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Autore: Aliasor    12/05/2020    1 recensioni
Dal capitolo 7: "Ogni tanto non è male farsi alzare l’autostima da un amico. Tempo però, all'improvviso, smise di sorridere allegro per mostrare qualcosa di simile a un’aria di nostalgia ed amarezza.
Come a ricordare qualcosa che non voleva rivangare, come a riaprire una porta che voleva tenere chiusa con centinaia di lucchetti e catene.
- L’amore se dovessi trovarlo… scappa lontano. Ti pugnala al cuore e le cicatrici continuano a sanguinare… no, lascia perdere. Se trovi l’amore seguilo.-"
Breve comprensione della vita, della morte e dell'amore di alcuni individui che non possono essere definiti "esseri umani normali". Angeli, Divinità, Coboldi, Homo Sapiens, "l'Uomo Nero e la sua allegra famiglia non tanto allegra" e qualunque cosa presentino i Mondi. Il lieto fine non è sempre contemplato. Per noi è storia, per loro realtà.
Originariamente pubblicati sul mio blog.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nessuno voleva averci a che fare, non era sano di mente.
Il suo autolesionismo masochistico, le sue risate sguaiate simili a un cane ancora vivo a cui veniva strappata la pelle e il suo sguardo, a tratti disturbante, cozzavano completamente il suo aspetto assai gradevole dal punto di vista fisico e sessuale.
I suoi discorsi, che spesso cercava di intrattenere con i suoi colleghi, sfociavano sempre in un punto di vista di nichilismo e inutilità. Non sapevano come fosse nata questa idea, ma lui era stato generato con un costante pensiero che lo avevano portato, pian piano a un profondo stato di disturbo mentale rappresentato dalla convinzione che il mondo, tutte le realtà, fossero solo e parole scritte sul foglio di carta di un sadico scrittore che voleva divertire il suo pubblico con le sofferenze altrui. Uno scrittore che in un malato intrattenimento condiviso dal resto della sua razza si faceva dio creatore e distruttore. Non era raro che si rivolgesse a questo << Scrittore Maledetto.>>, << Demonio da scrivania.>>, << Demone al centro dell’universo.>> e alla sua << Platea di dannati.>> come per lui era ormai usanza chiamarli. Più disturbante era che si comportava, alle volte, come se ricevesse risposta da loro. Come se avessero un dialogo che solo lui riusciva ad udire. Un dialogo che terminava sempre con le sue risate tra le lacrime. << Pupazzi nelle loro mani. Ecco cosa siamo, siamo tenuti dai loro fili e nemmeno la morte ci libererà, perché la Morte stessa, come noi, è loro marionetta e trastullo.>> Puro e semplice disturbo mentale se lo chiedete a me.
La sua discutibile abitudine era di rivolgersi, quando questi era ancora in vita, ad un arabo dello Yemen altrettanto problematico, ma assai più famoso. Le vostre orecchie avranno spesso avuto l’onore, o onere, di sentire il nome di Abdul Alhazred. L’Arabo Pazzo. Scrittore del libro eretico conosciuto come Necronomicon, o se preferite Al Azif, scritto dopo aver appreso conoscenze oscure da un popolo della “Città dalle Mille Colonne”, Iram dhāt al-ʿImād. L’arabo, ormai avanti con gli anni, poteva essere definito un giovane “ragazzo”, in confronto alla sua millenaria età, eppure i due si intendevano, nella loro pazzia, alla perfezione.
Ad ogni loro incontro nuove pagine si aggiungevano a quel libro, nuove pagine contenenti termini che lo stesso non riusciva a ricordare dove avesse sentito, come se gli fossero sussurrate alle orecchie da spiriti maligni. O da divinità maligne.
Col tempo, eppure, qualcosa iniziava a cambiare. Abdul era sempre più terrorizzato da ciò che stava apprendendo e scrivendo nella sua vecchiaia, come se avesse dei ripensamenti, come se stesse comprendendo che ciò che stavano facendo era sbagliato. Asseriva che qualcuno ormai gli stava apparendo in sogno, qualcuno di più potente del suo “amico”, la voce gli moriva in gola quasi ogni volta che tentava di dirne il nome. Anche scriverne sulle pagine era difficile, la piuma d’oca tremava, il sangue usato come inchiostro aveva il tempo di indurirsi e il suo compagno di sventura non era d’aiuto. Per quest'ultimo avere paura di un essere che non fosse il fantomatico autore era inutile, anche lui era un giocattolo da rompere. Come lui. Come Abdul Alhazred.
Abdul era stato un compagno di giochi divertente, era durato un sacco, allo scrittore e ai suoi lettori doveva piacere molto, ma ora i fili si stavano rompendo? No, non era quello. Stava facendo a pezzi il muro che divideva le realtà. Stava per vedere l’autore. Stava per vederlo, ne era sicuro. I fili si stavano per strappare. Stava per essere libero. Gli mancava poco, bastava che rivedesse quella creatura del sogno.
Ma una marionetta senza fili non si muove più, diventa un pupazzo inutile, un pezzo di legno che viene dato nelle mani di un bambino per il puro gusto di distruggerlo.
