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Autore: Elegare    13/05/2020    0 recensioni
Alcuni missing moments parabatai di Alec e Jace
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Wayland
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era l’anniversario di quel giorno in cui, ormai 10 anni prima, Jace ed Alec erano diventati parabatai, ed Alec si era svegliato sorridendo nel letto del fidanzato. Si era alzato, fatto una doccia veloce, cambiato e si era diretto verso l’Istituto; mentre camminava gli tornò in mente uno dei momenti che meglio ricordava dell’arrivo di Jace nella sua vita.

Flashback
Era notte, e fuori imperversava una violenta tempesta. Alec era rannicchiato sotto le coperte, poiché non riusciva a prendere sonno per il rumore. Ma poi sentì qualcos’altro, un pianto sommesso che proveniva dall’altra parte del muro. Curioso si diresse verso l’origine del rumore, e si stupì nel constare che proveniva dalla camera del suo nuovo fratello, Jace; lo trovò strano, perché quel bambino gli aveva dato l’impressione di non aver paura di niente quando lo aveva quasi colpito con una freccia quel pomeriggio.

Socchiuse la porta e sbirciò all’interno della stanza, dove sentì chiaramente il rumore dei singhiozzi soffocati. Entrò, e a voce bassa chiese “Jace, ma stai piangendo?” Sentì il bambino sussultare, forse credeva che, essendo notte inoltrata, nessuno avrebbe potuto sentirlo. “No. Perché sei qui?” Chiese il biondo velocemente, cercando di cambiare discorso. Alec capì che il bambino non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di una spalla su cui piangere e perciò mentì “Ho paura della tempesta e ho sentito dei rumori, ho pensato che tu fossi sveglio e sono venuto da te. Scusa se ti ho disturbato, torno in camera mia.” “No, no, non andare. Vieni nel letto con me. Voglio dire, se vuoi.” Alec sorrise nell’oscurità, poiché l’altro non poteva vederlo, e disse “Certo che voglio.” Si arrampicò sul letto e si trovò davanti degli occhi color del miele abbastanza terrorizzati.

Come se nulla fosse mise il braccino sulle spalle del nuovo fratello, tirandolo vicino a lui e stringendolo in un abbraccio. Jace si sentì al sicuro tra le braccia di quel bambino che aveva appena incontrato, poiché aveva riconosciuto in lui una bontà sincera, che lo rendeva certo che non l’avrebbe giudicato. Iniziò a singhiozzare piano, stringendosi ad Alec, che ricambiò la stretta mentre i singhiozzi crescevano di volume. Il moretto non fece assolutamente nulla, e lasciò che fosse solo la sua presenza a calmare il fratello.

Quella era stata la prima volta in cui si erano capiti senza che ci fosse bisogno che nessuno dei due parlasse.

Alec sorrise quando finì di ricordare quell’episodio a lui particolarmente caro, e si accorse di essere arrivato davanti all’Istituto. Con il sorriso ancora sulle labbra varcò l’immensa entrata, consapevole del fatto che non ci sarebbe stato alcun bisogno di cercare il suo parabatai.

°°
Jace si svegliò quel giorno con un sorriso sulle labbra nella sua camera dell’Istituto con la fidanzata tra le braccia. Succedeva spesso da quando Clary era diventata la sua ragazza, ma in quel momento la rossa non c’entrava nulla. Quel giorno era l’anniversario del giorno in cui lui ed Alec erano diventati parabatai, ed ancora adesso la reputava una delle cose migliori che gli fosse mai successa. Mentre si vestiva ricordò come tutto era iniziato, quel giorno in cui, ormai più di 10 anni prima, gli aveva chiesto di diventare il suo parabatai.

Flashback
Jace non si era mai sentito più nervoso di quel momento fino ad allora. Voleva chiedere ad Alec di diventare il suo parabatai, ma temeva che quest’ultimo lo rifiutasse. Sentiva che quel ragazzo era l’unico che lo capiva almeno un pochino in quell’ambiente in cui era arrivato da relativamente poco, e non avrebbe potuto sopportare di perderlo, e quel legame avrebbe impedito che ciò accadesse; ma esisteva anche la possibilità che lo rifiutasse, e così lo avrebbe perso lo stesso; l’unico modo per impedire che ciò succedesse era non chiederglielo affatto. Ed ecco di nuovo quel circolo vizioso da cui non riusciva ad uscire.

