeso a mezz’aria tornò all’interno del castello.
Rimasero affacciati al terrazzo a osservare l’immensità delle montagne innevate che si stagliavano tutt’intorno, il lago ai piedi di queste ultime era immobile.
«Come va la caviglia?».
«Decisamente meglio. I medici hanno detto che le cure ricevute hanno evitato danni permanenti».
«Di nulla Granger» disse Draco ed Hermione sorrise, scuotendo il capo.
Di nuovo ci fu silenzio, prima che lei gli chiedesse una curiosità che l’aveva tormentata durante gli ultimi giorni alla villa al lago:
«Draco, devo chiederti una cosa» era tesa, si strinse nel suo stesso abbraccio sperando di smettere di tremare - di freddo, forse. Lui la guardò, Hermione continuò a tenere gli occhi fissi sul fondo del terrazzo.
«Quando i Mangiamorte hanno fatto irruzione a casa dei miei e anche dopo, durante la battaglia nella foresta, ho sentito chiaramente la tua voce nella mia testa. Sei un…?».
«Ah si, Legilimanzia. È una dote ereditata da mia madre» rispose il ragazzo, pareva un po’ deluso da quella domanda, come se si fosse aspettato qualcosa di più sconvolgente. «Una volta Albus Silente mi disse che sarei potuto diventare uno dei più potenti legilimens se solo mi fossi impegnato» sorrise, ma un sorriso triste, di rimpianto. «Sono sempre stato troppo pigro».
«Quindi per tutto il tempo mi hai letto nel pensiero?» Hermione attese con il fiato sospeso la sua risposta, temendo di aver giocato a carte scoperte e si sentì vulnerabile come non mai.
«No» Draco alzò lo sguardo e lo rivolse al cielo. «Ci ho provato a leggerti nella mente, lo ammetto,  ma non ci sono riuscito. Hai delle difese molto alte» le rivolse un sorriso stentato. «L’unica volta che ci sono riuscito è stato quando i Mangiamorte ci hanno scoperto, la paura ti ha fatto vacillare e sono riuscito a parlarti».
La ragazza si sentì sollevata. Restarono ancora un po’ così, senza la necessità di dire qualcosa, poi Draco le chiese se fosse lì con mister nullità Weasley. Hermione gli schioccò un’occhiata di rimprovero:
«No, sono venuta da sola, ma lui ed Harry sono qui».
«Non state più insieme?».
Hermione aprì la mente per permettergli di leggerla:
«No».
«Perché sei qui, allora?».
«La preside McGranitt mi ha offerto la cattedra di Incantesimi» rispose Hermione ad alta voce, averlo nella testa le trasmetteva una strana sensazione, come un solletico superficiale, una specie di carezza tenue che la destabilizzava. «Mi ha invitato al ballo per far rinascere in me il desiderio di tornare a scuola, ha detto».
«Non sei più un Auror?».
Lei scosse il capo: no, non lo era più.
«Tu sei qui per Scorpius?»
«No» ammise Draco. «Sono il nuovo professore di Pozioni» le sorrise, un sorriso vero, sincero, che gli illuminava il volto cancellandogli la sua classica espressione baldanzosa. «Te lo immagini: professor Malfoy!».
Risero insieme, quindi lui tornò improvvisamente serio, si allungò e adagiò l’intero palmo sulla guancia destra della ragazza che a sua volta posò il proprio sulla sua mano. Draco si chinò lentamente in avanti, Hermione si alzò appena sulle punte dei piedi - sebbene avesse indossato scarpe coi tacchi il giovane era decisamente alto -, quando la voce stridula e lagnosa di Ron li raggiunse come un scarica elettrica:
«Heermioooneee!».
Si voltarono entrambi verso di lui, Harry gli era di fianco, sembrava meno meravigliato dell’amico, con l’aria colpevole di chi sa di averci messo lo zampino in una situazione scomoda e comunque non voluta. Il sorriso sornione di Draco Malfoy lo fece ringiovanire di venti anni, afferrò il polso di Hermione e insieme si smaterializzarono, lasciando Ron Weasley in un profondo stato di depressione.
 