Il punto di non ritorno fu raggiunto nel 738 a Damasco. Uscì in un mercato per comprare il cibo che gli serviva a sostentarsi e alcune bestie da sacrificare alle divinità che venerava da quando aveva abbandonato l’islamismo, nulla che fosse diverso dalla sua quotidianità. Ibn Khallikan, magistrato iracheno, scrisse in una lettera perduta che “venne preso in pieno giorno da una creatura invisibile e smembrato dinanzi a numerose persone in preda al terrore”.
Ciò che non disse furono le sue ultime parole “Aya!Aya! Aramath Gareshi ert sarata asdha, Arata Narada muat fatar et Yuart Liwert”, tutti coloro che lo avevano sentito le avevano solamente scambiati per gemiti di dolore. Se solo avessero avuto la sapienza del morto, avrebbero saputo le parole che disse avevano un significato ben preciso nella lingua del suo compagno di sventura. “ Lì! Lì! L’Uomo Nero cammina tra di noi, il Signore del Caos sussurra il Distico Inesplicabile.” Se avessero fatto attenzione, avrebbero notato un uomo che non era restato lì ad osservare la macabra scena, ma si allontanava con un sorriso sulla bocca simile a quello di un bambino. La sua carnagione scura non colpiva molto, era comune in quella zona nonostante la tonalità, solo gli occhi brillavano di una certa malignità ambigua quasi avesse un piccolo senso di rimorso lì dentro.
Quindi era questo che lo scrittore voleva? Era questo che i lettori volevano? Che i personaggi continuassero sul loro palcoscenico come bravi attori? Che le marionette continuassero a essere legati ai loro fili? Aveva diretto un qualcuno a compiere quell’azione? La visione del suo amico ridotto in un ammasso di arti strappati, come rami dal loro tronco, quel sangue a terra che scorreva come fosse un fiumiciattolo che fluiva in una pozzanghera che sporcava i sandali dei passanti… era una visione così… così… spassosa.
Era divertente vedere quella gente che fuggiva via accalcandosi, probabilmente qualcuno sarebbe inciampato e sarebbe morto calpestato. Non poteva fare a meno di pensarci.
Dopo quell’avvenimento nessuno sentì più vociare venire da Iram dhāt al-ʿImād, nessuno uscì più e in pochi anni ciò che ne rimase furono solo rovine depredate da qualche sciacallo e tombarolo. Prima di terminare la loro carriera di solito, avevano tre scelte: impazzire, suicidarsi e… non tornare proprio.
Quei pochi che tornavano parlavano di mostri e morti che sussurravano alle loro orecchie “consigli” e richieste. Un esploratore occidentale che era descritto dagli abitanti dei paesi vicini come “qualcuno difficile da descrivere completamente, non si comprendeva immediatamente se fosse un uomo o una donna e anche a lungo andare i suoi gesti e la sua parlata lo lasciavano in un’ombra di ambiguità, i suoi occhi erano paragonabili a quelle pietre verdi che ogni tanto uscivano fuori scavando nelle miniere di rubini, aveva un linguaggio forbito tipico dei sapienti, ma ciò che era più facile da ricordare era la sua capigliatura argentea”, era forse uno dei pochi che avevano mantenuto la propria sanità mentale. Purtroppo il suo viaggio lì dentro era stato inutile, ciò che cercava era già stato sottratto e consegnato a un nuovo proprietario. Diverse copie erano state distribuite e distrutte nel corso dei secoli e finte in mano a diversi scienziati e occultisti dello stampo di Alyster Crowley. Nessuna di quelle era, però, completa, molte erano piene di errori grammaticali o di traduzione, i riti evocatori avrebbero potuto richiamare, nei peggiori dei casi, solo qualche essere per pochi minuti o deboli. Peggiore. Forse, per l’umanità, sarebbe meglio dire nel migliore dei casi. Sì, è meglio. Nel migliore dei casi sarebbero apparsi esseri deboli o minori, creature che i vostri “eroi” o “divinità” avrebbero potuto eliminare, magari con molte perdite. Nel peggiore dei casi, beh, in quel caso fuggirei il più velocemente possibile. Almeno avrei un’illusione di speranza.
Cosa? Perché non bruciarlo? Infondo era solo pelle umana ciò che lo componeva al posto della carta.
Potere, è la risposta. Quel potere oscuro, che proveniva dalle blasfeme eresie intrinseche nella vita stessa di coloro che erano descritti, lo rendeva indistruttibile.
Che autore crudele, porta un altro a scrivere, al posto suo, un abominio e poi lo uccide senza pietà.
​Se ciò fosse vero esiste un modo per spezzare questo legame? Un modo per fuggire? ...Non credo. 




Questi racconti in origine erano pubblicati solo sul mio blog, ma mi sembrava una buona idea metterli anche qui. Sono il seguito del romanzo che pubblicai lo scorso anno in libreria, ma i racconti si possono leggere anche senza conoscerlo.
Spero vi piacciano, ho voluto iniziare con uno dei miei preferiti.




 

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