Si prese la testa con le mani, cercando un modo di per uscire da quella gabbia in cui si era auto rinchiuso, e non alzò gli occhi neanche quando sentì qualcuno correre nella stanza. Si ricosse solo quando quella persona gli sollevò la testa con delicatezza facendo sì che lo guardasse negli occhi. Era Alec. Cercò in tutti i modi di evitare lo sguardo del fratello, ma senza successo, perché lui incatenò i propri occhi ai suoi. Prima però che potesse dire qualsiasi cosa il corvino parlò. “Senti Jace io … io … io ti voglio chiedere una cosa importante, ma non ce la faccio se mi interrompi, perciò … ecco, non parlare.” Il biondo fece un cenno di assenso con il capo, e il maggiore, dopo aver preso un bel respiro, disse: “Jonathan Christopher Wayland. Vuoi essere il mio parabatai?” Chiese Alec tutto d’un fiato, chiudendo gli occhi quando terminò la frase, quasi come se non volesse vedere la reazione del minore.

Jace era stupefatto, già altre volte lui e il fratello si erano capiti senza aver nessun bisogno di parlare, ma rimase comunque sbalordito da quella domanda. Alec non aprì gli occhi, convincendosi che l’altro non avrebbe accettato, quando sentì il biondo stringerlo stretto in un abbraccio. “Alexander Gideon Lightwood.” Disse Jace distanziandosi leggermente dal fratello, in modo da guardarlo negli occhi. “Sarei onorato di diventare il tuo parabatai.” “Davvero?” Chiese con gli occhi sgranati il corvino, quasi non credendo alle parole appena pronunciate dall’altro. “Davvero.” Il sorriso di Jace si allargò, poiché aveva finalmente acquisito la consapevolezza che, in quel momento, aveva ottenuto la certezza assoluta che nessuno avrebbe mai potuto dividerli.

Jace sorrise tra sé e sé, e si avviò verso l’ingresso dell’Istituto, dove sapeva che avrebbe trovato Alec. Era una delle cose più belle del mondo per lui sentire di averlo al suo fianco sempre, in ogni minuto di ogni giorno, sapere che lui era la sua forza, uno dei pochi punti fermi nella sua esistenza movimentata. Scese le scale incrociò lo sguardo proprio di Alec, ed entrambi ricordarono la prima volta in cui avevano capito quanto fossero realmente dipendenti l’uno dall’altro.

Flashback
La prima battaglia di Alec e Jace come parabatai era stata molto dura, ed erano entrambi stati feriti molto gravemente. Robert era ad Idris per lavoro, e Maryse, poiché non sapeva bene come comportarsi con due parabatai, dato che lei non ne aveva uno, li aveva messi in due stanze diverse in diverse ali dell’Istituto. Perciò, quando si svegliarono dopo qualche ora, ancora molto deboli e feriti, e non si trovarono, andarono in panico. Zoppicando e trascinandosi, si diressero l’uno dall’altro, preoccupati per il fratello. Quando si trovarono a metà strada, nel corridoio diverso dove c’era l’ufficio del capo dell’Istituto, caddero l’uno tra le braccia dell’altro, distrutti ma finalmente capaci di riposare.

Così li trovò Maryse, mentre usciva  del suo ufficio, abbracciati nel sonno, mentre fianco a fianco le loro ferite cominciavano a guarire. In quel momento un portale si aprì nell’ufficio da cui poco prima era uscita Maryse, e Robert uscì da quella stessa stanza. Vide i due ragazzi distesi sul pavimento e disse: “Non hai provato a dividerli, vero?” “Li avevo solo messi in camere diverse.” Rispose la donna, e il marito scosse la testa. “Specialmente quando sono vulnerabili, avranno bisogno di stare l’uno vicino all’altro.” Rispose l’uomo mentre attivava la sua runa della forza e faceva segno alla moglie di fare lo stesso. Lei lo fece, e prese tra le braccia Alec mentre Robert prendeva a mo’ di sposa Jace, dirigendosi verso una camera vicina e mettendoli in due letti vicini.
 
Alec e Jace si abbracciarono, e il maggiore sussurrò “Sono dieci anni che ti sopporto come parabatai, dovrebbero farmi santo.” Il biondo fece un verso con il naso e disse: “Oh andiamo fratello, tanto lo so che mi adori.” Alec ridacchiò, stringendo per un momento l’abbraccio per poi romperlo. “Dai, andiamo ad allenarci.” Propose mentre si avviava verso la sala degli allenamenti e l’altro gli rispose: “Non vedevo l’ora che me lo chiedessi.”
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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