Hermione si ritrovò all’interno di una stanza che non conosceva, la sola luce proveniva dalla luna in cielo. Studiò l’ambiente che la circondava: decine e decine di libri antichi erano incastrati nella biblioteca alla sua destra; boccette di vetro – alcune piene di liquidi colorati, altre vuote – erano sistemate senza un apparente ordine preciso sulla scrivania davanti a sé e sulle mensole tutt’intorno; alla parete di sinistra c’era un armadio e ai suoi piedi un letto disfatto, segno evidente che qualcuno vi aveva dormito.
«Accetta» disse Draco tenendola ancora per il polso e avvicinandola a lui.
«Come?» Hermione lo guardò sollevando gli occhi, tentando di mantenere la distanza con i palmi aperti contro il suo addome.
«Accetta l’incarico che ti offre la McGranitt». Così dicendo prese una boccetta tra le tante, contenente un liquido dal colore rosato. «Sai cos’è? Amortentia. Vuoi sentirne l’odore?» Senza aspettare la risposta aprì la fiala di vetro e s’inebriò del suo profumo, lo stesso giunse a stuzzicare anche le narici di Hermione.
«Odore di bruciato, vernice e valeriana». Le sussurrò nella mente.
«Odore di bruciato, vernice e Whisky».
La ragazza indietreggiò da Draco, gli odori erano ancora molto forti e sembravano permeare l’intera stanza, un capogiro improvviso la portò ad afferrarsi allo schienale della sedia dall’altra parte della scrivania.
Il desiderio che provava era sbagliato, credere di esserne innamorata era un insulto al suo passato e alle sue origini. Soprattutto era un affronto ai suoi amici di sempre: Harry e Ron, certo, ma anche a tutti coloro che aveva conosciuto e ai quali si era affezionata dell’Ordine della Fenice. Maghi e maghe che l’avevano accolta e fatta sentire giusta, non una diversa, non una con il sangue marcio, guasto.
Aveva forse dimenticato tutte le volte che Malfoy l’aveva offesa? Ancora doleva la ferita che le aveva provocato quando per la prima volta l’aveva chiamata Sanguesporco davanti a tutti, oppure le occhiate di ribrezzo che sempre le rivolgeva anche solo passandogli accanto.
L’aveva forse dimenticato?
Come poteva provare ciò che stava provando?
Era immorale. Malsano. Perverso.
Draco girò intorno alla cattedra e tentò di sfiorarla, lei si ritrasse.
«No» teneva lo sguardo fisso sulla superficie del mobile, «non è normale quello che proviamo, è innaturale, è contro natura, è… è… ».
«È ciò che voglio e mi basta» le accarezzò la nuca con i polpastrelli, la ragazza si voltò dall’altra parte e strizzò gli occhi, temendo che se avesse incrociato i suoi l’avrebbe ipnotizzata; tuttavia rimase dov’era, le mani letteralmente aggrappate alla sedia. Draco Malfoy non poteva neanche lontanamente immaginare la lotta che si stava consumano dentro di lei, una battaglia antica come il mondo, non dissimile da quella tra il bene e il male. Era la ragione contro il desiderio, il raziocinio contro la bramosia.
«Guardami Hermione. Guardami».
Attese, finalmente si girò a fissarlo negli occhi, provando la medesima sensazione di essere trapassata da quello sguardo impassibile, penetrante come lame di ghiaccio nella carne. Draco sorrise:
«Se per un attimo riuscissi a mettere da parte il tuo astio per i Purosangue e in particolare per noi Malfoy, potresti scoprire che non sono così male. Sono cambiato, sai?!».
«Continui a insultare Ron».
«Si, ma perché è davvero una nullità!»
Hermione gli diede una gomitata leggera, prima di aggiungere:
«Ho deciso».
«Hai deciso?».
«Accetterò la cattedra di Incantesimi».
«Per me?» Draco si chinò su di lei, le bocche vicine, la mano salda sulla sua nuca, poi effettuò la Smaterializzazione e la trascinò con sé sul letto, distesi uno sull’altra.
«Non ti illudere Malfoy, non è per te» mantenere il respiro regolare per non lasciargli intendere la brama e la paura di quello che sarebbe successo non era facile, era come se avesse corso per metri e metri senza mai prendere aria. E lui pareva dannatamente a suo agio.
«È per i libri, So-tutto-io?» Draco percorreva con i polpastrelli l’intera curva del collo, scendendo fino alla scollatura dell’abito per poi rifare il percorso a ritroso. La sentiva emettere respiri lunghi e profondi, eppure continuava a tenere la mente serrata per non permettergli di entrarvi: che grande forza di volontà!
«Esatto, per amore dei libri». Hermione gli sfiorò i capelli, ritirò la mano dopo un primo contatto, temendo che lui potesse obiettare o infastidirsi, poi lasciò che le dita vi sprofondassero dentro, erano morbidi e setosi, il contrario dei suoi insomma.
«Questa volta i libri non ti salveranno, Granger…». Con un colpo di bacchetta Draco le sciolse la complicata acconciatura che le raccoglieva i capelli, perciò Hermione gli prese l’arma e insieme alla sua le adagiò sul pavimento.
«Niente magia».
«Vuoi farlo in stile babbano?» Una scintilla negli occhi gli illuminò il volto perennemente pallido, mentre le labbra s’increspavano agli angoli della bocca.
«Sì».
«E sia». La baciò, con quel fare sfacciato e spudorato che ogni suo gesto, anche il più semplice, trasudava.   
Hermione non sapeva dove l’avrebbe condotta la scelta di assecondare i propri desideri, si chiese cosa sarebbe accaduto il giorno dopo e quello dopo ancora. Nonostante ciò, in un angolo remoto del suo cuore, sapeva – sperava e insieme temeva – che ci sarebbero state altre occasioni in cui avrebbe soddisfatto la voglia e il piacere che stava provando in quel momento. Finalmente libera da ogni inibizione o moralità.
«Un Malfoy e una Granger insieme? Impossibile!» Le aveva detto all’inizio di quell’avventura.
Già, impossibile.
Eppure poteva ancora sentire l’odore di bruciato, vernice e Whisky aleggiare nella stanza.

 


Fine
 

Ndr

Questa storia partecipa al contest Tarocchi Narranti di Vintage, con il pacchetto LA PAPESSA:
Prompt: Rettitudine
Frase: Chi vuole nascondere la verità, non ha che da esprimerla apertamente, non verrà creduto da nessuno (Principe Talleyrand).

Io mi sono divertita a scriverla, spero voi a leggerla ^^
Nina
 

 

 
 
 
 
  
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